IL TRIBUNALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sulla richiesta  avanzata  dal
 pubblico  ministero  e  dalla parte civile diretta ad ottenere che il
 tribunale sollevi dinanzi  alla  Corte  costituzionale  conflitto  di
 attribuzione  nei  confronti  della  Camera dei deputati in relazione
 alla delibera adottata dalla assemblea in data 25 giugno 1998 che  ha
 dichiarato  non  sindacabili, a norma dell'art. 68, primo comma della
 Costituzione, le opinioni espresse  dall'imputato  che  costituiscono
 oggetto del presente procedimento penale;
   Sentita la difesa dell'imputato che si e' opposta alla richiesta ed
 ha   formulato  istanza  di  proscioglimento  dell'imputato  a  norma
 dell'art. 129 cod. proc. pen.;
                             O s s e r v a
   Con  decreto  in  data  19  marzo  1997  il  giudice   dell'udienza
 preliminare  disponeva il rinvio a giudizio dell'on. Vittorio Sgarbi,
 dinanzi a questa sezione seconda penale del tribunale di Bergamo, per
 rispondere del reato previsto e punito dagli artt. 595 commi 1, 2, 3,
 61, n.  10 cod. pen. e 30, commi 4 e 5, legge 6 agosto 1990, n.  223,
 anche  in  relazione  all'art.  13,  legge 8 febbraio 1948, n. 47, in
 quanto, nel corso del  programma  "Sgarbi  quotidiani"  trasmesso  da
 "Canale  5",  sosteneva diffamatoriamente che la dott.ssa Gemma Cotti
 Cometti - gia' giudice istruttore del tribunale di Brescia  -  avesse
 prosciolto  il  magistrato Romeo Simi De Burgis con sentenza resa per
 mero favoritismo verso il collega, "per solidarieta'",  nella  logica
 della "tutela reciproca" e "nel clima in cui i giudici proteggevano i
 giudici",  contrapponendo  alla  stessa  dott.ssa  Cotti  Cometti  il
 sostituto  procuratore  dott.  Francesco  Piantoni,   strumentalmente
 presentato  come  "paladino della giustizia giusta" per aver proposto
 appello contro tale sentenza.   Con  le  aggravanti  di  aver  recato
 l'offesa  a  mezzo  della  televisione,  con attribuzione di un fatto
 determinato (integrante reato) ed in danno di un pubblico ufficiale a
 causa dell'adempimento della funzione  giudiziaria.  In  Roma  il  10
 aprile 1995.
   All'udienza   del   25   giugno  1998,  svoltasi  nella  contumacia
 dell'imputato, il dibattimento veniva differito, essendo attesa  come
 imminente  la  deliberazione  della Camera dei deputati in materia di
 insindicabilita',  a  norma   dell'art.   68,   primo   comma   della
 Costituzione,  relativamente  alle  affermazioni  dell'on. Sgarbi che
 costituiscono oggetto dell'imputazione di cui sopra.
   All'odierna udienza, in via preliminare, il Presidente del collegio
 dava  atto  che  dalla  Presidenza  della  Camera  dei  deputati  era
 pervenuta, in data 11 luglio 1998, copia della relazione della Giunta
 per le autorizzazioni a procedere, nonche' del resoconto stenografico
 della  seduta del 25 giugno 1998 nel corso della quale l'assemblea ha
 deliberato  nel  senso  che  i  fatti  per  i  quali  e'  in corso il
 procedimento nei confronti del deputato  Sgarbi  concernono  opinioni
 espresse  da  un  membro  del  Parlamento  nell'esercizio  delle  sue
 funzioni, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.
   Premesso quanto sopra, si rileva in primo luogo  che  all'anzidetta
 deliberazione  della  Camera, con cui si riconosce l'operativita' nel
 caso  di  specie  dell'art.  68,  primo  comma,  della  Costituzione,
 consegue,  com'e'  noto,  l'effetto inibitorio della prosecuzione del
 presente giudizio.
   Al tribunale spetta, tuttavia, di promuovere un controllo circa  la
 correttezza  dell'esercizio  del  potere  conferito  alla  Camera dei
 deputati dall'art. 68, primo comma  della  Costituzione  mediante  lo
 strumento   del  ricorso  per  conflitto  di  attribuzione,  a  norma
 dell'art.  37, legge 11 marzo 1953, n. 87 (vedasi, per  tutte,  Corte
 cost. sentenze n. 1150/1988 e n. 129/1996).
   A  tale  proposito  la  Corte costituzionale ha, in piu' occasioni,
 avuto modo di chiarire  che  nell'ambito  del  giudizio  in  tema  di
 conflitto   fra   poteri   vertente   su  una  delibera  parlamentare
 affermativa dell'insindacabilita' ai sensi dell'art. 68, primo  comma
 della  Costituzione,  "...  La Corte non e' giudice dell'impugnazione
 ..." (sentenze n. 1150 del 1988, n. 443 del 1993, n. 265 e n. 375 del
 1997) in quanto il vaglio che essa e' chiamata a compiere concerne il
 controllo   sulla   "...    non    arbitrarieta'    della    delibera
 parlamentare..."  (sentenza  n.  1150  del 1988) e, dunque, si svolge
 come "verifica esterna..." (sentenza n.  443 del 1993), nel senso che
 la Corte non puo' rivalutare la ponderazione compiuta  dalle  Camere,
 ma  soltanto  accertare  se vi sia stato un uso distorto, arbitrario,
 del potere parlamentare, tale  da  vulnerare  le  attribuzioni  degli
 organi della giurisdizione o da interferire sul loro esercizio.
    Per  usare  ancora una volta le parole della Corte: "...il giudice
 costituzionale...  deve  verificare  se  vi  sia  stato  un  corretto
 esercizio  del  potere,  riservato  alla  Camera  di appartenenza, di
 dichiarare l'insindacabilita' del comportamento contestato al  membro
 del  Parlamento, anche sotto il profilo della sussistenza e della non
 arbitraria valutazione  dei  presupposti  ai  quali  il  primo  comma
 dell'art.    68    condiziona    l'operare   della   prerogativa   di
 irresponsabilita'..."  (vedasi  sentenza  n.  289  del  1998).  Detta
 verifica  "...ha  per oggetto la regolarita' dell'iter procedurale e,
 nei limiti sopra indicati, la sussistenza dei  presupposti  richiesti
 dal primo comma dell'art. 68, e cioe' la riferibilita' dell'atto alle
 funzioni parlamentari: e' il nesso funzionale, infatti, il discrimine
 fra   quell'insieme  di  dichiarazioni,  giudizi  e  critiche  -  che
 ricorrono cosi' di frequente nell'attivita' politica  di  deputati  e
 senatori  -  e  le  opinioni  che  godono  della particolare garanzia
 introdotta  dall'art.  68,  primo   comma,   della   Costituzione..."
 (sentenze n. 375 del 1997 e n. 289 del 1998).
   Per  quanto,  poi,  riguarda il c.d. nesso funzionale, la Corte ha,
 altresi', precisato che "...costituisce premessa  ormai  costante  il
 principio,   concernente   i   presupposti  di  applicabilita'  della
 prerogativa di insindacabilita', per cui quest'ultima non si  estende
 a  tutti  i  comportamenti  di chi sia membro delle Camere, ma solo a
 quelli funzionali all'esercizio delle attribuzioni proprie del potere
 legislativo..."    (sent.  n.  289  del  1998);  "...   La   funzione
 parlamentare  ha una dimensione peculiare nel sistema. Se essa non si
 risolve  negli  atti  tipici,  e  ricomprende  quelli  presupposti  e
 conseguenziali, non  si  puo'  pero'  ricondurvi  l'intera  attivita'
 politica  svolta  dal  deputato  o dal senatore: tale interpretazione
 finirebbe, invero, per vanificare il nesso funzionale posto dall'art.
 68, primo  comma,  e  comporterebbe  il  rischio  di  trasformare  la
 prerogativa in un privilegio personale (sentenze n. 375 del 1997 e n.
 289  del 1998).
   Trattasi  di  un principio del tutto pacifico, che anche la Suprema
 Corte ha di recente  ribadito,  affermando  che  gli  atti  c.d.  "di
 funzione"  -  quegli  atti,  cioe',  che  compiuti da parlamentari in
 relazione a tale specifica qualita' si rendono insindacabili anche da
 parte  dell'autorita'  giudiziaria  perche'  esprssione  della   loro
 indipendenza   ed   autonomia   -   sono   soltanto  quelli  relativi
 all'esercizio delle funzioni proprie di membro del Parlamento, vale a
 dire gli atti  tipici  del  mandato  parlamentare  (presentazione  di
 disegni  di  legge, interpellanze ed interrogazioni, relazioni ecc.),
 compiuti nei vari organi parlamentari o  para-parlamentari  (gruppi),
 con  l'esclusione di quelle attivita' che, pur latamente connesse con
 l'esercizio di  tali  funzioni,  ne  sono  tuttavia  estranee;  quali
 l'attivita'   politica  extraparlamentare  eplicata  all'interno  dei
 partiti. Ne consegue che non possono farsi  rientrare  nell'attivita'
 coperta   dalla   prerogativa   dell'insindacabilita',  tutte  quelle
 manifestazioni  di  pensiero  che  -  espresse  in   comizi,   corte,
 trasmissioni radio-televisive, o durante lo svolgimento di scioperi -
 non  possono  vantare  alcun  collegamento funzionale con l'attivita'
 parlamentare, se non meramente soggettivo in quanto poste  in  essere
 da  persona  fisica che e' "anche" membro del Parlamento (cfr. Cass.,
 sez. V, sent. 11667 del 16 dicembre  1997  (ud.  24  settembre  1997)
 C.E.D. 209264).
   Orbene,  nel  caso  di  specie,  non e' dato ravvisare, a parere di
 questo tribunale, alcun collegamento funzionale  tra  le  espressioni
 contestate  come  diffamatorie  al deputato Sgarbi e la sua attivita'
 parlamentare; non e', infatti, riscontrabile alcuna  connessione  con
 atti  tipici  della  funzione  parlamentare;  ne'  risulta  possibile
 individuare nel suo  comportamento,  sottoposto  alla  cognizione  di
 questo  giudice,  un  qualche  intento divulgativo di una scelta o di
 un'attivita' politico-parlamentare (quale  ad  es.  una  proposta  di
 legge, un'interrogazione od una interpellanza, ecc.).
   A tale convincimento era del resto pervenuta anche la Giunta per le
 autorizzazioni a procedere della Camera dei deputati, la cui proposta
 (di  dichiarare  che  i fatti per i quali e' in corso il procedimento
 nei confronti del deputato Sgarbi non  concernono  opinioni  espresse
 nell'esercizio  delle  funzioni  di  membro  del Parlamento) e' stata
 cosi' motivata:
     "...nel corso del dibattito prevaleva l'opinione che  l'onorevole
 Sgarbi,   anche   ad   ammettere  la  possibile  partecipazione  alla
 trasmissione televisiva nella duplice qualita' di parlamentare  e  di
 conduttore,  tuttavia  nel caso in esame aveva mosso accuse specfiche
 gratuite e immotivate, non suffragate  da  alcun  riscontro  e  senza
 alcun  rilevante collegamento con l'attivita' parlamentare. Nel corso
 della trasmissione, infatti, l'onorevole Sgarbi, senza alcun concreto
 riferimento al dibattito politico in atto  sulla  giustizia,  si  era
 limitato a dare lettura di brani estrapolati dal libro "Io il Tebano"
 e  nei  quali  venivano  riportate  le  dichiarazioni  rese da Angelo
 Epaminonda  nel  corso  di  un procedimento a suo carico del 1987 nei
 confronti della dott.ssa Cotti Cometti. Si era, pertanto, in presenza
 di affermazioni gravi da  riportare  a  intenti  polemici  del  tutto
 avulsi dalla funzione parlamentare anche se latamente intesa...".
   Sennonche'  l'assemblea,  dopo  una breve introduzione svolta dalla
 relatrice della Giunta, seguita da tre sole  dichiarazioni  di  voto,
 tra  cui  quella  dello  stesso  on. Sgarbi, ha disatteso la proposta
 della Giunta  per  le  autorizzazioni  a  procedere  (cfr.  resoconto
 stenografico  della  seduta del 25 giugno 1998) deliberando nel senso
 che i fatti per i quali e' in corso il procedimento nei confronti del
 deputato  Sgarbi  concernono  opinioni  espresse  da  un  membro  del
 parlamento nell'esercizio delle funzioni.
   Ad  avviso del tribunale la deliberazione adottata dalla Camera (le
 cui motivazioni appare assai  arduo  cogliere  negli  interventi  dei
 deputati  che  hanno  espresso  le  proprie dichiarazioni di voto) si
 appalesa del tutto arbitraria in quanto, nel caso in  esame,  difetta
 palesemente  il  necessario  collegamento tra il comportamento per il
 quale il deputato Sgarbi e' chiamato a  rispondre  dinanzi  a  questo
 tribunale e l'esercizio della funzione parlamentare.
   Va   in   particolare  evidenziato  che,  come  emerge  dagli  atti
 parlamentari  qui  pervenuti,  la  Camera,  respingendo  la  proposta
 argomentata dalla Giunta, ha del tutto omesso di considerare che:
     1)  nella  funzione  parlamentare non si puo' ricondurre l'intera
 attivita'  politica  svolta  dal  deputato  o  dal   senatore:   tale
 interpretazione finirebbe, invero, per vanificare il nesso funzionale
 posto  dall'art.    68,  primo  comma,  e comporterebbe il rischio di
 trasformare  la  prerogativa  in  un  privilegio  personale   (vedasi
 sentenze n. 375 del 1997 e n.  289 del 1998 gia' sopra citate). Nella
 vicenda  in  esame,  le  opinioni  espresse  dal  deputato Sgarbi nei
 riguardi dell'operato della dott.ssa Cotti Cometti, quale  magistrato
 della  Repubblica,  appaiono  del tutto prive di alcuna riferibilita'
 alle funzioni  parlamentari,  trattandosi  non  gia'  di  espressioni
 divulgative  di  una  scelta o di un'attivita' politico-parlamentare,
 bensi' di meri apprezzamenti personali espressi, alla stregua  di  un
 qualunque  privato  cittadino,  con  riguardo  ai protagonisti di una
 specifica vicenda giudiziaria;
     2) la palese carenza  del  presupposto  di  applicabilita'  della
 prerogativa  di  insindacabilita'  emerge,  in  ogni caso e con tutta
 evidenza, dalla seguente considerazione: anche a voler ammettere  che
 la   insindacabilita'   di   cui   all'art.  68,  primo  comma  della
 Costituzione si estenda pure all'attivita' svolta al di  fuori  delle
 Camere  (per  le  opinioni  espresse  in  comizi,  interviste  ecc.),
 sicuramente non potevasi ravvisare nella partecipazione del  deputato
 Sgarbi  alla  trasmissione  diffusa  dalla  rete  televisiva  privata
 "Canale  5"  un'attivita'  riconducibile  all'esercizio   delle   sue
 funzioni  di  membro  del  Parlamento,  atteso  che  (come  si evince
 chiaramente  dal  verbale  delle  dichiarazioni  rese   al   pubblico
 ministero  dal  direttore  di  "Canale  5" in data 29 novembre 1996 e
 dalla  documentazione  ad  esso  allegata,  acquisita  dal  tribunale
 all'odierna   udienza   ai   soli   fini  della  decisione  circa  il
 promovimento  del  conflitto  di  attribuzione)   l'on.   Sgarbi   e'
 intervenuto    nella    suddetta    trasmissione   nella   veste   di
 conduttore/entertainer di un programma televisivo, denominato "Sgarbi
 quotidiani", nel corso del quale egli aveva l'obbligo - sulla base di
 uno  specifico  contratto  stipulato  con le Reti televisive italiane
 S.p.a. cui fa capo "Canale 5" - di commentare ed esprimere le proprie
 opinioni su argomenti di  attualita'  e  su  quanto  riportato  dalla
 stampa in generale.
   Orbene,    poiche'    per    tali    prestazioni   era,   altresi',
 contrattualmente  prevista  una  determinata  retribuzione,  non   e'
 seriamente  revocabile  in  dubbio che l'on. Sgarbi abbia preso parte
 alle varie  puntate  del  programma  "Sgarbi  quotidiani"  nella  sua
 qualita'  di  privato cittadino, non essendo ovviamente ammissibile -
 ne' penalmente lecito -  che  un  membro  del  Parlamento  percepisca
 qualsiasi  ricompensa  o  retribuzione  come  corrispettivo  per atti
 inerenti lo svolgimento del proprio mandato  (artt.  67  e  69  della
 Costituzione in relazione all'art. 318 cod.  pen.).
    La delibera di insindacabilita' adottata dalla Camera dei deputati
 nella  seduta  del  25  giugno  1998  appare,  pertanto, lesiva delle
 attribuzioni di questo organo giurisdizionale, in  quanto  il  potere
 conferito  al  Parlamento dall'art. 68 della Costituzione (cosi' come
 interpretato dalla Corte costituzionale) e' stato esercitato in  modo
 arbitrario dalla Camera.
   Non  rimane,  pertanto,  che  sollevare conflitto di attribuzione a
 norma dell'art. 37, legge 11 marzo 1953, n. 87, vertendosi in materia
 di correttezza dell'esercizio del potere conferito  alla  Camera  dei
 deputati dall'art. 68, primo comma Cost. con riferimento alla lesione
 di   attribuzioni   giurisdizionali   costituzionalmente  previste  e
 garantite (artt. 102 e seguenti della Costituzione);