Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i cui Uffici in Roma, via dei Portoghesi 12, e' domiciliato; Nei confronti della Regione Basilicata in persona del suo Presidente per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge regionale 21 dicembre 2012, n. 33, recante: «Approvazione localizzazione, in Agro di Calciano, di un impianto di distribuzione carburanti e relativi servizi accessori in variante al piano territoriale paesistico di area vasta nel bosco di Gallipoli Cognato e Piccole Dolomiti Lucane» (B.U.R. Basilicata n. 48 del 21 dicembre 2012). La legge della Regione Basilicata n. 33 del 21 dicembre 2012, recante «Approvazione localizzazione, in Agro di Calciano, di un impianto di distribuzione carburanti e relativi servizi accessori in variante al piano territoriale paesistico di area vasta nel bosco di Gallipoli Cognato e Piccole Dolomiti Lucane», stabilisce, all'art.1, che: «In attuazione dell'art. 19 della Legge Regionale 4 agosto 1987, n. 20, e' approvata la localizzazione, in Agro di Calciano, di un impianto di distribuzione carburanti e relativi servizi accessori (Allegato A) in Variante al Piano Territoriale Paesistico di area vasta del bosco di Gallipoli- Cognato e Piccole Dolomiti Lucane, di cui al D.G.R. n. 512 del 18 marzo 2010.». Si premette che la disposizione regionale qui censurata postula erroneamente la perdurante vigenza dell'art. 19 della legge regionale n. 20 del 1987, il quale, invece, e' da ritenersi abrogato implicitamente dal codice dei beni culturali del 2004, e cio' in forza della legge cosiddetta «Scelba» n. 62 del 1953, stante la palese incompatibilita', riferita all'introduzione di varianti al piano territoriale paesistico, della norma regionale del 1987 rispetto alla successiva legislazione statale. Ed invero, il codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004 ha introdotto, quale unico strumento idoneo a tali fini, la pianificazione paesaggistica congiunta tra Stato e Regione ai sensi degli articoli 135 e 143. Infatti, spettando la materia della tutela del paesaggio, ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione, al legislatore nazionale, la sopravvenuta regolamentazione della materia con il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, comporta, a norma dell'art. 10 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, l'abrogazione delle precedenti disposizioni regionali incompatibili, con la conseguenza che, dopo il 2004, non e' piu' consentito nell'ordinamento giuridico introdurre varianti al piano paesaggistico per mezzo di leggi regionali, prive di potesta' normativa nella materia. Cio' premesso, la disposizione in esame presenta profili di illegittimita' costituzionale per contrasto con gli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost., con le norme interposte, di fonte ordinaria, direttamente attuative degli artt. 9 e 117 Cost., contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, concernenti la pianificazione paesaggistica congiunta (articoli 135 e 143), che prevedono, appunto, l'elaborazione congiunta dei nuovi piani paesaggistici ovvero l'adeguamento di quelli eventualmente vigenti ai dettami prescrittivi e contenutisti-ci dell'art. 143 del codice, nonche', infine, con il canone di leale collaborazione. A) Ed invero il principio della pianificazione necessariamente congiunta (Stato - Regione) sui beni paesaggistici, contenuto negli artt. 135 e 143 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (e successivi decreti correttivi del 2006 e del 2008), costituendo una norma fondamentale di riforma economico-sociale della Repubblica (cfr. Corte cost., sent. n. 367/2007), si impone, come tale, uniformemente su tutto il territorio nazionale, in tutte le Regioni, ivi incluse quelle che godono di autonomia speciale. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale, anche le disposizioni di cui all'art. 142 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 rivestono il carattere di «norma fondamentale di riforma economico-sociale». (cfr. Corte cost. sent. nn. 66/12 e 164/09). Con la previsione normativa in esame, la Regione Basilicata viola i richiamati fondamentali canoni costituzionali, pretendendo di modi-ficare unilateralmente, senza alcun coinvolgimento (ne' preventivo, ne' successivo) dei competenti organi statali, con lo strumento legi-slativo, il piano paesaggistico; li' dove, invece, avrebbe dovuto concordare le modifiche nella appropriata sede della nuova concertazione di riforma e modifica congiunta del piano medesimo, come, peraltro, previsto dal Protocollo d'intesa tra la Regione Basilicata ed il Ministero per i beni e le attivita' culturali, sottoscritto in data 14 settembre 2011, ai sensi dell'art. 156, comma 3, del Codice di settore, per la definizione congiunta del piano paesaggistico regionale. B) Inoltre, si rileva che la variante prevista dalla norma regionale, per la parte in cui non richiama l'effettuazione della predetta valu-tazione di incidenza, risulta priva delle valutazioni ambientali previste dalla normativa nazionale, considerato che il territorio in cui si intende realizzare l'impianto in parola ricade in area SIC/ZPS (siti di interesse comunitario e zone di protezione speciale) per la quale e' obbligatoria la valutazione di incidenza di cui all'art. 5 del D.P.R. n. 357/97. La norma regionale risulta, quindi, eccedere dalle compe-tenze regionali per violazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione, che riserva allo Stato la competenza esclusiva in materia di tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.