IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 768 del 2011, proposto da: Comune di Pescina in persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dagli avv. Fausto Corti, Pasquale Mito, con domicilio eletto presso Fausto Avv. Corti in L'Aquila, via Garibaldi n. 62; Contro: Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario della Regione Abruzzo; Regione Abruzzo in persona del Presidente P.T; entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, presso la sede della stessa in L'Aquila, Complesso Monumentale S. Domenico, domiciliati per legge; ASL n. 1 Avezzano-Sulmona-L'Aquila, rappresentata e difesa dall'avv. Fabio Alessandroni, con domicilio eletto presso lo stesso in L'Aquila (Scoppito), Ss17 - Km 24,650 n.1; Per l'ottemperanza della sentenza del TAR dell'Aquila n. 335/2011; Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanita' della Regione Abruzzo e di Regione Abruzzo in persona del Presidente P.T. e di Asl 101 - Avezzano/Sulmona; Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 febbraio 2012 il dott. Alberto Tramaglini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 1. - Il Comune ricorrente chiede l'esecuzione, ex art. 112 decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, della sentenza indicata in epigrafe con cui sono state annullate, nella parte in cui disponevano la «disattivazione» dell'ospedale di Pescina e la sua trasformazione in «presidio territoriale di assistenza», le deliberazioni del Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario della regione Abruzzo 3 agosto 2010, n. 44 e 5 agosto 2010, n. 45, costituenti rispettivamente il «programma operativo» di cui all'art. 2, comma 88, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 e la «approvazione dei provvedimenti tecnici attuativi delle Azioni 1 e 3». Tale seconda deliberazione conteneva, tra l'altro, la «disattivazione dei presidi per acuti non coerenti col fabbisogno individuato e cronoprogramma delle loro riconversioni». Espone il Comune che i suddetti provvedimenti erano stati eseguiti nel corso del giudizio, con l'unica eccezione del pronto soccorso, sicche' il loro annullamento comportava l'obbligo di riattivare integralmente la struttura ospedaliera, adempimento che tuttavia non e' stato assicurato dalle amministrazioni resistenti. La sentenza e' stata infatti separatamente appellata dalla Regione Abruzzo e dal Commissario ad acta, che ne hanno chiesto la sospensione dell'esecutivita'. Con ordinanze 30 settembre 2011, n. 4290 e 4292, il Consiglio di Stato (sez. III) ha dichiarato improcedibili le domande cautelati sul rilievo che «con il decreto-legge n. 98/2011 come convertito in legge n. 11/2011 (art. 17, comma 4, lett. c), gli atti amministrativi oggetto del giudizio sono stati trasfusi (e trovano legittimazione) in una fonte di rango legislativo, donde deriva quanto meno la carenza di interesse attuale dell'appellante alla concessione della richiesta misura cautelare...». E' infatti nel frattempo intervenuto l'art. 17, comma 4, lett. c), primo periodo, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito (sul punto che interessa senza modificazioni) con legge 15 luglio 2011, n. 111, che ha disposto che «il Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Abruzzo da' esecuzione al programma operativo per l'esercizio 2010, di cui all'articolo 2, comma 88, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, che e' approvato con il presente decreto, ferma restando la validita' degli atti e dei provvedimenti gia' adottati e la salvezza degli effetti e dei rapporti giuridici sorti sulla base della sua attuazione». Con la norma in parola si e' quindi inteso dare veste legislativa ai medesimi atti amministrativi (parzialmente) annullati in sede giurisdizionale, fornendo altresi' una generale copertura alle misure attuative nel frattempo adottate. Nella parte in cui tale «sanatoria» legislativa interferisce con la sentenza di annullamento, il Comune ricorrente ne deduce il contrasto con gli artt. 5, 31, 117 e 120 Cost., per cui ha concluso che questo TAR sospenda preliminarmente il giudizio e rimetta alla Corte costituzionale le questioni relative al richiamato art. 17 decreto-legge n. 98/2011 ed assuma nel merito i provvedimenti necessari per l'ottemperanza della sentenza n. 335 del 2011. 2. - Nel costituirsi in giudizio le amministrazioni resistenti hanno rilevato: che le suddette ordinanze del Consiglio di Stato evidenziano l'inefficacia della sentenza di primo grado, che pertanto non e' eseguibile; che le misure dirette alla disattivazione e riconversione dell'ospedale di Pescina sono state portate a compimento; che le questioni di legittimita' costituzionale sono l'unico e diretto oggetto del giudizio, tale da impedire l'individuazione di una domanda principale con un petitum separato e distinto da esse. Deriverebbe da quanto evidenziato l'inammissibilita' del ricorso. 3. - Vanno preliminarmente disattese le eccezioni delle amministrazioni resistenti, che mettono in buona sostanza in discussione la rilevanza della questione di costituzionalita'. Va osservato che con la domanda in esame e' chiesta (ex art. 112, 2° comma, lett. b) del decreto legislativo n. 104 del 2010), l'esecuzione di sentenza appellata e tuttavia esecutiva ex art. 33, 2° comma, decreto legislativo cit., in quanto non sospesa. Il carattere esecutivo della decisione non viene meno in conseguenza della dichiarazione di improcedibilita' delle domande cautelati proposte dalle amministrazioni appellanti, visto che le suddette ordinanze del Consiglio di Stato si sono limitate a prendere atto della normativa sopravvenuta che, conferendo una nuova veste formale agli atti annullati, e' tale da impedire l'esecuzione della sentenza di primo grado. Ma e' proprio in tale circostanza che risiede la rilevanza della dedotta questione di costituzionalita', visto che la possibilita' di dettare misure dirette all'ottemperanza della decisione presuppone la dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle norme sopravvenute, evenienza, questa, che farebbe parallelamente recuperare l'interesse delle amministrazioni a chiedere nuovamente al giudice di appello la sospensione cautelare. In altri termini, la sentenza non puo' essere allo stato eseguita non gia' per effetto delle pronunce del Consiglio di Stato, ma unicamente a causa dell'intervento legislativo. Il che rende evidentemente rilevante la questione di legittimita' costituzionale, posto che la rimozione della normativa sopravvenuta rimuoverebbe anche l'ostacolo all'esecuzione della decisione. Ne' e' di ostacolo all'adozione delle misure idonee ad assicurare l'attuazione della sentenza la circostanza che le deliberazioni annullate siano state nel frattempo eseguite. Tale situazione va infatti considerata alla luce del citato art. 112 del decreto legislativo n. 104 del 2010 che, dopo aver disposto (1° comma) che «i provvedimenti del giudice amministrativo devono essere eseguiti dalla pubblica amministrazione e dalle altre parti», stabilisce (2° comma) che «l'azione di ottemperanza puo' essere proposta per conseguire l'attuazione ... b) delle sentenze esecutive ... del giudice amministrativo». L'azione di ottemperanza diretta ad assicurare il ripristino della situazione preesistente all'intervenuta esecuzione del provvedimento annullato e' quindi proponibile non solo per le sentenze passate in giudicato, ma anche per quelle semplicemente esecutive, e tale e' quella in questione ex art. 33, 2° comma, decreto legislativo cit. («le sentenze di primo grado sono esecutive»). D'altronde il successivo art. 34, 1° comma, lett. e), stabilisce che il giudice, accogliendo il ricorso, «dispone le misure idonee ad assicurare l'attuazione del giudicato e delle pronunce non sospese», il che conduce a rinvenire una completa assimilazione, ai fini esecutivi, tra le sentenze passate in giudicato e quelle per le quali pende appello laddove non siano state sospese. L'intervenuta attuazione dei provvedimenti annullati non e' quindi di ostacolo all'ammissibilita' della domanda, ma potra' semmai costituire un elemento di valutazione nell'ambito dell'individuazione delle misure dirette a dare concreta attuazione alla decisione qualora cio' fosse consentito in conseguenza della decisione della Corte costituzionale. Va anche disattesa la ulteriore eccezione di inammissibilita' dedotta dalla medesima difesa, attinente alla ritenuta mancanza di incidentalita' della questione di costituzionalita'. Ove, infatti, fosse rimosso l'elemento sopravvenuto, costituito dal censurato intervento legislativo che impedisce allo stato raccoglimento della domanda di ottemperanza, il potere del giudice amministrativo ex art. 112 riprenderebbe la sua originaria consistenza, il che evidenzia la incidentalita', rispetto al giudizio principale, di quello di legittimita' costituzionale. Da tali considerazioni emerge l'infondatezza delle eccezioni e la rilevanza delle prospettate questioni. 4. - Prima di entrare nel merito delle quali appare opportuno premettere brevemente la complessa situazione in cui la norma sopravvenuta si inserisce, secondo quanto riportato nella precedente sentenza 292 del 2011, alla cui motivazione la sentenza di cui e' chiesta l'esecuzione rinvia. Lo stato di squilibrio economico-finanziario della spesa sanitaria regionale aveva portato alla stipula tra la Regione Abruzzo ed i Ministri della salute e dell'economia e finanze dell'Accordo previsto dall'art. 1, comma 180, legge 30 dicembre 2004, n. 311, nonche' dall'art. 8 Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005. Con tale Accordo, sottoscritto in data 6 marzo 2007, la Regione si era impegnata ad attuare il Piano di rientro dal disavanzo, «elaborato a seguito della ricognizione delle cause che hanno comportato il mancato adempimento degli adempimenti previsti dall'Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005 per l'anno 2005, dell'Accordo 16 dicembre 2004 per l'anno 2004 ... ed in base a quanto previsto dalla legislazione vigente con particolare riferimento a quanto disposto dall'art. 1, comma 796, lett. b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296» (art. 1, comma 2), ed in particolare «ad attuare le ... misure contenute nel Piano». L'Accordo era stato quindi approvato con deliberazione della Giunta regionale 13 marzo 2007, n. 224, e si componeva (come precisato nel provvedimento) di tre elaborati: 1. Articolato; 2. Piano di risanamento del Sistema sanitario regionale 2007-2009; 3. Appendici al Piano di risanamento. Con nota del 30 luglio 2008 il Presidente del Consiglio dei ministri aveva quindi attivato la procedura di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto-legge n. 159 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 222 del 2007, che prevede che qualora nel procedimento di verifica e monitoraggio si prefiguri il mancato rispetto da parte della Regione degli adempimenti previsti dal Piano di rientro, la Regione viene diffidata ad adottare entro quindici giorni tutti gli atti normativi, amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi previsti. Riscontrata la persistenza dei presupposti che avevano condotto alla diffida, con deliberazione CdM 11 settembre 2008, ai sensi dell'art. 4, decreto-legge n. 159 del 2007, anche alla luce della grave crisi istituzionale in cui versava la Regione Abruzzo, determinata dalle dimissioni dell'allora Presidente della Regione, tale da compromettere l'ordinato svolgimento delle funzioni assistenziali, la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni sanitarie e l'attuazione degli interventi di risanamento, riequilibrio economico-finanziario e di riorganizzazione del sistema sanitario regionale previsti dal Piano di rientro, era nominato un primo Commissario ad acta, successivamente dimissionario a seguito dell'elezione dei nuovi organi istituzionali. Con deliberazione del Consiglio dei ministri dell'11 dicembre 2009 il Presidente p.t. della Regione Abruzzo e' stato quindi nominato «Commissario ad acta per l'attuazione del vigente Piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario della Regione Abruzzo». Con deliberazione del 3 agosto 2010, n. 44, il Commissario ad acta, richiamato, tra l'altro, l'art. 2, comma 88, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 - che stabilisce che, per le regioni gia' sottoposte ai piani di rientro e gia' commissariate alla data della sua entrata in vigore, resta fermo l'assetto della gestione commissariale previgente per la prosecuzione del Piano di rientro, secondo programmi operativi, coerenti con gli obiettivi finanziari programmati - e dato atto che la Regione Abruzzo, alla data di entrata in vigore della legge, si trova nelle predette condizioni, ha deliberato «di approvare il Programma Operativo 2010 di cui all'allegato "A", che costituisce parte integrante e sostanziale del presente provvedimento, con il quale s'intende dare prosecuzione al Piano di Rientro 2007/2009, secondo gli interventi e le azioni in esso previste». Tra tali interventi (Asse 2; Intervento 6; Azione 1: pag. 24 ss.) vi e' il «Piano della rete ospedaliera», ispirato ad una «ottica di razionalizzazione e di riqualificazione del SSR», in base alla quale «occorre individuare le strutture ospedaliere che non risultano coerenti ... con il fabbisogno di prestazioni della popolazione e prevedere una riconversione dell'impiego delle risorse ... verso forme di assistenza alternative a quella ospedaliera». Faceva seguito la deliberazione 5 agosto 2010, n. 45 con cui, in attuazione delle metodologie indicate nel precedente atto, venivano identificati i presidi ospedalieri «non coerenti con il fabbisogno e caratterizzati da inefficienza e inappropriatezza», individuandosi 5 strutture che, non presentando piu' «le caratteristiche dell'ospedale per acuti e che richiedono una riconversione a forme alternative di assistenza», erano «da disattivare da ospedali per acuti» (all. B, pag. 3). Si tratta dei presidi di Pescina, Tagliacozzo, Casoli, Guardiagrele, Gissi, con l'aggiunta di San Valentino quale presidio di riabilitazione «di dimensioni non ottimali» (ivi). Tali atti sono stati in questa parte separatamente impugnati da diversi soggetti e quindi annullati con le sentenze 263 e 292 del 2011 (rispettivamente relative agli ospedali di Guardiagrele e Casoli), a cui hanno fatto seguito sentenze in forma semplificata ex art. 74 decreto legislativo n. 104 del 2010 in riferimento agli ospedali di Tagliacozzo e Pescina. La sentenza di cui e' chiesta l'esecuzione ha ritenuto la fondatezza dei motivi di ricorso con cui si sosteneva che i poteri del Commissario erano limitati (ex art. 2, comma 88, legge n. 191/2009) alla «prosecuzione del piano di rientro», il cui contenuto (del. G.R. 13 marzo 2007, n. 224 e relativi allegati, tra cui le Linee guida per la redazione del Piano sanitario regionale poi approvate con legge regionale 5 aprile 2007, n. 6) non contempla la disattivazione bensi' la riconversione dei c.d. piccoli ospedali in «ospedali di territorio», il che implica il mantenimento della loro natura ospedaliera che invece viene meno con la trasformazione in PTA (presidi territoriali di assistenza), strutture prive di reparti di degenza e di pronto soccorso, quest'ultimo sostituito da PPI (punto di primo intervento). Veniva ulteriormente precisato - anche alla luce della normativa statale (art. 1, comma 796, lett. b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e art. 2, comma 95, legge 23 dicembre 2009, n. 191; art. 13, 6° comma, Intesa Stato-Regioni 3 dicembre 2009) secondo cui la regione sottoposta a piano di rientro e' vincolata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, incompatibili con l'attuazione del medesimo - che il commissario, quale organo straordinario a cui e' conferita l'esclusiva funzione attuativa, non ha il potere di derogare specifici contenuti di atti legislativi (P.S.R. approvato con legge regionale n. 8/2005 e relative linee guida approvate con legge regionale n. 6/2007), non solo non motivatamente assunti quali «ostacolo alla piena realizzazione del piano di rientro», ma essi stessi parte integrante dell'Accordo e per altro verso costituenti misure di attuazione delle relative previsioni. Gli atti commissariali, quindi, finivano per incidere su atti varati dalla Regione allo specifico scopo di adempiere gli obblighi assunti con l'Accordo, e percio' suscettibili di essere superati solo con l'approvazione di un nuovo piano di rientro. 5. - Come sopra premesso, allo stato tale decisione non puo' essere eseguita, essendo a cio' di ostacolo l'intervenuta «approvazione» legislativa del Programma operativo e la generale formula di salvezza degli effetti dallo stesso prodotti. La disattivazione dell'ospedale di Pescina e la sua trasformazione in «Presidio territoriale di assistenza» trovano quindi ora fondamento non gia' negli atti amministrativi annullati, ma nelle previsioni della norma in questione. Cio' premesso, il collegio ritiene che le questioni di legittimita' costituzionale del richiamato art. 17, 4° comma, lett. c), primo periodo, decreto-legge n. 98/2011, oltre che rilevanti, come sopra evidenziato, siano altresi' non manifestamente infondate. 5.1 - La legificazione delle scelte operate dal Commissario ad acta con il Programma operativo persegue lo scopo (evidente, per quanto non dichiarato) di eludere l'intervenuto annullamento degli atti amministrativi in cui le stesse erano originariamente contenute. La ratio della norma che «approva» il Programma Operativo e ne fa salve le conseguenze gia' prodotte, tra cui la disattivazione dell'ospedale di Pescina, va rinvenuta nell'intento di salvaguardare gli atti suddetti dall'annullamento giurisdizionale. Ne e' indizio evidente il fatto che, a fianco di nuove disposizioni che disciplinano in via generale ed astratta questioni che avevano costituito oggetto di quelle decisioni [lettere a) e b) del 4° comma], solo per la regione Abruzzo viene invece varata una normativa particolare e concreta: la ragione di tale speciale trattamento non puo' che essere rinvenuta nell'intento di fronteggiare con una norma-provvedimento l'intervenuto annullamento giurisdizionale. Nel compiere tale operazione il legislatore «resuscita» provvedimenti annullati, ossia eliminati dall'ordinamento (sia pure con la precarieta' tipica della sentenza di primo grado, pur tuttavia esecutiva ed al cui comando, salvo sospensione degli effetti da parte del giudice di appello, l'ordinamento e' tenuto ad adeguarsi), con cio' interferendo direttamente con l'attivita' giurisdizionale. Va sul punto richiamato a conforto l'orientamento della Corte. Su un piano generale, con sentenza n. 267 del 2007 si ricorda «che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, non e' preclusa alla legge ordinaria la possibilita' di attrarre nella propria sfera di disciplina oggetti o materie normalmente affidati all'autorita' amministrativa, non sussistendo un divieto di adozione di leggi a contenuto particolare e concreto, ossia di leggi-provvedimento (sentenza n. 347 del 1995). [...] La legittimita' di questo tipo di leggi deve, quindi, essere valutata in relazione al loro specifico contenuto. In considerazione del pericolo di disparita' di trattamento insito in previsioni di tipo particolare o derogatorio (sentenze n. 185 del 1998, n. 153 del 1997), la legge-provvedimento e', conseguentemente, soggetta ad uno scrutinio stretto di costituzionalita' (sentenze n. 429 del 2002, n. 364 del 1999, nn. 153 e 2 del 1997), essenzialmente sotto i profili della non arbitrarieta' e della non irragionevolezza della scelta del legislatore. Ed un tale sindacato deve essere tanto piu' rigoroso quanto piu' marcata sia ... la natura provvedimentale dell'atto legislativo sottoposto a controllo (sentenza n. 153 del 1997)», principi tra l'altro ribaditi con sentenze 289 del 2010 e 241 del 2008. Riguardo ai rapporti con la giurisdizione, Corte cost., 2 aprile 2009, n. 94 (punto 7.6 in diritto) osserva che «non e' vietata l'attrazione alla legge ... della disciplina di oggetti o materie normalmente affidati all'autorita' amministrativa, purche' siano osservati i principi di ragionevolezza e non arbitrarieta' e dell'intangibilita' del giudicato e non sia vulnerata la funzione giurisdizionale in ordine alla decisione delle cause in corso (tra le molte, sentenze n. 288 e n. 241 del 2008, n. 267 e n. 11 del 2007, n. 282 del 2005). «In riferimento all'eventuale interferenza delle norme con provvedimenti giurisdizionali, questa Corte, anche di recente, ha escluso che all'adozione di una determinata disciplina con norme di legge sia di ostacolo la circostanza che, in sede giurisdizionale, sia stata ritenuta illegittima quella contenuta in una fonte normativa secondaria o in un atto amministrativo. Anche in tal caso e' escluso che sia compromessa la funzione giurisdizionale, poiche' legislatore e giudice continuano a muoversi su piani diversi: il primo fornisce regole di carattere tendenzialmente generale e astratto; il secondo applica il diritto oggettivo ad una singola fattispecie (ordinanze n. 32 del 2008, n. 352 del 2006, sentenze n. 211 del 1998, n. 263 del 1994). «Sono, invece, censurabili le norme il cui intento non sia quello di stabilire una regola astratta, ma di incidere su di un giudicato, non potendo ritenersi consentito al legislatore di risolvere, con la forma della legge, specifiche controversie e di vanificare gli effetti di una pronuncia giurisdizionale divenuta intangibile, violando i principi relativi ai rapporti tra potere legislativo e potere giurisdizionale e concernenti la tutela dei diritti e degli interessi legittimi (sentenza n. 374 del 2000)». La richiamata sentenza 374 del 2000 osserva che non e' lesa la funzione giurisdizionale «solo ove risulti che l'intento legislativo non e' la "correzione" concreta dell'attivita' giurisdizionale, ma piuttosto la creazione di una regola astratta. Il legislatore pero', nella specie, oltre a creare una regola astratta, prende espressamente in considerazione anche le sentenze passate in giudicato ... precludendo sostanzialmente la esecuzione delle sentenze stesse. Proprio questa incidenza, diretta ed esplicita, sul giudicato esclude che la disposizione in questione operi soltanto sul piano normativo, poiche' rivela in modo incontestabile il preciso intento legislativo di interferire - senza che vi sia un rapporto di conseguenzialita' necessaria tra creazione della norma e incidenza sui giudicati - su questioni coperte da giudicato ... Sotto questo profilo sussiste quindi la prospettata lesione dei principi relativi ai rapporti tra potere legislativo e potere giurisdizionale, nonche' delle disposizioni relative alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi». Applicati al caso di specie, tali principi evidenziano il prospettato dubbio di legittimita' costituzionale della norma: «Censurabili sono ... quelle leggi di sanatoria il cui unico intento e' quello di incidere su uno o piu' giudicati, non potendo essere consentito al legislatore di risolvere direttamente, con la forma di legge, concrete controversie» (ord. 352 del 2006). Mentre le lettere a) e b) del richiamato quarto comma dell'art. 17 delineano una disciplina pur sempre generale ed astratta, che si colloca, pertanto, su un piano diverso rispetto a quello dell'esercizio della giurisdizione, la disposizione censurata di cui alla lett. c) e' invece ispirata all'«unico intento», seppure non esplicitato, di incidere direttamente sulle decisioni del giudice amministrativo. Non appare in proposito significativa la circostanza che la sentenza di cui si chiede l'esecuzione non sia passata in giudicato: da un lato l'intervento legislativo impedisce proprio il formarsi della cosa giudicata, sovrapponendo la propria disciplina a quella derivante dalla sentenza, mentre va per altro verso ricordata l'equiparazione operata, ai fini dell'ottemperanza, dall'art. 112 decreto legislativo n. 104 del 2010 tra le sentenze passate in giudicato e quelle esecutive, il che rende costituzionalmente rilevante la dedotta interferenza, avendo essa l'effetto (come affermato dalle richiamate ordinanze del Consiglio di Stato) di rendere non eseguibile la sentenza in questione. Va d'altra parte considerato che le richiamate sentenze della Corte (in tal senso anche n. 492 del 1995) ricordano che uno dei limiti imposti alla legificazione di scelte che di regola sono compiute dall'amministrazione attiva e' dato proprio dal «rispetto della funzione giurisdizionale in ordine alla decisione delle cause in corso». La norma, in quanto espressione di tale interferenza, pone pertanto il dubbio di legittimita' costituzionale in relazione agli artt. 24, 103, 113 e 117 Cost. Quest'ultimo aspetto (art. 117, primo comma, Cost.) va considerato in connessione con l'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 (ratificata dalla legge 4 agosto 1955, n. 848), che impedisce al legislatore di intervenire con norme ad hoc per la risoluzione di controversie in corso. Non emergendo profili di ragionevolezza idonei a giustificare il regime speciale riservato alla regione Abruzzo, nel cui ambito finiscono per essere inapplicabili le disposizioni introdotte dalla lettera a) del citato quarto comma, emerge altresi' il dubbio di costituzionalita' in relazione all'art. 3 Cost. 5.2 - Il richiamato 4° comma dell'art. 17 decreto-legge cit. tra l'altro dispone: «Al fine di assicurare, per gli anni 2011 e 2012, l'effettivo rispetto dei piani di rientro dai disavanzi sanitari, nonche' dell'intesa Stato-Regioni del 3 dicembre 2009, sono introdotte le seguenti disposizioni: a) all'articolo 2, comma 80, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, dopo il secondo periodo sono inseriti i seguenti: «A tale scopo, qualora, in corso di attuazione del piano o dei programmi operativi di cui al comma 88, gli ordinari organi di attuazione del piano o il commissario ad acta rinvengano ostacoli derivanti da provvedimenti legislativi regionali, li trasmettono al Consiglio regionale, indicandone puntualmente i motivi di contrasto con il Piano di rientro o con i programmi operativi. Il Consiglio regionale, entro i successivi sessanta giorni, apporta le necessarie modifiche alle leggi regionali in contrasto, o le sospende, o le abroga. Qualora il Consiglio regionale non provveda ad apportare le necessarie modifiche legislative entro i termini indicati, ovvero vi provveda in modo parziale o comunque tale da non rimuovere gli ostacoli all'attuazione del piano o dei programmi operativi, il Consiglio dei Ministri adotta, ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione, le necessarie misure, anche normative, per il superamento dei predetti ostacoli.». Come gia' rilevato, tale disposizione non e' ovviamente applicabile alla regione Abruzzo a causa della norma di carattere provvedimentale di cui alla censurata lett. c), che ha direttamente risolto ogni possibile conflitto tra il programma operativo e la legislazione regionale, per di piu' senza alcuna puntuale considerazione dei motivi di contrasto. L'irragionevole estromissione degli organi regionali dalla funzione di rivedere le proprie leggi ed eventualmente rimuoverle laddove siano considerate di ostacolo al perseguimento degli obiettivi di risanamento rende non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale anche in relazione agli artt. 117 e 120 Cost. 5.3 - Sotto tale secondo profilo non sembrano rispettati i parametri di cui alla legge 5 giugno 2003, n. 131, recante «Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3» ed in particolare del suo art. 8 (Attuazione dell'articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo). Infatti: non si scorge alcuna proporzionalita' tra le (non chiarite) finalita' dello specifico intervento legislativo e l'effetto abrogativo implicito che ne deriva su ogni legge regionale incompatibile con il programma operativo; si impone alla Regione Abruzzo una normativa composta da una serie di minute disposizioni senza alcun coinvolgimento dei suoi organi in palese contrasto con i principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione; non si precisano i presupposti ex art. 120 sulla base dei quali il Governo, facendo proprio il programma operativo, si sostituisce alla Regione; non e' stata assicurata alcuna delle garanzie procedimentali di cui all'art. 8, legge n. 131 del 2003, essendo rimasta la Regione del tutto estranea al procedimento ed in tal modo privata della possibilita' di evitare la sostituzione attraverso l'autonomo adempimento (sent. 153/1986; 416/1995; ord. 53/2003), che - ai sensi dell'art. 2, comma 88, della richiamata legge n. 191 del 2009 - implica anche «la possibilita' ... di presentare un nuovo piano di rientro ai sensi della disciplina recata dal presente articolo»; il «fine di assicurare, per gli anni 2011 e 2012, l'effettivo rispetto dei piani di rientro dai disavanzi sanitari, nonche' dell'intesa Stato-Regioni del 3 dicembre 2009» (incipit art. 17, 4° co.), laddove riconducibile alle esigenze di assicurare «la tutela dell'unita' giuridica o dell'unita' economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali" di cui all'art. 120, appare del tutto in contraddizione con il conferimento della forza di legge ad un atto amministrativo che - come accertato in giudizio - contrasta con quel piano di rientro. 5.4 - Con la norma censurata il legislatore interviene in materia di organizzazione sanitaria, e quindi di tutela della salute, nonche' in materia di «armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica» che, ex art. 117, 3° comma, Cost. sono materie di legislazione concorrente, rispetto alle quali «spetta alle Regioni la potesta' legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato». Il carattere provvedimentale della norma manifesta l'impossibilita' di ricondurla alla funzione di «determinazione dei principi fondamentali» ed evidenzia la violazione delle competenze legislative regionali, accentuata dall'immotivata abrogazione implicita delle leggi regionali incompatibili. Considerato, d'altra parte, che la legificazione del programma operativo lo fa prevalere anche sull'Accordo di cui in premessa tra lo Stato e la regione Abruzzo, e quindi sul Piano di rientro e relativi allegati, a cui la Regione ha dato esecuzione con le leggi regionali n. 8 del 2005 e n. 6 del 2007, ne emerge anche sotto tale profilo il contrasto con l'art. 117 (Corte cost. 123 e 163 del 2011; 141 del 2010). Il programma operativo era stato infatti annullato proprio perche' ritenuto in contrasto con atti di natura legislativa di cui la regione Abruzzo si era dotata per dare attuazione al Piano di rientro. La lett. a) dell'art. 17, 4° comma, sembra ora confermare tale orientamento, visto che la competenza ad eliminare gli ostacoli di natura legislativa che si frappongano all'attuazione del piano di rientro e' espressamente attribuita al Consiglio regionale, salvo intervento del Consiglio dei ministri ex art. 120 Cost., mentre al Commissario spetta unicamente l'iniziativa diretta a provocare tali interventi. Per cui - pur nella piu' ampia estensione assunta ex lett. b), che ha introdotto il comma 88-bis all'art. 2 della legge n. 191 del 2009 - viene in via generale confermato che il programma operativo non ha automatici effetti abrogativi o modificativi o sospensivi di leggi regionali, a maggior ragione se emanate per dare attuazione all'Accordo e quindi al Piano di rientro. La speciale disciplina dettata per l'Abruzzo incide invece direttamente sull'assetto normativo scaturente dall'Accordo e fa quindi emergere il contrasto con l'art. 117, 3° comma, Cost. Contrasto che per il collegio sussiste comunque, pur a prescindere da qualunque considerazione in ordine al contenuto dei rispettivi atti: come osservato dalla Corte nella sentenza 123 del 2011, «la norma di cui all'art. 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007» considera espressamente vincolanti, per le Regioni che li abbiano sottoscritti, «gli interventi individuati dai programmi operativi di riorganizzazione, qualificazione o potenziamento del servizio sanitario regionale, necessari per il perseguimento economico» oggetto degli accordi per la riduzione dei disavanzi. Essa, pertanto, secondo un'ormai costante giurisprudenza di questa Corte, «puo' essere qualificata come espressione di un principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica» (sentenza n. 141 del 2010; analogamente, gia' la sentenza n. 2 del 2010, nonche', da ultimo, la sentenza n. 77 del 2011), il che rende costituzionalmente illegittimo ogni intervento unilaterale idoneo ad incidere sull'accordo assunto. La forza di legge conferita al programma operativo finisce infatti per farlo prevalere sull'accordo sottoscritto, creando in tal modo rilevanti interferenze su un atto che nasce da un processo co-decisionale e che non e' pertanto suscettibile di essere modificato da provvedimenti unilaterali di una delle parti, in assenza di coinvolgimento della regione interessata e senza che sia chiarita l'imprescindibile esigenza di conferire un diverso rango formale a specifici contenuti dell'Accordo medesimo. 5.5 - La norma censurata opera una generica approvazione del «programma operativo», rendendo del tutto incerto l'ambito della legificazione, visto che l'attivita' del Commissario ad acta si e' esplicata in una serie di atti, tra cui le deliberazioni 44 e 45 del 2010, e tuttavia solo la prima e' intitolata «approvazione del programma operativo 2010», mentre la successiva (che contiene la specifica misura della disattivazione dell'ospedale di Pescina) e' riferita alla «approvazione dei provvedimenti tecnici attuativi delle azioni 1 e 3», e percio' si pone come misura attuativa di un provvedimento presupposto. Il che rende incerto se la legificazione si riferisca al solo atto presupposto o anche a quelli attuativi, dubbio accentuato dal fatto che l'atto «approvato» non e' contraddistinto da alcun estremo identificativo, ne' tantomeno risulta pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Il che rende dubbia la normativa anche in rapporto agli artt. 72 e 73, u.c., Cost. Sotto questo secondo profilo, deve ritenersi che il conferimento di forza e valore di legge ad un atto amministrativo ne impone la pubblicazione, in modo da offrire all'interprete gli elementi idonei ad individuarne la portata normativa. D'altra parte l'esigenza di certezza del diritto impone che la formulazione del testo legislativo risponda a criteri di univocita', chiarezza e semplicita' del dato normativo, che ad avviso del collegio deve ritenersi sottesa all'art. 72, 1° comma, che nel prevedere l'approvazione articolo per articolo della proposta di legge presuppone che emerga ben chiaro il contenuto normativo dell'atto. 6. - Essendo quindi rilevante e non manifestamente infondata in relazione agli artt. 3, 24, 72, 73, 103, 113, 117 e 120 Cost. la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17, comma 4, lett. c), primo periodo, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con legge 15 luglio 2011, n. 111, il giudizio va sospeso e gli atti trasmessi alla Corte costituzionale.