IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Nel procedimento penale pendente nei confronti di Dragutinovic Veselin per il reato di cui agli artt. 648, 482 c.p., ha pronunciato la seguente ordinanza. Rilevato che il p.m. ha sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 11, legge 10 maggio 1938, n. 745 e 47, r.d. 25 maggio 1939, n. 1279, in riferimento all'art. 3 della Costituzione. 1. - Rilevato che la questione appare rilevante nel giudizio in quanto alla luce dell'art. 47 del r.d. n. 1279/1939 che vieta all'autorita' giudiziaria di "ordinare la restituzione delle cose smarrite o rubate o comunque provenienti da reato, le quali sono costituite in pegno presso un Monte, se il proprietario non fornisce la prova di avere rimborsato al Monte la somma data in prestito, gli interessi e gli eventuali diritti accessori", il p.m. non puo' dar corso alla restituzione alla persona offesa dal reato, Modica Concetta, dell'anello a fascione in oro a quest'ultima sottratto e collocato dall'indagata al Monte dei Pegni. 2. - Ritenuto che la questione non e' manifestamente infondata in quanto la disposizione sopra citata riserva un ingiustificato privilegio ai Monti dei Pegni rispetto a qualsiasi altro terzo possessore di bene mobile - da cui discende il contrasto con l'art. 3 della Costituzione -, in particolare coloro che detengono un bene a titolo di garanzia. Infatti, alla generalita' di detti terzi la autorita' giudiziaria puo' sottrarre il bene, restituendolo al legittimo proprietario, qualora consideri la mancanza della buona fede o anche solo ritenga - a fronte del contrasto di interessi tra proprietario e detentore a titolo di garanzia - l'assenza di una normale diligenza nell'accertamento della origine del bene. Nel caso di specie il Monte dei Pegni non si e' certo comportato con diligenza, contravvenendo oltretutto all'art. 38, r.d. n. 1279/1939 sotto menzionato, in quanto ha ritirato da persona (quantomeno all'apparenza) non facoltosa un numero rilevante di monili, che per le loro caratteristiche si potevano fondatamente sospettare di provenienza delittuosa (cfr. al riguardo nota del comm. M. di Campagna n. 1551/1998 del 28 ottobre 1998). Un tale privilegio, che collide con qualsiasi principio di razionalita' (e particolarmente odioso nei confronti delle varie parti offese, proprietarie dei beni oggetto di reato), si rivela tanto piu' ingiustificato in quanto i Monti Pegno non sono vincolati a un particolare facere oneroso (che potrebbe in qualche modo dar fondamento ad un trattamento privilegiato). Ne' sono tenuti a ricevere comunque il bene, anzi in base all'art. 38 r.d. cit. "i Monti possono sempre rifiutare la concessione di prestiti quando hanno fondato motivo di ritenere che le cose offerte in pegno sono di illegittima provenienza". Per di piu' la legge stabilisce il tetto massimo, non minimo, del rapporto tra valore dei beni dati in pegno ed entita' dei prestiti: recita infatti l'art. 39 r.d. cit. che "i prestiti su pegno non possono eccedere i quattro quinti del valore di stima fissato dal perito, quando trattasi di pegno di preziosi, e i due terzi del valore medesimo, quando trattasi di oggetti diversi".