Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12 e' domiciliato; contro la Regione Umbria, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale; per la declaratoria della illegittimita' costituzionale in parte qua della legge della Regione Umbria 12 novembre 2012, n. 18, pubblicata nel Bollettino Ufficiale Regione Umbria n. 50 del 15 novembre 2012 e recante il titolo «Ordinamento del servizio sanitario regionale». La presentazione del presente ricorso e' stata decisa dal Consiglio dei Ministri nella riunione dell'11 gennaio 2013, come da estratto del verbale che si deposita. La legge della Regione Umbria n. 18 del 12 novembre 2012, titolata «Ordinamento del servizio sanitario regionale», presenta, sotto vari aspetti, i seguenti profili di illegittimita' costituzionale, per violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 17, comma 3, per violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, nella parte in cui disciplina l'elenco regionale dei candidati idonei alla nomina di Direttore generale delle aziende sanitarie regionali. L'art. 17, che disciplina l'elenco regionale dei candidati idonei alla nomina di Direttore generale delle aziende sanitarie regionali, prevede, al comma 3, che «la giunta regionale ai fini della selezione dei candidati per l'inserimento nell'elenco degli idonei si avvale di una commissione costituita in prevalenza da esperti indicati da qualificate istituzioni scientifiche indipendenti dalla Regione medesima». Tale norma contrasta con l'art. 3-bis, comma 3, del d.lgs. n. 502/1992, come modificato dal decreto-legge n. 158/2012, secondo cui la predetta commissione deve essere costituita da esperti indicati da qualificate istituzioni scientifiche indipendenti, «di cui uno designato dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali». Nella parte in cui il comma 3 dell'art. 17 in esame non prevede la partecipazione alla commissione dell'esperto designato dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, si configura un contrasto con la citata norma statale, da considerarsi quale principio fondamentale in materia di tutela della salute, e la conseguente violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 19, comma 3, per violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, nella parte in cui, in caso di revoca del Direttore Generale, attribuisce alla Giunta regionale la competenza alla attribuzione di funzioni o alla nomina di un Commissario straordinario. L'art. 19, comma 3, prevede che «la Giunta regionale in caso di decadenza, di revoca del Direttore generale o di vacanza dell'ufficio, in via temporanea fino alla data di stipula del contratto del nuovo Direttore, e comunque per non oltre sei mesi dalla vacanza dell'ufficio, attribuisce le funzioni al Direttore amministrativo o al Direttore sanitario di cui all'art. 25, ovvero procede alla nomina di un commissario straordinario in possesso dei requisiti previsti dalla legislazione vigente per la nomina a direttore generale». Tale disposizione contrasta con l'art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 502/1992, secondo cui «in caso di vacanza dell'ufficio o nei casi di assenza o di impedimento del direttore generale, le relative funzioni sono svolte dal direttore amministrativo o dal direttore sanitario su delega del direttore generale o, in mancanza di delega, dal direttore piu' anziano per eta'. Ove l'assenza o l'impedimento si protragga oltre sei mesi si procede alla sostituzione». La disposizione regionale pertanto, stabilendo una procedura difforme da quella statale in caso di vacanza dell'ufficio di direttore generale, contrasta con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute di cui all'art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 502/1992, in violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 2, per violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, nella parte in cui esclude le aziende ospedaliero-universitarie dalla applicazione delle norme di nomina e valutazione del Direttore generale Asl. L'art. 20, dopo aver premesso, al comma 1, che la nomina e le procedure di verifica dei risultati, nonche' la conferma, la decadenza e la revoca del Direttore generale dell'azienda ospedaliero-universitaria «sono disciplinate conformemente a quanto previsto dal d.lgs. n. 517/1999 e sono regolamentate dal protocollo d'intesa tra la Regione e l'Universita' degli Studi di Perugia di cui all'art. 11», specifica, al comma 2, che al Direttore generale dell'azienda ospedaliero-universitaria non si applicano le disposizioni della medesima legge regionale (art. 17, commi 1 e 2, e art. 18, commi 1, 4 e 5) che disciplinano le modalita' di nomina e di valutazione delle attivita' del Direttore generale delle aziende sanitarie regionali. Al riguardo e' opportuno premettere che l'art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 517/1999 (recante la «Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed universita', a norma dell'art. 6 della L. 30 novembre 1998, n. 419»), per la disciplina dei requisiti e delle procedure di nomina e valutazione dei direttori generali delle aziende ospedaliero-universitarie, rinvia alle disposizioni contenute negli articoli 3 e seguenti del d.lgs. n. 502/1992, riguardanti in generale la nomina e la valutazione dei direttori generali delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale. Pertanto il comma 2 dell'art. 20 della legge in esame, che, in deroga a quanto previsto dal comma 1 dell'art. 20, esclude l'applicabilita' al direttore generale delle aziende ospedaliero-universitarie delle disposizioni regionali riguardanti il direttore generale delle aziende sanitarie regionali, che sono state emanate in linea con la disciplina statale di cui agli artt. 3 e seguenti del d.lgs. n. 502/1992, si pone in contrasto con i principi fondamentali contenuti in tali ultimi articoli, in violazione dell'art. 117 della Costituzione. Esso contrasta, in particolare, con l'art. 3-bis di quest'ultimo decreto legislativo, come modificato dall'art. 4 del d.l. n. 158/2012 (convertito con modificazioni nella legge n. 189/2012), che prevede, per quanto concerne la nomina dei direttori generali delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale (quindi anche delle aziende ospedaliero-universitarie), che la Regione provveda «attingendo obbligatoriamente all'elenco regionale di idonei, ovvero agli analoghi elenchi delle altre regioni, costituiti previo avviso pubblico e selezione effettuata, secondo modalita' e criteri individuati dalla regione, da parte di una commissione costituita dalla regione medesima in prevalenza tra esperti indicati da qualificate istituzioni scientifiche indipendenti, di cui uno designato dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Gli elenchi sono aggiornati almeno ogni due anni». Il comma 2 dell'art. 20 contrasta altresi', con riferimento alla valutazione delle attivita' del Direttore generale, col comma 5 del medesimo art. 3-bis del d.lgs n. 502 del 1992, secondo il quale «al fine di assicurare una omogeneita' nella valutazione stessa, le regioni concordano, in sede di Conferenza delle regioni e delle province autonome, criteri e sistemi per valutare e verificare tale attivita', sulla base di obiettivi di salute e di funzionamento dei servizi definiti nel quadro della programmazione regionale, con particolare riferimento all'efficienza, all'efficacia, alla sicurezza, all'ottimizzazione dei servizi sanitari e al rispetto degli equilibri economico-finanziari di bilancio». Per questo motivo l'art. 20, comma 2, della legge in esame, che esclude l'applicabilita' al direttore generale delle aziende ospedaliero-universitarie delle disposizioni statali riguardanti la nomina dei direttori generali delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale, viola l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, per contrasto con l'art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 517/1999 e con l'art. 3-bis del d.lgs. n. 502/1992, recante principi fondamentali in materia di tutela della salute. 4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 22, commi 2 e 3, per violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, relativamente alla disciplina della composizione del collegio sindacale rispettivamente delle Asl e delle aziende ospedaliero-universitarie. L'art. 22, commi 2 e 3, disciplina la composizione del collegio sindacale, rispettivamente, delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliero-universitarie, fissando in tre membri la composizione del collegio stesso. Tale previsione contrasta con la normativa statale di riferimento. Infatti, l'art. 3-ter del d.lgs. n. 502/1992 stabilisce espressamente che il collegio sindacale e' composto «da cinque membri, di cui due designati dalla regione, uno designato dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, uno dal Ministro della sanita' e uno dalla Conferenza dei sindaci; per le aziende ospedaliere quest'ultimo componente e' designato dall'organismo di rappresentanza dei comuni». Analogamente, per quanto concerne le aziende ospedaliero-universitarie, l'art. 4, comma 3 del d.lgs. n. 517/1999, dopo aver precisato che al collegio sindacale delle stesse si applica l'art. 3-ter del d.lgs. n. 502/1992, prevede che esso e' composto da «cinque membri designati uno dalla regione, uno dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, uno dal Ministro della sanita', uno dal Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica e uno dall'universita' interessata». Pertanto, le disposizioni di cui all'art. 22, commi 2 e 3 della legge regionale in esame, che riducono sensibilmente il numero dei componenti statali nei collegi sindacali delle aziende sanitarie, violano l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, per contrasto con il richiamato art. 3-ter del d.lgs. n. 502/1992 e con l'art. 4, comma 3 del d.lgs. n. 517/1999, da intendersi quali principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute e di coordinamento della finanza pubblica. Inoltre i commi 2 e 3 dell'art. 22, prevedendo che uno dei tre componenti di tali Collegi sindacali sia «designato dallo Stato», senza specificare tuttavia che detto componente statale debba partecipare in rappresentanza del Ministero dell'economia e delle finanze, contrastano con il principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica rappresentato dall'art. 16 della legge n. 196 del 2009, che ha, appunto, individuato come necessaria, negli organi collegiali di revisione contabile delle amministrazioni pubbliche, la presenza di un rappresentante del Ministero dell'economia, al fine di dare attuazione alle prioritarie esigenze di controllo e di monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica. Tale articolo stabilisce che: «Al fine di dare attuazione alle prioritarie esigenze di controllo e di monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica di cui all'art. 14, funzionali alla tutela dell'unita' economica della Repubblica, ove non gia' prevista dalla normativa vigente, e' assicurata la presenza di un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze nei collegi di revisione o sindacali delle amministrazioni pubbliche, con esclusione degli enti e organismi pubblici territoriali e, fatto salvo quanto previsto dall'art. 3-ter, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, degli enti ed organismi da questi ultimi vigilati, fermo restando il numero dei revisori e dei componenti del collegio». Secondo quanto affermato da codesta Ecc.ma Corte costituzionale con la sentenza n. 122 del 2011, infatti, la piena attuazione del principio di coordinamento della finanza pubblica fa si' che la competenza statale non si esaurisce con l'esercizio del potere legislativo, ma implica anche «l'esercizio di poteri di ordine amministrativo, di regolazione tecnica, di rilevazione di dati e di controllo» (cfr anche la decisione n. 376 del 2003). E, del resto, codesta medesima Corte aveva gia' messo in rilievo «il carattere "finalistico" dell'azione di coordinamento» e, quindi, l'esigenza che «a livello centrale» si potessero collocare anche «i poteri puntuali eventualmente necessari perche' la finalita' di coordinamento» venisse «concretamente realizzata». Inoltre nella sentenza n. 370 del 2010 si rileva che l'attivita' svolta dai servizi ispettivi di finanza pubblica spetta allo Stato, in quanto essa e' propedeutica all'esercizio della funzione di coordinamento della finanza pubblica: infatti l'art. 28, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), esplicitamente attribuisce al Ministero dell'economia e delle finanze il compito di acquisire ogni utile informazione «allo scopo di assicurare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica». In questa prospettiva, il gia' ricordato art. 16 della legge n. 196 del 2009 si pone come vera e propria norma di principio, che stabilisce una specifica modalita' di concretizzazione della finalita' di coordinamento della finanza pubblica. Pertanto, il mancato uniformarsi delle disposizioni regionali in esame al dettato dell'art. 16 della legge n. 196 del 2009, con l'omessa individuazione quale componente del Collegio dei revisori, in rappresentanza dello Stato, del Ministero dell'economia e delle finanze, comporta l'incostituzionalita' delle medesime disposizioni regionali per violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., con riferimento alla materia del coordinamento della finanza pubblica da parte dello Stato. 5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 28, comma 1, per violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, nella parte in cui disciplina l'incarico di Direttore di distretto. L'art. 28, comma 1, disciplina l'incarico di Direttore di distretto, prevedendo che esso possa essere conferito dal Direttore generale «a un dirigente dell'azienda che abbia maturato una specifica esperienza nei servizi territoriali e un'adeguata formazione nella loro organizzazione». Tale disposizione contrasta con l'art. 3-sexies del piu' volte richiamato d.lgs. n. 502/1992, ai sensi del quale l'incarico in questione puo' essere attribuito, altresi', ad «un medico convenzionato, ai sensi dell'art. 8, comma 1, da almeno dieci anni, con contestuale congelamento di un corrispondente posto di organico della dirigenza sanitaria». La norma regionale in questione, quindi, restringendo il novero dei dirigenti medici ai quali puo' essere conferito l'incarico di Direttore di distretto, viola l'art. 117, comma 3 della Costituzione, per contrasto col richiamato principio della legislazione statale in materia di tutela della salute, di cui all'art. 3-sexies del d.lgs. n. 502/1992. 6) Illegittimita' costituzionale dell'art. 30, comma 3, per violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, nella parte in cui stabilisce che al presidio ospedaliero sono preposti un dirigente medico e un dirigente amministrativo. L'art. 30, comma 1, prevede che «Gli ospedali non costituiti in aziende ospedaliere, dislocati in una unica unita' sanitaria locale, sono accorpati in un unico presidio». Il successivo comma 3 stabilisce che «al presidio ospedaliero sono preposti un dirigente medico ed un dirigente amministrativo come previsto all'art. 4, comma 9, del d.lgs. n. 502/1992, tra i quali il Direttore generale dell'azienda della unita' sanitaria locale individua il Direttore del presidio ospedaliero responsabile della gestione complessiva». Detto comma 3 dell'art. 30 contrasta con l'art. 3, comma 7 del d.lgs. n. 502/1992 (inserito dall'art. 15, comma 13, lett. F-bis) del d.l. n. 95/2012, ai sensi del quale «nelle aziende ospedaliere, nelle aziende ospedaliero-universitarie di cui all'art. 2 del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, e negli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici, costituiti da un unico presidio, le funzioni e i compiti del direttore sanitario [...] e del dirigente medico di cui all'art. 4, comma 9, del presidio ospedaliero sono svolti da un unico soggetto avente i requisiti di legge». La disposizione regionale in esame pertanto, attribuendo al presidio ospedaliero due dirigenti in luogo dell'unico dirigente previsto dal richiamato art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 502/1992, viola l'art. 117, comma 3, della Costituzione, per contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute e di coordinamento della finanza pubblica. 7) Illegittimita' costituzionale dell'art. 32, comma 3, per violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, nella parte in cui disciplina la figura del Direttore del dipartimento di prevenzione. L'art. 32, comma 1, disciplina la figura del Direttore del dipartimento di prevenzione, prevedendo che esso e' nominato dal Direttore generale tra «i dirigenti» con almeno cinque anni di anzianita' di funzione. Tale disposizione contrasta con l'art. 7-quater, comma 1, del d.lgs. n. 502/1992, come modificato dal d.l. n. 158/2012, secondo cui tale incarico puo' essere conferito non gia' ai meri dirigenti, bensi' ai «direttori di struttura complessa del dipartimento». Si ravvisa quindi la violazione dell'art. 117, comma 3 della Costituzione, per contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute.