TRIBUNALE 
 
    Nella causa n. 2453/2010, promossa da Franco Manassero, residente
in Macello, frazione Faule n. 1, ed elettivamente domiciliato  presso
il proprio studio in Pinerolo, via Saluzzo n. 3, ai  sensi  dell'art.
86 c.p.c., attore; 
    Contro Gioacchino Collino, residente in Osasco, via  Prabello  n.
15, convenuto contumace, ha pronunciato la seguente ordinanza. 
 
                     Lo svolgimento del processo 
 
    L'avv.  Franco  Manassero  agisce  nei  confronti  di  Gioacchino
Collino, chiedendone la condanna al pagamento  della  somma  di  euro
7.138,47,  oltre   all'I.V.A.   ed   ai   contributi   previdenziali,
corrispettivo di prestazioni professionali nella causa n.  1199/2007,
a suo tempo svoltasi davanti al Tribunale di Pinerolo. All'udienza di
prima comparizione del 25 marzo 2011 il convenuto e' stato dichiarato
contumace e, depositata la memoria ex  art.  183  sesto  comma  n.  2
c.p.c, sono state ammesse le prove dedotte  dall'attore.  All'udienza
del  29  ottobre  2012,  tali  prove  sono  state  assunte;  per   la
precisazione delle conclusioni,  stante  la  necessita'  di  definire
prima le cause iscritte a  ruolo  anteriormente  all'anno  2010  (nel
rispetto del «Programma  Strasburgo  per  i  Tribunali  ordinari  del
Distretto - prescrizioni e consigli per la  trattazione  delle  cause
civili», redatto dal Presidente della Corte d'Appello di Torino il 16
maggio 2011), e' stata fissata l'udienza del 24 gennaio 2014, davanti
al Tribunale di Torino. A questo punto, l'attore  ha  sollevato  «...
questione di incostituzionalita'  degli  artt.  1  e  2  del  decreto
legislativo n.  155  del  2012  per  violazione  dell'art.  70  della
Costituzione che  riserva  alle  Camere  la  funzione  legislativa  e
l'incostituzionalita' della legge delegante di cui all'art.  1  legge
n. 148/2011 e di quella delegata per violazione degli  artt.  3,  70,
72, 77 e 97 della Costituzione, rinviando alla memoria  che  deposita
ed allegato 1». La causa e' stata quindi assunta a riserva. 
I termini ed i motivi delle questioni di legittimita'  costituzionale
sollevate. 
1. - L'art. 1, secondo comma, della legge n.  148  del  14  settembre
2011 (in Gazzetta Ufficiale n. 216 del 16  settembre  2011),  con  la
quale e' stato convertito, con modificazioni, il decreto-legge n. 138
del 13 agosto 2011 - una norma intrusa? 
    1.A - La norma oggetto della questione. 
    II primo comma dell'art. 1 della legge n. 148/2011  prevede:  «Il
decreto-legge 13  agosto  2011,  n.  138,  recante  ulteriori  misure
urgenti per la stabilizzazione finanziaria  e  per  lo  sviluppo,  e'
convertito in legge con le modificazioni riportate in  allegato  alla
presente legge». 
    Il  secondo  comma  prevede:  "Il  Governo,  anche  ai  fini  del
perseguimento delle finalita' di cui all'art. 9 del  decreto-legge  6
luglio 2011, n. 98, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  15
luglio 2011, n. 111, e' delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla
entrata  in  vigore  della  presente  legge,  uno  o   piu'   decreti
legislativi per riorganizzare la distribuzione sul  territorio  degli
uffici  giudiziari  al  fine  di  realizzare  risparmi  di  spesa   e
incremento di efficienza  ...»,  sulla  base  di  alcuni  principi  e
criteri direttivi ai quali si accennera' nel paragrafo 2.B. 
    1.B - Le precedenti  decisioni  della  Corte  costituzionale  sui
rapporti tra decreto-legge e legge di conversione. 
    La  Corte  costituzionale   ha   ricostruito   i   rapporti   tra
decreto-legge e legge di conversione in alcune decisioni, poste,  tra
loro, in linea di continuita'; da ultimo, nelle sentenze n.  171  del
2007, n. 128 del 2008, n. 355 del 2010 e n. 22 del 2012. 
    Nella sentenza n. 171 del 2007 e' stato,  in  sintesi,  affermato
che: 
        la sussistenza dei requisiti della  straordinaria  necessita'
ed urgenza puo' essere oggetto di scrutinio (solo quando  il  difetto
di tali presupposti sia evidente)  su  un  piano  diverso  da  quello
proprio del Parlamento in sede di conversione, perche' l'attribuzione
al Governo della funzione legislativa ha carattere derogatorio ed  e'
compito  della  Corte  preservare  l'assetto  delle  fonti  primarie,
accertando se il riparto delle competenze tra  Parlamento  e  Governo
sia stato o meno alterato; 
        la legge di conversione non sana dunque i vizi  del  decreto,
di modo che il difetto dei casi straordinari di necessita' ed urgenza
si   traduce,   dopo   l'intervento   parlamentare,   in   un   vizio
procedimentale della relativa legge. 
    Gli stessi principi sono stati affermati nella  sentenza  n.  128
del 2008. 
    Con la sentenza n. 355 del 2010, la Corte e'  tornata  su  questa
materia, riservandosi lo scrutinio sulla sussistenza dei  presupposti
di necessita' e di urgenza anche riguardo agli  emendamenti  aggiunti
in sede di conversione dal Parlamento, purche' questi siano  omogenei
rispetto  al  contenuto  del   decreto-legge.   A   proposito   degli
emendamenti eterogenei  (cioe',  radicalmente  estranei  rispetto  al
decreto-legge ed ai presupposti di necessita' e  di  urgenza  che  lo
hanno ispirato), tale sindacato  e'  dunque  escluso,  ma  non  viene
altresi'  affermato  che  l'introduzione  ex   novo,   in   sede   di
conversione,  di  disposizioni   eccentriche   sia,   di   per   se',
ammissibile. La Corte, pertanto, non si e' preclusa  la  possibilita'
di  intervenire  in  futuro,  valutando  la  costituzionalita'  degli
emendamenti eterogenei, e cio' ha fatto con la  sentenza  n.  22  del
2012, ritenendo l'incostituzionalita' di talune disposizioni aggiunte
al testo del decreto-legge solo durante la  fase  parlamentare  della
conversione.  Il  percorso  logico   consta   di   quattro   passaggi
argomentativi: 
        e' dimostrata l'eterogeneita' delle norme impugnate, inserite
in  sede  di  conversione,  rispetto  al  contenuto  originario   del
decreto-legge; 
        e' rinvenuto nell'art. 77, secondo comma, della Costituzione,
il fondamento del requisito dell'omogeneita' del decreto-legge; 
        da tale requisito e' dedotta la necessaria omogeneita'  della
legge di conversione, anch'essa imposta dall'art. 77, secondo comma; 
        dal riconoscimento della necessaria omogeneita'  della  legge
di conversione rispetto al decreto-legge viene tratta la  conseguenza
dell'incostituzionalita'  delle   norme   introdotte   in   sede   di
conversione  che  siano  del  tutto  eterogenee  rispetto  a   quelle
originariamente contenute nel decreto.  Tale  introduzione,  infatti,
implica la violazione delle norme procedimentali: solo ove sussistano
i  presupposti  enunciati  nel  secondo  comma  dell'art.  77   della
Costituzione  e'  consentito  derogare  al  procedimento  legislativo
ordinario previsto dall'art. 72. 
    1.C - La pertinenza delle decisioni sub 1.B) rispetto alla  norma
sub 1.A). 
    I casi esaminati dalla Corte costituzionale nelle  sentenze  alle
quali si e' fatto cenno sembrano assimilabili, sotto ogni aspetto,  a
quello  in  esame,  che,   inoltre,   potrebbe   violare   le   norme
procedimentali della Costituzione per ulteriori specifiche ragioni. 
    La disciplina contenuta nel secondo comma dell'art. 1 della legge
n. 148/2011 e volta a riorganizzare la distribuzione  sul  territorio
degli uffici giudiziari, attraverso un'intera riforma di sistema,  e'
stata introdotta per la prima volta in sede di conversione, senza che
il decreto-legge convertito ne facesse alcun cenno e  senza  che  sia
stata  ripetuta  la  dichiarazione  di  straordinaria  necessita'  ed
urgenza (contenuta, invece, nel preambolo del  decreto-legge  n.  138
del 2011). Le finalita' che vengono poste appartengono,  addirittura,
ad un decreto-legge  diverso,  gia'  convertito  in  legge.  Parrebbe
dunque violata la norma procedimentale della Costituzione  (art.  77,
secondo comma) che limita l'adozione del decreto-legge ai  soli  casi
di straordinaria necessita' ed  urgenza.  Solo  in  tale  situazione,
infatti (e nella differente ipotesi  del  decreto  legislativo,  dove
pero'  la  delega  parlamentare  interviene  prima  dell'inizio   del
procedimento di formazione  normativa),  e'  consentito  derogare  al
procedimento  legislativo  ordinario  previsto  dall'art.  72   della
Costituzione. 
    Inoltre, la norma «intrusa» non ha direttamente  disciplinato  la
materia,  perche'  la  riorganizzazione  territoriale  degli   uffici
giudiziari e' stata ulteriormente delegata  al  Governo.  L'art.  72,
quarto comma, della Costituzione, prevede che la procedura di esame e
di  approvazione  diretta  da  parte  della  Camera   e',   in   modo
inderogabile, sempre adottata, tra gli altri, per i disegni di  legge
di delegazione legislativa: cio' significa che la delega  al  Governo
non puo' che essere contenuta  in  un  atto  normativo  primario  del
Parlamento e che il conferimento della delega e la  sua  approvazione
parlamentare devono avvenire secondo i dettami di  cui  all'art.  72,
primo comma, della Costituzione, non secondo  la  procedura  prevista
dall'art. 77, secondo comma, per i  soli  decreti-legge.  L'art.  72,
primo comma, prevede che «... ogni disegno di legge ... e'  esaminato
da una commissione e poi dalla camera stessa, che l'approva  articolo
per articolo e con votazione finale». La delega  al  Governo  per  la
riorganizzazione della  distribuzione  sul  territorio  degli  uffici
giudiziari e' stata  approvata  in  prima  lettura  al  Senato  della
Repubblica il 7 settembre 2011, durante l'iter  del  procedimento  di
conversione  in  legge  del  decreto-legge  n.  138  del   2011.   Il
procedimento legislativo di conversione si e'  poi  concluso  con  la
successiva  deliberazione  della  Camera  dei  deputati.  Entrambi  i
passaggi parlamentari sono stati  caratterizzati  dal  fatto  che  il
Governo ha posto la questione di fiducia. Dal resoconto della  seduta
d'aula  del  Senato,  emerge  che  l'emendamento  governativo   sulla
riorganizzazione territoriale  delle  circoscrizioni  giudiziarie  e'
stato presentato in aula ed e' stato trasmesso  per  il  parere  alla
commissione bilancio, per la valutazione degli aspetti  di  copertura
finanziaria: e' dunque mancato  del  tutto  l'esame  da  parte  della
commissione referente. 
    La   sequenza   procedimentale   delineata   nella   Costituzione
(decreto-legge seguito da legge di conversione) e'  stata  sostituita
con  una  sequenza  diversa  (decreto-legge,  seguito  da  legge   di
conversione, seguita, a sua volta, da decreto legislativo,  delegato,
inoltre, in una materia del tutto estranea al decreto convertito,  ma
riferita ad altro e diverso decreto gia' convertito con altra legge). 
    Potrebbero dunque essere stati violati sia  l'iter  ordinario  di
formazione legislativa (artt. 70 e 72, primo e  quarto  comma,  della
Costituzione) sia l'iter previsto per la decretazione d'urgenza (art.
77, secondo comma, della Costituzione). 
2. - L'art. 1 del decreto legislativo n. 155 del 7 settembre 2012 (in
Gazzetta Ufficiale n. 213 del 12 settembre 2012) -  eccesso  rispetto
ai principi ed ai criteri direttivi fissati nella legge delegante? 
    2.A - La norma oggetto della questione. 
    L'art. 1 del decreto legislativo n.  155  del  7  settembre  2012
prevede: »Sono soppressi i tribunali ordinari, le sezioni  distaccate
e le procure della Repubblica di  cui  alla  tabella  A  allegata  al
presente  decreto»;  nell'elenco  della  tabella  A  e'  compreso  il
tribunale di Pinerolo. 
    2.B - I rapporti dell'art. 1 del decreto legislativo n.  155/2012
con la legge sub 1) - violazione dell'art. 76 della Costituzione. 
    I dubbi di legittimita' costituzionale espressi in relazione alla
legge delega inducono a prospettare la illegittimita'  consequenziale
del decreto legislativo. 
    Inoltre, tale decreto sembra porsi in contrasto con i criteri  ed
i principi direttivi di cui all'art. 1, secondo comma, lettere b), d)
ed e) della  legge  n.  148/2011,  violando  cosi'  l'art.  76  della
Costituzione.  In  particolare,  la  lettera  b)   prevede   che   la
ridefinizione delle circoscrizioni giudiziarie avvenga  «...  secondo
criteri oggettivi ed omogenei che tengano conto  dell'estensione  del
territorio, del numero  degli  abitanti,  dei  carichi  di  lavoro  e
dell'indice delle sopravvenienze, della specificita' territoriale dei
bacini d'utenza, anche con riguardo alla situazione  infrastrutturale
... nonche' della necessita' di razionalizzare il servizio  giustizia
nelle grandi aree metropolitane»; secondo la lettera d), si deve «...
procedere alla  soppressione  ovvero  alla  riduzione  delle  sezioni
distaccate di tribunale, anche  mediante  accorpamento  ai  tribunali
limitrofi ...»; la lettera  e)  stabilisce  che,  nel  perseguire  le
finalita' di  cui  ai  punti  che  precedono,  si  assuma  «...  come
prioritaria  linea  di  intervento  il  riequilibrio  delle   attuali
competenze  territoriali,  demografiche  e  funzionali   tra   uffici
limitrofi della stessa area provinciale caratterizzati  da  rilevante
differenza di dimensioni». 
    2.B.a - Le grandi aree metropolitane. 
    La relazione ministeriale che accompagna il decreto «... volto ad
attuare la delega prevista dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, per
la revisione delle circoscrizioni  giudiziarie  ...»  si  propone  di
individuare «... le linee guida dell'intervento...», sulla base delle
indicazioni del gruppo di studio ministeriale. Vi si legge, al  punto
1.4:  «...  La  necessita'  prioritaria  in  tutte  le  grandi   aree
metropolitane  e'  senza   dubbio   quella   di   procedere   ad   un
decongestionamento dei carichi. Tale  obiettivo,  in  ottemperanza  a
quanto specificamente indicato dalla  legge  delega  (art.  1,  comma
secondo, lettera b):  «razionalizzare  il  servizio  giustizia  nelle
grandi  aree  metropolitane»)  e'  stato  perseguito  attraverso  tre
fondamentali scelte operative: a) impedire accorpamenti di  tribunali
sub-provinciali alle cinque grandi aree metropolitane (Roma,  Napoli,
Milano, Torino e Palermo); b) favorire, ove possibile e  ragionevole,
l'accorpamento di territori delle sezioni distaccate metropolitane ai
tribunali limitrofi ...». Il medesimo criterio era stato seguito  con
il decreto legislativo  n.  491  del  3  dicembre  1999,  emanato  in
esecuzione dell'art. 1 della legge n. 155  del  5  maggio  1999;  nel
rivedere il circondario dei Tribunali compresi  nel  distretto  della
Corte d'Appello di Torino, il territorio del  Tribunale  di  Pinerolo
era  stato  ampliato,  fino  a  ricomprendere  i  Comuni  di  Bruino,
Candiolo, Orbassano, Piossasco  e  Sangano.  L'operazione  deflattiva
aveva dunque preso avvio con  la  sottrazione,  dal  circondario  del
Tribunale di Torino, di alcuni Comuni posti a sud della metropoli. La
recente relazione  ministeriale  conferma  l'opportunita'  di  questa
soluzione,   sia   nel   senso   del   mantenimento   dei   Tribunali
sub-metropolitani   (sempre,   senza   eccezioni)   sia   nel   senso
dell'incremento del loro bacino  d'utenza  con  l'accorpamento  delle
sezioni  distaccate  di  pertinenza  delle  grandi  citta'   (laddove
possibile e ragionevole). Facendo dunque applicazione dei  criteri  e
dei principi della  legge  delega,  cosi'  come  esplicitati  e  resi
concreti nella stessa relazione ministeriale, il decreto  legislativo
n.  155  del  2012  ha  mantenuto  od  allargato  tutti  i  Tribunali
sub-provinciali contigui alle grandi zone metropolitane, ma, violando
i medesimi criteri e principi  (definiti,  dallo  stesso  legislatore
delegato,  «fondamentali»),  ha  soppresso,  unico  fra   tutti,   il
Tribunale di Pinerolo. E' stato invece  disposto  l'allargamento  del
circondario   del   Tribunale   sub-provinciale   di    Ivrea,    con
l'accorpamento delle sezioni distaccate  di  Chivasso  e  di  Cirie'.
Questa particolare scelta non appare ispirata dai «criteri  oggettivi
ed omogenei» della lettera b), ne' giustificata da  peculiarita'  dei
territori interessati, e la grande area metropolitana di  Torino  non
ne esce «razionalizzata» nel suo «servizio  giustizia»,  nemmeno  per
una via in ipotesi  diversa  da  quella  che  lo  stesso  legislatore
delegato si e' tracciato. Infatti, la soppressione del  Tribunale  di
Pinerolo (quarto del Piemonte per popolazione, dopo quelli di Torino,
di Novara e di Alessandria) ed il suo accorpamento  al  Tribunale  di
Torino, che assimilera' anche le attuali sezioni distaccate di Susa e
di Moncalieri, comporta che l'ufficio giudiziario del capoluogo resti
sostanzialmente  inalterato  e   non   venga   decongestionato,   con
conseguente pregiudizio anche per  i  futuri  nuovi  utenti  (attuali
utenti del Tribunale di Pinerolo). 
    2.B.b - Gli altri criteri oggettivi ed omogenei. 
    E' opportuno  qualche  cenno  agli  altri  criteri  oggettivi  ed
omogenei (diversi dal gia' esaminato aspetto dell'area  metropolitana
nel suo complesso) dettati dalla  lettera  b)  dell'art.  1,  secondo
comma; il confronto si impone  con  riferimento  all'altro  Tribunale
sub-provinciale (quello di Ivrea), che  il  legislatore  delegato  ha
ritenuto conforme alla legge delega mantenere. I  dati  numerici  che
seguono provengono dalle relazioni  del  Presidente  della  Corte  di
Appello di Torino per gli anni giudiziari 2011 e 2012, dal censimento
del 2011 e  dalle  schede  analitiche  allegate  alla  relazione  che
accompagna il decreto legislativo. 
    2.B.b.1 - L' estensione del territorio, il numero degli  abitanti
e la specificita' territoriale dei bacini di utenza. 
    La superficie totale dei  Comuni  compresi  nel  circondario  del
Tribunale di Pinerolo e' di kmq. 1.520,45; la superficie  totale  dei
Comuni compresi nel circondario del Tribunale di  Ivrea  e'  di  kmq.
1.619,16; il circondario di Pinerolo ha una popolazione residente  di
216.415 abitanti e quello di Ivrea di 189.406. E' stato  mantenuto  e
potenziato il secondo, posto  a  nord-est  di  Torino,  ma  e'  stato
eliminato  il  corrispondente   polo   sud-ovest,   con   l'ulteriore
conseguenza che Comuni vicinissimi al capoluogo sono stati trasferiti
alla competenza territoriale di Ivrea, mentre Comuni assai distanti e
siti in vallate  montane  (per  loro  natura  sprovviste  di  agevoli
collegamenti stradali) sono stati aggiunti al circondario di  Torino,
capoluogo che ha assunto una posizione fortemente eccentrica rispetto
al proprio territorio. 
    2.B.b.2 - I carichi di lavoro e le sopravvenienze. 
    Sono sopravvenute nel Tribunale di Pinerolo  6.076  cause  civili
nel periodo 2009/2010 e 5.879 cause civili nel periodo 2010/2011; nel
Tribunale di Ivrea, 5.655 cause civili nel periodo 2009/2010 e  5.493
cause civili nel periodo 2010/2011; le cause penali nuove sono state,
per il Tribunale  di  Pinerolo,  2.689  nel  2009/2010  e  2.529  nel
2010/2011; per il Tribunale di Ivrea, 2.907 nel 2009/2010 e 2.748 nel
2010/2011. Si tratta di ordini di grandezza quasi sovrapponibili. 
    2.B.c - Il riequilibrio delle  competenze  tra  uffici  limitrofi
della stessa area provinciale caratterizzati da rilevante  differenza
di dimensioni. 
    Tale  linea  di  intervento  e'  definita  dalla   legge   delega
«prioritaria». 
    Nel caso in esame,  si  deve  avere  riguardo  al  nuovo  assetto
giudiziario della Provincia di Torino, che conta oltre la meta' della
popolazione del Piemonte (2.209.594 abitanti  su  totali  4.494.376).
L'obiettivo posto dalla legge  e'  evidentemente  quello  di  creare,
nell'ambito della stessa Provincia, uffici  di  dimensioni  analoghe,
eliminando i forti squilibri. A riforma attuata, nella  Provincia  di
Torino  resteranno  due  soli  Tribunali:  il   capoluogo,   con   la
popolazione di 1.674.292 abitanti (invece degli  attuali  1.803.773);
Ivrea, con la popolazione di  535.202  abitanti.  Mantenere  il  polo
sud-ovest (Pinerolo), con l'ampliamento del territorio  (in  coerenza
con quanto perseguito a partire dal 1999) e cioe' con  l'accorpamento
di  sezioni  distaccate  del  Tribunale  limitrofo  di  Torino,  come
previsto dall'art. 1, secondo comma, lettera d) della legge delega  -
che, in tal modo, non pare essere stato  attuato  -  avrebbe,  da  un
lato,  decongestionato  l'area  metropolitana  (che,  invece,   perde
soltanto  il  sette  per  cento  circa  della  sua  popolazione)   e,
dall'altro, creato due Tribunali - quello di Pinerolo, oltre a quello
di Ivrea - di dimensioni ideali rispetto  ai  criteri  di  efficienza
posti dalla gia'  richiamata  relazione  che  accompagna  il  decreto
legislativo: «... Per produttivita'  ...  si  e'  fatta  la  seguente
considerazione statistica: che tale dato e' comune  alla  classe  dei
tribunali provinciali che  hanno  organico  compreso  tra  ventuno  e
trenta magistrati: classe alla quale appartiene la sopra  considerata
misura di ventotto unita', che  esprime  tendenzialmente  il  miglior
valore di produttivita', pari a 662. Si tratta di un valore superiore
alla media  complessiva  di  638,4,  ma  anche  superiore  ai  valori
(praticamente  identici)  di  ciascuna   delle   classi   di   uffici
immediatamente precedenti ... e immediatamente successiva ...  quindi
inferiore soltanto a quella ulteriore classe  -  non  statisticamente
rappresentativa  ne'  percio'  significativa  quale  campione  -  dei
tribunali con pianta organica compresa tra sessantuno e cento  unita'
di magistrati,  che  e'  la  soglia  numerica  passata  la  quale  la
produttivita' segna un vertiginoso crollo ...». 
    L'obiettivo del legislatore delegato avrebbe quindi dovuto essere
quello di creare Tribunali dalle  dimensioni  individuate  come  piu'
efficienti e produttive. 
    2.0 - I rapporti dell'art. 1 del decreto legislativo n.  155/2012
con altre norme della Costituzione. 
    2.C.a - Con l'art. 3 della Costituzione. 
    Tutte  le  violazioni  dei  criteri  posti  dalla  legge   delega
potrebbero risolversi, in concreto, anche nella violazione  dell'art.
3 della Costituzione, poiche' il diverso trattamento  riservato  agli
utenti del Tribunale di  Pinerolo  rispetto  a  quelli  di  Tribunali
analoghi appare arbitrario (in quanto non trova fondamento in  alcuna
disposizione di legge) ed irrazionale  (in  quanto  non  assicura  il
raggiungimento degli obiettivi posti dal legislatore delegante). 
    Gli utenti pinerolesi perdono, unici rispetto a tutti  gli  altri
residenti in Tribunali sub-metropolitani e senza che la differenza di
trattamento,  in  controtendenza  rispetto  ad  ogni   altra   scelta
riorganizzativa, sia motivata, la giustizia di prossimita'. 
    2.C.13 - Con l'art 25, primo comma, della Costituzione. 
    Il contrasto del decreto legislativo in esame con la legge delega
comporterebbe, altresi', la violazione  dell'art.  25,  primo  comma,
della Costituzione,  risolvendosi  l'eliminazione  del  Tribunale  di
Pinerolo, in quanto realizzata sulla base di  norme  illegittime,  in
un'indebita sottrazione degli utenti della giustizia al loro  giudice
naturale. 
    2.C.c - Con l'art.  97,  primo  comma,  e  con  l'art.  24  della
Costituzione. 
    I pubblici uffici devono  essere  organizzati  in  modo  che  sia
assicurato il buon  andamento  dell'amministrazione.  D'altra  parte,
obiettivo dell'art. 1, secondo comma, della  legge  n.  148/2011,  e'
quello  di  realizzare  «...  risparmi  di  spesa  ed  incremento  di
efficienza ...». Se (come si e' accennato nei 
    paragrafi precedenti) sono stati violati  i  criteri  individuati
dalla stessa legge per migliorare il funzionamento  della  giustizia,
allora e' stato violato anche il  principio  costituzionale  di  buon
andamento e viene gravemente compromesso il  diritto  ad  una  tutela
giudiziaria  effettiva.  Inoltre,  non   vi   sono   evidenze   circa
l'obiettivo del risparmio economico che  sarebbe  realizzato  con  la
soppressione del Tribunale  di  Pinerolo,  mentre  e'  certo  che  vi
saranno costi di trasferimento  e  che  un  bene  pubblico  quale  il
palazzo di giustizia (di recente ristrutturato per  questo  specifico
impiego,  con  la  spesa  di  circa  ottocentomila   euro)   restera'
inutilizzato. 
La  non  manifesta  infondatezza  della  questione  di   legittimita'
costituzionale. 
    I dubbi circa il contrasto con la Costituzione  delle  norme  fin
qui esaminate sono dunque consistenti  e  la  segnalazione  dei  vizi
incostituzionali, all'esito della delibazione che precede, non appare
pretestuosa. Le questioni sollevate non sono pertanto  manifestamente
infondate. 
La rilevanza. 
    Le  questioni  sollevate  non  sono  solo   teoriche,   essendovi
un'evidente  relazione  tra  le  norme  denunciate  e  l'esito  della
controversia:  il  dubbio  di   costituzionalita'   investe   infatti
l'individuazione del giudice (il tribunale di Torino ovvero quello di
Pinerolo) che dovra' pronunciarsi sulle domande proposte dall'attore.
Infatti,  come  emerge  dalla  sintesi  del  processo,  l'udienza  di
precisazione delle conclusioni (la cui data non puo'  che  rispettare
il  calendario  di  definizione  delle  cause,  secondo  la  sequenza
cronologica di iscrizione a ruolo, in osservanza del gia'  richiamato
«Programma Strasburgo») si svolgera' in un tempo in cui Tribunale  di
Pinerolo (se le norme per le quali viene introdotto  questo  giudizio
incidentale fossero legittime) sara' stato soppresso; come  statuisce
l'art. 11, secondo comma, del decreto legislativo n.  155/2012,  «...
Le disposizioni di cui agli artt. 1, 2,  3,  4,  5,  e  7  acquistano
efficacia decorsi dodici mesi dalla data di  entrata  in  vigore  del
presente decreto» e cioe' dodici  mesi  dal  13  settembre  2012.  Ne
consegue che sulle domande proposte da Franco Manassero nei confronti
di Gioacchino Collino non si puo'  decidere  indipendentemente  dalla
risoluzione delle questioni di legittimita' costituzionale sollevate,
che si pongono in rapporto di pregiudizialita' con la fase conclusiva
della causa.