IL TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 47 del 2012, proposto da: 
        Nadia Baldassino, Marco Ballerini, Enrico Bertolazzi, Roberto
Sennen Brusa, Maria Micaela Coppola,  Marco  Dallari,  Claudio  Della
Volpe, Michela Denti, Rosa Di  Maggio,  Luca  Fiori,  Patrizia  Maria
Margherita  Ghislandi,  Luigi  Gratton,  Michele  Largher,   Domenico
Luminati, Bruno Majone, Roberto  Pignatelli,  Alessandro  Provenzani,
Leonardo Ricci, Massimilano Tarozzi,  rappresentati  e  difesi  dagli
avv. Vittorio Angiolini, Luca Formilan, Stefano  Giampietro  e  Marco
Cuniberti, con domicilio eletto presso lo  studio  dell'avv.  Stefano
Giampietro in Trento, via Vannetti 41; 
    Contro Universita' degli Studi di Trento, in persona del  Rettore
pro  tempore,  Ministero  dell'Istruzione  dell'Universita'  e  della
Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, Ministero dell'Economia
e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, Presidenza  del
Consiglio dei  ministri,  in  persona  del  Presidente  pro  tempore,
rappresentati e  difesi  dall'Avvocatura  distrettuale  dello  Stato,
domiciliata per legge in Trento, largo Porta Nuova n. 9; 
    Per l'accertamento del  diritto  dei  ricorrenti  al  trattamento
retributivo spettante per il triennio 2011-2013,  senza  tener  conto
del blocco degli adeguamenti e degli aumenti, disposto dal  comma  21
dell'art. 9 del d.l. 31 marzo 2010, n. 78, come convertito  in  legge
30 luglio 2010 n. 122. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visto l'atto di costituzione in  giudizio  delle  Amministrazioni
intimate; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  11  ottobre  2012  il
cons. Lorenzo Stevanato  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    1. I ricorrenti in epigrafe sono tutti  docenti  universitari  di
ruolo  (ordinari,  associati,   ricercatori)   in   servizio   presso
l'Universita' degli Studi di Trento. 
    In quanto destinatari delle disposizioni di cui all'art. 9, comma
21, del d.l. 31 marzo 2010 n. 78, come convertito in legge 30  luglio
2010 n. 122,  eccepiscono  l'illegittimita'  costituzionale  di  tale
norma, recante il blocco delle dinamiche stipendiali per il  triennio
2011-2013, per le seguenti ragioni: 
1) Contrasto con gli artt. 3, 36 e 97 Cost. 
    Il sistema delle classi e degli scatti degli stipendi dei docenti
universitari e' destinato ad essere innovato a  seguito  dell'entrata
in vigore della legge 30 dicembre 2010,  n.  240  recante  «norme  in
materia di organizzazione delle universita', di personale  accademico
e reclutamento, nonche' delega al Governo per incentivare la qualita'
e l'efficienza del  sistema  universitario».  Il  combinato  disposto
degli artt. 6, comma 14 e 8, comma 1, della legge n. 240/2010  citata
stabilisce, infatti, che  a  decorrere  dall'entrata  in  vigore  dei
regolamenti  attuativi   della   legge,   l'attuale   meccanismo   di
progressione  automatica  basato  su  classi  e  scatti  biennali  di
stipendio venga sostituito da un diverso  meccanismo,  caratterizzato
da aumenti triennali e, soprattutto, non piu' automatici,  in  quanto
legati all'esito di una valutazione,  demandata  ai  singoli  atenei,
sull'attivita' svolta dal docente nel triennio. 
    Percio', si rivelerebbe irrazionale  il  blocco  per  il  periodo
2011-2013 di  un  meccanismo  che  e'  destinato  a  scomparire,  per
volonta' dello stesso legislatore, prima che il periodo stesso  abbia
termine. 
    Ove,   poi,   si   volesse   ritenere   che   il   nuovo   regime
dell'ordinamento  della  docenza  universitaria  entrera'  in  vigore
durante  il  periodo  di  blocco,  si  determinerebbe  comunque   una
sperequazione tra coloro che si vedranno bloccato l'aumento  biennale
automatico secondo il vecchio ordinamento, altrimenti gia'  maturato,
e quelli per cui, invece, il termine per la maturazione della  classe
o scatto come configurato a seguito dell'entrata in vigore del  nuovo
regime, venga a maturazione dopo il periodo di blocco. 
2) Contrasto con gli artt. 3, 36, 53 e 97 Cost. 
    Il blocco degli adeguamenti e degli scatti  previsto  dal  citato
comma 21 sarebbe incostituzionale perche' colpisce una  categoria  di
lavoratori (c.d.  «non  contrattualizzati»)  lasciando  immuni  altre
categorie  e,  all'interno  della  categoria  stessa,  penalizzerebbe
maggiormente i docenti con minore anzianita'. Inoltre, la durata  del
sacrificio economico non sarebbe circoscritta ad un periodo breve  ma
si prolungherebbe per ben tre anni e comunque violerebbe il principio
di capacita' contributiva; 
3) Contrasto con gli artt. 3, 36 e 97 Cost. 
    L'esclusione di successivi recuperi  rispetto  ai  meccanismi  di
adeguamento retributivo  comporterebbe  effetti  non  transitori,  ma
permanenti ed irreversibili sulle dinamiche retributive  dei  docenti
universitari; 
4) Contrasto con gli artt. 3, 36 e 97 Cost. 
    Il citato comma 21 stabilisce che  le  progressioni  di  carriera
comunque denominate nel triennio  2011-2013  hanno  effetto  ai  fini
esclusivamente  giuridici,  restando  «sterilizzato»   ogni   effetto
economico. 
    Al riguardo si sostiene che per alcuni dei ricorrenti (quelli  in
attesa di «conferma») tale disposizione non avrebbe senso, in  quanto
i docenti  universitari  non  fruiscono  di  alcuna  progressione  di
carriera poiche' l'accesso ai ruoli  di  ricercatore,  di  professore
associato e di professore ordinario avviene a seguito di concorso. 
    Neppure l'istituto della «conferma» nei ruoli di ricercatore,  di
professore associato e di professore ordinario si configurerebbe come
progressione di carriera. 
    Nell'ipotesi della «conferma  nel  ruolo»,  i  ricercatori  ed  i
professori di seconda fascia  la  conseguono,  dopo  un  triennio  di
servizio, all'esito della valutazione  espressa  da  una  commissione
apposita sull'attivita' scientifica e didattica svolta nel  triennio,
ovvero al passaggio dalla qualifica di professore  «straordinario»  a
quella  di   «professore   ordinario»,   che   presenta   le   stesse
caratteristiche e i medesimi effetti del giudizio di «conferma». 
    Tali casi  non  sarebbero  riconducibili  alle  «progressioni  di
carriera, comunque denominate» trattandosi, nel caso dei passaggio da
un ruolo all'altro (di ricercatore, associato ed ordinario) di vere e
proprie assunzioni a seguito  di  concorso,  mentre  nel  caso  della
conferma in ruolo si tratta della stabilizzazione di uno status  gia'
acquisito che, quindi, non rappresenta una «progressione di carriera»
ne' l'espressione di alcun automatismo, in  quanto  consegue  ad  una
valutazione del docente. 
    Pertanto, qualora la norma dovesse  interpretarsi  come  riferita
anche alle  conferme  in  ruolo,  se  ne  eccepisce  l'illegittimita'
costituzionale per violazione degli artt. 3, 36 e 97 Cost. 
    I ricorrenti chiedono dunque che, previa  rimessione  alla  Corte
Costituzionale delle anzidette questioni  di  costituzionalita',  sia
accertato  il  loro  diritto  alla  percezione   della   retribuzione
integrale. 
    2.  Si  e'  costituita  l'Avvocatura  distrettuale  dello  Stato,
eccependo  il  difetto  di  legittimazione  passiva   dei   Ministeri
dell'Istruzione dell'Universita' e  della  Ricerca,  dell'Economia  e
delle Finanze e della Presidenza del Consiglio dei Ministri. 
    Ha inoltre  eccepito  l'inammissibilita'  del  quarto  motivo  di
ricorso in quanto si risolverebbe in una censura meramente ipotetica. 
    Nel merito, ha controdedotto chiedendo la reiezione del gravame. 
    Alla  pubblica  udienza  dell'11.10.2012  la   causa   e'   stata
trattenuta in decisione. 
    3. Cio' premesso, ritiene il Collegio  che  -  dovendo  sollevare
l'incidente di costituzionalita' della  controversa  disposizione  di
legge per le ragioni che seguono - possa,  allo  stato,  prescindersi
dalla   preliminare   decisione   sull'eccezione   di   difetto    di
legittimazione passiva dei Ministeri intimati e della Presidenza  del
Consiglio,  in  quanto  tale  decisione  comunque   non   inciderebbe
sull'ammissibilita' del ricorso e la sua mancata pronuncia  assicura,
allo   stato,   un   pieno   contraddittorio   sulle   questioni   di
costituzionalita', cui le amministrazioni  indicate  sono  certamente
interessate. 
    Anche relativamente all'eccezione di inammissibilita' del  quarto
mezzo di gravame, si  puo'  rinviare  ogni  decisione  all'esito  del
giudizio di  costituzionalita',  in  quanto  nemmeno  essa  influisce
sull'ammissibilita' del ricorso. 
    4. Sussiste la rilevanza  delle  questioni  di  costituzionalita'
sollevate nel presente giudizio - salvo  quella  relativa  al  quarto
motivo in quanto non risulta che l'Universita' degli studi di  Trento
abbia  applicato  ad  alcuno  dei  ricorrenti  la   «sterilizzazione»
economica alla «conferma in ruolo» - poiche': 
        a) i ricorrenti sono tutti colpiti dalla censurata  norma  di
legge, con una incidenza significativamente negativa sul  trattamento
retributivo; 
        b) la riportata norma del d.l. n. 78 e' stata  fatta  oggetto
di plurimi motivi di ricorso, con  i  quali  sono  state  prospettate
molteplici lesioni di vari e concorrenti precetti costituzionali; 
        c) il presente giudizio ha  un  proprio,  specifico  petitum,
separato e distinto dalla questione di costituzionalita',  sul  quale
questo giudice remittente e' legittimamente chiamato a  decidere,  in
ragione  della   propria   giurisdizione   esclusiva   e   competenza
territoriale (cfr.: Corte Cost., sentt. n. 4 del 2000  e  n.  38  del
2009); 
        d)  il   petitum   del   presente   giudizio   consiste   nel
riconoscimento del diritto dei ricorrenti  a  conservare  la  propria
retribuzione, senza le decurtazioni  disposte  dal  citato  comma  21
dell'art. 9 del d.l. n. 78 e, trattandosi di disposizione di  diretta
ed  immediata  applicazione,   sarebbe   impossibile   pervenire   al
riconoscimento di tale  diritto,  se  non  attraverso  la  necessaria
rimozione della norma negativa  del  diritto  fatto  valere,  cui  si
potrebbe pervenire  unicamente  attraverso  la  sua  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale. 
    Se il  Collegio,  infatti,  non  dubitasse  della  compatibilita'
costituzionale della norma in esame rispetto ai precetti  e  principi
della  Carta  fondamentale,  la  pretesa  dei   ricorrenti   dovrebbe
senz'altro essere dichiarata infondata e respingersi,  in  quanto  le
decurtazioni stipendiali qui censurate sono fissate  direttamente  ed
inderogabilmente dalle  vincolanti  ed  inequivoche  disposizioni  di
legge  applicate  doverosamente  dall'amministrazione   universitaria
datrice di lavoro,  senza  alcuna  possibilita'  di  applicazioni  od
interpretazioni alternative. 
    Le  questioni  di   legittimita'   costituzionale   sono   dunque
rilevanti. 
    Ritiene inoltre  il  Collegio  che  esse,  come  prospettate  dai
ricorrenti o comunque rilevabili d'ufficio, siano non  manifestamente
infondate sotto plurimi e concorrenti aspetti, come si dira'. 
    5. A tal riguardo, va premesso che il decreto  legge  n.  78  del
2010  e'  stato  adottato,  come  recita   il   suo   preambolo,   in
considerazione della «straordinaria necessita' ed urgenza di  emanare
disposizioni per il  contenimento  della  spesa  pubblica  e  per  il
contrasto  all'evasione  fiscale  ai   fini   della   stabilizzazione
finanziaria, nonche' per il rilancio della competitivita' economica». 
    Nel quadro di una serie di previsioni finalizzate al contenimento
ed alla riduzione della spesa pubblica si colloca, appunto, l'art. 9,
relativo  al  «contenimento  delle  spese  in  materia  di   pubblico
impiego». 
    Con   riferimento   specificamente   al   personale   c.d.   «non
contrattualizzato» di cui all'articolo 3 del decreto  legislativo  30
marzo 2001, n. 165, il controverso comma 21 dell'art. 9 stabilisce: 
        1) che i relativi «meccanismi  di  adeguamento  retributivo»,
come previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n.  448,
«non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 ancorche'  a  titolo
di acconto, e non danno comunque luogo a successivi recuperi»; 
        2) che per le medesime categorie di personale «che  fruiscono
di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli  anni
2011, 2012 e 2013 non sono utili  ai  fini  della  maturazione  delle
classi  e  degli  scatti  di  stipendio   previsti   dai   rispettivi
ordinamenti». 
    Quanto al sistema dell'adeguamento stipendiale del personale  non
contrattualizzato giova, al riguardo, rammentare, che l'art. 24 della
legge n. 448 del 1998 prevede che «a decorrere dal  1°  gennaio  1998
gli stipendi, l'indennita' integrativa speciale e gli assegni fissi e
continuativi dei  docenti  e  dei  ricercatori  universitari...  sono
adeguati di diritto annualmente in  ragione  degli  incrementi  medi,
calcolati dall'ISTAT, conseguiti nell'anno precedente dalle categorie
di pubblici dipendenti contrattualizzati sulle voci retributive,  ivi
compresa l'indennita' integrativa speciale, utilizzate  dal  medesimo
Istituto  per  l'elaborazione   degli   indici   delle   retribuzioni
contrattuali» (comma 1). 
    Ai sensi del comma 2 della stessa disposizione,  «la  percentuale
dell'adeguamento annuale prevista dal comma 1 e' determinata entro il
30 aprile di ciascun anno con decreto del  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, su proposta dei Ministri per la funzione pubblica e del
tesoro, del bilancio e della  programmazione  economica»;  sempre  il
comma 2 stabilisce che «a tal fine, entro il mese di  marzo,  l'ISTAT
comunica la variazione percentuale di cui al comma 1», e che «qualora
i dati necessari non siano  disponibili  entro  i  termini  previsti,
l'adeguamento e' effettuato nella stessa misura percentuale dell'anno
precedente, salvo successivo conguaglio». 
    Il  sistema  di  adeguamento,   dunque,   e'   un   criterio   di
determinazione  stipendiale   indiretto   e   per   relationem,   con
riferimento, ad evidenti fini perequativi a favore di  categorie  non
contrattualizzate, all'andamento delle  dinamiche  retributive  degli
altri  settori  del  pubblico   impiego,   di   cui   il   meccanismo
dell'adeguamento rappresenta l'indice rilevatore di  variazioni  gia'
intervenute e di cui si  deve  tener  conto  per  assicurare  che  lo
stipendio erogato risponda ai principi  fissati  nell'art.  36  della
Costituzione (relativamente a tale istituto, inizialmente  introdotto
per i magistrati, la Corte costituzionale si e' gia' pronunciata  con
le sentenze n. 1 del 1978, n. 238 del 1990 e n. 42 del 1993). 
    Per quanto concerne, invece, gli automatismi  stipendiali  legati
all'anzianita' di servizio, il vigente sistema (a  partire  dall'art.
36 del d.p.r. n. 382 del 1980, recante «Riordinamento  della  docenza
universitaria», e con le modifiche e gli  aggiustamenti  susseguitisi
negli anni) prevede che la  progressione  economica  dei  docenti  di
ruolo delle universita' si  sviluppa  in  una  serie  di  «classi»  e
«scatti» biennali di stipendio, analogamente a quanto avviene per  le
altre categorie di impiegati pubblici non privatizzate. 
    In applicazione del citato comma 21 dell'art.  9,  pertanto,  per
l'intero triennio 2011-2013 le retribuzioni dei docenti  universitari
sono escluse sia dai meccanismi di adeguamento  di  cui  all'art.  24
della legge n. 448 del  1998,  sia  dall'applicazione  degli  aumenti
retributivi  per  «scatti»  e  «classi»   di   stipendio,   collegati
all'anzianita' di ruolo:  adeguamenti  ed  aumenti  ricominceranno  a
decorrere a partire dal 2014, con espressa esclusione, pero', di ogni
possibilita' di «recupero» degli adeguamenti nonche' delle  classi  e
degli scatti che sarebbero spettati per il triennio 2011-2013. 
    E' anzitutto da rimarcare come tali misure non sono le  prime  ad
incidere negativamente sulle retribuzioni dei  docenti  universitari,
in quanto esse, anche negli anni scorsi, sono state oggetto di taluni
interventi sempre orientati ad esigenze di contenimento  della  spesa
pubblica: gia' per l'anno 2007, infatti, in applicazione dell'art. 1,
comma 576, della legge 27 dicembre 2006, n. 296  (finanziaria  2007),
l'adeguamento retributivo previsto dall'art. 24 della  legge  n.  448
del  1998  e'  stato  corrisposto  solo   nella   misura   del   70%.
Successivamente, l'art. 69 d.l.  n.  112  del  25  giugno  2008  come
convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133 ha previsto,  per  il  c.d.
personale «non contrattualizzato», il differimento di 12  mesi  della
maturazione dell'aumento biennale o della classe  di  stipendio,  nel
limite del 2,5%. 
    Questi  interventi  a   catena,   ripetuti   nel   tempo   senza,
sostanzialmente,  soluzione  di  continuita',  hanno  determinato   e
determineranno  in  futuro   un'inesorabile   erosione   del   potere
d'acquisto di tale categoria di dipendenti, a  differenza  di  quanto
accaduto, ad esempio, per la  dirigenza  privata  anche  del  settore
pubblico allargato e per i titolari di cariche ed incarichi politici,
con conseguente lesione degli artt. 36 e 3 Cost.. 
    6. Non va  sottaciuto,  sul  punto,  che  recentemente  la  Corte
costituzionale, con riferimento all'analoga posizione  del  personale
di magistratura di cui alla legge  n.  27  del  1981,  ha  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 22, del d.l. n. 78
del 2010, nella parte in cui dispone(va) che, per tale personale, non
fossero erogati, senza possibilita' di recupero,  gli  acconti  degli
anni 2011, 2012 e 2013 ed il conguaglio del triennio 2010-2012 e  che
per tale personale, per il triennio  2013-2015,  l'acconto  spettante
per l'anno 2014 fosse pari alla misura gia' prevista per l'anno  2010
e il conguaglio per l'anno 2015 venisse determinato  con  riferimento
agli anni  2009,  2010  e  2014;  nonche'  nella  parte  in  cui  non
esclude(va) che a detto personale fosse applicato  il  primo  periodo
del comma 21 (sentenza n. 223/2012 dell'11 ottobre 2012). 
    In tale decisione la Corte ha, tra  l'altro,  osservato  che  «in
occasione di pregresse manovre economiche, recanti deroghe temporanee
a  tali  meccanismi  rivalutativi  di   adeguamento,   disposte,   in
particolare, in occasione della grave congiuntura economica del 1992,
questa Corte ha  gia'  indicato  i  limiti  entro  i  quali  un  tale
intervento puo' ritenersi rispettoso dei principi sopra sintetizzati»
osservando che «norme di tale natura possono ritenersi non lesive del
principio di cui all'art. 3  della  Costituzione  (sotto  il  duplice
aspetto della  non  contrarieta'  sia  al  principio  di  uguaglianza
sostanziale, sia a quello della non irragionevolezza),  a  condizione
che i suddetti sacrifici siano eccezionali, transeunti, non arbitrari
e consentanei allo scopo prefisso». 
    Nel caso portato all'esame della Corte il sacrificio era limitato
ad un anno. 
    Nel caso disciplinato del comma 22 (ma il periodo triennale e' lo
stesso del comma 21) la Corte ha  pero'  ritenuto  che  «i  ricordati
limiti tracciati  dalla  giurisprudenza  di  questa  Corte  risultano
irragionevolmente  oltrepassati».  «In  primo  luogo,  la  disciplina
censurata... ha comportato una vera e propria irragionevole riduzione
di quanto gia' riconosciuto sulla base delle norme  che  disciplinano
l'adeguamento.  In  secondo  luogo...  e'  stato  impedito  qualsiasi
recupero di tale  progressione...  escludendo  pertanto  il  triennio
2011-2013 e con un effetto irreversibile»...  «Inoltre,  l'intervento
normativo in questione non solo copre potenzialmente un arco di tempo
superiore  alle  individuate  esigenze  di  bilancio,   ma   soltanto
apparentemente e' limitato nel tempo, se si considerano  le  analoghe
misure pregresse che hanno interessato i meccanismi  di  adeguamento,
in particolare, con riferimento all'art. 1, comma 576, della legge 27
dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato  -  legge  finanziaria  2007),  che
riduceva  la   corresponsione   dell'adeguamento   maturato»...   «In
definitiva,   la   disciplina   censurata   eccede   i   limiti   del
raffreddamento delle dinamiche retributive,  in  danno  di  una  sola
categoria di pubblici dipendenti». 
    In sintesi,  dall'insegnamento  della  Corte  puo'  ricavarsi  il
principio della  non  conformita'  a  Costituzione  di  tutti  quegli
interventi  legislativi  che,  sotto   l'ombrello   di   un'emergenza
finanziaria continua e non adeguatamente governata  con  efficaci  ed
eque misure strutturali, non  solo  di  spesa  ma  anche  di  entrata
(leggi: lotta vera ed efficace all'evasione  fiscale),  colpiscono  a
ripetizione  e  con  effetti  duri  e  duraturi  le  retribuzioni  di
categorie sempre uguali. 
    Peraltro, a ulteriore conferma del carattere non «eccezionale»  e
non «transeunte» della disciplina, si consideri come  di  recente  il
d.l. n. 98 del 2011, convertito nella legge n. 111 del 2011, all'art.
16, comma 1, lett. b), preveda la «proroga fino al 31  dicembre  2014
delle vigenti disposizioni che limitano la crescita  dei  trattamenti
economici   anche   accessori   del   personale    delle    pubbliche
amministrazioni previste dalle disposizioni medesime». 
    Ora,    in    presenza    della    reiterazione     di     misure
discriminatoriamente  afflittive,  la  pretesa  e  dichiarata  natura
eccezionale e transitoria delle relative disposizioni non  puo'  piu'
essere credibilmente predicata come compatibile con  l'art.  3  della
Costituzione,  poiche',  altrimenti,  il  Legislatore  finirebbe  per
violare il principio della generalita' e della  ragionevolezza  delle
norme giuridiche. 
    In conclusione sul punto, la  durata  eccessiva  e  destinata  ad
ulteriori proroghe del blocco, sia dei meccanismi di  adeguamento  di
cui all'art. 24 della legge n. 448 del  1998,  sia  dell'applicazione
degli aumenti retributivi per «scatti» e «classi» di  stipendio,  con
effetti  irreversibili   stante   l'espressa   esclusione   di   ogni
possibilita' di «recupero», e'  sospettabile  di  incostituzionalita'
per violazione del principio di eguaglianza e ragionevolezza, ex art.
3 Cost., come appunto e'  stato  recentemente  rilevato  dalla  Corte
costituzionale con riferimento all'analoga norma contenuta nel  comma
22, relativamente al blocco del meccanismo di adeguamento  automatico
delle retribuzioni dei magistrati. 
    7. Non manifestamente infondata si  rivela  pure  l'eccezione  di
illegittimita' costituzionale del comma 21 dello stesso  art.  9  del
d.l. n. 78 del 2010. in relazione all'art. 6, comma 14, e all'art. 8,
comma 1, della legge n. 240 del 2010, per violazione del principio di
eguaglianza e ragionevolezza  (art.  3  cost.)  e  del  principio  di
imparzialita' e buon andamento dell'azione  amministrativa  (art.  97
cost.),  anche  con  riferimento  al  diritto  ad  una   retribuzione
proporzionata alla quantita' e qualita' del lavoro prestato (art.  36
cost.). 
    Invero, il meccanismo delle «classi» e degli «scatti» dei docenti
universitari e' stato radicalmente innovato, a  seguito  dell'entrata
in vigore della citata legge 30 dicembre 2010, n. 240, il cui art.  8
prevede che, entro sei mesi dalla data di  entrata  in  vigore  della
legge,  il  Governo  adotti  regolamenti  «per  la  revisione   della
disciplina del trattamento economico dei professori e dei ricercatori
universitari», introducendo, tra l'altro,  la  «trasformazione  della
progressione  biennale  per  classi  e   scatti   di   stipendio   in
progressione triennale». 
    Il suddetto regolamento e' stato emanato con D.P.R. n. 232 del 15
dicembre 2011 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9  febbraio  2012,
n. 33) nel quale pero' viene espressamente fatta salva  la  norma  di
blocco del controverso comma  21,  ragion  per  cui  l'efficacia  del
regolamento resta di fatto sospesa, per  l'interferenza  della  norma
emergenziale del d.l. n. 78/2010. Di  qui  emerge  gia'  un  evidente
profilo di lesione del principio di buon andamento e  ragionevolezza,
in quanto si rinvia di almeno un  anno  la  cantierizzazione  di  una
riforma ritenuta  qualificante  e  percio'  fortemente  voluta  dallo
stesso Governo che ha varato le norme qui in contestazione. 
    A sua volta, l'art. 6, comma 14, della stessa  legge  di  riforma
universitaria stabilisce che i nuovi aumenti  triennali  non  saranno
piu'   automatici,   ma   saranno   attribuiti,   previa    richiesta
dell'interessato  accompagnata  da  una  «relazione   triennale   sul
complesso  delle  attivita'  didattiche,  di  ricerca  e   gestionali
svolte»,  a  seguito  di  una  valutazione,  demandata  alle  singole
universita', sull'insieme delle  attivita'  svolte  dal  docente  nel
triennio, con la previsione che, in caso di valutazione negativa, non
si attribuisce alcuno scatto  stipendiale  e  che  «la  richiesta  di
attribuzione  dello  scatto  puo'  essere  reiterata  dopo  che   sia
trascorso almeno un anno accademico». 
    Dunque, classi e scatti biennali ed «automatismi» su  cui  incide
l'art. 9, comma 21, del  d.l.  n.  78  del  2010,  sono  destinati  a
scomparire, per essere sostituiti da un meccanismo del tutto diverso,
non solo e non tanto  perche'  presenta  cadenza  triennale  anziche'
biennale, ma soprattutto perche'  non  ha  piu'  alcun  carattere  di
«automatismo». 
    Il  nuovo  regime  degli  aumenti   triennali   per   i   docenti
universitari di cui all'art. 6, comma 4, e all'art. 8 della legge  n.
240/2011, nonche' all'art. 2 del D.P.R. n.  232/2011,  resta,  dunque
soggetto alla sospensione di cui all'art. 9, comma 21, del d.l. n. 78
e pertanto avra' applicazione solo a decorrere dal 1° gennaio 2014. 
    Ebbene, appare allora illogico applicare  tale  blocco,  riferito
alle (sole) progressioni «automatiche», anche a forme di progressione
stipendiale di carattere meritocratico, che come tali  non  hanno  (o
almeno in una pubblica  amministrazione  efficiente,  non  dovrebbero
avere) nulla di meccanicistico sul piano stipendiale. 
    Risulta, poi, violato l'art. 97 Cost., essendosi prodotto -  come
gia' accennato in precedenza - uno slittamento in avanti di tre  anni
(a dopo il 2014) degli effetti  di  una  riforma  che,  superando  il
sistema degli automatismi stipendiali a favore  di  una  progressione
economica legata alla valutazione dell'effettiva attivita'  didattica
e di ricerca svolta dal docente negli anni precedenti,  e'  volta  ad
introdurre meccanismi di premialita' fondati sul merito, e quindi  ad
assicurare, come prevede appunto l'art. 97 Cost., il «buon andamento»
e l'efficienza dell'amministrazione. 
    Appare violato, infine e sotto ulteriore profilo, anche l'art. 36
Cost., in quanto il meccanismo degli scatti, specie se legato ad  una
valutazione dell'attivita' effettivamente svolta, come previsto dalla
riforma,  e'  collegato  al  principio  di  proporzionalita'  tra  la
retribuzione percepita e  la  qualita'  e  la  quantita'  del  lavoro
effettivamente svolto dal docente. 
    8. Appare condivisibile anche il rilievo che  l'applicazione  del
blocco determina sperequazioni all'interno della stessa categoria dei
docenti, perche' viene  applicata  una  misura  indistinta  a  misure
differenziate di stipendi. 
    In particolare: 
        - per i professori, ordinari  o  associati,  la  progressione
economica si sviluppa  in  sei  classi  biennali  di  stipendio  pari
ciascuna all'8 per cento della classe attribuita ai medesimi all'atto
della nomina ad ordinario ovvero  del  giudizio  di  conferma  ed  in
successivi scatti biennali del 2,50 per cento calcolati sulla  classe
di stipendio finale (art. 36 D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382); 
        - per i ricercatori confermati, la progressione economica  si
sviluppa in sette classi biennali di stipendio  pari  ciascuna  all'8
per cento del parametro iniziale 330 ed in successivi scatti biennali
del 2,50 per cento (art. 38 D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, cit.). 
    E' quindi palese che, a seguito del blocco di  classi  e  scatti,
l'effetto sulle retribuzioni e'  piu'  incisivo  sugli  stipendi  dei
docenti con minore anzianita', che non hanno ancora maturato tutte le
classi dell'8%, rispetto a quelli con oltre  16  anni  di  anzianita'
che, per tale condizione, hanno  gia'  maturato  tutte  le  classi  e
ricevono ormai soltanto scatti del 2,50%, il  cui  congelamento  pesa
dunque in maniera assai minore sulla retribuzione percepita. 
    Per tali ragioni, l'art. 9 del d.l. n.  78  del  2010  e'  quindi
sospettabile di illegittimita' costituzionale  per  violazione  degli
artt. 3 e 36 Cost. 
    9. Oltre a quanto sin qui  osservato,  deve  aggiungersi  che  il
meccanismo introdotto con l'art. 9, comma 21,  comporta  l'esclusione
di  qualsiasi  recupero  successivo   degli   scatti,   rispetto   ai
«meccanismi di adeguamento retributivo», di cui all'articolo 24 della
legge 23 dicembre 1998, n. 448. 
    Ogni possibilita' di recupero e' poi  esclusa  anche  per  quanto
attiene alla «maturazione delle classi e degli scatti di  stipendio»,
per cui l'anzianita' di servizio riprendera' a decorrere,  a  partire
dal 2014, come se il triennio 2011-2013 non fosse mai esistito ed  il
dipendente avesse reso prestazioni fantasma. 
    Ne deriva che non solo per il triennio in esame  ciascun  docente
non gode ne' dei meccanismi  di  adeguamento  retributivo  ne'  degli
aumenti automatici legati all'anzianita', ma, a partire dal  2014,  i
meccanismi di adeguamento e gli  scatti  riprenderanno  a  decorrere,
saltando del tutto lo stesso triennio, i cui effetti  sull'anzianita'
di carriera e sui correlati istituti saranno perduti definitivamente,
come se il dipendente non avesse - a tali fini - mai lavorato. 
    Si genera cosi'  un'alterazione  del  meccanismo  di  adeguamento
delle retribuzioni di cui all'art. 24 della legge n.  448  del  1998,
finalizzato a salvaguardarne il valore reale rispetto all'aumento del
costo della vita. 
    Ne consegue la violazione, per irragionevolezza  ed  illogicita',
degli artt. 3, 36 e 97. 
    Oltretutto, quando in passato si e' ritenuto di dover intervenire
sul meccanismo di «adeguamento retributivo» di cui all'art. 24  della
legge n. 448 del 1998 per ridimensionarne temporaneamente la  portata
(in misura e con effetti, peraltro, nettamente piu' modesti di quanto
accade oggi), e' stato  previsto  espressamente  che,  pur  rimanendo
esclusa la corresponsione di arretrati, l'adeguamento  riprendesse  a
decorrere al cessare della misura temporanea,  senza  cancellare  gli
effetti del tempo decorso (cfr. l'art. 1, comma 576, della  legge  27
dicembre 2006, n. 296 - finanziaria 2007; l'art. 69 del d.l.  n.  112
del 2008). 
    L'irragionevolezza della preclusione si apprezza maggiormente con
la comparazione delle posizioni dei  dipendenti  «contrattualizzati»,
per i quali non opera un analogo effetto. 
    10 . E' invece manifestamente infondata  la  q.l.c.  riferita  al
principio di capacita' contributiva ex art. 53  Cost.,  poiche'  alla
disposizione  normativa  in  esame   non   va   riconosciuta   natura
tributaria. 
    Il blocco degli automatismi, delle  classi  e  degli  scatti  non
costituisce «ablazione di somme trattenute da  parte  del  datore  di
lavoro e da costui successivamente versate nelle casse  dell'erario»,
in quanto esso determina, non una riduzione  della  retribuzione,  ma
soltanto un  non  aumento,  cioe'  un  congelamento  del  trattamento
economico in atto. 
    Tra gli elementi essenziali della fattispecie  tributaria  manca,
dunque, quello della (definitiva) decurtazione  patrimoniale  tramite
prelievo coattivo a carico del soggetto passivo. 
    11. Cio' premesso, ai sensi dell'art. 23,  secondo  comma,  della
legge  11  marzo  1953,  n.   87,   ritenendola   rilevante   e   non
manifestamente infondata, il TRGA solleva questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 9, comma 21, del di 31  marzo  2010  n.  78,
come convertito in legge 30 luglio 2010 n. 122, per contrasto con gli
artt. 3, 36 e 97 della Costituzione,  secondo  i  profili  e  per  le
ragioni sopra  indicate,  con  sospensione  del  giudizio  fino  alla
pubblicazione nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  Italiana
della decisione della Corte Costituzionale sulle questioni  indicate,
ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 79 ed 80 del  c.p.a.  ed
all'art. 295 c.p.c.. 
    Riserva al definitivo  ogni  ulteriore  decisione  in  rito,  nel
merito e sulle spese.