IL GIUDICE DI PACE Il giudice di Pace dott.ssa Quaroni Cristiana, nel procedimento penale a carico di: Abuoelenein Hossan nato a Elgharbia (Egitto) il 1° gennaio 1971, in contumacia, assistito e difeso d'Ufficio dall'avv. Marta Miante del Foro di Vigevano, imputato del reato di cui all'art. 10-bis d.lgs. n. 286/1998 perche' faceva ingresso e si tratteneva nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni di legge del citato decreto legislativo inerenti l'ingresso e il soggiorno degli stranieri nel territorio dello Stato. Accertato in Vigevano il 19 agosto 2009. All'udienza del 30 novembre 2009 ha pronunciato la seguente ordinanza. Premesso che: in data 20 agosto 2009 l'Ufficiale di P.G. della Stazione Carabinieri di Vigevano inviava alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Vigevano, richiesta di autorizzazione alla presentazione immediata - ai sensi dell'art. 20-ter del d.lgs. n. 274/2000 e successive modifiche - dell'imputato sopra indicato in relazione all'art. 10-bis d.lgs. n. 286/1998 perche' si tratteneva nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni inerenti l'ingresso ed il soggiorno degli stranieri nel territorio dello Stato; con provvedimento in data 15 settembre 2009 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Vigevano autorizzava la Polizia Giudiziaria alla presentazione immediata dell'imputato, come sopra identificato, avanti il giudice di pace per l'udienza odierna alla quale, l'imputato stesso non comparivano, venendo, pertanto, dichiarato contumace; che il giudicante riteneva di sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis del d.lgs. n. 286/1998 come introdotto dall'art. 1, comma 16 della legge 15 luglio 2009, n. 94, in relazione agli artt. 2, 3 comma 1 e 10, 25 comma 2 e 27 comma 1 della Costituzione. O s s e r v a a) Violazione dell'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo dell'irragionevolezza della scelta legislativa di criminalizzare l'ingresso e la permanenza dei clandestini nello Stato italiano. La irragionevolezza della nuova fattispecie criminosa e' evidenziata dalla insussistenza di un benche' minimo fondamento giustificativo, in quanto la sua sfera applicativa e' destinata a sovrapporsi integralmente a quella dell'espulsione quale misura amministrativa. Infatti, l'obiettivo perseguito dalla nuova figura di reato e' costituito dall'allontanamento dello straniero irregolare dal territorio dello Stato. E cio' si desume chiaramente dalle previsioni accessorie alla fattispecie, aventi ad oggetto proprio l'espulsione dello straniero: tale misura e' infatti prevista come sanzione sostitutiva irrogabile dal Giudice di Pace ai sensi dell'art. 16 d.lgs. n. 286/1998, appositamente modificato per comprendervi, tra i presupposti, la sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 10-bis. Inoltre, la effettiva espulsione dello straniero in via amministrativa costituisce causa di non procedibilita' dell'azione penale, il che rende ulteriormente evidente quale sia l'interesse primario perseguito dal legislatore. Pertanto la chiara finalita' della nuova fattispecie incriminatrice, strumentale all'allontanamento dello straniero irregolare dal territorio italiano, ne sottolinea l'assoluta inutilita', essendo l'ambito di applicazione della nuova figura di reato perfettamente coincidente con quello della preesistente misura amministrativa dell'espulsione, sia sotto il profilo di soggetti destinatari, sia sotto il profilo della ratio giustificativa. La irragionevolezza della nuova figura di reato emerge anche sotto il profilo sanzionatorio considerato nel suo complesso, quindi, non solo della pena dell'ammenda da euro 5.000 ad euro 10.000, ma anche del divieto di applicazione del beneficio condizionale della sospensione condizionale della pena e della facolta' concessa al Giudice di sostituire la pena pecuniaria con una sanzione piu' grave, quale quella dell'espulsione dallo stato per un periodo non inferiore a cinque anni (unico caso di misura sostitutiva piu' grave della sanzione principale sostituita). Che la sanzione sostitutiva in questione diventi la pena generalmente adottata dal G.d.P., laddove non ricorrano le cause ostative di cui all'art. 14 comma 1, e' del tutto prevedibile, stante l'assoluta carenza di efficacia deterrente dell'ammenda prevista. Non sara' certo il rischio di una mera sanzione, se pur elevata (da euro 5.000 ad euro 10.000) e non oblazionabile ex art. 162 c.p., a scoraggiare quanti sono spinti ad emigrare da condizioni di vita insostenibili. Per altro, lo straniero clandestino, prevedibilmente, non avra' mai in concreto, i mezzi economici per pagare la somma a cui sara' condannato dal giudice, con evidente vanificazione di ogni tentativo di esecuzione coattiva. b) Violazione dell'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo dell'irragionevole disparita' di trattamento tra la nuova fattispecie e quella di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998. La irrazionale ed ingiustificata disparita' di trattamento tra le due fattispecie criminose - entrambe tese a colpire la stessa situazione soggettiva: lo straniero ab origine o divenuto clandestino - e' stata evidenziata in quanto l'art. 14 comma 5-ter del citato decreto subordina la punibilita' della permanenza dello straniero nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine del Questore, al fatto che cio' avvenga «senza giustificato motivo». La nuova figura di reato, invece, non prevede alcuna scriminante con la conseguenza che il contravventore dell'art. 10-bis risulta posto in condizione peggiore dell'autore del delitto di cui all'art. 14 comma 5-ter che e' piu' grave ed assorbe la contravvenzione predetta. c) Violazione degli artt. 3 e 25, comma 2 della Costituzione, sotto il profilo della configurazione di una fattispecie penale discriminatoria, perche' fondata su particolari condizioni personali e sociali, anziche' su fatti e comportamenti riconducibili alla volonta' del soggetto attivo. In effetti, si deve ammettere che la nuova figura di reato solo apparentemente sanziona la condotta (l'azione di ingresso e l'omissione del mancato allontanamento) ma in realta' e' diretta a colpire la mera condizione personale dello straniero (costituita dal mancato possesso di un titolo abilitativo all'ingresso ed alla successiva permanenza nel territorio dello stato) che e' altresi' una condizione sociale, propria di una categoria di persone. Sanzionando penalmente in modo indiscriminato gli stranieri che soggiornano illegalmente nel territorio dello stato, la nuova disposizione presuppone arbitrariamente riguardo a tutti l'esistenza di una condizione di pericolosita' sociale che, per giustificare l'affermazione di una responsabilita' penale, deve invece, essere accertata in concreto e con riferimento ai singoli soggetti. Del resto la Corte costituzionale (sent. 78/2007) ha escluso che la condizione di mera irregolarita' dello straniero sia sintomatica di una pericolosita' sociale dello stesso: pertanto, la criminalizzazione di tale condizione stabilita dalla nuova disposizione, si rivela, anche sotto questo aspetto, priva di fondamento giustificativo. d) Violazione dell'art. 97, comma 1 della Costituzione. Invero, in conseguenza della previsione di due distinti procedimenti (amministrativo e penale) diretti allo stesso fine, si finisce per influire negativamente sulla durata ragionevole del processo penale e cio' a prescindere da ogni altra considerazione relativa ai costi ed agli ulteriori incombenti di una nuova procedura che di fatto duplica quella gia' esistente. e) Violazione dell'art. 2 della Costituzione. La nuova fattispecie, infine, appare in contrasto con l'art. 2 della Costituzione che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo e che richiede l'adempimento dei doveri di solidarieta' politica, economica e sociale. In sintesi, per tutto quanto in precedenza esposto, la questione di costituzionalita' come sopra enunciata, appare a questo Giudice rilevante e comunque, non manifestamente infondata. Inoltre la rilevanza nel processo in oggetto, deriva dalla semplice considerazione che in caso di declaratoria di illegittimita' della norma denunciata, l'imputato finirebbe per non avere conseguenza alcuna sotto il profilo penale.