IL TRIBUNALE DI ALBA Nella causa iscritta al R.G.L. n. 483/2012, promossa da: Domenico Anselma, Alfonsa Arena, Georgia Bona, Angelica Chiapella, Simona Duranti, Maria Piera Fenocchio, Maria Ferraro, Vanda Gaiotti, Daniela Gavarino, Silvana Gomba, Francesco Iantorno, Adriana Maffeo, Anna Claudia Marangi, Simonetta Marengo, Margherita Migliasso, Anna Moramarco, Mauro Proglio, Flavio Robaldo, Cristina Romanello, Maura Ruffa, Orazio Santacroce, Carmela Tuccillo, Lidia Veglio, Maria Giovanna Zurlo, assistiti dagli avv.ti Roberto Ponzio, Vittorio Barosio, Giorgio Sobrino - Parti Ricorrenti; Contro Ministero della Giustizia, assistito dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino - Parte Convenuta; Contro Presidenza del Consiglio dei Ministri; Presidente in carica della Corte d'Appello di Torino; Procuratore Generale in carica presso la Corte d'Appello di Torino; Corte d'Appello di Torino; Procura Generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Torino - Parti convenute; II giudice Marco Bottallo, sciogliendo la riserva che precede, letti gli atti, Osserva 1. - Svolgimento del processo. I ricorrenti, tutti dipendenti del Ministero della Giustizia appartenenti al personale amministrativo in servizio presso il Tribunale di Alba, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Alba e l'Ufficio U.N.E.P. del Tribunale stesso, hanno chiesto in via di urgenza ai sensi dell'art. 700 c.p.c. la sospensione dell'efficacia della nota a firma congiunta del Presidente della Corte d'Appello di Torino e del Procuratore Generale presso la medesima Corte del 17 ottobre 2012, della nota del 22 ottobre 2012 n. prot. 5454/2012/S/15.2, della nota del Ministero della Giustizia del 15 ottobre 2012 n. prot. 5116 nonche' degli atti consequenziali e connessi, instando altresi' affinche' venisse contestualmente sollevata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, della legge-delega n. 148/2011 e del decreto legislativo n. 155/2012 emanato in attuazione della stessa. Gli atti di cui si chiede la sospensione hanno ad oggetto in particolare lo procedura di interpello con cui il personale amministrativo degli Uffici Giudiziari soppressi dal decreto legislativo n. 155/2012 (tra cui il Tribunale e la Procura di Alba) e' stato invitato a presentare domanda di trasferimento nei posti vacanti del Distretto entro il 5 novembre 2012. I ricorrenti lamentano che i provvedimenti amministrativi in questione sarebbero stati adottati in esecuzione di atti legislativi costituzionalmente illegittimi, ossia dell'art. 1, comma 2, della legge n. 148/2011 e del decreto legislativo n. 155/2012 in relazione ai quali hanno chiesto pertanto di sollevare la questione di legittimita' costituzionale con conseguente sospensione del giudizio ai sensi dell'art. 23 della legge n. 87/1953. Il Ministero della Giustizia si e' costituito in giudizio con l'assistenza dell'Avvocatura dello Stato eccependo l'inammissibilita' del ricorso sia per carenza del periculum in mora sia perche' impropriamente proposto ai soli fini di sollevare la predetta questione di legittimita' costituzionale i cui presupposti sarebbero incompatibili con le finalita' e la struttura del procedimento cautelare d'urgenza ex art. 700 c.p.c. All'udienza di discussione del 9 gennaio 2013 il giudice si e' riservato di decidere. 2. - Sull'ammissibilita' dell'incidente di costituzionalita' nel procedimento cautelare. La domanda cautelare dei ricorrenti - diretta a ottenere la sospensione dei provvedimenti amministrativi con cui e' stato disposto l'interpello per il loro trasferimento nelle sedi vacanti del Distretto a seguito della soppressione del Tribunale e della Procura della Repubblica di Alba prevista dal decreto legislativo n. 155/2012 - si fonda essenzialmente sulla dedotta illegittimita' costituzionale sia del predetto decreto legislativo sia della relativa legge-delega n. 148/2011, la quale ha delegato il Governo ad adottare uno o piu' decreti legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari. Con l'emanazione del decreto legislativo n. 155/2012 il Governo ha quindi provveduto a individuare gli Uffici Giudiziari destinati alla soppressione includendovi, per quanto qui rileva, il Tribunale di Alba (con la sezione distaccata di Bra) e la Procura della Repubblica presso il Tribunale stesso, con effetto a far data dal 13 settembre 2013. La prima questione da affrontare, in quanto oggetto di una specifica eccezione del Ministero resistente, attiene all'ammissibilita' dell'incidente di costituzionalita' nell'ambito del giudizio cautelare. L'Avvocatura dello Stato sostiene infatti che la domanda principale dei ricorrenti - ossia la richiesta di immediata sospensione dell'efficacia dei provvedimenti impugnati con contestuale rimessione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione della questione di costituzionalita' - sarebbe inammissibile in quanto l'adozione del provvedimento sospensivo esaurirebbe il potere del giudice adito in sede cautelare e priverebbe in tal modo di rilevanza la questione di legittimita' costituzionale, venendo meno la sua decisivita' ai fini della decisione della controversia sottoposta al giudice a quo. La tesi in questione non pare condivisibile alla luce di quanto statuito in piu' occasioni dalla Corte costituzionale circa la possibilita' di disporre in sede cautelare la sospensione del provvedimento impugnato in modo provvisorio e temporaneo fino alla ripresa del giudizio cautelare dopo l'incidente di legittimita' costituzionale. La Corte ha osservato che in questi Casi permane il requisito della rilevanza poiche' la pronuncia, per la sua natura meramente temporanea ed interinale, non determina l'esaurimento del potere cautelare del giudice a quo (cfr., ex multis, sentenze n. 444 del 1990, n. 367 del 1991, n. 183 del 1997). Anche il Consiglio di Stato si e' recentemente pronunciato al riguardo, affermando la possibilita' di scomporre il giudizio cautelare in due fasi: nella prima fase la domanda cautelare puo' essere accolta "a termine", fino alla decisione della questione di costituzionalita' contestualmente sollevata; nella seconda fase, all'esito del giudizio di costituzionalita', si decide 'definitivamente", tenendo conto, ai fini della valutazione del fumus bori iuris, della decisione della Corte costituzionale (cfr. Cons. St. ord. n. 6277/11). Sulla base dei predetti autorevoli orientamenti giurisprudenziali deve pertanto ritenersi che sia possibile sollevare la questione di legittimita' costituzionale nell'ambito del procedimento cautelare disponendo altresi', in via provvisoria e temporanea, la sospensione del provvedimento impugnato sino alla ripresa del giudizio dopo la decisione della Corte. 3. - Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. Cio' premesso, si tratta a questo punto di valutare la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale proposta dai ricorrenti. Quanto alla rilevanza si osserva innanzitutto che il ricorso si fonda essenzialmente sulla ritenuta illegittimita' dei provvedimenti amministrativi impugnati in quanto direttamente consequenziali ed esecutivi delle norme legislative di cui e' stata denunciata l'incostituzionalita'. In effetti non vi e' dubbio che gli atti di interpello in questione siano finalizzati a dare esecuzione alla riorganizzazione degli uffici giudiziari disposta dalla legge n. 148/2011 e dal conseguente decreto legislativo, di talche' l'eventuale illegittimita' costituzionale di queste disposizioni inciderebbe sicuramente sulla validita' e sulla stessa ragion d'essere dei provvedimenti impugnati in questa sede. Si osserva inoltre che tali provvedimenti amministrativi costituiscono un complessivo reticolato in cui e' enucleabile un duplice elemento, vale a dire da un lato la sussistenza di un presupposto normativo che li legittima, consistente nel decreto legislativo di accorpamento delle sedi che impone la razionalizzazione delle piante organiche e delle presenze e dall'altro il configurarsi di un effetto sostanzialmente unitario, consistente nello svuotamento degli organici dei tribunali sopprimendi e nella riallocazione delle risorse fra quelli non interessati dalla riforma ovvero comunque accorpanti. Gli atti amministrativi in discorso, complessivamente considerati, appaiono dunque idonei a vulnerare il diritto fatto valere dai ricorrenti ossia quello alla conservazione del posto di lavoro inteso anche come sua collocazione geografica e quindi di non essere trasferiti fuori dei casi previsti dalla legge, salva la domanda. Sempre in ordine alla rilevanza della questione si osserva inoltre come nel caso di specie appaia sussistere il requisito del periculum in mora. La rilevanza costituzionale del diritto sopra indicato e la sua incidenza su interessi meritevoli di tutela strettamente inerenti alla persona, che coinvolgono nel modo piu' ampio la sua sfera di rapporti anche all'infuori dell'ambiente di lavoro (si pensi ad esempio alle conseguenze derivanti dalla necessita' di mutare la residenza), appaiono senz'altro giustificare il ricorso alla tutela cautelare, posto che la lesione di tali interessi, una volta verificatasi, non sarebbe suscettibile di essere adeguatamente ristorata. L'attuazione della procedura di trasferimento dei ricorrenti, nelle more del tempo necessario per la definizione del giudizio di merito, arrecherebbe infatti indubitabili pregiudizi alla loro situazione sia personale che familiare, consistenti nei costi di trasferimento, nei disagi derivanti dalla necessita' di reperire nuove residenze abitative, etc., i quali potrebbero rivelarsi non solo inutili ma anche difficilmente ristorabili - attesa appunto la loro incidenza non solo su aspetti di tipo patrimoniale, ma anche sulla complessiva organizzazione di vita dei soggetti coinvolti - nel caso in cui le norme poste a fondamento della riorganizzazione degli uffici giudiziari venissero poi travolte da una pronuncia di illegittimita' costituzionale. L'urgenza di provvedere deriva anche dal fatto che data la rilevanza dei profili coinvolti i ricorrenti dovrebbero attivarsi preventivamente e con celerita' al fine di adeguare la loro situazione di vita personale e familiare alla nuova sede lavorativa, non essendo ragionevole attendersi che agiscano in tal senso solo dopo aver gia' preso servizio nell'ufficio di destinazione. La questione di costituzionalita' delle norme in oggetto appare pertanto rilevante, non potendosi decidere sulla domanda cautelare indipendentemente dalla risoluzione della stessa. 4. - Sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale. La questione di legittimita' costituzionale appare inoltre non manifestamente infondata alla luce delle seguenti considerazioni. 4.1. - L'art. 1, comma 2, della legge n. 148/2011 - Violazione dell'art. 72, commi 1 e 4 Cost. Il primo profilo di possibile illegittimita' costituzionale emerge in relazione al procedimento adottato per l'approvazione dell'art. 1, comma 2, della legge n. 148/2011 che ha previsto la delega legislativa al Governo per la riorganizzazione degli uffici giudiziari. Tale disposizione e' stata infatti introdotta durante l'iter del procedimento di conversione in legge del decreto legge n. 138/2011 che non conteneva la norma in esame. La delega e' stata in particolare inserita in un "maxi-emendamento" presentato dal Governo al Senato nella seduta dell'aula del 7 settembre 2011 (l'ultima in cui il d.d.l. e' stato discusso) sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia. Il testo approvato dal Senato e' stato poi presentato alla Camera l'8 settembre 2011, e' stato esaminato dalla Commissione Bilancio tra l'8 e il 12 settembre 2011 e dall'aula tra il 12 e il 14 settembre 2011 e anche in questo caso il Governo ha posto la fiducia. Dal resoconto della seduta d'aula del Senato emerge inoltre che l'emendamento governativo in questione e' stato presentato in aula ed e' stato trasmesso per il parere alla commissione bilancio senza il preventivo esame da parte della commissione referente. Potrebbe quindi essere stato violato l'iter ordinario di formazione legislativa (art. 72, 1° comma Cost.) che ai sensi dell'art. 72, 4° comma Cost. deve essere sempre adottato per l'approvazione delle deleghe legislative. Detto iter parrebbe essere stato violato sia perche' e' mancato il previo esame da parte della commissione in sede referente sia perche' l'introduzione della disposizione di delega legislativa nel procedimento di conversione del decreto-legge ha comportato - per i tempi necessariamente rapidi e vincolati del procedimento di conversione - la quasi totale compressione del dibattito parlamentare il che appare in contrasto con la ratio della c.d. "riserva di assemblea" prevista dall'art. 72, comma 4 Cost. che e' quella di consentire il piu' ampio dibattito parlamentare possibile su questo tipo di atti comportanti il trasferimento della potesta' legislativa dal Parlamento al Governo. 4.2. - L'art. 1, comma 2, della legge n. 148/2011 - Violazione dell'art. 77, secondo comma, Cost. Ulteriori profili di possibile illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, della legge n. 148/2011 emergono con riferimento alla disposizione di cui all'art. 77 Cost. Il dubbio di costituzionalita' si pone innanzitutto in relazione alla sussistenza dei requisiti della straordinaria necessita' e urgenza su cui si fonda ai sensi dell'art. 77, comma 2 Cost. il potere di decretazione d'urgenza del Governo. La Corte costituzionale ha affermato al riguardo che il difetto dei requisiti di straordinaria necessita' e urgenza, una volta intervenuta la legge di conversione, si traduce in un vizio in procedendo della legge stessa, la quale non esplica dunque alcuna efficacia sanante dei vizi del decreto-legge (cfr. sentenza n. 171 dei 2007). Tale orientamento e' stato confermato dal Giudice delle Leggi con la pronuncia n. 355/2010 nella quale e' stato ulteriormente precisato che la valutazione in termini di necessita' e urgenza deve essere effettuata anche per gli emendamenti aggiunti in sede di conversione dal Parlamento. Nel caso della disposizione di cui all'art. 1, comma 2, della l. n. 148/2011 il dubbio circa la sussistenza dei requisiti in esame si pone considerando che la disposizione contenente una delega legislativa al Governo e' per sua stessa natura "a operativita' differita" nel senso che essa e' immediatamente applicabile solo nei rapporti tra il Parlamento e il Governo, mentre non ha alcuna efficacia nei confronti della generalita' dei cittadini fino a quando non viene attuata con l'emanazione del relativo decreto delegato. Lo strumento della legge-delega appare pertanto incompatibile con la sussistenza dei requisiti di straordinaria necessita' e urgenza che appaiono implicare l'immediata applicabilita' del provvedimento normativa, non solo dal punto di vista formale, ma anche sostanziale ovvero della sua effettiva idoneita' a disciplinare le situazioni sostanziali oggetto dell'intervento normativa, che nel caso della legge-delega e' invece rinviato al momento dell'adozione del decreto legislativo. Sotto altro profilo l'art. 77, secondo comma, Cost. potrebbe essere stato violato anche a causa della eterogeneita' della disposizione in esame rispetto a quelle originariamente contenute nel testo del decreto legge n. 138/2011. Come si e' gia' osservato, infatti, la disciplina contenuta nell'art. 1, comma 2, della l. n. 148/2011, contenente la delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, e' stata introdotta con un emendamento in sede di conversione senza che il decreto-legge convertito (recante "ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e lo sviluppo") ne facesse alcun cenno. Tale disposizione, nella misura in cui prevede una disciplina per la revisione della geografia degli uffici giudiziari del tutto assente nel testo del decreto legge oggetto di conversione, pare quindi introdurre una c.d. "norma intrusa", vale a dire estranea rispetto al testo del decreto legge originario e come tale suscettibile di violare il dettato di cui all'art. 77, comma 2 Cost., la cui ratio impone l'omogeneita' del contenuto del decreto legge, anche come emendato in sede di conversione, al fine di assicurare il necessario legame tra il provvedimento legislativo urgente ed il «caso» che lo ha reso necessario. Si richiama a questo proposito l'orientamento espresso dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 22 del 2012 in cui e' stato affermato che "la semplice immissione di una disposizione nel corpo di un decreto-legge oggettivamente o teleologicamente unitario non vale a trasmettere, per cio' solo, alla stessa il carattere di urgenza proprio delle altre disposizioni, legate tra loro dalla comunanza di oggetto o di finalita'. Ai sensi del secondo comma dell'art. 77 Cost., i presupposti per l'esercizio senza delega della potesta' legislativa da parte del Governo riguardano il decreto-legge nella sua interezza, inteso come insieme di disposizioni omogenee per la materia o per lo scopo. L'inserimento di norme eterogenee all'oggetto o alla finalita' del decreto spezza il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo dell'urgenza del provvedere ed «i provvedimenti provvisori con forza di legge», di cui alla norma costituzionale citata. Il presupposto del «caso» straordinario di necessita' e urgenza inerisce sempre e soltanto al provvedimento inteso come un tutto unitario, atto normativa fornito di intrinseca coerenza, anche se articolato e differenziato al suo interno. La scomposizione atomistica della condizione di validita' prescritta dalla Costituzione si pone in contrasto con il necessario legame tra il provvedimento legislativo urgente ed il «caso» che lo ha reso necessario, trasformando il decreto-legge in una congerie di norme assemblate soltanto da mera casualita' temporale. L'art. 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri) - la' dove prescrive che il contenuto del decreto-legge «deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo» - pur non avendo, in se' e per se', rango costituzionale, e non potendo quindi assurgere a parametro di legittimita' in un giudizio davanti a questa Corte, costituisce esplicitazione della ratio implicita nel secondo comma dell'art. 77 Cost., il quale impone il collegamento dell'intero decreto-legge al caso straordinario di necessita' e urgenza, che ha indotto il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del Parlamento (...) Ove le discipline estranee alla ratio unitaria del decreto presentassero, secondo il giudizio politico del Governo, profili autonomi di necessita' e urgenza, le stesse ben potrebbero essere contenute in atti normativi urgenti del potere esecutivo distinti e separati. Risulta invece in contrasto con l'art. 77 Cost. la commistione e la sovrapposizione, nello stesso atto normativa, di oggetti e finalita' eterogenei; in ragione di presupposti, a loro volta, eterogenei. La necessaria omogeneita' del decreto-legge, la cui interna coerenza va valutata in relazione all'apprezzamento politico, operato dal Governo e controllato dal Parlamento, del singolo caso straordinario di necessita' e urgenza, deve essere osservata dalla legge di conversione. Il principio della sostanziale omogeneita' delle norme contenute nella legge di conversione di un decreto-legge e' pienamente recepito dall'art. 96-bis, comma 7, del regolamento della Camera dei deputati, che dispone; «Il Presidente dichiara inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che non siano strettamente attinenti alla materia del decreto-legge». Sulla medesima linea si colloca la lettera inviata il 7 marzo 2011 dal Presidente del Senato ai Presidenti delle Commissioni parlamentari, nonche', per conoscenza, al Ministro per i rapporti con il Parlamento, in cui si esprime l'indirizzo «di interpretare in modo particolarmente rigoroso, in sede di conversione di un decreto-legge, la norma dell'art. 97, comma 1, del regolamento, sulla improponibilita' di emendamenti estranei all'oggetto della discussione», ricordando in proposito il parere espresso dalla Giunta per il regolamento l'8 novembre 1984, richiamato, a sua volta, dalla circolare sull'istruttoria legislativa nelle Commissioni del 10 gennaio 1997 (...) Si deve ritenere che l'esclusione della possibilita' di inserire nella legge di conversione di un decreto-legge emendamenti del tutto estranei all'oggetto e alle finalita' del testo originario non risponda soltanto ad esigenze di buona tecnica normativa, ma sia imposta dallo stesso art. 77, secondo comma, Cost., che istituisce un nesso di interrelazione funzionale tra decreto-legge, formato dal Governo ed emanato dal Presidente della Repubblica, e legge di conversione, caratterizzata da un procedimento di approvazione peculiare rispetto a quello ordinario". 4.3. - L'art. 1 del decreto legislativo n. 155/2012 - Violazione dell'art. 76 Cost. L'eventuale illegittimita' costituzionale della legge-delega n. 148/2011, sotto i profili dianzi indicati, comporterebbe in via consequenziale l'illegittimita' anche del decreto legislativo n. 155/2012 che vi ha dato attuazione. Tale decreto parrebbe presentare peraltro vizi di legittimita' costituzionale anche in proprio, sotto il profilo dell'eccesso di delega e quindi della violazione dell'art. 76 Cost. Il riferimento e' in particolare all'art. 1 del decreto legislativo n. 155/2012 il quale cosi' dispone: "Sono soppressi i Tribunali ordinari, le sezioni distaccate e le procure della Repubblica di cui alla tabella A allegata al presente decreto". Nell'elenco della tabella A sono compresi il Tribunale di Alba, la sezione distaccata di Bra e la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Alba. Detta disposizione, nella parte in cui ha previsto la soppressione dei predetti uffici giudiziari, solleva dubbi circa la sua legittimita' costituzionale, sotto il profilo dell'eccesso di delega, per contrasto sia con le finalita' sia con i principi e i criteri direttivi posti dalla legge n. 148/2011. In particolare, quanto alle finalita' si osserva che l'art. 1, comma 2, della l. n. 148/2011 ha delegato il Governo a riorganizzare la distribuzione degli uffici giudiziari "al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza". La soppressione dei Tribunale di Alba potrebbe essere in contrasto (e in cio' consiste il dubbio di costituzionalita') con il perseguimento di entrambi i suddetti obiettivi, alla luce innanzitutto dei dati risultanti da uno studio pubblicato dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Alba e allegato al ricorso cautelare. Dallo studio emerge in particolare che il Tribunale e la Procura sono collocati in un edificio di recente costruzione (inaugurato nel 1989) che non necessita di interventi di ristrutturazione rilevanti e che comporta un costo di funzionamento stimato in circa 223.087 euro a fronte di entrate per il solo Ufficio Recupero Crediti di oltre 400.000 euro, cui devono aggiungersi le entrate derivanti dal versamento dei contributi unificati e delle altre spese di giustizia. Non parrebbe quindi sussistere un'esigenza di risparmi di spesa con riferimento agli uffici giudiziari di Alba. Quanto poi all'incremento di efficienza deve rilevarsi come il Tribunale di Alba sia stato inserito nell'elenco dei Tribunali "virtuosi" redatto dal Ministero della Giustizia a norma della legge n. 98/2011, ovvero dei Tribunali che nel corso dell'ultimo anno hanno fatto registrare una diminuzione del carico arretrato superiore al 5%. La soppressione di un ufficio "virtuoso" per capacita' di smaltimento dell'arretrato e che risulta inoltre caratterizzato da un elevato numero di procedimenti civili e penali iscritti (secondo il citato studio dell'Ordine degli Avvocati di Alba, che si basa a sua volta sui dati della relazione tenuta dal Presidente della Corte di Appello di Torino all'inaugurazione dell'anno giudiziario 2012, il Tribunale di Alba risulta essere il primo della Provincia di Cuneo per procedimenti civili iscritti e il secondo per i procedimenti penali) non pare dunque essere funzionale allo scopo di incrementare l'efficienza del sistema giudiziario. La norma censurata, sempre limitatamente alla parte in cui ha disposto la soppressione del Tribunale e della Procura della Repubblica di Alba, presenta inoltre possibili profili di contrasto con i principi e i criteri direttivi di cui all'art. 1, comma 2, lettere b) ed e), della legge n. 148/2011. In particolare la lettera b) prevede che la revisione della geografia degli uffici giudiziari avvenga "secondo criteri oggettivi e omogenei che tengano conto dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificita' territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, e del tasso d'impatto della criminalita' organizzata, nonche' della necessita' di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane". La lettera e) stabiliva invece che il Governo avrebbe dovuto "assumere come prioritaria linea di intervento, nell'attuazione di quanto previsto dalle lettere a), b), c) e d), il riequilibrio delle attuali competenze territoriali, demografiche e funzionali tra uffici limitrofi della stessa area provinciale caratterizzati da rilevante differenza di dimensioni". Il rispetto dei criteri di cui alla lettera b) appare dubbio con riferimento alla decisione di sopprimere il Tribunale di Alba alla luce delle concrete caratteristiche di detto Tribunale, enucleate sulla base dei medesimi criteri. Dai dati del Consiglio Superiore della Magistratura emerge in particolare che il circondario del Tribunale di Alba comprende un territorio di 133.237 km quadrati caratterizzato da un'elevata densita' abitativa (214.000 abitanti), tant'e' che per bacino di utenza esso risulta il primo Tribunale nella provincia di Cuneo e il quarto su diciassette tribunali nel distretto della Corte d'Appello di Torino. Dallo studio del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Alba di cui si e' gia' detto risulta inoltre che il Tribunale di Alba e' il primo in provincia di Cuneo (su quattro Tribunali) per procedimenti civili iscritti e il secondo per i procedimenti penali nonche' rispettivamente quarto e il nono nel Distretto della Corte d'Appello di Torino. Si tratta di dati che tendono sostanzialmente ad allineare il Tribunale di Alba sui livelli di quello del capoluogo provinciale e che quindi avrebbero forse potuto giustificare, sulla base dei criteri di cui alla lettera b), il mantenimento in funzione di entrambi i Tribunali (e non solo di quello di Cuneo, espressamente escluso dalla soppressione ai sensi dell'art. 1, comma 2, lettera c), della legge n. 148/2011 che ha fatto salvi tutti i Tribunali aventi sede nei comuni capoluogo di provincia). Alla luce di quanto precede pare dubbio anche il rispetto del criterio fissato dalla lettera e) che ha imposto, quale prioritario linea di intervento, di riequilibrare le competenze tra uffici limitrofi della stessa area provinciale. Considerato che la Provincia di Cuneo risulta essere la piu' estesa d'Italia la soppressione di tre Tribunali su quattro (insieme a quello di Alba sono stati soppressi anche quelli di Mondovi' e Saluzzo) pone infatti quantomeno un dubbio circa la sua coerenza con il criterio in esame. La vastita' del territorio provinciale avrebbe forse potuto giustificare, infatti, nel pieno rispetto delle esigenze di riequilibrio delle rispettive competenze, il mantenimento in funzione quantomeno dei due Tribunali di maggiori dimensioni (ovvero quelli di Cuneo e Alba) che gia' ad oggi risultano essere sostanzialmente equiparabili in relazione agli altri parametri - in particolare quelli di cui alla lettera b) di cui si e' detto poc'anzi - previsti dalla legge-delega per la ridefinizione degli assetti territoriali degli uffici giudiziari. 5. - Conclusioni. Alla luce di quanto sopra esposto appare rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011 in relazione agli articoli 72, primo e quarto comma e 77, secondo comma, della Costituzione. Appare inoltre rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, del decreto legislativo n. 155 del 2012, limitatamente all'inclusione del Tribunale e della Procura della Repubblica di Alba nell'elenco della tabella A, in relazione all'art. 76 della Costituzione. Il presente giudizio va quindi sospeso ai sensi dell'art. 23, della legge n. 87/1953 e deve essere ordinata l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Conseguentemente e in via meramente provvisoria e temporanea, fino alla ripresa del giudizio cautelare dopo l'incidente di costituzionalita', va inoltre disposta nei confronti dei ricorrenti la sospensione dell'efficacia dei provvedimenti amministrativi impugnati e segnatamente: della nota a firma congiunta del Presidente della Corte d'Appello di Torino e del Procuratore Generale presso la medesima Corte del 17 ottobre 2012, n. prot. 5357/2012; della nota a firma congiunta dei dirigenti amministrativi della Corte d'Appello di Torino e della Procura Generale presso la medesima Corte del 22 ottobre 2012, n. prot. 5454/2012/S/15.2; della nota del Ministero della Giustizia - Direzione generale del personale e della formazione del 15 ottobre 2012, n. prot. 5116; nonche' di tutti gli altri atti preordinati, consequenziali e connessi a quelli precedentemente indicati. Tale sospensione viene disposta in via meramente interinale secondo quanto esposto al paragrafo di cui al punto 2 della presente ordinanza e in considerazione della ritenuta esistenza del periculum in mora per le ragioni che sono state sopra evidenziate.