IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi n. 14038/1997 e n.
 14045/1997 proposti rispettivamente da Massimo De  Paoli  e  Chiodoni
 Lorenzo   rappresentati   e   difesi  dall'avv.  Cinzia  Pezzotti  ed
 elettivamente domiciliati presso  il  medesimo  in  Roma,  via  della
 Balduina, 120;
   Contro  l'Universita' degli Studi di Ancona, in persona del Rettore
 pro-tempore;
   il  Ministero  dell'universita'  e  della  ricerca  scientifica   e
 tecnologica,   in   persona   del  legale  rappresentante  pro-temore
 rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, ex  lege
 domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12, per l'annullamento:
     del  bando 1 agosto 1997 dell'Universita' resistente, nella parte
 in cui ha limitato a venti unita' il numero delle iscrizioni al corso
 di laurea in odontoiatria e protesi dentaria  per  l'a.a.  1997/1998,
 previo  esame  di ammissione, nonche' di ogni altro atto preordinato,
 conseguente, connesso e coordinato e, in particolare, i provvedimenti
 degli organi universitari e del Ministero dell'universita' recanti  i
 limiti  di accesso al corso stesso, nonche', i dd.mm. MURST 21 luglio
 1997, n. 245 e 31 luglio 19997;
   Visti i ricorsi con i relativi allegati;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Nominato  relatore, per la camera di consiglio del 1 dicembre 1997,
 il consigliere Evasio Speranza e i  difensori  delle  parti  come  da
 verbale;
   Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto:
                            Fatto e diritto
  1.  -  Con i ricorsi all'esame della sezione - di cui va disposta la
 riunione ai soli  fini  della  trattazione  della  presente  fase  di
 giudizio  -  i  ricorrenti  investono  i provvedimenti specificati in
 epigrafe nella parte in cui determinano la  preclusione  dell'accesso
 al corso universitario cui i medesimi aspirano ad essere iscritti per
 l'anno  accademico  1997-98,  e  ne  chiedono, in via incidentale, la
 sospensione: su tale richiesta cautelare la  Sezione  e'  chiamata  a
 decidere.     Trattasi  di  corso  per  il  quale  l'Amministrazione,
 attraverso atti regolamentari e di attuazione, ha imposto consistenti
 limitazioni nelle iscrizioni.    L'agire  dell'Amministrazione  -  in
 particolare il d.m. 21 luglio 1997 n. 245 ("Regolamento recante norme
 in  materia  di  accessi  alla istruzione universitaria e di connesse
 attivita'  di  orientamento")  -   trova   dichiaratamente   supporto
 normativo  nell'art. 9, comma 4, della legge 19 novembre 1990 n. 341,
 come modificato dall'art. 17, comma 116, della legge 15  maggio  1997
 n.   127,   che  ha  attribuito  ad  un  atto  emanato  dal  Ministro
 dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica il  potere
 di  determinare  la  limitazione  degli accessi di cui trattasi.   Ed
 invero, l'art. 9 cit., a seguito della detta modifica, stabilisce che
 il Ministero "definisce, su conforme parere  del  C.U.N.,  i  criteri
 generali   per   la  regolamentazione  dell'accesso  alle  scuole  di
 specializzazione ed ai corsi universitari, anche a quelli per i quali
 l'atto  emanato  dal   Ministro   preveda   una   limitazione   delle
 iscrizioni".    La  sezione  dubita della legittimita' costituzionale
 della norma; pertanto, ritiene di dover  sollevare,  anche  d'ufficio
 per  i  profili non trattati dai ricorrenti, la relativa questione di
 costituzionalita', per contrasto col principio della riserva di legge
 e, conseguentemente, con gli artt. 33 e 34 della Costituzione.  II. -
 La questione appare rilevante sotto un duplice profilo.  Da un  lato,
 sembra  incontrovertibile  che la tutela cui mira l'azione intrapresa
 discende, nella specie, dalla eventuale  eliminazione  dalla  realta'
 giuridica   della   disposizione  che,  conferendo  il  detto  potere
 all'Amministrazione, consente alla stessa di  precludere  o  limitare
 l'accesso  ai  corsi  universitari:  si'  che  viene  a  configurarsi
 un'assoluta priorita'  -  anche  in  ragione  di  principi  attinenti
 all'economia di giudizio - di trattazione della detta  questione.  E'
 infatti  evidente  che  la  caducazione delle norme che consentono al
 Ministro  dell'Universita'  di  porre  limitazioni  alle   iscrizioni
 consentirebbe   la  soddisfazione  piena  dell'interesse  dedotto  in
 giudizio dai ricorrenti,  consentendo  agli  stessi  l'iscrizione  al
 corso  senza  sottomettersi  a  procedure  selettive, mentre le altre
 censure sollevano questioni che ove fondate, assicurerebbero un grado
 minore di soddisfazione all'interesse dei ricorrenti e si  presentano
 subordinate   all'esito   eventualmente  negativo  dell'incidente  di
 costituzionalita'.  Dall'altro, la indicata rilevanza deve  ritenersi
 configurabile  anche  nella  presente  fase  cautelare, atteso che il
 dubbio di costituzionalita'  in  ordine  alla  norma  precitata,  che
 costituisce   la   fonte   del   potere   nella   specie   esercitato
 dall'Amministrazione, preclude al Collegio una pronuncia  definitiva,
 sia  pure  in sede di sommaria delibazione, sull'esistenza o meno del
 fumus della pretesa azionata, non  potendo  tale  valutazione  essere
 svincolata  dalla  decisione  della  Corte  sulla portata della norma
 sottoposta al suo esame.   III. - La questione  appare  altresi'  non
 manifestamente  infondata.    Ritiene  la  sezione che, in materia di
 accesso agli studi, anche universitari, sussista, in base agli  artt.
 33  e  34 della   Costituzione, una riserva relativa di legge, con la
 conseguenza che, in mancanza di norme legislative  che  attribuiscano
 all'Amministrazione  -  nel  rispetto dei caratteri costitutivi della
 riserva stessa - il potere di stabilire limitazioni  alle  iscrizioni
 ai  corsi, devono ritenersi illegittimi i provvedimenti regolamentari
 o di attuazione che tali limitazioni prevedano.  La configurabilita',
 nella materia, di una  riserva  relativa  di  legge  costituisce  ius
 receptum  nella  giurisprudenza  del  giudice  amministrativo (in tal
 senso, t.a.r. Lazio, III sez., 3 aprile 1996 n. 763  e  14  settembre
 1994 n. 1632; t.a.r. Toscana, I sezione, 24 aprile 1997 n. 78; t.a.r.
 Veneto,  I  sez.,  13 giugno 1992 n. 222 e, II sez. 13 giugno 1997 n.
 1015; t.a.r. Liguria, II sez., 21 marzo 1995 n. 197).  Ed invero,  e'
 l'art.   33,   secondo   comma,   della   Costituzione   a  stabilire
 espressamente  che   "la   Repubblica   detta   le   norme   generali
 sull'istruzione  e istituisce scuole statali di ogni ordine e grado",
 nel quadro di quella previsione del successivo art. 34, primo  comma,
 che  sancisce  che  "la  scuola  e' aperta a tutti" (e che ha trovato
 attuazione, per le Universita', con la legge  11  dicembre  1969,  n.
 910).  E laddove il legislatore ha ritenuto di introdurre limitazioni
 all'accesso, vi ha provveduto, di norma direttamente (basti ricordare
 l'art.  24,  secondo  comma,    legge  7 febbraio 1958, n. 88 che, in
 ordine all'iscrizione al  primo  anno  degli  Istituti  superiori  di
 educazione   fisica,  prevede  un  numero  di  posti  determinati  da
 assegnare mediante concorso per esami; l'art. 3, legge 21 luglio 1961
 n. 685, che limitava l'accesso dei diplomati degli Istituti tecnici a
 determinate facolta' per gli anni accademici dal 1961/62 al  1964/65,
 per  un numero predeterminato di posti da assegnare mediante concorso
 per titoli ed esami) ovvero mediante attribuzione del relativo potere
 alla p.a. nell'ambito, peraltro, fissato dalla legge  stessa  (ci  si
 riferisce,  ad esempio, all'art. 38, legge 14 agosto 1982 n. 590, con
 cui, al fine di consentire l'avvio programmato dei corsi  di  laurea,
 si  e'  attribuito  all'Amministrazione  universitaria  il  potere di
 determinare, peraltro con espressa limitazione temporale -  ai  primi
 sei  anni  successivi all'attivazione di ciascun corso di laurea - il
 numero  massimo   delle   iscrizioni).      Orbene,   la   previsione
 costituzionale  di  riserva  relativa  di  legge  per una determinata
 materia non preclude al legislatore ordinario di demandare  ad  altre
 fonti  sottoordinate  la disciplina della materia stessa, consentendo
 anzi che il precetto  espresso  dalla  norma  primaria  possa  essere
 integrato  da  atti  di  normazione  secondaria che lo rendano meglio
 aderente  alla  multiforme  realta'  socio-economica,  ma   cio'   e'
 possibile  solo previa determinazione di una serie di precetti idonei
 ad indirizzare e vincolare la normazione secondaria entro confini ben
 delineati o, quantomeno, previa determinazione delle linee essenziali
 della disciplina stessa.   In proposito, e'  costante  l'insegnamento
 del  giudice  delle  leggi  sulla  necessita'  che  non  "residui  la
 possibilita' di scelte  del  tutto  libere  e  percio'  eventualmente
 arbitrarie della stessa pubblica amministrazione, ma sussistano nella
 previsione  legislativa  -  considerata  nella complessiva disciplina
 della materia - razionali ed adeguati criteri" (Corte  costituzionale
 5 febbraio 1986 n. 34 e giurisprudenza ivi richiamata:  sentt. nn. 4,
 30  e  122 del 1957; 70 del 1960; 48 del 1961; 72 e 129 del 1969, 144
 del 1972; 257 del 1982; ordd. nn. 31 e 139 del 1985).    Se  cio'  e'
 vero,  la  disposizione  dell'art.  9, quarto comma, legge n. 341 del
 1990, come modificata dall'art. 17, comma 116, non sembra  esente  da
 precitati   profili   di  incostituzionalita'.    La  norma,  invero,
 conferisce al Ministro, come gia' ricordato, il potere di determinare
 la limitazione degli accessi all'istruzione universitaria, e cio'  fa
 non  solo  senza  alcuna  individuazione delle linee essenziali della
 disciplina - pur vertendo in materia coperta da riserva di legge - ma
 addirittura attribuendo al Ministro stesso, con  l'ausilio  di  altro
 organo  dell'Amministrazione  (C.U.N.),  la  stessa  definizione  dei
 "criteri generali per la regolamentazione dell'accesso ...  ai  corsi
 universitari".    Sembra  pertanto  ipotizzabile  la  violazione  del
 principio costituzionale della riserva  relativa  di  legge;  il  che
 sembra  comportare  altresi'  la  violazione,  mediante l'adozione di
 meccanismi  di  produzione  giuridica   non   conformi   al   dettato
 costituzionale,  del  principio della tutela del diritto allo studio,
 postulato dagli artt. 33 e 34 della  Costituzione.    IV.  -  Per  le
 considerazioni   che  precedono,  va  conseguentemente  sollevata  la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art.  9,  quarto  comma
 cit.,  per  contrasto  col  principio  costituzionale  della  riserva
 relativa di legge nonche' con gli artt. 33 e 34  della  Costituzione.
 Va   disposta,  pertanto,  la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
 costituzionale, con conseguente sospensione  del  giudizio  ai  sensi
 dell'art.  23,  legge  11  marzo  1953  n. 87, per la pronuncia sulla
 legittimita' costituzionale della suindicata norma.