IL TRIBUNALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al
 n. 16/1994 r.g. promossa da A.P.A.M. - Azienda  Pubblica  Autoservizi
 Mantova,  con gli avv.ti Norberto Rossi ed Enrico Codignola, attrice,
 nei confronti della La Nationale Assicurazioni S.p.a., Aimi Roberto e
 Aimi Edile 18 s.n.c., con l'avv. Giuseppe Molinari,  convenuti;
   Rilevato che con atto di citazione notificato il  28  dicembre  993
 l'attrice  chiedeva ai convenuti il risarcimento dei danni subiti per
 aver dovuto  retribuire  il  proprio  dipendente  Allegretti  Alberto
 durante  il  periodo di assenza per malattia conseguito all'incidente
 stradale avvenuto il 22 novembre 1989 in Ponte sul Mincio per fatto e
 colpa di Aimi Roberto che procedeva alla guida di  autovettura  della
 s.n.c Edile Aimi, assicurata con La Nationale;
     che   la   causa   veniva   trattenuta   in   decione,   esperito
 infruttuosamente il tentativo obbligatorio di conciliazione  ex  art.
 13, legge n. 276/1997, all'udienza del 26 maggio 1999;
     che   preliminarmente   si  dovrebbe  accogliere  l'eccezione  di
 incompetenza  per  materia  sollevata  dalla  difesa  dei  convenuti,
 rientando la fattispecie, secondo la giurisprudenza fornitasi su casi
 analoghi,  nella  competenna  del  pretore in funzione di giudice dei
 lavoro (Cass. 15 ottobre 1992, n. 11337; Cass. sez. lav.  27  gennaio
 1993, n. 1002);
     che  tuttavia  oggi  l'ufficio  del pretore e' stato soppresso in
 forza del d.lgs. n. 51 del 19 febbraio 1998, divenuto efficace  il  2
 giugno  1999,  e  le  relative  competenze  sono  state trasferite al
 tribunale ordinario, ed in particolare l'art.  82  di  tale  decreto,
 modificando l'art. 413 c.p.c., prevede che competente per le cause di
 lavoro sia oggi il tribunale;
     che  dunque,  se  questione  analoga  a  quella  qui' prospettata
 dovesse sorgere in un processo che proseguisse con l'applicazione del
 d.lgs.  n. 51/1998, la stessa dovrebbe essere risolta  non  gia'  con
 sentenza  dichiarativa d'incompetenza, bensi' con l'ordinanza ex art.
 426  c.p.c.,  ove  infatti, secondo l'art. 83 d.lgs. n. 51/1998, alla
 parola "pretore" e' sostituita la  parola  "giudice",  e  quindi  con
 soluzione  di  notevole  economia  processuale,  che  non comporta la
 riassunzione della causa di fronte  ad  altro  ufficio,  ma  solo  il
 mutamento del rito;
     che  invece,  all'applicazione  al  caso di specie di tale norma,
 sono di ostacolo sia l'art. 5  c.p.c.,  come  novellato  dall'art.  2
 della  legge  26  novembre  1990,  n. 353, che esclude l'applicazione
 dello jus superveniens in tema di  giurisdizione  e  competenza,  sia
 soprattutto  l'art. 135, lettera a) del citato d.lgs. n. 51/1998, che
 prevede la definione dei procedimenti pendenti dinanzi  al  tribunale
 secondo le norme anteriormente vigenti se, alla data di efficacia del
 decreto,  siano  gia'  state  precisate  le conclusioni, ovvero se la
 causa sia stata comunque ritenuta in decisione, come e' avvenuto  nel
 caso  di specie: il che esclude appunto l'applicabilita alla presente
 causa degli artt. 413 e 426 c.p.c. come "novellati" dagli artt. 82  e
 83, d.lgs. n. 51/1998;
     che  tale  soluzione sembra tuttavia contrastare sia con la legge
 delega n. 254 del 16 luglio 1997, art. 1, comma 2, in cui si  prevede
 che la disciplina transitoria (nella quale e' compreso il citato art.
 135  del  d.lgs. n. 51/1998, emanato in virtu' della predetta delega)
 sia "rivolta ad assicurare la  rapida  trattazione  dei  procedimenti
 pendenti,  fissando le fasi oltre le quali i procedimenti non passano
 ad altro ufficio", mentre e' chiaro che la normativa  applicabile  al
 caso  di  specie  determina  una  lungaggine  non  giustificabile col
 principio costituzionale di precostituzione  del  giudice  (art.  25,
 primo  comma  Cost.),  posto  che, anche dichiarata l'incompetenza in
 favore  del  pretore,  la  causa  finirebbe  comunque  con   l'essere
 riassunta  dinanzi  allo  stesso  tribunale  (non importa se ad altra
 sezione) che si e' pronunciato imcompetente,  essendo  nel  frattempo
 venuto  meno l'ufficio del pretore, e neppure rientrando la causa tra
 quelle per le quali e' prevista un'ultrattivita' dello  stesso  (art.
 133  d.lgs.    n.  51/1998)  che sono solo quelle in cui alla data di
 efficacia del decreto n. 51 sono gia' state precisate le  conclusioni
 dinanzi  al pretore stesso, o che comunque egli ha gia' trattenuto in
 decisione, onde  l'unica  utilita'  della  pronuncia  sarebbe  quella
 relativa  alla  liquidazione  delle  spese del giudizio, che peraltro
 potrebbero trovare la loro  giusta  regolazione  anche  se  la  causa
 proseguisse  dianzi  al  tribunale,  facendo  applicazione di tutti i
 principi di cui agli artt.  91 e 92 c.p.c.;
     che pertanto risulta violato l'art.  76  della  Costituzione  per
 violazione  dei  principi  contenuti  nella legge delega da parte del
 decreto delegato;
     che un tale assetto normativo sembra poter contrastare anche  con
 l'art.  97  della    Costituzione,  laddove  si  garantisce  il  buon
 andamento della pubblica amministrazione, posto che tale disposizione
 sembra vietare le inutili dispersioni di  attivita'  e  imporre,  nel
 rispetto  delle  necessarie garanzie, la maggior speditezza possibile
 dei  procedimenti;