IL TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 47 del 2012, proposto da: Nadia Baldassino, Marco Ballerini, Enrico Bertolazzi, Roberto Sennen Brusa, Maria Micaela Coppola, Marco Dallari, Claudio Della Volpe, Michela Denti, Rosa Di Maggio, Luca Fiori, Patrizia Maria Margherita Ghislandi, Luigi Gratton, Michele Largher, Domenico Luminati, Bruno Majone, Roberto Pignatelli, Alessandro Provenzani, Leonardo Ricci, Massimilano Tarozzi, rappresentati e difesi dagli avv. Vittorio Angiolini, Luca Formilan, Stefano Giampietro e Marco Cuniberti, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Stefano Giampietro in Trento, via Vannetti 41; Contro Universita' degli Studi di Trento, in persona del Rettore pro tempore, Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Trento, largo Porta Nuova n. 9; Per l'accertamento del diritto dei ricorrenti al trattamento retributivo spettante per il triennio 2011-2013, senza tener conto del blocco degli adeguamenti e degli aumenti, disposto dal comma 21 dell'art. 9 del d.l. 31 marzo 2010, n. 78, come convertito in legge 30 luglio 2010 n. 122. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2012 il cons. Lorenzo Stevanato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 1. I ricorrenti in epigrafe sono tutti docenti universitari di ruolo (ordinari, associati, ricercatori) in servizio presso l'Universita' degli Studi di Trento. In quanto destinatari delle disposizioni di cui all'art. 9, comma 21, del d.l. 31 marzo 2010 n. 78, come convertito in legge 30 luglio 2010 n. 122, eccepiscono l'illegittimita' costituzionale di tale norma, recante il blocco delle dinamiche stipendiali per il triennio 2011-2013, per le seguenti ragioni: 1) Contrasto con gli artt. 3, 36 e 97 Cost. Il sistema delle classi e degli scatti degli stipendi dei docenti universitari e' destinato ad essere innovato a seguito dell'entrata in vigore della legge 30 dicembre 2010, n. 240 recante «norme in materia di organizzazione delle universita', di personale accademico e reclutamento, nonche' delega al Governo per incentivare la qualita' e l'efficienza del sistema universitario». Il combinato disposto degli artt. 6, comma 14 e 8, comma 1, della legge n. 240/2010 citata stabilisce, infatti, che a decorrere dall'entrata in vigore dei regolamenti attuativi della legge, l'attuale meccanismo di progressione automatica basato su classi e scatti biennali di stipendio venga sostituito da un diverso meccanismo, caratterizzato da aumenti triennali e, soprattutto, non piu' automatici, in quanto legati all'esito di una valutazione, demandata ai singoli atenei, sull'attivita' svolta dal docente nel triennio. Percio', si rivelerebbe irrazionale il blocco per il periodo 2011-2013 di un meccanismo che e' destinato a scomparire, per volonta' dello stesso legislatore, prima che il periodo stesso abbia termine. Ove, poi, si volesse ritenere che il nuovo regime dell'ordinamento della docenza universitaria entrera' in vigore durante il periodo di blocco, si determinerebbe comunque una sperequazione tra coloro che si vedranno bloccato l'aumento biennale automatico secondo il vecchio ordinamento, altrimenti gia' maturato, e quelli per cui, invece, il termine per la maturazione della classe o scatto come configurato a seguito dell'entrata in vigore del nuovo regime, venga a maturazione dopo il periodo di blocco. 2) Contrasto con gli artt. 3, 36, 53 e 97 Cost. Il blocco degli adeguamenti e degli scatti previsto dal citato comma 21 sarebbe incostituzionale perche' colpisce una categoria di lavoratori (c.d. «non contrattualizzati») lasciando immuni altre categorie e, all'interno della categoria stessa, penalizzerebbe maggiormente i docenti con minore anzianita'. Inoltre, la durata del sacrificio economico non sarebbe circoscritta ad un periodo breve ma si prolungherebbe per ben tre anni e comunque violerebbe il principio di capacita' contributiva; 3) Contrasto con gli artt. 3, 36 e 97 Cost. L'esclusione di successivi recuperi rispetto ai meccanismi di adeguamento retributivo comporterebbe effetti non transitori, ma permanenti ed irreversibili sulle dinamiche retributive dei docenti universitari; 4) Contrasto con gli artt. 3, 36 e 97 Cost. Il citato comma 21 stabilisce che le progressioni di carriera comunque denominate nel triennio 2011-2013 hanno effetto ai fini esclusivamente giuridici, restando «sterilizzato» ogni effetto economico. Al riguardo si sostiene che per alcuni dei ricorrenti (quelli in attesa di «conferma») tale disposizione non avrebbe senso, in quanto i docenti universitari non fruiscono di alcuna progressione di carriera poiche' l'accesso ai ruoli di ricercatore, di professore associato e di professore ordinario avviene a seguito di concorso. Neppure l'istituto della «conferma» nei ruoli di ricercatore, di professore associato e di professore ordinario si configurerebbe come progressione di carriera. Nell'ipotesi della «conferma nel ruolo», i ricercatori ed i professori di seconda fascia la conseguono, dopo un triennio di servizio, all'esito della valutazione espressa da una commissione apposita sull'attivita' scientifica e didattica svolta nel triennio, ovvero al passaggio dalla qualifica di professore «straordinario» a quella di «professore ordinario», che presenta le stesse caratteristiche e i medesimi effetti del giudizio di «conferma». Tali casi non sarebbero riconducibili alle «progressioni di carriera, comunque denominate» trattandosi, nel caso dei passaggio da un ruolo all'altro (di ricercatore, associato ed ordinario) di vere e proprie assunzioni a seguito di concorso, mentre nel caso della conferma in ruolo si tratta della stabilizzazione di uno status gia' acquisito che, quindi, non rappresenta una «progressione di carriera» ne' l'espressione di alcun automatismo, in quanto consegue ad una valutazione del docente. Pertanto, qualora la norma dovesse interpretarsi come riferita anche alle conferme in ruolo, se ne eccepisce l'illegittimita' costituzionale per violazione degli artt. 3, 36 e 97 Cost. I ricorrenti chiedono dunque che, previa rimessione alla Corte Costituzionale delle anzidette questioni di costituzionalita', sia accertato il loro diritto alla percezione della retribuzione integrale. 2. Si e' costituita l'Avvocatura distrettuale dello Stato, eccependo il difetto di legittimazione passiva dei Ministeri dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, dell'Economia e delle Finanze e della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ha inoltre eccepito l'inammissibilita' del quarto motivo di ricorso in quanto si risolverebbe in una censura meramente ipotetica. Nel merito, ha controdedotto chiedendo la reiezione del gravame. Alla pubblica udienza dell'11.10.2012 la causa e' stata trattenuta in decisione. 3. Cio' premesso, ritiene il Collegio che - dovendo sollevare l'incidente di costituzionalita' della controversa disposizione di legge per le ragioni che seguono - possa, allo stato, prescindersi dalla preliminare decisione sull'eccezione di difetto di legittimazione passiva dei Ministeri intimati e della Presidenza del Consiglio, in quanto tale decisione comunque non inciderebbe sull'ammissibilita' del ricorso e la sua mancata pronuncia assicura, allo stato, un pieno contraddittorio sulle questioni di costituzionalita', cui le amministrazioni indicate sono certamente interessate. Anche relativamente all'eccezione di inammissibilita' del quarto mezzo di gravame, si puo' rinviare ogni decisione all'esito del giudizio di costituzionalita', in quanto nemmeno essa influisce sull'ammissibilita' del ricorso. 4. Sussiste la rilevanza delle questioni di costituzionalita' sollevate nel presente giudizio - salvo quella relativa al quarto motivo in quanto non risulta che l'Universita' degli studi di Trento abbia applicato ad alcuno dei ricorrenti la «sterilizzazione» economica alla «conferma in ruolo» - poiche': a) i ricorrenti sono tutti colpiti dalla censurata norma di legge, con una incidenza significativamente negativa sul trattamento retributivo; b) la riportata norma del d.l. n. 78 e' stata fatta oggetto di plurimi motivi di ricorso, con i quali sono state prospettate molteplici lesioni di vari e concorrenti precetti costituzionali; c) il presente giudizio ha un proprio, specifico petitum, separato e distinto dalla questione di costituzionalita', sul quale questo giudice remittente e' legittimamente chiamato a decidere, in ragione della propria giurisdizione esclusiva e competenza territoriale (cfr.: Corte Cost., sentt. n. 4 del 2000 e n. 38 del 2009); d) il petitum del presente giudizio consiste nel riconoscimento del diritto dei ricorrenti a conservare la propria retribuzione, senza le decurtazioni disposte dal citato comma 21 dell'art. 9 del d.l. n. 78 e, trattandosi di disposizione di diretta ed immediata applicazione, sarebbe impossibile pervenire al riconoscimento di tale diritto, se non attraverso la necessaria rimozione della norma negativa del diritto fatto valere, cui si potrebbe pervenire unicamente attraverso la sua declaratoria di illegittimita' costituzionale. Se il Collegio, infatti, non dubitasse della compatibilita' costituzionale della norma in esame rispetto ai precetti e principi della Carta fondamentale, la pretesa dei ricorrenti dovrebbe senz'altro essere dichiarata infondata e respingersi, in quanto le decurtazioni stipendiali qui censurate sono fissate direttamente ed inderogabilmente dalle vincolanti ed inequivoche disposizioni di legge applicate doverosamente dall'amministrazione universitaria datrice di lavoro, senza alcuna possibilita' di applicazioni od interpretazioni alternative. Le questioni di legittimita' costituzionale sono dunque rilevanti. Ritiene inoltre il Collegio che esse, come prospettate dai ricorrenti o comunque rilevabili d'ufficio, siano non manifestamente infondate sotto plurimi e concorrenti aspetti, come si dira'. 5. A tal riguardo, va premesso che il decreto legge n. 78 del 2010 e' stato adottato, come recita il suo preambolo, in considerazione della «straordinaria necessita' ed urgenza di emanare disposizioni per il contenimento della spesa pubblica e per il contrasto all'evasione fiscale ai fini della stabilizzazione finanziaria, nonche' per il rilancio della competitivita' economica». Nel quadro di una serie di previsioni finalizzate al contenimento ed alla riduzione della spesa pubblica si colloca, appunto, l'art. 9, relativo al «contenimento delle spese in materia di pubblico impiego». Con riferimento specificamente al personale c.d. «non contrattualizzato» di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il controverso comma 21 dell'art. 9 stabilisce: 1) che i relativi «meccanismi di adeguamento retributivo», come previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, «non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 ancorche' a titolo di acconto, e non danno comunque luogo a successivi recuperi»; 2) che per le medesime categorie di personale «che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti». Quanto al sistema dell'adeguamento stipendiale del personale non contrattualizzato giova, al riguardo, rammentare, che l'art. 24 della legge n. 448 del 1998 prevede che «a decorrere dal 1° gennaio 1998 gli stipendi, l'indennita' integrativa speciale e gli assegni fissi e continuativi dei docenti e dei ricercatori universitari... sono adeguati di diritto annualmente in ragione degli incrementi medi, calcolati dall'ISTAT, conseguiti nell'anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati sulle voci retributive, ivi compresa l'indennita' integrativa speciale, utilizzate dal medesimo Istituto per l'elaborazione degli indici delle retribuzioni contrattuali» (comma 1). Ai sensi del comma 2 della stessa disposizione, «la percentuale dell'adeguamento annuale prevista dal comma 1 e' determinata entro il 30 aprile di ciascun anno con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la funzione pubblica e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica»; sempre il comma 2 stabilisce che «a tal fine, entro il mese di marzo, l'ISTAT comunica la variazione percentuale di cui al comma 1», e che «qualora i dati necessari non siano disponibili entro i termini previsti, l'adeguamento e' effettuato nella stessa misura percentuale dell'anno precedente, salvo successivo conguaglio». Il sistema di adeguamento, dunque, e' un criterio di determinazione stipendiale indiretto e per relationem, con riferimento, ad evidenti fini perequativi a favore di categorie non contrattualizzate, all'andamento delle dinamiche retributive degli altri settori del pubblico impiego, di cui il meccanismo dell'adeguamento rappresenta l'indice rilevatore di variazioni gia' intervenute e di cui si deve tener conto per assicurare che lo stipendio erogato risponda ai principi fissati nell'art. 36 della Costituzione (relativamente a tale istituto, inizialmente introdotto per i magistrati, la Corte costituzionale si e' gia' pronunciata con le sentenze n. 1 del 1978, n. 238 del 1990 e n. 42 del 1993). Per quanto concerne, invece, gli automatismi stipendiali legati all'anzianita' di servizio, il vigente sistema (a partire dall'art. 36 del d.p.r. n. 382 del 1980, recante «Riordinamento della docenza universitaria», e con le modifiche e gli aggiustamenti susseguitisi negli anni) prevede che la progressione economica dei docenti di ruolo delle universita' si sviluppa in una serie di «classi» e «scatti» biennali di stipendio, analogamente a quanto avviene per le altre categorie di impiegati pubblici non privatizzate. In applicazione del citato comma 21 dell'art. 9, pertanto, per l'intero triennio 2011-2013 le retribuzioni dei docenti universitari sono escluse sia dai meccanismi di adeguamento di cui all'art. 24 della legge n. 448 del 1998, sia dall'applicazione degli aumenti retributivi per «scatti» e «classi» di stipendio, collegati all'anzianita' di ruolo: adeguamenti ed aumenti ricominceranno a decorrere a partire dal 2014, con espressa esclusione, pero', di ogni possibilita' di «recupero» degli adeguamenti nonche' delle classi e degli scatti che sarebbero spettati per il triennio 2011-2013. E' anzitutto da rimarcare come tali misure non sono le prime ad incidere negativamente sulle retribuzioni dei docenti universitari, in quanto esse, anche negli anni scorsi, sono state oggetto di taluni interventi sempre orientati ad esigenze di contenimento della spesa pubblica: gia' per l'anno 2007, infatti, in applicazione dell'art. 1, comma 576, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007), l'adeguamento retributivo previsto dall'art. 24 della legge n. 448 del 1998 e' stato corrisposto solo nella misura del 70%. Successivamente, l'art. 69 d.l. n. 112 del 25 giugno 2008 come convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133 ha previsto, per il c.d. personale «non contrattualizzato», il differimento di 12 mesi della maturazione dell'aumento biennale o della classe di stipendio, nel limite del 2,5%. Questi interventi a catena, ripetuti nel tempo senza, sostanzialmente, soluzione di continuita', hanno determinato e determineranno in futuro un'inesorabile erosione del potere d'acquisto di tale categoria di dipendenti, a differenza di quanto accaduto, ad esempio, per la dirigenza privata anche del settore pubblico allargato e per i titolari di cariche ed incarichi politici, con conseguente lesione degli artt. 36 e 3 Cost.. 6. Non va sottaciuto, sul punto, che recentemente la Corte costituzionale, con riferimento all'analoga posizione del personale di magistratura di cui alla legge n. 27 del 1981, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 22, del d.l. n. 78 del 2010, nella parte in cui dispone(va) che, per tale personale, non fossero erogati, senza possibilita' di recupero, gli acconti degli anni 2011, 2012 e 2013 ed il conguaglio del triennio 2010-2012 e che per tale personale, per il triennio 2013-2015, l'acconto spettante per l'anno 2014 fosse pari alla misura gia' prevista per l'anno 2010 e il conguaglio per l'anno 2015 venisse determinato con riferimento agli anni 2009, 2010 e 2014; nonche' nella parte in cui non esclude(va) che a detto personale fosse applicato il primo periodo del comma 21 (sentenza n. 223/2012 dell'11 ottobre 2012). In tale decisione la Corte ha, tra l'altro, osservato che «in occasione di pregresse manovre economiche, recanti deroghe temporanee a tali meccanismi rivalutativi di adeguamento, disposte, in particolare, in occasione della grave congiuntura economica del 1992, questa Corte ha gia' indicato i limiti entro i quali un tale intervento puo' ritenersi rispettoso dei principi sopra sintetizzati» osservando che «norme di tale natura possono ritenersi non lesive del principio di cui all'art. 3 della Costituzione (sotto il duplice aspetto della non contrarieta' sia al principio di uguaglianza sostanziale, sia a quello della non irragionevolezza), a condizione che i suddetti sacrifici siano eccezionali, transeunti, non arbitrari e consentanei allo scopo prefisso». Nel caso portato all'esame della Corte il sacrificio era limitato ad un anno. Nel caso disciplinato del comma 22 (ma il periodo triennale e' lo stesso del comma 21) la Corte ha pero' ritenuto che «i ricordati limiti tracciati dalla giurisprudenza di questa Corte risultano irragionevolmente oltrepassati». «In primo luogo, la disciplina censurata... ha comportato una vera e propria irragionevole riduzione di quanto gia' riconosciuto sulla base delle norme che disciplinano l'adeguamento. In secondo luogo... e' stato impedito qualsiasi recupero di tale progressione... escludendo pertanto il triennio 2011-2013 e con un effetto irreversibile»... «Inoltre, l'intervento normativo in questione non solo copre potenzialmente un arco di tempo superiore alle individuate esigenze di bilancio, ma soltanto apparentemente e' limitato nel tempo, se si considerano le analoghe misure pregresse che hanno interessato i meccanismi di adeguamento, in particolare, con riferimento all'art. 1, comma 576, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007), che riduceva la corresponsione dell'adeguamento maturato»... «In definitiva, la disciplina censurata eccede i limiti del raffreddamento delle dinamiche retributive, in danno di una sola categoria di pubblici dipendenti». In sintesi, dall'insegnamento della Corte puo' ricavarsi il principio della non conformita' a Costituzione di tutti quegli interventi legislativi che, sotto l'ombrello di un'emergenza finanziaria continua e non adeguatamente governata con efficaci ed eque misure strutturali, non solo di spesa ma anche di entrata (leggi: lotta vera ed efficace all'evasione fiscale), colpiscono a ripetizione e con effetti duri e duraturi le retribuzioni di categorie sempre uguali. Peraltro, a ulteriore conferma del carattere non «eccezionale» e non «transeunte» della disciplina, si consideri come di recente il d.l. n. 98 del 2011, convertito nella legge n. 111 del 2011, all'art. 16, comma 1, lett. b), preveda la «proroga fino al 31 dicembre 2014 delle vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici anche accessori del personale delle pubbliche amministrazioni previste dalle disposizioni medesime». Ora, in presenza della reiterazione di misure discriminatoriamente afflittive, la pretesa e dichiarata natura eccezionale e transitoria delle relative disposizioni non puo' piu' essere credibilmente predicata come compatibile con l'art. 3 della Costituzione, poiche', altrimenti, il Legislatore finirebbe per violare il principio della generalita' e della ragionevolezza delle norme giuridiche. In conclusione sul punto, la durata eccessiva e destinata ad ulteriori proroghe del blocco, sia dei meccanismi di adeguamento di cui all'art. 24 della legge n. 448 del 1998, sia dell'applicazione degli aumenti retributivi per «scatti» e «classi» di stipendio, con effetti irreversibili stante l'espressa esclusione di ogni possibilita' di «recupero», e' sospettabile di incostituzionalita' per violazione del principio di eguaglianza e ragionevolezza, ex art. 3 Cost., come appunto e' stato recentemente rilevato dalla Corte costituzionale con riferimento all'analoga norma contenuta nel comma 22, relativamente al blocco del meccanismo di adeguamento automatico delle retribuzioni dei magistrati. 7. Non manifestamente infondata si rivela pure l'eccezione di illegittimita' costituzionale del comma 21 dello stesso art. 9 del d.l. n. 78 del 2010. in relazione all'art. 6, comma 14, e all'art. 8, comma 1, della legge n. 240 del 2010, per violazione del principio di eguaglianza e ragionevolezza (art. 3 cost.) e del principio di imparzialita' e buon andamento dell'azione amministrativa (art. 97 cost.), anche con riferimento al diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantita' e qualita' del lavoro prestato (art. 36 cost.). Invero, il meccanismo delle «classi» e degli «scatti» dei docenti universitari e' stato radicalmente innovato, a seguito dell'entrata in vigore della citata legge 30 dicembre 2010, n. 240, il cui art. 8 prevede che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, il Governo adotti regolamenti «per la revisione della disciplina del trattamento economico dei professori e dei ricercatori universitari», introducendo, tra l'altro, la «trasformazione della progressione biennale per classi e scatti di stipendio in progressione triennale». Il suddetto regolamento e' stato emanato con D.P.R. n. 232 del 15 dicembre 2011 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 febbraio 2012, n. 33) nel quale pero' viene espressamente fatta salva la norma di blocco del controverso comma 21, ragion per cui l'efficacia del regolamento resta di fatto sospesa, per l'interferenza della norma emergenziale del d.l. n. 78/2010. Di qui emerge gia' un evidente profilo di lesione del principio di buon andamento e ragionevolezza, in quanto si rinvia di almeno un anno la cantierizzazione di una riforma ritenuta qualificante e percio' fortemente voluta dallo stesso Governo che ha varato le norme qui in contestazione. A sua volta, l'art. 6, comma 14, della stessa legge di riforma universitaria stabilisce che i nuovi aumenti triennali non saranno piu' automatici, ma saranno attribuiti, previa richiesta dell'interessato accompagnata da una «relazione triennale sul complesso delle attivita' didattiche, di ricerca e gestionali svolte», a seguito di una valutazione, demandata alle singole universita', sull'insieme delle attivita' svolte dal docente nel triennio, con la previsione che, in caso di valutazione negativa, non si attribuisce alcuno scatto stipendiale e che «la richiesta di attribuzione dello scatto puo' essere reiterata dopo che sia trascorso almeno un anno accademico». Dunque, classi e scatti biennali ed «automatismi» su cui incide l'art. 9, comma 21, del d.l. n. 78 del 2010, sono destinati a scomparire, per essere sostituiti da un meccanismo del tutto diverso, non solo e non tanto perche' presenta cadenza triennale anziche' biennale, ma soprattutto perche' non ha piu' alcun carattere di «automatismo». Il nuovo regime degli aumenti triennali per i docenti universitari di cui all'art. 6, comma 4, e all'art. 8 della legge n. 240/2011, nonche' all'art. 2 del D.P.R. n. 232/2011, resta, dunque soggetto alla sospensione di cui all'art. 9, comma 21, del d.l. n. 78 e pertanto avra' applicazione solo a decorrere dal 1° gennaio 2014. Ebbene, appare allora illogico applicare tale blocco, riferito alle (sole) progressioni «automatiche», anche a forme di progressione stipendiale di carattere meritocratico, che come tali non hanno (o almeno in una pubblica amministrazione efficiente, non dovrebbero avere) nulla di meccanicistico sul piano stipendiale. Risulta, poi, violato l'art. 97 Cost., essendosi prodotto - come gia' accennato in precedenza - uno slittamento in avanti di tre anni (a dopo il 2014) degli effetti di una riforma che, superando il sistema degli automatismi stipendiali a favore di una progressione economica legata alla valutazione dell'effettiva attivita' didattica e di ricerca svolta dal docente negli anni precedenti, e' volta ad introdurre meccanismi di premialita' fondati sul merito, e quindi ad assicurare, come prevede appunto l'art. 97 Cost., il «buon andamento» e l'efficienza dell'amministrazione. Appare violato, infine e sotto ulteriore profilo, anche l'art. 36 Cost., in quanto il meccanismo degli scatti, specie se legato ad una valutazione dell'attivita' effettivamente svolta, come previsto dalla riforma, e' collegato al principio di proporzionalita' tra la retribuzione percepita e la qualita' e la quantita' del lavoro effettivamente svolto dal docente. 8. Appare condivisibile anche il rilievo che l'applicazione del blocco determina sperequazioni all'interno della stessa categoria dei docenti, perche' viene applicata una misura indistinta a misure differenziate di stipendi. In particolare: - per i professori, ordinari o associati, la progressione economica si sviluppa in sei classi biennali di stipendio pari ciascuna all'8 per cento della classe attribuita ai medesimi all'atto della nomina ad ordinario ovvero del giudizio di conferma ed in successivi scatti biennali del 2,50 per cento calcolati sulla classe di stipendio finale (art. 36 D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382); - per i ricercatori confermati, la progressione economica si sviluppa in sette classi biennali di stipendio pari ciascuna all'8 per cento del parametro iniziale 330 ed in successivi scatti biennali del 2,50 per cento (art. 38 D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, cit.). E' quindi palese che, a seguito del blocco di classi e scatti, l'effetto sulle retribuzioni e' piu' incisivo sugli stipendi dei docenti con minore anzianita', che non hanno ancora maturato tutte le classi dell'8%, rispetto a quelli con oltre 16 anni di anzianita' che, per tale condizione, hanno gia' maturato tutte le classi e ricevono ormai soltanto scatti del 2,50%, il cui congelamento pesa dunque in maniera assai minore sulla retribuzione percepita. Per tali ragioni, l'art. 9 del d.l. n. 78 del 2010 e' quindi sospettabile di illegittimita' costituzionale per violazione degli artt. 3 e 36 Cost. 9. Oltre a quanto sin qui osservato, deve aggiungersi che il meccanismo introdotto con l'art. 9, comma 21, comporta l'esclusione di qualsiasi recupero successivo degli scatti, rispetto ai «meccanismi di adeguamento retributivo», di cui all'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448. Ogni possibilita' di recupero e' poi esclusa anche per quanto attiene alla «maturazione delle classi e degli scatti di stipendio», per cui l'anzianita' di servizio riprendera' a decorrere, a partire dal 2014, come se il triennio 2011-2013 non fosse mai esistito ed il dipendente avesse reso prestazioni fantasma. Ne deriva che non solo per il triennio in esame ciascun docente non gode ne' dei meccanismi di adeguamento retributivo ne' degli aumenti automatici legati all'anzianita', ma, a partire dal 2014, i meccanismi di adeguamento e gli scatti riprenderanno a decorrere, saltando del tutto lo stesso triennio, i cui effetti sull'anzianita' di carriera e sui correlati istituti saranno perduti definitivamente, come se il dipendente non avesse - a tali fini - mai lavorato. Si genera cosi' un'alterazione del meccanismo di adeguamento delle retribuzioni di cui all'art. 24 della legge n. 448 del 1998, finalizzato a salvaguardarne il valore reale rispetto all'aumento del costo della vita. Ne consegue la violazione, per irragionevolezza ed illogicita', degli artt. 3, 36 e 97. Oltretutto, quando in passato si e' ritenuto di dover intervenire sul meccanismo di «adeguamento retributivo» di cui all'art. 24 della legge n. 448 del 1998 per ridimensionarne temporaneamente la portata (in misura e con effetti, peraltro, nettamente piu' modesti di quanto accade oggi), e' stato previsto espressamente che, pur rimanendo esclusa la corresponsione di arretrati, l'adeguamento riprendesse a decorrere al cessare della misura temporanea, senza cancellare gli effetti del tempo decorso (cfr. l'art. 1, comma 576, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 - finanziaria 2007; l'art. 69 del d.l. n. 112 del 2008). L'irragionevolezza della preclusione si apprezza maggiormente con la comparazione delle posizioni dei dipendenti «contrattualizzati», per i quali non opera un analogo effetto. 10 . E' invece manifestamente infondata la q.l.c. riferita al principio di capacita' contributiva ex art. 53 Cost., poiche' alla disposizione normativa in esame non va riconosciuta natura tributaria. Il blocco degli automatismi, delle classi e degli scatti non costituisce «ablazione di somme trattenute da parte del datore di lavoro e da costui successivamente versate nelle casse dell'erario», in quanto esso determina, non una riduzione della retribuzione, ma soltanto un non aumento, cioe' un congelamento del trattamento economico in atto. Tra gli elementi essenziali della fattispecie tributaria manca, dunque, quello della (definitiva) decurtazione patrimoniale tramite prelievo coattivo a carico del soggetto passivo. 11. Cio' premesso, ai sensi dell'art. 23, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata, il TRGA solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 21, del di 31 marzo 2010 n. 78, come convertito in legge 30 luglio 2010 n. 122, per contrasto con gli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, secondo i profili e per le ragioni sopra indicate, con sospensione del giudizio fino alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana della decisione della Corte Costituzionale sulle questioni indicate, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 79 ed 80 del c.p.a. ed all'art. 295 c.p.c.. Riserva al definitivo ogni ulteriore decisione in rito, nel merito e sulle spese.