Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentao e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso cui e' domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, contro la Provincia Autonoma di Bolzano in persona del Presidente pro tempore della Giunta provinciale, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge provinciale della Provincia Autonoma di Bolzano 19 novembre 2012, n. 19, pubblicata nel Bollettino Ufficiale del Trentino-Alto Adige del 27 novembre 2012, n. 48/I-II, limitatamente agli articoli 3, comma 1, lettera a); 6, commi 5, 6 e 9; 15, comma 1, lettera b). Fatto La legge provinciale di Balzano n. 19/2012 ha dettato disposizioni varie per la "valorizzazione dei servizi volontari in provincia di Bolzano", nonche', limitatamente agli articoli indicati in epigrafe, la legge provinciale e' costituzionalmente illegittima e, giusta delibera del Consiglio dei Ministri del 18 gennaio 2013, viene impugnata per i seguenti Motivi Si deve premettere che, secondo la costante giurisprudenza di codesta Corte costituzionale, nell'ambito del dovere di "difesa della Patria" di cui all'art. 52, comma 1 Cost. rientra anche la prestazione del servizio civile volontario, regolato dalla legge statale n. 64/2001 e dal d.lgs. n. 77/2002, Conseguentemente, sempre secondo la giurisprudenza di codesta Corte costituzionale, la competenza a disciplinare l'organizzazione, il finanziamento e le funzioni del servizio civile appartiene in via esclusiva allo Stato ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera d) Cost., ella parte in cui questo fa riferimento alla materia "difesa". Purche' sia chiaro che si versa al di fuori di qualsiasi esercizio di insussistenti competenze in materia di difesa, non e' poi precluso alle regioni e province autonome istituire servizi civili regionali o provinciali. Quanto precede e' stato ben chiarito dalla sentenza n. 228/2004, nella quale codesta Corte ha statuito che "Le normative censurate [le citate leggi statali], in quanto rivolte a disciplinare gli aspetti organizzativi e procedurali del servizio civile nazionale, trovano fondamento, anzitutto, nell'art. 52 della Costituzione, e non precludono alla Provincia autonoma la possibilita' di regolare l'esercizio di funzioni specifiche, riguardanti aspetti materiali che rientrino nella sua competenza. A venire in rilievo e' in particolare, la previsione contenuta nel primo comma dell'art. 52 della Costituzione, che configura la difesa della Patria come sacro dovere del cittadino, il quale ha una estensione piu' ampia dell'obbligo di prestare servizio militare. Come gia' affermato da questa Corte, infatti, il servizio militare ha una sua autonomia concettuale e istituzionale rispetto al dovere ex art. 52, primo comma, della Costituzione, che puo' essere adempiuto anche attraverso adeguate attivita' di impegno sociale non armato (sentenza n. 164 del 1985). D'altra parte il dovere di difendere la Patria deve essere letto alla luce del principio di solidarieta' espresso nell'art. 2 della Costituzione, le cui virtualita' trascendono l'area degli "obblighi normativamente imposti", chiamando la persona ad agire non solo per imposizione di una autorita' ma anche per libera e spontanea espressione della profonda socialita' che caratterizza la persona stessa. In questo contesto, il servizio civile tende a proporsi come forma spontanea di adempimento del dovere costituzionale di difesa della Patria. La riserva allo Stato della competenza a disciplinare il servizio civile nazionale, forma di adempimento del dovere di difesa della Patria, non comporta pero' che ogni aspetto dell'attivita' dei cittadini che svolgono detto servizio ricada nella competenza statale. Vi rientrano certamente gli aspetti organizzativi e procedurali del servizio. Questo, in concreto, comporta lo svolgimento di attivita' che investono i piu' diversi ambiti materiali, come l'assistenza sociale, la tutela dell'ambiente, la protezione civile: attivita' che, per gli aspetti di rilevanza pubblicistica, restano soggette alla disciplina dettata dall'ente rispettivamente competente, e dunque, se del caso, alla legislazione regionale o alla normativa degli enti locali, fatte salve le sole specificita' direttamente connesse alla struttura organizzativa del servizio e alle regole previste per l'accesso ad esso. Con specifico riferimento alla disciplina contenuta nel d.lgs. n. 77 del 2002, ... va ribadito che essa riguarda propriamente gli aspetti organizzativi e procedurali del servizio civile nazionale, oggetto di una autonoma ed unitaria regolamentazione che, come gia' evidenziato, trova il proprio titolo di legittimazione nell'art. 117, secondo comma, lettera d), della Costituzione. Peraltro va rilevato, nella specie, che l'esigenza di assicurare la partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, attraverso adeguati meccanismi di cooperazione per l'esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali, e' comunque soddisfatta proprio attraverso l'attribuzione alla cura delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano. secondo le rispettive competenze, dell'attuazione degli interventi di servizio civile. La argomentata riconduzione degli aspetti organizzativi e procedurali del servizio civile nazionale alla competenza legislativa statale di cui all'art. 117, secondo comma, lettera d), della Costituzione non preclude, infine, alle Regioni ed alle Province autonome di Trento e Bolzano la possibilita' di istituire e disciplinare, nell'autonomo esercizio delle proprie competenze legislative, un proprio servizio civile regionale o provinciale, distinto da quello nazionale disciplinato dalle norme qui esaminate, che avrebbe peraltro natura sostanzialmente diversa dal servizio civile nazionale, non essendo riconducibile al dovere di difesa. 1. Cio' premesso, si rileva che la legge provinciale, dopo avere stabilito nell'art. 1 che "La Provincia autonoma di Bolzano contribuisce, ai sensi dell'articolo 2 della Costituzione, alla valorizzazione dei servizi volontari nonche' alla promozione delle forme peculiari dell'impegno civile della popolazione provinciale, avvalendosi, per il raggiungimento di questo fine, delle risorse della societa' civile e del volontariato nonche' dei propri servizi in campo sociale, sanitario, culturale, ambientale, educativo e del tempo libero", nell'art. 3, comma 1, lettera a) qui impugnato stabilisce: "Le finalita' di cui all'articolo 1 vengono realizzate tramite: a) il servizio civile provinciale volontario prestato da giovani di eta' compresa tra i 18 e i 28 anni per un periodo massimo di 12 mesi, presso organizzazioni ed enti di diritto pubblico e privato, dietro crediti e benefici di cui all'articolo 6, commi 1, 2, 5 e 6, nonche' tramite il servizio civile nazionale volontario di cui alla legge 6 marzo 2001, n. 64". Nella parte in cui prevede che le finalita' propriamente provinciali, e dunque estranee al concetto di difesa della Patria come sopra chiarito e come tale attuato dal servizio civile nazionale, siano perseguite anche "tramite il servizio civile nazionale di cui alla legge 64/2001", la legge provinciale viola dunque gli artt. 52, comma 1 e 117, comma 2, lettera d) Cost. Come si e' precisato, infatti, alla stregua dell'interpretazione del concetto di difesa della Patria come comprensivo anche del servizio civile (art. 52, comma 1 Cost.), e della conseguente sua riserva alla legislazione esclusiva dello Stato (art. 117, comma 2, lettera d) Cost.), non e' consentito alle regioni e province autonome disporre direttamente l'impiego del servizio civile nazionale per compiti, come la valorizzazione del volontariato, che rientrano nelle loro specifiche competenze, e che sono quindi estranei alla funzione - esclusivamente statale - di difesa della Patria, che e' pero' la sola attribuibile al servizio civile nazionale. Come pure si e' visto, diverso e' l'ambito di azione consentito alle regioni e province autonome. Con riferimento alle funzioni proprie, necessariamente estranee alla difesa della Patria, le regioni e province autonome ben possono istituire un proprio servizio civile provinciale; il che, appunto, la Provincia di Bolzano ha fatto con gli articoli 1, 2, 3 della legge qui impugnata (e gia' aveva fatto con la legge provinciale n. 7/2004, abrogata dall'art. 26 della legge qui impugnata); ma, come si e' visto, tale servizio avra' "natura sostanzialmente diversa dal servizio civile nazionale, non essendo riconducibile al dovere di difesa.". L'istituzione e il funzionamento del servizio civile provinciale debbono quindi rimanere distinte e non possono sovrapporsi alla presenza e al funzionamento del servizio civile nazionale; ma proprio questa e' la portata dell'ultima parte dell'impugnato art. 3, comma 1, lettera a), il quale perentoriamente dispone che le finalita' del servizio civile provinciale vengono realizzate tramite il servizio civile nazionale. Con riferimento al funzionamento del servizio civile nazionale, il ruolo delle regioni e province autonome e' diverso, ed e' ben delineato nella riportata giurisprudenza di codesta Corte. Da un lato, le regioni e province autonome, ai sensi dell'art. 5, commi l e 2 d.lgs. 77/2002, possono concorrere alla struttura del servizio civile nazionale redigendo propri albi di enti e organizzazioni che presentino i requisiti di cui all'art. 3, legge 64/2001 e che agiscano in ambito esclusivamente regionale o provinciale, delle quali pertanto il servizio civile nazionale potra' avvalersi. L'art. 5 citato prevede infatti: "I. Presso l'Ufficio nazionale per il servizio civile e' tenuto l'albo nazionale al quale possono iscriversi gli enti e le organizzazioni in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 3, della legge 6 marzo 2001, n. 64. 2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano istituiscono, rispettivamente, albi su scala regionale e provinciale, nei quali possono iscriversi gli enti e le organizzazioni in possesso dei requisiti di cui al comma 1, che svolgono attivita' esclusivamente in ambito regionale e provinciale.". Dall'altro, regioni e province autonome possono concorrere all'azione del servizio civile nazionale presentando progetti che, se approvati dagli organi direttivi di questo, formeranno l'oggetto degli interventi del servizio civile nazionale. Dispone infatti l'art. 6 del d.lgs. 77/2002: "1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentita la Conferenza Stato-regioni e la Consulta nazionale di cui all'articolo 5, comma 4, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono individuate le caratteristiche a cui si devono attenere tutti i progetti di servizio civile, da realizzare sia in Italia che all'estero, sentito, per questi ultimi, il Ministero degli affari esteri. 2. I progetti presentati dagli enti o organizzazioni registrati ai sensi dell'articolo 5 contengono gli obiettivi che si intendono perseguire, le modalita' per realizzarli, il numero di giovani che si intendono impiegare, la durata del servizio nei limiti di cui all'articolo 3, commi 3 e 4, nonche' i criteri e le modalita' di selezione degli aspiranti, senza discriminazione dovuta al sesso. 3. I progetti di cui al comma 2 possono prevedere altresi' particolari requisiti fisici e di idoneita' per l'ammissione al servizio civile sulla base di criteri stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'articolo 2, comma 5, della legge 6 marzo 2001, n. 64, ovvero in base a quanto previsto dalla regione o dalle province autonome di Trento e di Bolzano. 4. L'Ufficio nazionale esamina ed approva i progetti di rilevanza nazionale, presentati dalle Amministrazioni centrali dello Stato e dagli enti pubblici e privati nazionali, sentite le regioni, le province autonome interessate, nonche' quelli di servizio civile all'estero. 5. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, esaminano ed approvano i progetti presentati dagli enti ed organizzazioni che svolgono attivita' nell'ambito delle competenze regionali o delle province autonome sul loro territorio, avendo cura di comunicare all'Ufficio nazionale, in ordine di priorita' i progetti approvati entro il 31 dicembre dell'anno precedente quello di riferimento. Entro trenta giorni dalla comunicazione l'Ufficio nazionale esprime il suo nulla-osta". Il rispetto di questo chiaro quadro normativo assicura che il concorso organico e funzionale al servizio civile nazionale delle regioni e province utonome realizzi effettivamente le finalita' di difesa della Patria (nel senso ampio sopra ricordato) che sono commesse al servizio civile nazionale. Al di fuori di tale quadro, non e' invece consentito alle regioni e province autonome prevedere compiti e sfere di intervento del servizio civile nazionale. Come illustrato, cio' significherebbe infatti violare l'art. 52,comma 1 Cost., nella misura in cui si includono nelle attivita' riconducibili alla difesa della Patria da questo contemplate, anche attivita' che non hanno relazione con essa perche' espressione di finalita' e competenze proprie delle regioni e province autonome. E violare l'art. 117, comma 2, lettera d), nella misura in cui la legge regionale o provinciale, come quella qui in esame, attribuisce compiti al servizio civile nazionale, laddove cio' e' rimesso in via esclusiva alla legislazione dello Stato. Va quindi dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, lettera a) della legge provinciale n. 19/12. 2. Per le medesime ragioni ora illustrate, e' poi costituzionalmente illegittimo l'art. 6, comma 9 della legge provinciale impugnata. Qui si prevede che "9. Se il servizio di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), e' svolto ai sensi della legge 6 marzo 2001, n. 64, ai volontari e alle volontarie spetta l'assegno per il servizio civile di cui all'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77, comprese le eventuali indennita'. Non spetta loro il rimborso spese di cui al comma 2.". L'art. 6 comma 2 della legge provinciale prevede infatti che "2. Salvo quanto previsto dal comma 9, la Giunta provinciale determina, con delibera da pubblicarsi nel Bollettino Ufficiale della Regione, il rimborso spese mensile a favore dei volontari e delle volontarie impegnati nei servizi di cui all'articolo 3, comma 1."; mentre l'art. 9, comma 2 del d.lgs. 77/2002 prevede che "2. Agli ammessi a prestare attivita' in un progetto di servizio civile compete un assegno per il servizio civile, non superiore al trattamento economico previsto per il personale militare volontario in ferma annuale, nonche' le eventuali indennita' da corrispondere in caso di servizio civile all'estero.". Il combinato disposto degli artt. 52, comma 1 e 117, comma 2, lettera d) Cost., come sopra illustrato, comporta che l'organizzazione e il finanziamento del servizio civile nazionale competano in via esclusiva al legislatore statale. L'art. 6, comma 9 della legge provinciale, invece, prevede che se l'attivita' del servizio civile provinciale sia (come visto, arbitrariamente) imputata ad attivita' del servizio civile nazionale in base alla unilaterale determinazione adottata dalla Provincia dettando l'art. 3, comma 1, lettera a), tale attivita' venga finanziata dallo Stato, attraverso il pagamento a carico dello Stato dell'indennita' prevista dall'art. 9, comma 2 del d.lgs. 77/2002 per i componenti del servizio civile nazionale. E' evidente l'invasione in tal modo compiuta della competenza statale esclusiva in materia di organizzazione e finanziamento del servizio civile nazionale quale modalita' di concorso all'adempimento del dovere di difesa della Patria. Attivita' come quelle del servizio civile provinciale, che sono del tutto estranee a tale adempimento, vengono infatti poste a carico di quest'ultimo solo perche' unilateralmente imputate dalla Provincia al servizio civile nazionale. Laddove si deve ritenere, in base alla distinzione degli ambiti del servizio civile nazionale (connesso al dovere di difesa della Patria) e del servizio civile provinciale (connesso alle funzioni proprie della Provincia, tra cui la promozione del volontariato, estranea alla difesa della Patria), che la Provincia non possa qualificare con propria legge l'attivita' svolta dai volontari del servizio civile provinciale come svolta nell'ambito di tale servizio o, invece, nell'ambito del servizio civile nazionale, in quest'ultimo caso ponendone gli oneri a carico dello Stato. In ogni caso, sempre alla luce della competenza esclusiva dello Stato in materia di organizzazione del servizio civile nazionale, non spetta alla Provincia dettare, neppure indirettamente, disposizioni relative al trattamento economico dei volontari del servizio civile nazionale. 3. L'art. 6 della legge provinciale nel comma 6 prevede che «6. A tutti i volontari e tutte le volontarie impegnati nei servizi di cui all'art. 3, comma 1, lettere a), b) e c), sono inoltre garantite le assicurazioni obbligatorie per la copertura del rischio di infortuni e la responsabilita' civile. I relativi oneri sono a carico delle organizzazioni e degli enti presso i quali i volontari e le volontarie prestano servizio.». Nella parte in cui prevede una specifica copertura assicurativa per i volontari che operino ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. a), cioe' per i volontari che operino nell'ambito del servizio civile nazionale, e pone i relativi oneri a carico delle organizzazioni ed enti presso i quali questi volontari operano, il citato art. 6, comma 6 viola l'art. 117, comma 2, lett. d) (competenza esclusiva dello Stato in materia di organizzazione del servizio civile nazionale) e 117, comma 3 (competenza concorrente dello Stato in materia di tutela del lavoro e di coordinamento della finanza pubblica). La normativa statale in materia di servizio civile nazionale prevede infatti all'art. 9, comma 3, d.lgs. n. 77/2002 che «3. L'Ufficio nazionale, tramite l'ISVAP, provvede a predisporre condizioni generali di assicurazione per i rischi connessi allo svolgimento del servizio civile.». Le forme assicurative connesse all'attivita' propria del servizio civile nazionale debbono essere, quindi, solo quelle stabilite nel modo ora ricordato alla stregua della legge statale. Non e' consentito alla Provincia intervenire in questo ambito, che attiene in modo stretto all'organizzazione del servizio civile nazionale, stabilendo un distinto e concorrente sistema di assicurazione contro i rischi di infortuni e di responsabilita' civile, quale quello consistente nel porne gli oneri a carico degli enti presso i quali i volontari prestano il loro servizio. Oltre che contrastante con la competenza statale esclusiva in materia di organizzazione del servizio civile nazionale, la disposizione citata contrasta con la competenza concorrente dello Stato in materia di tutela del lavoro (art. 117, comma 3 Cost.): il principio fondamentale dettato dalla legislazione statale in materia, come si vede, e' infatti che le forme assicurative in questione, attesa la particolarita' della materia, che non attiene a prestazioni lavorative in senso stretto, siano determinate tramite l'autorita' di regolazione del settore assicurativo; laddove la disposizione provinciale in esame e' puntuale nel prevedere che gli oneri assicurativi facciano carico agli enti presso cui i volontari operano. Qualora si tratti di enti rientranti nella finanza pubblica allargata, infine, la disposizione in esame, nella misura in cui pone a loro carico nuovi oneri in difformita' dal principio desumibile dalla legge statale sopra illustrato, invade la competenza concorrente statale in materia di coordinamento della finanza pubblica statale e locale. 4. L'art. 6, comma 5 della legge provinciale stabilisce che «5. Qualora sussistano i requisiti, i volontari e le volontarie vengono retribuiti con le modalita' previste dagli articoli 70 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n, 276.». Il decreto legislativo n. 276/2003 contiene l'«Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30», e negli artt. da 70 a 74 disciplina in particolare le «Prestazioni occasionali di tipo accessorio», definite dall'art. 70 comma 1 come le «attivita'», lavorative di natura meramente occasionale che non danno luogo, con riferimento alla totalita' dei committenti, a compensi superiori a 5,000 entro nel corso di un anno solare». 4.1. La disposizione provinciale qui impugnata, come si vede, ha l'effetto di qualificare il servizio prestato dai volontari del servizio civile provinciale, sia nell'ambito di questo, che nell'ambito (arbitrariamente) esteso dalla legge provinciale al servizio civile nazionale, come prestazione di lavoro di natura occasionale, e di obbligare l'ente beneficiario a retribuirla conformemente agli artt. 70-74 d.lgs. n. 276/2003 (vale a dire, in concreto, nella forma del «voucher» da acquistare e restituire al concessionario preposto, come stabilito dall'art. 72 del d.lgs.). E' allora evidente che l'art. 6, comma 5 invade, innanzitutto, la competenza statale esclusiva a disciplinare l'ordinamento civile, prevista dall'art. 117, comma 2, lett. 1) Cost. Pronunciandosi proprio sul d.lgs. n. 276/2003 e sulla sua legge delega (la legge n. 30/2003), codesta Corte ha gia' chiarito che «i contratti a contenuto formativo, tradizionalmente definiti a causa mista, rientrano pur sempre nell'ampia categoria dei contratti di lavoro, la cui disciplina fa parte dell'ordinamento civile e spetta alla competenza esclusiva dello Stato»; e che «La disciplina intersoggettiva di qualsiasi rapporto di lavoro, e quindi anche di quello a tempo parziale, come gia' detto, rientra nella materia «ordinamento civile», di competenza esclusiva dello Stato. Non ha rilievo che la normativa sia ispirata a criteri di flessibilita' ed elasticita' in modo tale che, adattandosi alle diverse singole situazioni, ed in particolare a quelle delle persone che appaiono piu' svantaggiate (giovani, donne, disoccupati da lungo tempo, disabili etc.), possa essere favorita l'occupazione.» (sent. n. 50/2005). Anche la qualificazione di un rapporto di prestazione di attivita' come contratto di prestazione di lavoro accessorio e occasionale ai sensi della medesima disciplina generale dei rapporti di lavoro, rientra quindi nella suddetta competenza statale esclusiva, e non puo' essere disposta dal legislatore provinciale. 4.2. La disposizione in esame contrasta poi con gli artt. 2 e 3 Cost. Essa, infatti, introduce una discriminazione a favore dei volontari del servizio civile provinciale operanti nella Provincia di Bolzano, in contrasto con la gratuita' che caratterizza le attivita' di volontariato, giusta il principio dettato dall'art. 2, legge n. 266/1991 (legge quadro sul volontariato, secondo cui: «1. Ai fini della presente legge per attivita' di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l'organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarieta'. 2. L'attivita' del volontario non puo' essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere soltanto rimborsate dall'organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l'attivita' prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse. 3. La qualita' di volontario e' incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l'organizzazione di cui fa parte.»). Principio, questo, vincolante per tutte le regioni e province autonome (cfr. l'art. l, comma 2 della legge citata, secondo cui «2. La presente legge stabilisce i principi cui le regioni e le province autonome devono attenersi nel disciplinare i rapporti fra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato nonche' i criteri cui debbono uniformarsi le amministrazioni statali e gli enti locali nei medesimi rapporti.»). E snatura la prestazione propria del volontario, che e caratterizzata da disinteresse e da spontanea manifestazione di socialita' cioe' si pone come espressione della connaturata socialita' dell'uomo, riconosciuta e tutelata dall'art. 2 Cost. In proposito, nella fondamentale sentenza n. 75/1992 codesta Corte ha chiarito che «La Provincia autonoma di Bolzano prospetta un dubbio di legittimita' costituzionale, di carattere generale e preliminare. nei confronti dell'art. 1, secondo comma, della legge n. 266 del 1991, il quale dispone che «la presente legge stabilisce i principi cui le regioni e le province autonome devono attenersi nel disciplinare i rapporti tra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato nonche' i criteri cui debbono uniformarsi le amministrazioni statali e gli enti locali nei medesimi rapporti». Secondo la ricorrente, questa disposizione, comportando l'applicazione dei principi stabiliti dalla legge n. 266 del 1991 nelle varie materie in cui possono operare le organizzazioni di volontariato, oltre ad essere incoerente con la clausola di salvezza delle competenze provinciali contenuta nell'art. 16 della stessa legge, si porrebbe in contrasto con le norme dello Statuto speciale precedentemente indicate, che assicurano alle province autonome competenze di tipo esclusivo in materia di ordinamento degli uffici, assistenza e beneficenza pubblica, attivita' artistiche e culturali locali, addestramento e formazione professionale. La medesima disposizione, sempre ad avviso della Provincia di Bolzano, violerebbe altresi' le norme statutarie sulla competenza concorrente in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera, dal momento che i principi, cui fa riferimento l'art. 1, secondo comma, sarebbero in realta' prescrizioni analitiche e dettagliate. La questione non e' fondata. La premessa interpretativa da cui muove la Provincia di Bolzano ... consiste nel ritenere che il volontariato costituisca una materia, seppure formata dalla confluenza di segmenti o di profili riconducibili a piu' settori di attivita'. Questa premessa non puo' esser considerata corretta, poiche' il volontariato costituisce un modo di essere della persona nell'ambito dei rapporti sociali o, detto altrimenti, un paradigma dell'azione sociale riferibile a singoli individui o ad associazioni di piu' individui. In quanto tale, esso sfugge a qualsiasi rigida classificazione di competenza, nel senso che puo' trovare spazio e si puo' realizzare all'interno di qualsiasi campo materiale della vita comunitaria, tanto se riservato ai poteri di regolazione e di disposizione dello Stato, quanto se assegnato alle attribuzioni delle regioni o delle province autonome (o degli enti locali). Quale modello fondamentale dell'azione positiva e responsabile dell'individuo che effettua spontaneamente e gratuitamente prestazioni personali a favore di altri individui ovvero di interessi collettivi degni di tutela da parte della comunita', il volontariato rappresenta l'espressione piu' immediata della primigenia vocazione sociale dell'uomo, derivante dall'originaria identificazione del singolo con le formazioni sociali in cui si svolge la sua personalita' e dal conseguente vincolo di appartenenza attiva che lega l'individuo alla comunita' degli uomini. Esso e' in altre parole, la piu' diretta realizzazione del principio di solidarieta' sociale, per il quale la persona e' chiamata ad agire non per calcolo utilitaristico o per imposizione di un'autorita' ma per libera e spontanea espressione della profonda socialita' che caratterizza la persona stessa. Si tratta di un principio che, comportando l'originaria connotazione dell'uomo uti socius, e' posto dalla Costituzione tra i valori fondanti dell'ordinamento giuridico, tanto da essere solennemente riconosciuto e garantito, insieme ai diritti inviolabili dell'uomo, dall'art. 2 della Carta costituzionale come base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costituente. Della natura di tali diritti fondamentali il volontariato partecipa... Come schema generale di azione nella vita di relazione, basato sui valori costituzionali primari della liberta' individuale e della solidarieta' sociale, il volontariato esige che siano stabilite, da parte del legislatore statale, le condizioni necessarie affinche' sia garantito uno svolgimento dello stesso il piu' possibile uniforme su tutto il territorio nazionale (v, spec. sentt. nn. 49 del 1987, 217 del 1988 e 49 del 1991). E cio' richiesto - quantomeno in relazione alla connotazione essenziale delle attivita' e delle organizzazioni operanti in tal campo, nonche' in ordine alla definizione del tipo di rapporti che devono intercorrere tra le varie istanze del potere pubblico e le organizzazioni dei volontari e in ordine alla determinazione delle relative modalita' dell'azione amministrativa - al fine specifico di garantire l'essenziale e irrinunciabile autonomia che deve caratterizzare le stesse organizzazioni di volontariato e le loro attivita' istituzionali. A tale scopo la legge n. 266 del 1991, accanto a disposizioni che stabiliscono compiti o discipline d'interesse nazionale o che pongono criteri di azione per le amministrazioni statali o per gli enti locali, fissa principi cui le regioni e le province autonome dovranno attenersi nel regolare i rapporti fra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato. Questi ultimi, in base alla costante giurisprudenza di questa Corte, vanno indubbiamente qualificati come principi generali dell'ordinamento giuridico, in ragione della concorrente circostanza che attengono strettamente a valori costituzionali supremi (v. sentt. nn. 6 del 1956, 231 del 1984 e 1107 del 1988) e, soprattutto, che contengono criteri direttivi cosi' generali da abbracciare svariati e molteplici campi di attivita' materiali (v. sentt. nn. 6 del 1956, 68 del 1961, 87 del 1963, 28 del 1964, 23 del 1978, 91 del 1982, 1107 del 1988, 465 del 1991). Sulla base di tale qualificazione deve essere respinto il dubbio di legittimita' costituzionale che la Provincia autonoma di Bolzano ha prospettato nei confronti dell'art. 1, secondo comma, della legge n. 266 del 1991, dovendosi riconoscere che le disposizioni della predetta legge che contengono principi generali dell'ordinamento non possono non vincolare l'esercizio delle attribuzioni statutariamente affidate alla ricorrente, tanto a titolo di competenza esclusiva, quanto a quello di competenza concorrente». Per i motivi sopra spiegati, non e' quindi consentito alle regioni e province autonome derogare al principio fondamentale di gratuita' delle attivita' di volontariato. 4.3. Nella parte in cui pretende di disciplinare dal punto di vista contrattuale e retributivo anche il servizio civile nazionale (sempre a causa della indebita connessione con il servizio civile provinciale posta dall'art. 3, comma 1, lett. a)), la disposizione qui impugnata viola poi l'art. 117, comma 2, lett. d) cost. La disciplina degli aspetti contrattuali e retributivi del servizio civile nazionale (oltre che nella materia dell'ordinamento civile, come illustrato nel punto 4.1.), rientra infatti nella competenza statale esclusiva in materia di organizzazione del suddetto servizio, di cui all'art. 117, comma 2, lett. d). Tale competenza e' stata esercitata dallo Stato con gli artt. 8 e 9 d.lgs. n. 77/2002 («8. Rapporto di servizio civile. 1. I giovani selezionati dagli enti e dalle organizzazioni per la realizzazione dei progetti approvati sono avviati al servizio civile sulla base del contratto di servizio civile sottoscritto dall'Ufficio nazionale per il servizio civile e successivamente inviato al volontario per la sottoscrizione. 2. Il contratto, recante la data di inizio del servizio attestata dal responsabile dell'ente, prevede il trattamento economico e giuridico, in conformita' all'art. 9, comma 2, nonche' le norme di comportamento alle quali deve attenersi il volontario e le relative sanzioni». «9. Trattamento economico e giuridico. 1. L'attivita' svolta nell'ambito dei progetti di servizio civile non determina l'instaurazione di un rapporto di lavoro e non comporta la sospensione e la cancellazione dalle liste di collocamento o dalle liste di mobilita'. 2. Agli ammessi a prestare attivita' in un progetto di servizio civile compete un assegno per il servizio civile, non superiore al trattamento economico previsto per il personale militare volontario in ferma annuale, nonche' le eventuali indennita' da corrispondere in caso di servizio civile all'estero. In ogni caso non,sono dovuti i benefici volti a compensare la condizione militare.»). E' palese come l'art. 6, comma 5 della legge provinciale, individuando un assetto contrattuale e retributivo del tutto difforme da quello cosi' delineato, esorbiti dalla competenza legislativa provinciale. 5. L'art. 15, comma 1, lett. a) e h) della legge provinciale impugnata stabilisce che «1. Possono prestare servizio sociale volontario, le persone che hanno: a) un'eta' non inferiore ai 29 anni; b) la residenza stabile in provincia di Bolzano e la cittadinanza italiana oppure di un altro Stato membro dell'Unione europea». Il requisito di cui alla lettera b) esclude dalla possibilita' di prestare il servizio civile provinciale i cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato. In tal modo viola l'art. 3 Cost., nella parte cui questo vieta discriminazioni fondate sulla nazionalita'. Al riguardo e' il caso di ricordare che l'art. 2 del d.lgs. n. 286/1998 dispone nei commi 2 e 4 che «2. Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni internazionali in vigore per l'Italia e il presente testo unico dispongano diversamente.», e che «4. Lo straniero regolarmente soggiornante partecipa alla vita pubblica locale.». Il testo unico sull'immigrazione non pone alcuna esclusione a carico degli stranieri in materia di attivita' di volontariato (ovviamente qui non e' in discussione il servizio civile nazionale, che, in considerazione della sua specifica connessione con il dovere di difesa della Patria, e' riservato ai cittadini italiani: v. d.lgs. n. 77/2002, art. 3). Non e' quindi consentito al legislatore provinciale introdurre limitazioni non previste in materia dal legislatore statale. D'altra parte, l'art. 43 del d.lgs. n. 286/1998 prevede, per quanto qui interessa, che «1. Ai fini del presente capo, costituisce discriminazione ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata su . l'origine nazionale, e che abbia ... l'effetto di ... compromettere il riconoscimento, il godimento o l'esercizio, in condizioni di parita', ... delle liberta' fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica.». In questo contesto, l'esclusione dal servizio civile provinciale degli stranieri regolarmente soggiornanti si traduce in una evidente e ingiustificata disparita' e discriminazione. La partecipazione al servizio civile provinciale e' infatti una concreta occasione di integrazione per gli stranieri in questione, che non vi e' ragione di negare loro. Nella recente sentenza n. 2/2013 codesta Corte costituzionale ha ritenuto costitutiva di una ingiustificata disparita' di trattamento una disposizione della Provincia di Bolzano che nel concedere determinate agevolazioni per il diritto allo studio (si trattava delle alle «agevolazioni per la frequenza di una scuola fuori della provincia di Bolzano» e delle «prestazioni di natura economica per il diritto allo studio universitario»), prevedeva solo per gli stranieri extracomunitari il requisito aggiuntivo (rispetto ai cittadini italiani e dell'Unione europea) della residenza almeno quinquennale nella Provincia. A maggior ragione, nel caso in esame, dovra' allora riconoscersi l'esistenza di una disparita' ingiustificata, considerato che la possibilita' di accedere al servizio civile provinciale viene del tutto preclusa a tali stranieri, anche se da lungo tempo residenti in Provincia.