IL TRIBUNALE Ha pronunziato la seguente ordinanza nel procedimento civile iscritto al n. 2642 del ruolo generale degli affari civili dell'anno 1997 tra La Scala Giovanna, rappresentata e difesa, per mandato a margine dell'atto di citazione in opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, dall'avv.to Giuseppe Puleo, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo in Palermo, via F. Lo Jacono n. 97, opponente; Contro il curatore del fallimento della Sharry S.a.s. di Turek Lilian & C. e dei soci Turek Liliana Irene e La Scala Giovanna, dott. Francesco Renda, domiciliato in Palermo, via Imperatore Federico n. 60, convenuto contumace e nei confronti della Banca Commerciale Italiana, Filiale di Palermo, rappresentata e difesa dagli avv.ti Vincenzo Messina, ed Anna Catalano, che la rappresentano e difendono sia uniti che divisi, giusta procura generale alle liti in notar Salvatore Stella del 10 marzo 1994, rep. n. 120897, racc. 1426 registrata il 14 marzo 1994 al n. 03441 depositata presso la cancelleria ruolo generale della Corte d'appello di Palermo, il 18 marzo 1994, convenuta e Sharry S.a.s. di Turek Lilian Irene & C., in persona del suo legale rappresentante Turek Lilian Irene, convenuta contumace Turek Lilian Irene, quale socia della Sharry S.a.s. di Turek Lilian Irene & C, convenuta contumace; Letti gli atti, sentito il giudice: Osserva il fatto Con atto di citazione notificato il 18 aprile 1997 La Scala Giovanna ha proposto opposizione ex art. 18 l.f. alla sentenza dichiarativa del fallimento della Sharry S.a.s. di Turek Lilian Irene e C. (gia' Sharry S.n.c.), sentenza pronunciata dal tribunale di Palermo in data 19-20 marzo 1997, su istanza della Banca Commerciale Italiana S.p.a., creditore, chiedendo che venisse revocata la dichiarazione di fallimento deducendo di avere perduto la qualita' di socio illimitatamente responsabile a seguito della trasformazione della societa' in nome collettivo denominata Sharry S.n.c. di Turek Lilian Irene, con apposito verbale di modifica in notar Tommaso Falletta in data 21 marzo 1994 (rep. n. 22209), nella Sharry S.a.s. di Turek Lilian Irene & C., e di avere acquistato all'interno di quest'ultima la posizione di socio accomandante e, quindi, responsabile per le obbligazioni sociali solo limitatamente alla quota di capitale conferita, senza mai avere compiuto atti di ingerenza nell'amministrazione della societa' dai quali poter fare scaturire una propria responsabilita' illimitata e solidale verso i terzi. Il creditore istante, Banca Commerciale Italiana S.p.a., costituendosi, ha resistito alla opposizione deducendo che il credito avanzato con il ricorso era sorto prima della trasformazione della societa', e, quindi, eccependo l'irrilevanza di siffatta circostanza, in base al principio, affermato piu' volte in giurisprudenza, per il quale la trasformazione della societa', non comportando l'estinzione del soggetto giuridico preesistente e la creazione di un altro, ma solo una modifica statutaria che non incide sull'identita' dell'impresa societaria, non osta alla dichiarazione di fallimento dei soci illimitatamente responsabili della S.n.c. ancorche' gli stessi non abbiano assunto tale qualifica anche nella societa' trasformata in S.a.s. Il curatore del fallimento, il legale rappresentante della societa', anche nella qualita' di socio illimitatamente responsabile, benche' regolarmente citati, non si sono costituiti. Esaurita l'istruzione della causa e precisate le conclusioni all'udienza del 18 gennaio 1999, la causa e' stata posta in decisione. In diritto Dalla documentazione prodotta agli atti risulta che con atto in notaio Tommaso Faldetta del 25 novembre 1987 venne costituita da Turek Lilian Irene e La Scala Giovanna la societa' in nome collettivo denominata Sharry S.n.c. di Turek Lilian Irene e C.; successivamente, il 21 marzo 1994, con verbale di modifica Tommaso Faldetta (rep. n. 22209) le predette decisero di comune accordo di trasformare la societa' nella Sharry S.a.s. di Turek Lilian Irene & C. nella quale la Turek Lilian Irene assunse la qualita' di socia accomandataria gerente e La Scala Giovanna quella di socio accomandante con responabilita' limitata alla quota di capitale sociale. Con ricorso del 6 dicembre 1996 la Banca Commerciale Italiana, filiale di Palermo, lamentando il mancato pagamento della somma di un credito derivante da un contratto di conto corrente, fece istanza per la dichiarazione di fallimento della Sharry S.a.s. di Turek Lilian Irene e C. in persona del socio accomandatario Turek Lilian Irene. Il tribunale con la sentenza opposta dichiaro' il fallimento non solo della societa' nella sua attuale struttura ed organizzazione, ma anche di tutti i precedenti soci della societa' trasformata e, quindi, anche di La Scala Giovanna, non gia' in quanto socia accomandante della S.a.s. che aveva posto in essere atti di gestione concreta della stessa fondanti la sua responsabilita' illimitata verso terzi, bensi' per avere accertato che il contratto di conto corrente dal quale aveva avuto origine il credito avanzato in ricorso era sorto in data 15 gennaio 1988 e, quindi in epoca antecedente alla trasformazione della S.n.c. in S.a.s. Non e' dubbio che tale sentenza sia stata pronunciata dal tribunale in conformita' al principio, costantemente affermato dalla Suprema Corte, secondo cui la trasformazione di una societa' non comporta l'estinzione di un soggetto e la creazione di un altro, bensi' la semplice modifica della struttura e dell'organizzazione societaria che lascia immutata l'identita' soggettiva dell'ente ed i rapporti giuridici ad esso facenti capo e che mantiene inalterata, ad ogni effetto, per le obbligazioni sociali anteriori alla . trasformazione la responsabilita' illimitata dei soci derivante dal precedente assetto giuridico. Proprio in considerazione del permanere della responsabilita' per le obbligazioni anteriori alla trasformazione in capo al socio illimitatamente responsabile anche dopo la perdita di tale qualita' nella societa' trasformata, e' stato ritenuto, da parte della giurisprudenza prevalente, una volta dichiarato il fallimento di quest'ultima, di dover estendere il fallimento anche a tutti i soci illimitatamente responsabili della societa' preesistente, ai sensi dell'art. 147 l.f. (da ultimo Cass. 24 luglio 1997). Tale norma statuisce infatti che "la sentenza che dichiara il fallimento della societa' con soci con responsabilita' illimitata produce il fallimento anche dei soci illimitatamente responsabili". Ora, proprio perche' il fallimento del socio e' un fallimento riflesso, ossia una conseguenza automatica del fallimento della societa', seppure trasformata, deve ritenersi che cio' che rileva ai fini della dichiarazione di fallimento e' che ricorrano per la societa', e non gia' per i soci illimitatamente responsabili, i presupposti oggettivi e soggettivi previsti dagli artt. 1 e 5 l.f. e' indubbio che cio' valga anche con riferimento ai limiti temporali previsti dall'art. 10 l.f., cosi' come individuati dalla giurisprudenza (cessazione da un anno da intendersi come estinzione di tutti i rapporti obbligatori). Limitatamente a tale profilo la situazione del socio che per effetto della trasformazione della societa' cambi la propria partecipazione acquisendo nella nuova societa' la qualita' di accomandante, con conseguente cessazione di tutti i poteri di gestione, connessi alla precedente responsabilita' illimitata, potrebbe essere equiparabile a quella del socio cessato per recesso, per decesso o per cessione della propria quota ad altri. Giova osservare, in proposito, che, fino al recente intervento di codesta Corte, con la sentenza n. 66/1999, per consolidata giurisprudenza, gli articoli 10 e 11 della l.f. non venivano ritenuti applicabili al socio cessato o defunto, ma al solo imprenditore individuale. Orbene, con la sopraccennata pronuncia e' stato invece affermato il principio in base al quale il fallimento dei soci illimitatamente responsabili defunti o rispetto ai quali sia, comunque, venuta meno l'appartenenza alla compagine sociale puo' essere dichiarato solo entro il termine fissato dalle predette norme, di un anno dallo scioglimento del rapporto sociale. Ed e' chiaro che non possa ipotizzarsi l'applicazione di tale sentenza interpretativa di rigetto a fattispecie diverse da quelle in essa ricomprese. Dal che deriva il permanere di una disparita' di trattamento, tra l'imprenditore individuale o il socio illimitatamente responsabile cessato o defunto e colui il quale per effetto della trasformazione della societa' ha perduto la responsabilita' illimitata, pur avendo mantenuto la qualita' di socio all'interno della societa'. Mentre e' indubbio che, dall'esame comparativo delle situazioni dianzi dette, emergono numerosi profili di comunanza tra le stesse, tra cui: la qualifica di imprenditore o di socio illimitatamente responsabile; la persistenza di debiti anteriori alla cessazione dell'impresa o alla trasformazione o alla cessazione della partecipazione alla societa'; la responsabilita' illimitata per tali obbligazioni, anche per l'imprenditore cessato o per il socio cessato o che abbia mutato la sua partecipazione alla societa'. Tutti casi, questi, in cui l'esigenza di assoggettare comunque i predetti soggetti alla regola del concorso e' quella di acquisire i loro patrimoni personali al fine di realizzare la garanzia dei creditori, e per i quali deve ritenersi, dunque, sussistente l'esigenza di delimitare entro un limite temporale tale assoggettabilita', in omaggio al principio generale di certezza delle situazioni giuridiche. Pare infatti non giustificabile, secondo un criterio di ragionevolezza, che in presenza dei profili comuni sopra evidenziati, continui a permanere una disparita' di trattamento, tra l'imprenditore individuale ed il socio cessato o defunto e colui il quale continui a fare parte della compagine della societa' trasformata, pur avendo perso la qualifica di socio illimitatamente responsabile, e, quindi, si palesa contraria al principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione la norma che impone il fallimento di quest'ultimo senza alcun limite di tempo, a differenza dei primi che, ai sensi degli artt. 10 e 11 l.f., possono essere dichiarati falliti soltanto entro un anno dalla cessazione o dal decesso o dal venir meno del rapporto sociale per morte o cessazione. Alla luce delle superiori considerazioni, non potendo ritenere disciplinata dalle norme teste' enunciate l'ipotesi del socio che per effetto della trasformazione sociale abbia perso la qualifica di socio illimitatamente responsabile, pur non avendo cessato la propria partecipazione alla societa', il Collegio ritiene di dovere dichiarare non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, delle disposizioni dell'art. 147, comma 1 e 2 l.f. in relazione agli artt. 10 l.f., nella parte in cui prevedono che in caso di fallimento di societa' con soci a responsabilita' illimitata, debbono essere dichiarati falliti, anche i soci illimitatamente responsabili che hanno perduto tale qualita' per effetto della trasformazione della societa', pur dopo che sia trascorso un anno dalla iscrizione della modifica nel registro delle imprese, dovendosi individuare il dies a quo, in tale iscrizione. Non sembra dubbio, poi, che la questione sollevata abbia rilevanza nel presente giudizio, posto che, essendo decorso, alla data di dichiarazione di fallimento, ben piu' di un anno dalla data di iscrizione della trasformazione, dalla applicabilita' o meno delle norme di legge nella loro attuale formulazione, puo' discendere il rigetto o l'accoglimento della opposizione proposta ai sensi dell'art. 18 l.f.