Ricorso proposto dalla regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale dott. Luca Zaia, a cio' autorizzato con delibera della Giunta regionale n. 174 dell'11 febbraio 2013, allegata, rappresentato e difeso, per mandato a margine del presente atto, tanto unitamente quanto disgiuntamente, dagli avv.ti Ezio Zanon (C.F. ZNNZEI57L07B563K) coordinatore dell'Avvocatura regionale, Daniela Palombo (C.F. PLMDNL57D69A266Q) della Direzione regionale Affari Legislativi e Luigi Manzi (C.F. MNZLGU34E15H501V) del Foro di Roma, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Confalonieri n. 5 (per eventuali comunicazioni: fax 06/3211370, posta elettronica certificata luigimanzi@ordineavvocatiroma.org); Nei confronti del Presidente pro-tempore, del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 301, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 recante: «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2013), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale S.O. n. 212/L del 29 dicembre 2012 n. 302. Con istanza di sospensione dell'efficacia del medesimo articolo impugnato e cioe' dell'art. 1, comma 301, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 recante: «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2013), per le ragioni che saranno di seguito argomentate. F a t t o 1.1. L'articolo l, comma 301, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 recante: «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge di stabilita' 2013), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale S.O. n. 212/L del 29 dicembre 2012, n. 302 ha sostituito l'art. 16-bis, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 rubricato «Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale». 1.2. La complessita' strutturale della disposizione impugnata suggerisce, per comodita' di lettura e conseguente valutazione, di riportarne il testo integralmente. In punto, dunque, l'articolo de quo prevede che: «1. A decorrere dall'anno 2013 e' istituito il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato, agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario. Il Fondo e' alimentato da una compartecipazione al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina. L'aliquota di compartecipazione e' applicata alla previsione annuale del predetto gettito, iscritta nel pertinente capitolo dello stato di previsione dell'entrata, ed e' stabilita, entro il 31 gennaio 2013, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, in misura tale da assicurare, per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e a decorrere dal 2015, l'equivalenza delle risorse del Fondo stesso al risultato della somma, per ciascuno dei suddetti anni, delle seguenti risorse: a) 465 milioni di euro per l'anno 2013, 443 milioni di euro per l'anno 2014, 507 milioni di euro annui a decorrere dal 2015; b) risorse derivanti dalla compartecipazione al gettito dell'accisa sul gasolio per autotrazione e dell'accisa sulla benzina, per l'anno 2011, di cui agli articoli 1, commi da 295 a 299, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, e 3, comma 12, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, al netto della quota di accisa sulla benzina destinata al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale; c) risorse derivanti dallo stanziamento iscritto nel fondo di cui all'art. 21, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni, ivi comprese quelle di cui all'art. 30, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. 2. A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1 sono abrogati: a) il comma 12 dell'art. 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549; b) i commi da 295 a 299 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni; c) il comma 3 dell'art. 21 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni; d) il comma 3 dell'art. 30 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. 3. Ferme restando le funzioni attribuite ai sensi della legislazione vigente all'Autorita' di regolazione dei trasporti, di cui all'art. 37 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, entro il 31 gennaio 2013, sono definiti i criteri e le modalita' con cui ripartire e trasferire alle regioni a statuto ordinario le risorse del Fondo di cui al comma 1. I criteri sono definiti, in particolare, tenendo conto del rapporto tra ricavi da traffico e costi dei servizi previsto dalla normativa nazionale vigente in materia di servizi di trasporto pubblico locale e di servizi ferroviari regionali, salvaguardando le esigenze della mobilita' nei territori anche con differenziazione dei servizi, e sono finalizzati a incentivare le regioni e gli enti locali a razionalizzare e rendere efficiente la programmazione e la gestione dei servizi medesimi mediante: a) un'offerta di servizio piu' idonea, piu' efficiente ed economica per il soddisfacimento della domanda di trasporto pubblico; b) il progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi; c) la progressiva riduzione dei servizi offerti in eccesso in relazione alla domanda e il corrispondente incremento qualitativo e quantitativo dei servizi a domanda elevata; d) la definizione di livelli occupazionali appropriati; e) la previsione di idonei strumenti di monitoraggio e di verifica. 4. Entro quattro mesi dalla data di emanazione del decreto di cui al comma 3, le regioni a statuto ordinario, al fine di ottenere assegnazioni di contributi statali destinati a investimenti o a servizi in materia di trasporto pubblico locale e ferrovie regionali, procedono, in conformita' con quanto stabilito con il medesimo decreto di cui al comma 3, all'adozione di un piano di riprogrammazione dei servizi di trasporto pubblico locale e di trasporto ferroviario regionale, rimodulano i servizi a domanda debole e sostituiscono, entro centottanta giorni dalla predetta data, le modalita' di trasporto da ritenere diseconomiche, in relazione al mancato raggiungimento del rapporto tra ricavi da traffico e costi del servizio al netto dei costi dell'infrastruttura, previsto dall'art. 19, comma 5, del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, con quelle piu' idonee a garantire il servizio nel rispetto dello stesso rapporto tra ricavi e costi. A seguito della riprogrammazione, rimodulazione e sostituzione di cui al presente comma, i contratti di servizio gia' stipulati da aziende di trasporto, anche ferroviario, con le singole regioni a statuto ordinario, sono oggetto di revisione. 5. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare, sentita la Conferenza unificata, entro il 30 giugno di ciascun anno, sono ripartite le risorse del Fondo di cui al comma 1, previo espletamento delle verifiche effettuate sugli effetti prodotti dal piano di riprogrammazione dei servizi, di cui al comma 4, nell'anno precedente. Per l'anno 2013 il riparto delle risorse e' effettuato sulla base dei criteri e delle modalita' previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 3, previa adozione del piano di riprogrammazione di cui al comma 4 da parte delle regioni a statuto ordinario. 6. Nelle more dell'emanazione del decreto di cui al comma 5, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata, e' ripartito a titolo di anticipazione tra le regioni a statuto ordinario il 60 per cento dello stanziamento del Fondo di cui al comma 1. Le risorse ripartite sono oggetto di integrazione, di saldo o di compensazione con gli anni successivi a seguito dei risultati delle verifiche di cui al comma 3, lettera e), effettuate attraverso gli strumenti di monitoraggio. La relativa erogazione a favore delle regioni a statuto ordinario e' disposta con cadenza mensile. 7. A decorrere dal 1° gennaio 2013, le aziende di trasporto pubblico locale e le aziende esercenti servizi ferroviari di interesse regionale e locale trasmettono, per via telematica e con cadenza semestrale all'Osservatorio istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 300, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, i dati economici e trasportistici, che lo stesso Osservatorio provvede a richiedere con adeguate garanzie di tutela dei dati commerciali sensibili, utili a creare una banca di dati e un sistema informativo per la verifica dell'andamento del settore, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. I dati devono essere certificati con le modalita' indicate con apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'interno. I contributi pubblici e i corrispettivi dei contratti di servizio non possono essere erogati alle aziende di trasporto pubblico e ferroviario che non trasmettono tali dati secondo le modalita' indicate. 8. Le risorse di cui al comma 1 non possono essere destinate a finalita' diverse da quelle del finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario. Ferme restando le funzioni attribuite ai sensi della legislazione vigente all'Autorita' di regolazione dei trasporti, di cui all'art. 37 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, il monitoraggio sui costi e sulle modalita' complessive di erogazione del servizio in ciascuna regione e' svolto dall'Osservatorio di cui al comma 7 del presente articolo, in conformita' alle disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 3. 9. La regione non puo' avere completo accesso al Fondo di cui al comma 1 se non assicura l'equilibrio economico della gestione e l'appropriatezza della gestione stessa, secondo i criteri stabiliti con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare previa intesa in sede di Conferenza unificata, sono stabilite, per l'ipotesi di squilibrio economico: a) le modalita' di redazione del piano di riprogrammazione dei servizi, anche con la previsione dell'eventuale nomina di commissari ad acta; b) la decadenza dei direttori generali degli enti e delle societa' regionali che gestiscono il trasporto pubblico locale; c) le verifiche sull'attuazione del piano e dei relativi programmi operativi, anche con l'eventuale nomina di commissari ad acta». 1.3. Quanto sopra riportato, specificamente per quanto attiene l'istituzione ed implementazione di un fondo statale in materia di trasporto pubblico locale, evidenzia consistenti profili di illegittimita' costituzionale, di seguito esposti e circostanziati. D i r i t t o 1. Violazione degli articoli 117 e 119 della Costituzione, nonche' del principio di leale collaborazione, ex art. 120 della Costituzione. 1.1. Con il comma 301, la legge di stabilita' per il 2013 provvede, dunque, alla istituzione di un «Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale». Il comma impugnato viola il riparto di competenze disegnato dalla Costituzione, nella misura in cui interviene in una materia, quale e' quella del trasporto pubblico locale, di competenza residuale regionale. L'inclusione della materia nel novero delle competenze esclusive, rectius residuali, regionali non puo' essere posta ragionevolmente in discussione, alla luce di puntuali riferimenti legislativi e di molteplici pronunce di codesta Ecc.ma Corte, evidentemente non contestabili. 1.2. In punto, come codesta Ecc.ma Corte ha affermato, «non vi e' dubbio che la materia del trasporto pubblico locale rientra nell'ambito delle competenze residuali delle regioni di cui al quarto comma dell'art. 117 Cost., come reso evidente anche dal fatto che, ancor prima della riforma del Titolo V della Costituzione, il decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 «Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell'art. 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59» aveva ridisciplinato l'intero settore, conferendo alle regioni ed agli enti locali funzioni e compiti relativi a tutti i «servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale con qualsiasi modalita' effettuati ed in qualsiasi forma affidati» ed escludendo solo i trasporti pubblici di interesse nazionale (cfr., in particolare, gli artt. 1 e 3)». (cfr. le sentenze nn. 370 del 2003; 16 del 2004; 49 del 2004). Da cio' l'assunto che, con la norma odiernamente censurata, il legislatore statale abbia tentato di escludere il soggetto regione dalla determinazione delle politiche relative a temi di competenza anche regionale, attesa la sussistenza di un'incontestabile attinenza strutturale e funzionale del fondo con la materia dei trasporti pubblici locali che, invece, anche ma non solo per quanto sopra riportato, e' materia di competenza residuale regionale. 1.3. Infatti, come e' agevolmente constatabile, nella norma impugnata non risulta che le regioni siano adeguatamente coinvolte nei processi decisionali afferenti il riparto del fondo. In sostanza, al comma 5 dell'art. 16-bis, cosi' come sostituito dal comma 301 dell'articolo 1 della legge di stabilita' per il 2013, la ripartizione delle risorse del fondo e' rimessa ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da emanarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze; mentre al comma 6 del medesimo articolo e' stato stabilito che, nelle more dell'emanazione del decreto appena menzionato, un diverso decreto, questa volta emanato dal Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, deve provvedere al diverso riparto, a titolo di anticipazione a favore delle regioni a statuto ordinario, pari al 60 per cento del Fondo de quo. Ma v'e' di piu'. Dalla lettura dei commi citati, pare ragionevolmente ipotizzabile come in entrambi i casi - sia le determinazioni concernenti l'effettivo riparto del Fondo, attribuite al Ministero delle infrastrutture e trasporti sia i contenuti del decreto, di carattere provvisorio, di competenza del Ministro dell'economia e delle finanze, concernente la concessione alle regioni di una somma a titolo di anticipazione - laddove si prevede la consultazione della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, risultino evidentemente orientate al rispetto meramente apparente e formalistico delle regole interistituzionali, piu' che al doveroso ricorso ad istituti ineludibili dell'ordinamento, quale e' quello della cooncertazione, nell'ossequio sostanziale di attribuzioni costituzionalmente tutelate e garantite, come espresse nei precetti della Carta Fondamentale, particolarmente per quanto attiene al riparto di competenze tra Stato e Regioni. 1.4. Proprio con riguardo al riparto di competenze evocato, in realta', la struttura della disposizione in esame evidenzia una fortissima, indubitabile analogia tra le caratteristiche del Fondo in questione ed un precedente fondo previsto dall'art. 4, comma 157 della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004). La disposizione da ultimo citata, infatti, prevedeva proprio la costituzione di «un apposito fondo presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti» genericamente finalizzata ad assicurare il conseguimento di «risultati di maggiore efficienza e produttivita' dei servizi di trasporto pubblico locale» ed al riparto dello stesso doveva provvedere, appunto come nel caso di specie, un «decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281». 1.5. Tale disposizione e' stata impugnata avanti codesta Ecc.ma Corte, che, in quell'occasione, ha avuto modo di ribadire, riprendendo gli assunti gia' ripetutamente espressi in precedenti pronunce, che «proprio perche' tale finanziamento interviene in un ambito di competenza regionale, la necessita' di assicurare il rispetto delle attribuzioni costituzionalmente riconosciute alle regioni impone di prevedere che queste ultime siano pienamente coinvolte nei processi decisionali concernenti il riparto dei fondi» (cfr. le sentenze numeri 49 e 16 del 2004); e l'affermazione risulta vieppiu' cristallina laddove si tenga conto del «limite discendente dal divieto di procedere in senso inverso a quanto oggi prescritto dall'art. 119 della Costituzione, e cosi di sopprimere semplicemente, senza sostituirli, gli spazi di autonomia gia' riconosciuti dalle leggi statali in vigore alle regioni e agli enti locali, o di procedere a configurare un sistema finanziario complessivo che contraddica i principi del medesimo art. l 19(sentenza n. 37 del 2004)» (cfr. la decisione n. 222 del 2005). 1.6. Codesta Ecc.ma Corte, sempre in riferimento al giudizio in argomento, asseri' l'insufficienza del meccanismo previsto dalla disposizione censurata laddove si limitava a prevedere la mera consultazione con la Conferenza unificata ed affermo', invece, essere «costituzionalmente necessario, al fine di assicurare in modo adeguato la leale collaborazione fra le istituzioni statali e regionali», che il procedimento ed il provvedimento con cui si ripartivano le risorse del fondo, che nel caso di specie esattamente come nella disposizione odiernamente impugnata era ed e' un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, fosse adottato «sulla base di una vera e propria intesa con la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 281 del 1997» (cfr. sentenza n. 222 del 2005). Purtroppo, pero', nella disposizione odiernamente censurata non si rinviene alcuna traccia della doverosa intesa interistituzionale, se non relativamente al segmento normativo concernente la determinazione dei criteri e delle modalita' con cui procedere al riparto delle risorse de quibus, secondo un modello concertativo che il presente patrocinio reputa eccessivamente debole ed inidoneo a garantire le attribuzioni regionali vigenti in materia. 1.7 Sempre in tema di violazione del principio di leale collaborazione cosi' pervasivamente diffusa nella disposizione oggetto del presente giudizio, la difesa regionale, inoltre, sommessamente richiama l'attenzione di codesta Ecc.ma Corte anche sulla norma, pure contenuta al comma 1 dell'art. 16-bis, cosi' come sostituito dal comma 301 dell'art. 1 della legge impugnata, che riguarda la rideterminazione delle aliquote di compartecipazione. Mentre all'art. 5, comma 1, del d.lgs. 18 febbraio 2000, n. 56 «Disposizioni in materia di federalismo fiscale, a norma dell'art. 10 della legge 13 maggio 1999, n. 33» era stato stabilito che «alla rideterminazione delle aliquote e delle compartecipazioni di cui agli articoli (...) e 4» (accisa sulle benzine), si dovesse provvedere «con decreto del presidente del Consiglio dei ministri(...), previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano», attualmente, a termini della novella, la rideterminazione delle aliquote e delle compartecipazioni avviene in assenza di un esplicito e doveroso coinvolgimento della regioni, diversamente da quanto gia' previsto. 1.8 Dal punto di vista squisitamente finanziario, inoltre, si osserva che il comma 8 dell'art. 16-bis, cosi' come sostituito dal comma 301 dell'art. 1 della legge di stabilita' per il 2013 stabilisce inderogabilmente, tra l'altro, che «le risorse di cui al comma 1 non possano essere destinate a finalita' diverse da quelle del finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario ...». La disposizione, quindi prevede che il Fondo de quo, sebbene incidente in materia di competenza residuale delle Regioni, abbia una destinazione vincolata, e, pertanto, risulta ampiamente censurabile per violazione degli artt. 117 e 119 della Costituzione. 1.9. Secondo il costante orientamento giurisprudenziale di codesta Ecc.ma Corte, espresso in una molteplicita' di decisioni tutte riconducibili al parametro dato dall'art. 119 Cost., i precetti ivi sanciti non consentono allo Stato di istituire e disciplinare finanziamenti a destinazione vincolata ne' nelle materie di potesta' legislativa concorrente, indicate all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, ne', tantomeno, nelle materie di potesta' legislativa residuale regionale di cui all'art. 117, quarto comma, Cost. Tale impedimento ontologico, in quanto connaturato alla rigorosa differenziazione delle attribuzioni, regionali e statali, attualmente esistenti, sussiste sia nell'ipotesi in cui sia prevista la diretta assegnazione di risorse a regioni, province, citta' metropolitane o comuni (cfr. ex plurimis, le sentenze 23 dicembre 2003, n. 370; 16 gennaio 2004, n. 16; 29 gennaio 2004, n. 49), sia laddove si preveda la diretta attribuzione di risorse a soggetti privati, persone fisiche o giuridiche (cfr. le pronunce 29 dicembre 2004, n. 423; 18 febbraio 2005, n. 77; 18 marzo 2005, n. 107; 24 marzo 2006, n. 118), poiche' «il ricorso a finanziamenti ad hoc rischierebbe di divenire uno strumento indiretto, ma pervasivo, di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni delle regioni e degli enti locali, e di sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle regioni negli ambiti materiali di propria competenza» (cosi' testualmente la sentenza 16 gennaio 2004, n. 16). 1.10. Scorrendo il testo della norma e rimanendo nell'alveo ermeneuticamente ammissibile a sensi dell'art. 119 Cost., infatti, appaiono configurabili solamente due tipologie di fondi. Una prima categoria di risorse, rectius «Fondo», desumibile dall'art. 119, terzo comma, Cost., di carattere perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacita' fiscale per abitante. Tale Fondo, suscettibile di incrementare le entrate, i tributi propri e la compartecipazione al gettito di tributi erariali riferibile al proprio territorio di cui all'art. 119, secondo comma, Cost., e' destinato a finanziare integralmente le funzioni pubbliche attribuite a regioni ed enti locali, a termini dell'art. 119, quarto comma, Cost. L'ulteriore tipologia di «Fondo», disegnata all'art. 119, quinto comma, Cost., rimarcando il nesso logico, strutturale e funzionale intercorrente tra disponibilita' finanziaria ed esercizio di funzioni, concerne «risorse aggiuntive» ed «interventi speciali» in favore di «determinati Comuni, Province, Citta' metropolitane e Regioni» al fine di «promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarieta' sociale», (...) «rimuovere gli squilibri economici e sociali», (...) «"favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona", (...) "provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni"». 1.11. Ma dal richiamo dei precetti costituzionali cennati, si evince come l'intervento legislativo contestato non possieda le caratteristiche ascrivibili ai fondi perequativi ne' i connotati propri degli speciali stanziamenti di cui al quinto comma dell'art. 119 Cost. Conseguentemente il Fondo in argomento, introdotto dalla disposizione impugnata, appare privo dei requisiti minimi di legittimita', ponendosi in insanabile contrasto proprio con l'art. 119 della Carta costituzionale. Inoltre, come gia' supra brevemente anticipato, il patrocinio regionale reputa che la disposizione impugnata, per un verso, abbia sensibilmente inciso nel riparto costituzionale delle competenze legislative fra Stato e Regioni, compromettendolo radicalmente in violazione dell'art. 117, commi terzo e quarto della Costituzione; per altro verso, ritiene che la previsione de qua abbia altresi' pregiudicato il concreto esercizio delle funzioni amministrative regionali in materia riservata, coincidenti con quei «compiti di programmazione e di riparto dei fondi all'interno del proprio territorio», incontestabilmente esistenti, atteso che non puo' essere consentita l'esclusione delle regioni dal processo decisionale qualora i finanziamenti riguardino ambiti di competenza residuale delle regioni medesime (cosi le sentenze 16 gennaio 2004, n. 16; e 8 giugno 2005, n. 222). 1.12. Conclusivamente, ed in sintesi, come ripetutamente affermato da codesta Ecc.ma Corte in una pluralita' di decisioni sul tema, nel nuovo sistema della finanza regionale, tratteggiato dall'art. 119 Cost., per il finanziamento delle normali funzioni di Regioni ed enti locali, lo Stato non puo' e non deve proseguire nella pratica, si ribadisce ampiamente censurata in una molteplicita' di giudizi, di disporre il trasferimento diretto di risorse per scopi determinati dalla legge statale, in base a criteri stabiliti dall'amministrazione dello Stato, ignorando, eludendo, o, peggio, configgendo con il riparto di competenze attualmente vigente tra Stato e Regioni. Conseguentemente, per non incorrere nella violazione dell'art. 117, quarto comma Cost., eventualmente in combinato disposto con l'art. 118 Cost., possono superare il vaglio di legittimita' solo norme che consentano «trasferimenti senza vincoli di destinazione specifica, con il coinvolgimento delle Regioni interessate in tutti i processi decisionali di riparto e destinazione dei fondi» (cfr. le sentenze numeri 16/2004; 370/2003 e 49/2004). 2. Violazione dei principi di buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione e di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione. E' di tutta evidenza, inoltre, come la mancata partecipazione dei soggetti direttamente interessati alla corretta ed efficiente attuazione di funzioni di propria competenza, finisca con il ledere, illegittimamente, anche il generale parametro di ragionevolezza, inteso nella specifica accezione di razionalita', determinando, nel contempo, sicuri effetti negativi sulla possibilita' di perseguire con successo, nell'ambito degli interventi regionali afferenti gli ambiti concernenti la mobilita' e il trasporto pubblico, quegli obiettivi generali di economicita', rapidita', efficacia, efficienza, nonche' miglior contemperamento dei vari interessi, che integrano altrettanti concetti tutti sussunti in quel principio di buon andamento, presidiato dall'art. 97 della Costituzione, che sta trovando sempre piu' larga applicazione nel panorama ordinamentale, nonostante alcune incursioni di controtendenza, come quella in esame, che ragionevolmente non puo' fondare una corretta pratica amministrativa. Appare superfluo, al riguardo, rammentare come codesta Ecc.ma Corte abbia da tempo precisato che i contorni del «giudizio di ragionevolezza», identificandolo in quell'«apprezzamento di conformita' tra la regola introdotta e la "causa" normativa che la deve assistere» (cosi' la sentenza n. 89 del 1996 richiamata nella decisione n. 245 del 2007), che non si rinviene nella disposizione oggetto del presente giudizio. Infatti, e con riserva di argomentare ulteriormente e piu' diffusamente sul punto, i motivi dell'invocata irragionevolezza si annidano non solo nell'identita' strutturale della disposizione impugnata con la precedente, analoga norma alla quale supra si e' accennato e gia' dichiarata illegittima da codesta Ecc.ma Corte, ma anche e' soprattutto nella sostanziale contraddittorieta' tra gli scopi dichiarati, attinenti un preteso e presunto recupero di efficienza perseguito attraverso la razionalizzazione della programmazione in materia di mobilita' e servizi di trasporto pubblico regionale, secondo un modello di gestione finanziaria centralistico che, per contro, non puo' ragionevolmente valutare correttamente le peculiarita' territoriali e le reali esigenze di mobilita' espresse dai cittadini. Istanza di sospensione La Regione del Veneto, quindi, premesso che risponde all'interesse generale scongiurare radicalmente l'eventualita' che l'attuazione della disposizione impugnata, innescando un processo regressivo di cosi' consistenti dimensioni finanziarie e talmente penalizzante in termini di redistribuzione delle risorse utilizzabili, possa produrre effetti irreversibili sul trasporto pubblico regionale e sulla vita dei cittadini prima che ne sia approfonditamente valutata la compatibilita' costituzionale; ritenuto conseguentemente che la contrazione delle risorse regionali disponibili, in un settore soggetto alla competenza normativa regionale residuale, integri la sussistenza di un rischio di pregiudizio grave ed irreparabile all'interesse pubblico o per i diritti dei cittadini. Chiede che codesta Ecc.ma Corte, nelle more del giudizio di legittimita' costituzionale delle disposizioni di legge statale censurate. Sospenda l'esecuzione dell'art. 1 comma 301, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge di stabilita' 2013), ai sensi dell'art. 35 della L. n. 87/53, come sostituito dall'art. 9 della L. n. 131/2003. Per tutto quanto sopra esposto e con riserva di integrare ed ulteriormente argomentare, con memoria illustrativa in prossimita' dell'udienza, le eccezioni di illegittimita' costituzionale prospettate con la proposizione del presente ricorso.