IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza sull'appello proposto nell'interesse di Statuto Rodolfo avverso l'ordinanza emessa in data 14 agosto 1998 dalla Corte di assise di S. Maria C. V., sezione feriale, con la quale veniva rigettata istanza di scarcerazione per scadenza, nella fase delle indagini preliminari, del termine massimo della custodia cautelare; O s s e r v a 1. - Come risulta dagli atti trasmessi dall'a.g. procedente e dalla "posizione giuridica" successivamente acquisita, Statuto Rodolfo Paolo veniva sottoposto a custodia cautelare in carcere per il reato di associazione mafiosa in forza di ordinanza coercitiva emessa dal g.i.p. del tribunale di Napoli nell'ambito del procedimento c.d. Spartacus, notificata all'indagato in data 5 dicembre 1995 (successivamente la misura della detenzione in carcere e' stata sostituita con quella degli arresti domiciliari, tuttora in esecuzione. L'appellante venne rinviato a giudizio con decreto del g.i.p. di Napoli dell'8 novembre 1996 avanti alla Corte di assise di Napoli, la quale, pero', con sentenza 22 ottobre 1997, dichiaro' la propria incompetenza per territorio e rimise gli atti al p.m. della D.D.A. di Napoli perche' promuovesse l'azione penale avanti alla Corte di assise di S. Maria C. V. - A tanto il p.m. ha poi provveduto e in data 4 aprile 1998 e' stato emesso dal g.i.p. nuovo decreto di rinvio a giudizio. La difesa ha formulato istanza di scarcerazione invocando l'applicazione del principio affermato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 292/1998 e, con l'appello proposto ai sensi dell'art. 310 c.p.p. avverso il provvedimento di rigetto della Corte di assise di S. Maria C. V., deduce: "La motivazione dell'ordinanza impugnata costituisce una palese violazione dell'art. 303, commi 2 e 4 in riferimento alla disciplina dell'art. 304, comma 6 c.p.p. L'istanza difensiva sottoponeva all'esame del collegio giudicante una delicata questione interpretativa delle sopra richiamate norme procedurali, proponendone una soluzione coerente con il dettato della sentenza della Corte costituzionale n. 292/1998 ... Infatti, nel caso di specie, in seguito alla sentenza di incompetenza resa in data 22 ottobre 1997 dalla Corte di assise di Napoli, V sez. pen., si e' verificata un'ipotesi classica di regressione ad una antecedente fase di giudizio con conseguente nuovo decorso dei termini di fase previsti dall'art. 303, comma 1 c.p.p. Tale evento processuale, del tutto indipendente dalla volonta' dell'imputato, ha determinato il superamento del termine massimo sancito dall'art. 304 comma 6 c.p.p., in quanto il giorno di esecuzione della misura cautelare e' risalente al 5 dicembre 1995 ed il rinvio a giudizio dinanzi al giudice competente venne disposto in data 4 aprile 1998. Le predette deduzioni difensive venivano respinte dall'ecc.ma Corte di assise di S. Maria C.V., sostanzialmente sulla base di due osservazioni: la non applicabilita' dell'art. 304, comma 6 c.p.p. ai casi previsti dal 303, comma 1, in quanto relativo alle sole ipotesi di sospensione dei termini di custodia cautelare; la non cumulabilita' di periodi di detenzione carceraria e domiciliare riferibili a fasi processuali diverse. Il primo argomento ... isola sul piano interpretativo l'art. 304 c.p.p., limitandone l'applicazione ai soli casi di sospensione dei termini della custodia cautelare: la conseguenza giuridica di tale ragionamento, nel caso di regressione del procedimento o di rinvio ad altro giudice, sarebbe rappresentata dalla possibilita' di protrarre la custodia cautelare con l'unico limite temporale previsto dal comma 4 dell'art. 303 c.p.p. E' facile dedurre l'illogicita' di una simile conclusione che, in caso di condotte ostruzionistiche o dilatorie dell'imputato, comportanti la sospensione ex art. 304 c.p.p., consentirebbe allo stesso di avvalersi del limite stabilito dal comma 6 del medesimo articolo, la cui operativita' sarebbe, al contrario, esclusa nel caso di regressione processuale per fatti del tutto estranei alla sua volonta'. Inoltre, non si comprenderebbe la scelta, non casuale, del legislatore di richiamare espressamente, nel testo dell'art. 304, comma 6 c.p.p., anche i commi 2 e 3 dell'art. 303, prevedendo anche per tali ipotesi un limite di durata della custodia cautelare... Per cio' che concerne la non cumulabilita' di periodi di detenzione carceraria e domiciliare, riferibili a fasi processuali diverse, risulta chiaro che tale riferimento non puo' consentire deduzioni contrastanti con il principio della proporzionalita' adottato dal legislatore come criterio regolatore della disciplina della custodia cautelare. Proprio il principio della proporzionalita' ... ispira la ratio dell'art. 304, comma 6 e l'avverbio "comunque" ... assegna alla norma la funzione di "sbarramento" della disciplina dei termini, che impedisce qualsiasi soluzione interpretativa in senso sfavorevole all'imputato".