IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 6391 del 2012, proposto da Giuseppe Lupo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Raffaele Leone e Gianluca Simeoni, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, piazza Giovanni da Verrazzano, n. 46; Contro Consiglio Superiore della Magistratura, Ministero della giustizia, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la cui sede domiciliano in Roma, via dei Portoghesi, n.12; Per l'annullamento: della delibera adottata dal Consiglio Superiore della Magistratura nella seduta del 18 aprile 2012, pratica n. 240/GT/2012, prot. P9501/2012, comunicata in data 2 maggio 2012; della delibera adottata dal CSM nella seduta del 2 maggio 2012, pratica n. 245/GT/2012, prot. 10332, comunicata in data 7 maggio 2012; del decreto ministeriale 14 maggio 2012, con il quale il ricorrente e' stato dichiarato decaduto dall'incarico di giudice onorario di tribunale dal 1° giugno 2012, anche previa disapplicazione dell'art. 42-sexies o.g. posto a fondamento dei provvedimenti gravati. Visto il ricorso; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'intimato plesso amministrativo; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del 26 settembre 2012 il cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti i difensori come da relativo verbale. 1. Con il ricorso in trattazione l'istante, giudice onorario presso il Tribunale di Verona, impugna i provvedimenti di cui in epigrafe, in forza dei quali e' stato dichiarato decaduto dall'incarico dal 1° giugno 2012, ai sensi dell'art. 42-sexies, primo comma, lett. a), r.d. 30 aprile 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), al compimento del settantaduesimo anno di eta'. Ai fini della miglior comprensione della fattispecie, puntualizza il ricorrente che gli atti in parola sono stati preceduti da un provvedimento del Presidente del Tribunale di Verona, O.I. n. 32/2012 del 5 marzo 2012, che comunicava al magistrato onorario la mancata proroga di un incarico relativo alle esecuzioni immobiliari, in vista della cessazione dal servizio per raggiungimento dei limiti di eta'. Tale provvedimento veniva dall'interessato impugnato innanzi al Tar per il Veneto, che lo sospendeva (Tar Veneto, I, ordinanza 10 maggio 2012, n. 307) e, ritenendo non manifestamente infondata la questione, ivi proposta, inerente la legittimita' costituzionale dell'art. 42-sexies, primo comma, lett. a), o.g., in relazione agli artt. 3 e 97 Cost., rimetteva gli atti alla Corte Costituzionale (Tar Veneto, I, ordinanza 6 giugno 2012, n. 786). Intervenivano poi gli atti qui gravati, con i quali il Consiglio Superiore della Magistratura deliberava la cessazione dal servizio del ricorrente per il raggiungimento del settantaduesimo anno di eta' e il Ministero della giustizia dichiarava la decadenza dall'incarico, ai sensi dello stesso art. 42-sexies, primo comma, lett. a), o.g., che statuisce la cessazione dal servizio di giudice onorario al «compimento del settantaduesimo anno di eta'». Ad avviso del ricorrente, la determinazione contenuta negli atti impugnati costituirebbe atto discriminatorio in relazione all'eta', e contrasterebbe con le disposizioni comunitarie e con le disposizioni nazionali che le hanno recepite. Il contrasto e' ravvisato in relazione: all'art. 13 del Trattato istitutivo della Comunita' Europea, che ha conferito al Consiglio il potere di adottare i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate, tra altro, sull'eta'; agli artt. 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, che hanno sancito, rispettivamente, il diritto di uguaglianza di fronte alla legge e il divieto di qualsiasi forma di discriminazione, anche in relazione all'eta'; alla direttiva 2000/78/CE sulla parita' di trattamento in materia di occupazione, che, al venticinquesimo considerando, distingue tra fattispecie giustificate e non giustificate di disparita' di trattamento in funzione dell'eta', e precisa che le prime richiedono «disposizioni specifiche», essendo fondate su «obiettivi legittimi di politica dell'occupazione, mercato del lavoro e formazione professionale», laddove le seconde integrano «discriminazioni che devono essere vietate». In relazione alla appena citata direttiva 2000/78/CE, il ricorrente rappresenta che la Corte di Giustizia della CE ha affermato che l'accertamento della compatibilita' della normativa nazionale che fissi limiti di eta' con la normativa comunitaria e' subordinata all'individuazione di una finalita' legittima nei sensi dianzi precisati, dovendo altrimenti il giudice nazionale ricorrere al rimedio della disapplicazione (sentenza 18 novembre 2010 nei procedimenti riuniti C-250/09 e C-268/09; sentenza 12 gennaio 2010 della Grande Sezione nel procedimento C-341/08); al decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, che individua la fattispecie discriminatoria relativa all'eta' nel trattamento meno favorevole riservato ad un soggetto rispetto ad un altro, in una situazione analoga in materia di occupazione e condizioni di lavoro. Alla stregua di tali coordinate, il ricorrente perviene alla conclusione che il limite di eta' fissato per i giudici onorari di tribunale al settantaduesimo anno costituisce un trattamento discriminatorio, poiche' diverso e meno favorevole rispetto al diverso limite di eta' (settantacinque), fissato per altri appartenenti alla stessa categoria della magistratura onoraria (giudici di pace e giudici tributari), oltre che per i giudici professionali. Conseguentemente, il ricorrente domanda, in via principale, previa disapplicazione dell'art. 42-sexies, primo comma, lett. a), o.g., per violazione degli artt. 1 e 2 del d.lgs. 216/2003, l'annullamento degli atti impugnati; in via subordinata, solleva questione di legittimita' costituzionale della disposizione stessa, in relazione agli artt. 3 e 97 Cost. 2. Costituitisi in resistenza, il Consiglio Superiore della Magistratura e il Ministero della giustizia eccepiscono innanzitutto il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in forza dell'art. 4, comma 2 del d.lgs. 216/2003, su cui ritengono basato il petitum sostanziale del ricorso. Il plesso amministrativo resistente evidenzia poi, nel merito, l'insussistenza delle condizioni per ravvisare un comportamento discriminatorio a carico dell'Organo di autogoverno, che si e' limitato ad applicare una norma di legge, che non potrebbe essere disapplicata nella presente sede, non sussistendone i presupposti. 3. A mezzo di «memoria con motivi aggiunti» depositata il 5 settembre 2012, non notificata, il ricorrente estende l'impugnativa anche al provvedimento del CSM adottato nella seduta del 25 luglio 2012, che, in risposta a quesito del Presidente del Tribunale di Verona, ha rappresentato che il ricorrente non puo' essere riammesso in servizio e insiste per L'accoglimento delle domande gia' introdotte. 4. Con ordinanza 27 settembre 2012, n. 3408, adottata nella camera di consiglio del 26 settembre 2012, la domanda cautelare e' stata accolta. In particolare, la Sezione, considerata la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 42-sexies, primo comma, lett. a), del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), ha disposto la sospensione interinale dell'efficacia dei provvedimenti gravati nell'atto introduttivo del giudizio «ai fini e per la durata dello svolgimento del giudizio di costituzionalita'», rimandando, per l'esplicazioni delle motivazioni del predetto dubbio di costituzionalita', alla presente ordinanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale, adottata nella stessa camera di consiglio. 5. Entrando nel merito della questione, il Collegio ritiene di aderire alla sopra citata ordinanza del Tar Veneto 786/2012, adottata nella diversa controversia pure proposta dal ricorrente, nonche' ad altra ordinanza della Sezione, 1° agosto 2012, n. 7111, pure concernente la permanenza in servizio di giudice onorario dopo il raggiungimento del limite di eta' di cui all'art. 42-sexies o.g., e, pertanto, di sollevare anche nel presente giudizio la questione di legittimita' costituzionale della disposizione di cui all'art. 42-sexies, primo comma, lett. a), del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione. Cio' innanzitutto a motivo dell'irragionevole disparita' di trattamento che essa riserva al termine di cessazione dalle funzioni per i magistrati onorari di tribunale rispetto a quello previsto per le altre componenti la magistratura onoraria ad esso assimilabili, quali i magistrati del giudice di pace e dei giudici tributari, rispettivamente disciplinate dall'art. 7 della legge 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del giudice di pace) e dall'art. 11, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 545 (Ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria ed organizzazione degli uffici di collaborazione in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413). 6. Ai soli fini dell'apprezzamento della rilevanza della questione di legittimita' costituzionale, non puo' non dedicarsi qualche considerazione all'eccezione pregiudiziale spiegata dalla difesa erariale. Al riguardo, si osserva che, come noto, la giurisdizione si determina sulla base della domanda, ma, a tal fine, rileva non gia' la prospettazione delle parti, bensi' il c.d. petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta stati che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio e individuata dal giudice stesso con riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico di cui essi sono manifestazione ed in base al quale la domanda viene identificata. E allora, applicando le predette coordinate ermeneutiche alla fattispecie, si osserva che si verte in tema non tanto di atti discriminatori ovvero del diritto a non subire discriminazioni - come sostenuto dalla difesa erariale - quanto, piuttosto, di disciplina dell'incarico di giudice onorario di tribunale, disciplina che e' improntata a caratteri di notevole specialita', testimoniati dalla nomina con decreto del Ministero della giustizia, in conformita' della deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura, su proposta del Consiglio giudiziario competente per territorio (art. 42-ter comma 1, o.g.), che la materia rinviene interamente dall'ordinamento pubblicistico. Cio' posto, si rileva che la pretesa azionata in gravame e', segnatamente, quella alla continuazione dell'incarico onorario, a fronte di provvedimenti disposti con le stesse modalita' previste per la nomina all'incarico stesso (art. 42-sexies, u.c., o.g.). E allora non puo' che concludersi che la materia del contendere non esula dalla generale giurisdizione di legittimita', connessa agli interessi legittimi, affidata al giudice amministrativo, da ultimo, dall'art. 7, comma 1, c.p.a. 7. Chiarito, ai soli fini del giudizio di rilevanza, che la controversia risulta appartenente alla cognizione del giudice adito, la pronunzia in ordine ad ogni altra questione pregiudiziale, anche sollevabile d'ufficio, deve essere riservata alla definizione del merito del gravame. 8. Sempre in punto di rilevanza della questione di legittimita' costituzionale, il Collegio osserva che gli atti impugnati con l'odierno ricorso costituiscono diretta applicazione della norma de qua. Ne' pare - come gia' rilevato dalle precedenti ordinanze di rimessione sopra citate - che la norma stessa sia suscettibile di essere disapplicata per contrasto con normative comunitarie, posto che non e' individuabile una disciplina self-executing di tale matrice applicabile alla fattispecie oggetto di giudizio. Invero, il fatto che la norma legislativa in esame riservi a soggetti non appartenenti ad una medesima categoria professionale, bensi' appartenenti a figure professionali fra loro «assimilabili» sotto il profilo funzionale, termini di cessazione dall'incarico diversi, non appare integrare, di per se', l'illegittimita' comunitaria di cui alla direttiva del Consiglio 78/2000/CE, in quanto i singoli Stati dell'Unione europea godono di un ambito di autonomia che esclude un'assoluta uniformita' di regime delle condizioni legali di permanenza nelle attivita' professionali, essendo loro interdetto, invece, di discriminare (sia direttamente che indirettamente) una persona rispetto a «quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra in una situazione analoga». Nel caso che ci occupa, infatti, tutti i soggetti appartenenti alla categoria di giudice onorario di tribunale cosi' come il ricorrente, sono sottoposti all'identico trattamento (cessazione al compimento del settantaduesimo anno di eta'). Inoltre, gli atti impugnati non risultano discriminatori nel senso prospettato dal ricorrente, atteso che l'effetto pregiudizievole lamentato dal ricorrente costituisce la diretta conseguenza della vigenza dell'art. 42-sexies, comma 1, lett. a), o.g., di cui l'atto impugnato rappresenta la pedissequa applicazione. Pertanto, dipendendo l'asserita violazione della posizione soggettiva del ricorrente direttamente dalla norma stessa, solo dalla dichiarazione della sua illegittimita' costituzionale potrebbe derivare il richiesto accoglimento del ricorso per illegittimita' derivata degli atti impugnati. 9. Quanto, invece, alla non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' della disposizione in esame, essa si pone ad avviso del Collegio, come gia' sopra anticipato, innanzitutto in relazione all'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della irragionevole disparita' di trattamento prodotta, posto che la situazione dei giudici onorari di tribunale e' del tutto omogenea a quella dei giudici di pace e a quella dei giudici tributari, trattandosi di figure appartenenti tutte alla magistratura onoraria e soggette a regimi di ammissione e di funzione pienamente comparabili; sicche', considerata la piena assimilabilita' di dette figure, non sembra giustificabile alcuna diversita' di trattamento con riferimento al momento di cessazione dall'incarico, che dovrebbe rappresentare, proprio per la sua portata generale, un elemento comune e uniforme di tutta la categoria magistratuale cui dette figure appartengono. L'art. 7, comma 1, della citata legge n. 374 del 1991 stabilisce invero che, «in attesa della complessiva riforma dell'ordinamento dei giudici di pace, il magistrato onorario che esercita le funzioni di giudice di pace dura in carica quattro anni e puo' essere confermato per un secondo mandato di quattro anni e per un terzo mandato di quattro anni. I giudici di pace confermati per un ulteriore periodo di due anni in applicazione dell'art. 20 della legge 13 febbraio 2001, n. 48, al termine del biennio possono essere confermati per un ulteriore mandato di quattro anni, salva comunque la cessazione dall'esercizio delle funzioni al compimento del settantacinquesimo anno di eta'». L'art. 11, comma 2, del d.lgs. n. 545 del 1992 citato prevede, d'altra parte, che «I componenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali, indipendentemente dalle funzioni svolte, cessano dall'incarico, in ogni caso, al compimento del settantacinquesimo anno di eta'», mentre l'art. 7, comma 1, lettera d), del medesimo d.lgs. pone, fra i requisiti generali necessari per l'ammissione a tale funzione, quello di «non avere superato, alla data di scadenza del termine stabilito nel bando di concorso per la presentazione della domanda di ammissione, settantadue anni di eta'». Sempre in punto di non manifesta infondatezza della questione, il Collegio osserva che il legislatore ha stabilito che il giudice onorario cessi dall'incarico al compimento del settantaduesimo anno di eta'. In particolare l'art. 4, comma 1, della legge 22 luglio 1997, n. 276 (Disposizioni per la definizione del contenzioso civile pendente: nomina di giudici onorari aggregati e istituzione delle sezioni stralcio nei tribunali ordinari), prevede che «La nomina a giudice onorario aggregato, salvo quanto previsto dal comma 4, ha durata quinquennale e puo' essere prorogata per una sola volta e per il termine massimo di un anno». Mentre il comma 2 del medesimo articolo prevede che «Il giudice aggregato cessa dall'incarico in caso di definizione delle cause di cui all'art. 1, comma 1, pendenti presso l'ufficio giudiziario cui e' assegnato, salvo quanto disposto dal comma 5 del presente articolo, nonche' all'atto del compimento del settantaduesimo anno di eta' e nelle ipotesi di cui all'art. 7». Orbene, se e' chiaro ed incontrovertibile che il dato letterale della norma determina per il G.O.A. il medesimo effetto, sotto il profilo della durata temporale dell'esercizio delle funzioni, rispetto a quello derivante per il giudice onorario di tribunale dalla norma legislativa qui contestata, deve nondimeno rilevarsi, sul piano sistematico, che le due figure, pur appartenendo alla medesima categoria della magistratura onoraria, si differenziano nettamente sotto il profilo funzionale dalle altre componenti che ne fanno parte, mostrando vieppiu' l'irrazionalita' del sistema normativo in cui si colloca la disciplina censurata, caratterizzata, da un lato, dall'evidenziata disparita' di trattamento rispetto alle figure magistratuali onorarie «omologhe» sotto il profilo funzionale (i.e.: «giudici di pace» e «giudici tributari»), dall'altro, dall'identita' di trattamento rispetto ad una figura funzionalmente diversa (i.e.: «G.O.A»). La figura del G.O.A. e' stata infatti istituita dal legislatore con la dichiarata finalita' di definire il contenzioso civile pendente dinanzi ai tribunali alla data del 30 aprile 1995 «nel tempo massimo di cinque anni». In particolare, l'art. 1, comma 2, della citata legge istitutiva delle sezioni stralcio del tribunale civile dispone che «per definite i procedimenti civili di cui al comma 1 e con l'obiettivo di darvi luogo nel tempo massimo di cinque anni si procedera', nei modi e termini previsti dalla presente legge, alla nomina di giudici onorari aggregati nel numero di mille». Possono essere chiamati all'ufficio di giudice onorario aggregato: a) gli avvocati anche se a riposo o iscritti negli albi speciali e i magistrati a riposo; b) gli avvocati e procuratori dello Stato a riposo; c) i professori universitari e i ricercatori universitari confermati in materie giuridiche, laureati in giurisprudenza; c-bis) i notai anche in pensione. 3. Entro tre mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della presente legge, con decreto del Ministro di grazia e giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura, sono individuati i tribunali presso cui vengono istituite le sezioni stralcio previste dall'articolo 11 e sono determinati il numero delle sezioni e la pianta organica dei giudici onorari aggregati e del relativo personale ausiliario». Coerentemente con la durata quinquennale di detto incarico, si giustifica il requisito del «non aver compiuto 67 anni di eta'» al momento della nomina, proprio per assicurare la possibilita' del pieno espletamento del mandato temporaneo (la cui cessazione e' prevista al settantaduesimo anno di eta'). Pertanto, in considerazione della natura contingente e transitoria delle funzioni assegnate al G.O.A., individuabile, per espressa volonta' legislativa, nell'esigenza di procedere allo smaltimento del contenzioso civile arretrato, detta figura non pare pienamente assimilabile e comparabile a quella del G.O.T. che e' invece considerato dall'ordinamento quale magistrato che entra a far parte in via permanente e funzionale del tribunale (cui e' «addetto» ex art. 42-bis, r.d. n.12 del 1941), in quanto abilitato a svolgere, a fianco dei magistrati ordinari, «il lavoro giudiziario loro assegnato dal presidente del tribunale o, se il tribunale e' costituito in sezioni, dal presidente o altro magistrato che dirige la sezione» (art. 43-bis, r.d. n. 12 del 1941), nei limiti e alle condizioni specificate dalla normativa primaria e da quella secondaria in materia. Sotto questo profilo, risulta invece evidente l'assimibilita' del G.O.T. alla figura del giudice di pace, al quale il legislatore ha assegnato funzioni giurisdizionali «in materia civile e penale», nonche' «la funzione conciliativa in materia civile» alle condizioni indicate nella legge n. 374 del 1991, senza limitazioni ne' di tempo ne' di scopo, come invece nel caso dei G.O.A. Le medesime considerazioni, ad avviso del Collegio, valgono anche in ordine al raffronto fra il G.O.T. e il giudice tributario, dal momento che anche quest'ultimo e' considerato organo di giurisdizione istituzionale in uno specifico ambito di materia. Inoltre, l'innalzamento a 75 anni del limite di eta' fissato per lo svolgimento dell'incarico di giudice onorario di tribunale risponderebbe anche ad un vantaggio per l'amministrazione, che potrebbe continuare a giovarsi dell'opera di un giudice gia' formato e la cui idoneita' allo svolgimento delle mansioni e' stata anche comprovata da un'esperienza pluriennale e positivamente valutata in concreto dagli organi a cio' deputati (Presidente del Tribunale, Consiglio giudiziario e Consiglio Superiore della Magistratura), e cio' anche in coerenza con i piu' recenti interventi legislativi, quali in particolare quello della proroga ex lege delle funzioni dei G.O.T. operata dall'art. 15 del d.l. n. 212 del 2011, che appunto paiono fondarsi su tale considerazione. Pertanto, il Collegio dubita della legittimita' della norma impugnata anche in riferimento ai principi di efficienza e di buon andamento della pubblica amministrazione sanciti dall'art. 97 della Costituzione. 10. In conclusione, la diversita' di trattamento riservata ai giudici onorari di tribunale, che deriva pianamente dal raffronto delle norme citate con quella impugnata, non appare sorretta da alcuna ragionevole giustificazione, determinando un'irrazionale quanto incomprensibile disparita' di trattamento fra figure professionali omogenee. Se non puo', infatti, dubitarsi che l'individuazione del termine di cessazione dalle funzioni de quibus rientri nella discrezionalita' del legislatore, cio' nondimeno, sulla scorta dell'insegnamento del Giudice delle leggi, tale potere deve essere esercitato in modo ragionevole e non arbitrario, con la conseguenza che, una volta fissato a settantacinque anni il limite di eta' per tutte le altre figure professionali ad essa assimilabili, condividendone le medesime funzioni e gli stessi caratteri di magistratura onoraria e giudicante - in ossequio all'art. 106, secondo comma, della Costituzione -, lo stesso identico limite non puo' non valere anche per la specifica figura di magistratura onoraria che viene in considerazione nel presente giudizio, in ragione del necessario rispetto del principio di uguaglianza e di razionalita' interna del sistema normativo in cui la norma legislativa censurata si colloca, stabilito dall'art. 3 della Costituzione, nonche' in riferimento al principio di efficienza e buon andamento dell'Amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione. 11. Alla luce delle considerazioni che precedono, deve pertanto essere sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 42-sexies, primo comma, lett. a) del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, con conseguente sospensione del giudizio e trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Resta riservata all'esito del giudizio incidentale ogni determinazione pregiudiziale, sul merito e sulle spese.