IL TRIBUNALE DI ALBA 
 
    Nella causa iscritta al R.G.L. n. 483/2012, promossa da: 
    Domenico  Anselma,  Alfonsa   Arena,   Georgia   Bona,   Angelica
Chiapella, Simona Duranti,  Maria  Piera  Fenocchio,  Maria  Ferraro,
Vanda Gaiotti, Daniela Gavarino, Silvana Gomba,  Francesco  Iantorno,
Adriana Maffeo, Anna Claudia Marangi, Simonetta  Marengo,  Margherita
Migliasso, Anna Moramarco, Mauro Proglio,  Flavio  Robaldo,  Cristina
Romanello, Maura Ruffa, Orazio Santacroce,  Carmela  Tuccillo,  Lidia
Veglio, Maria Giovanna Zurlo, assistiti dagli avv.ti Roberto  Ponzio,
Vittorio Barosio, Giorgio Sobrino - Parti Ricorrenti; 
    Contro  Ministero  della  Giustizia,  assistito   dall'Avvocatura
Distrettuale dello Stato di Torino - Parte Convenuta; 
    Contro Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri;  Presidente  in
carica della Corte  d'Appello  di  Torino;  Procuratore  Generale  in
carica presso la  Corte  d'Appello  di  Torino;  Corte  d'Appello  di
Torino; Procura Generale della Repubblica presso la  Corte  d'Appello
di Torino - Parti convenute; 
    II giudice Marco Bottallo, sciogliendo la  riserva  che  precede,
letti gli atti, 
 
                               Osserva 
 
    1. - Svolgimento del processo. 
    I ricorrenti, tutti  dipendenti  del  Ministero  della  Giustizia
appartenenti  al  personale  amministrativo  in  servizio  presso  il
Tribunale di Alba, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di
Alba e l'Ufficio U.N.E.P. del Tribunale stesso, hanno chiesto in  via
di  urgenza  ai   sensi   dell'art.   700   c.p.c.   la   sospensione
dell'efficacia della nota a  firma  congiunta  del  Presidente  della
Corte d'Appello di  Torino  e  del  Procuratore  Generale  presso  la
medesima Corte del 17 ottobre 2012, della nota del 22 ottobre 2012 n.
prot. 5454/2012/S/15.2, della nota del Ministero della Giustizia  del
15 ottobre 2012 n. prot. 5116 nonche'  degli  atti  consequenziali  e
connessi,  instando  altresi'   affinche'   venisse   contestualmente
sollevata la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 2, della legge-delega n. 148/2011 e del decreto legislativo  n.
155/2012 emanato in attuazione della stessa. 
    Gli atti di cui si chiede la  sospensione  hanno  ad  oggetto  in
particolare  lo  procedura  di  interpello  con  cui   il   personale
amministrativo  degli  Uffici  Giudiziari   soppressi   dal   decreto
legislativo n. 155/2012 (tra cui il Tribunale e la Procura  di  Alba)
e' stato invitato a presentare domanda  di  trasferimento  nei  posti
vacanti del Distretto entro il 5 novembre 2012. 
    I ricorrenti lamentano  che  i  provvedimenti  amministrativi  in
questione sarebbero stati adottati in esecuzione di atti  legislativi
costituzionalmente illegittimi, ossia dell'art.  1,  comma  2,  della
legge n. 148/2011 e del decreto legislativo n. 155/2012 in  relazione
ai  quali  hanno  chiesto  pertanto  di  sollevare  la  questione  di
legittimita' costituzionale con conseguente sospensione del  giudizio
ai sensi dell'art. 23 della legge n. 87/1953. 
    Il Ministero della Giustizia si e'  costituito  in  giudizio  con
l'assistenza dell'Avvocatura dello Stato eccependo l'inammissibilita'
del ricorso sia  per  carenza  del  periculum  in  mora  sia  perche'
impropriamente  proposto  ai  soli  fini  di  sollevare  la  predetta
questione di legittimita' costituzionale i cui presupposti  sarebbero
incompatibili con  le  finalita'  e  la  struttura  del  procedimento
cautelare d'urgenza ex art. 700 c.p.c. 
    All'udienza di discussione del 9 gennaio 2013 il  giudice  si  e'
riservato di decidere. 
    2. - Sull'ammissibilita' dell'incidente di costituzionalita'  nel
procedimento cautelare. 
    La domanda cautelare dei  ricorrenti  -  diretta  a  ottenere  la
sospensione  dei  provvedimenti  amministrativi  con  cui  e'   stato
disposto l'interpello per il loro trasferimento  nelle  sedi  vacanti
del Distretto a seguito della  soppressione  del  Tribunale  e  della
Procura della Repubblica di Alba prevista dal decreto legislativo  n.
155/2012 -  si  fonda  essenzialmente  sulla  dedotta  illegittimita'
costituzionale  sia  del  predetto  decreto  legislativo  sia   della
relativa legge-delega n. 148/2011, la quale ha delegato il Governo ad
adottare  uno  o  piu'  decreti  legislativi  per  riorganizzare   la
distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari. 
    Con l'emanazione del decreto legislativo n. 155/2012  il  Governo
ha quindi provveduto a individuare gli  Uffici  Giudiziari  destinati
alla soppressione includendovi, per quanto qui rileva,  il  Tribunale
di Alba (con la  sezione  distaccata  di  Bra)  e  la  Procura  della
Repubblica presso il Tribunale stesso, con effetto a far data dal  13
settembre 2013. 
    La prima questione  da  affrontare,  in  quanto  oggetto  di  una
specifica    eccezione    del    Ministero    resistente,     attiene
all'ammissibilita' dell'incidente  di  costituzionalita'  nell'ambito
del giudizio cautelare. 
    L'Avvocatura  dello  Stato  sostiene  infatti  che   la   domanda
principale  dei  ricorrenti  -  ossia  la  richiesta   di   immediata
sospensione   dell'efficacia   dei   provvedimenti   impugnati    con
contestuale rimessione degli atti alla Corte  costituzionale  per  la
decisione   della   questione   di   costituzionalita'   -    sarebbe
inammissibile  in  quanto  l'adozione  del  provvedimento  sospensivo
esaurirebbe  il  potere  del  giudice  adito  in  sede  cautelare   e
priverebbe in tal modo di  rilevanza  la  questione  di  legittimita'
costituzionale,  venendo  meno  la  sua  decisivita'  ai  fini  della
decisione della controversia sottoposta al giudice a quo. 
    La tesi in questione non pare condivisibile alla luce  di  quanto
statuito in  piu'  occasioni  dalla  Corte  costituzionale  circa  la
possibilita'  di  disporre  in  sede  cautelare  la  sospensione  del
provvedimento impugnato in modo provvisorio e  temporaneo  fino  alla
ripresa del  giudizio  cautelare  dopo  l'incidente  di  legittimita'
costituzionale. La Corte ha osservato che in questi Casi  permane  il
requisito della rilevanza poiche' la pronuncia,  per  la  sua  natura
meramente temporanea ed interinale, non determina  l'esaurimento  del
potere cautelare del giudice a quo (cfr., ex multis, sentenze n.  444
del 1990, n. 367 del 1991, n. 183 del 1997). 
    Anche il Consiglio di Stato si  e'  recentemente  pronunciato  al
riguardo,  affermando  la  possibilita'  di  scomporre  il   giudizio
cautelare in due fasi: nella prima fase  la  domanda  cautelare  puo'
essere accolta "a termine", fino alla decisione  della  questione  di
costituzionalita'  contestualmente  sollevata;  nella  seconda  fase,
all'esito   del   giudizio   di    costituzionalita',    si    decide
'definitivamente", tenendo conto, ai fini della valutazione del fumus
bori iuris, della decisione della Corte  costituzionale  (cfr.  Cons.
St. ord. n. 6277/11). 
    Sulla base dei predetti autorevoli orientamenti giurisprudenziali
deve pertanto ritenersi che sia possibile sollevare la  questione  di
legittimita' costituzionale nell'ambito  del  procedimento  cautelare
disponendo altresi', in via provvisoria e temporanea, la  sospensione
del provvedimento impugnato sino alla ripresa del  giudizio  dopo  la
decisione della Corte. 
    3.  -   Sulla   rilevanza   della   questione   di   legittimita'
costituzionale. 
    Cio' premesso, si tratta a questo punto di valutare la  rilevanza
e la non  manifesta  infondatezza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale proposta dai ricorrenti. 
    Quanto alla rilevanza si osserva innanzitutto che il  ricorso  si
fonda essenzialmente sulla ritenuta illegittimita' dei  provvedimenti
amministrativi impugnati in  quanto  direttamente  consequenziali  ed
esecutivi  delle  norme  legislative  di  cui  e'  stata   denunciata
l'incostituzionalita'. In effetti non vi e' dubbio che  gli  atti  di
interpello in questione siano  finalizzati  a  dare  esecuzione  alla
riorganizzazione degli uffici  giudiziari  disposta  dalla  legge  n.
148/2011  e  dal  conseguente   decreto   legislativo,   di   talche'
l'eventuale  illegittimita'  costituzionale  di  queste  disposizioni
inciderebbe  sicuramente  sulla  validita'  e  sulla  stessa   ragion
d'essere dei provvedimenti impugnati in questa sede. 
    Si  osserva  inoltre  che   tali   provvedimenti   amministrativi
costituiscono un complessivo reticolato  in  cui  e'  enucleabile  un
duplice elemento, vale a  dire  da  un  lato  la  sussistenza  di  un
presupposto normativo  che  li  legittima,  consistente  nel  decreto
legislativo   di   accorpamento   delle   sedi    che    impone    la
razionalizzazione  delle  piante  organiche  e   delle   presenze   e
dall'altro il configurarsi di un  effetto  sostanzialmente  unitario,
consistente  nello   svuotamento   degli   organici   dei   tribunali
sopprimendi e  nella  riallocazione  delle  risorse  fra  quelli  non
interessati dalla riforma ovvero comunque accorpanti. 
    Gli   atti   amministrativi   in    discorso,    complessivamente
considerati, appaiono dunque idonei  a  vulnerare  il  diritto  fatto
valere dai ricorrenti ossia quello alla conservazione  del  posto  di
lavoro inteso anche come sua collocazione geografica e quindi di  non
essere trasferiti fuori dei  casi  previsti  dalla  legge,  salva  la
domanda. 
    Sempre in  ordine  alla  rilevanza  della  questione  si  osserva
inoltre come nel caso di specie appaia sussistere  il  requisito  del
periculum in mora. 
    La rilevanza costituzionale del diritto sopra indicato e  la  sua
incidenza su interessi meritevoli  di  tutela  strettamente  inerenti
alla persona, che coinvolgono nel modo piu' ampio  la  sua  sfera  di
rapporti anche all'infuori  dell'ambiente  di  lavoro  (si  pensi  ad
esempio alle conseguenze derivanti  dalla  necessita'  di  mutare  la
residenza), appaiono senz'altro giustificare il ricorso  alla  tutela
cautelare,  posto  che  la  lesione  di  tali  interessi,  una  volta
verificatasi,  non  sarebbe  suscettibile  di  essere   adeguatamente
ristorata. 
    L'attuazione della procedura  di  trasferimento  dei  ricorrenti,
nelle more del tempo necessario per la definizione  del  giudizio  di
merito,  arrecherebbe  infatti  indubitabili  pregiudizi  alla   loro
situazione sia personale che  familiare,  consistenti  nei  costi  di
trasferimento, nei disagi  derivanti  dalla  necessita'  di  reperire
nuove residenze abitative, etc., i  quali  potrebbero  rivelarsi  non
solo inutili ma anche difficilmente ristorabili - attesa  appunto  la
loro incidenza non solo su aspetti di  tipo  patrimoniale,  ma  anche
sulla complessiva organizzazione di vita dei soggetti coinvolti - nel
caso in cui le norme poste a fondamento della riorganizzazione  degli
uffici  giudiziari  venissero  poi  travolte  da  una  pronuncia   di
illegittimita' costituzionale. 
    L'urgenza di provvedere  deriva  anche  dal  fatto  che  data  la
rilevanza dei profili coinvolti  i  ricorrenti  dovrebbero  attivarsi
preventivamente  e  con  celerita'  al  fine  di  adeguare  la   loro
situazione di vita personale e familiare alla nuova sede  lavorativa,
non essendo ragionevole attendersi che agiscano  in  tal  senso  solo
dopo aver gia' preso servizio nell'ufficio di destinazione. 
    La questione di costituzionalita' delle norme in  oggetto  appare
pertanto rilevante, non potendosi decidere  sulla  domanda  cautelare
indipendentemente dalla risoluzione della stessa. 
    4.  -  Sulla  non  manifesta  infondatezza  della  questione   di
legittimita' costituzionale. 
    La questione di legittimita' costituzionale  appare  inoltre  non
manifestamente infondata alla luce delle seguenti considerazioni. 
    4.1. - L'art. 1, comma 2, della legge n.  148/2011  -  Violazione
dell'art. 72, commi 1 e 4 Cost. 
    Il  primo  profilo  di  possibile  illegittimita'  costituzionale
emerge in  relazione  al  procedimento  adottato  per  l'approvazione
dell'art. 1, comma 2, della legge n.  148/2011  che  ha  previsto  la
delega legislativa al Governo per la  riorganizzazione  degli  uffici
giudiziari. 
    Tale disposizione e' stata infatti introdotta durante l'iter  del
procedimento di conversione in legge del decreto  legge  n.  138/2011
che non conteneva la norma in esame. 
    La   delega   e'   stata   in   particolare   inserita   in    un
"maxi-emendamento" presentato dal  Governo  al  Senato  nella  seduta
dell'aula del 7 settembre 2011 (l'ultima in cui il  d.d.l.  e'  stato
discusso) sul quale il Governo ha posto la questione di  fiducia.  Il
testo approvato dal Senato e' stato poi presentato  alla  Camera  l'8
settembre 2011, e' stato esaminato dalla Commissione Bilancio tra l'8
e il 12 settembre 2011 e dall'aula tra il 12 e il 14 settembre 2011 e
anche in questo caso il Governo ha posto la fiducia. 
    Dal resoconto della seduta d'aula del Senato emerge  inoltre  che
l'emendamento governativo in questione e' stato presentato in aula ed
e' stato trasmesso per il parere alla commissione bilancio  senza  il
preventivo esame da parte della commissione referente. 
    Potrebbe  quindi  essere  stato  violato  l'iter   ordinario   di
formazione legislativa  (art.  72,  1°  comma  Cost.)  che  ai  sensi
dell'art.  72,  4°  comma  Cost.  deve  essere  sempre  adottato  per
l'approvazione delle deleghe legislative. 
    Detto iter parrebbe essere stato violato sia perche'  e'  mancato
il previo esame da parte della  commissione  in  sede  referente  sia
perche' l'introduzione della disposizione di delega  legislativa  nel
procedimento di conversione del decreto-legge ha comportato -  per  i
tempi  necessariamente  rapidi  e  vincolati  del   procedimento   di
conversione - la quasi totale compressione del dibattito parlamentare
il che appare in contrasto  con  la  ratio  della  c.d.  "riserva  di
assemblea" prevista dall'art. 72, comma 4  Cost.  che  e'  quella  di
consentire il piu' ampio dibattito parlamentare possibile  su  questo
tipo di atti comportanti il trasferimento della potesta'  legislativa
dal Parlamento al Governo. 
    4.2. - L'art. 1, comma 2, della legge n.  148/2011  -  Violazione
dell'art. 77, secondo comma, Cost. 
    Ulteriori  profili  di  possibile  illegittimita'  costituzionale
dell'art.  1,  comma  2,  della  legge  n.  148/2011   emergono   con
riferimento alla disposizione di cui all'art. 77 Cost. 
    Il dubbio di costituzionalita' si pone innanzitutto in  relazione
alla sussistenza  dei  requisiti  della  straordinaria  necessita'  e
urgenza su cui si fonda ai sensi  dell'art.  77,  comma  2  Cost.  il
potere di decretazione d'urgenza del Governo. 
    La Corte costituzionale ha affermato al riguardo che  il  difetto
dei requisiti  di  straordinaria  necessita'  e  urgenza,  una  volta
intervenuta la legge di  conversione,  si  traduce  in  un  vizio  in
procedendo della legge stessa, la quale  non  esplica  dunque  alcuna
efficacia sanante dei vizi del decreto-legge (cfr.  sentenza  n.  171
dei 2007). Tale orientamento e' stato confermato  dal  Giudice  delle
Leggi con la pronuncia n. 355/2010 nella quale e' stato ulteriormente
precisato che la valutazione in termini di necessita' e urgenza  deve
essere effettuata anche per  gli  emendamenti  aggiunti  in  sede  di
conversione dal Parlamento. 
    Nel caso della disposizione di cui all'art. 1, comma 2, della  l.
n. 148/2011 il dubbio circa la sussistenza dei requisiti in esame  si
pone  considerando  che  la  disposizione   contenente   una   delega
legislativa al Governo e'  per  sua  stessa  natura  "a  operativita'
differita" nel senso che essa e' immediatamente applicabile solo  nei
rapporti tra il  Parlamento  e  il  Governo,  mentre  non  ha  alcuna
efficacia nei confronti della generalita' dei cittadini fino a quando
non viene attuata con l'emanazione del relativo decreto delegato. 
    Lo strumento della legge-delega appare pertanto incompatibile con
la sussistenza dei requisiti di straordinaria  necessita'  e  urgenza
che appaiono implicare l'immediata applicabilita'  del  provvedimento
normativa, non solo dal punto di vista formale, ma anche  sostanziale
ovvero della sua effettiva idoneita'  a  disciplinare  le  situazioni
sostanziali oggetto dell'intervento normativa,  che  nel  caso  della
legge-delega e' invece rinviato al momento dell'adozione del  decreto
legislativo. 
    Sotto altro profilo l'art.  77,  secondo  comma,  Cost.  potrebbe
essere  stato  violato  anche  a  causa  della  eterogeneita'   della
disposizione in esame rispetto a quelle originariamente contenute nel
testo del decreto legge n. 138/2011. 
    Come si e'  gia'  osservato,  infatti,  la  disciplina  contenuta
nell'art. 1, comma 2, della l. n. 148/2011, contenente la  delega  al
Governo per la riorganizzazione della  distribuzione  sul  territorio
degli uffici giudiziari, e' stata introdotta con  un  emendamento  in
sede di conversione senza che il  decreto-legge  convertito  (recante
"ulteriori misure urgenti per la  stabilizzazione  finanziaria  e  lo
sviluppo") ne facesse alcun cenno. 
    Tale disposizione, nella misura in cui prevede una disciplina per
la revisione  della  geografia  degli  uffici  giudiziari  del  tutto
assente nel testo del decreto  legge  oggetto  di  conversione,  pare
quindi introdurre una c.d. "norma  intrusa",  vale  a  dire  estranea
rispetto  al  testo  del  decreto  legge  originario  e   come   tale
suscettibile di violare il dettato di cui all'art. 77, comma 2 Cost.,
la cui ratio impone l'omogeneita' del contenuto  del  decreto  legge,
anche come emendato in sede di conversione, al fine di assicurare  il
necessario legame tra il  provvedimento  legislativo  urgente  ed  il
«caso» che lo ha reso necessario. 
    Si richiama a  questo  proposito  l'orientamento  espresso  dalla
Corte costituzionale nella sentenza n. 22 del 2012 in  cui  e'  stato
affermato che "la semplice immissione di una disposizione  nel  corpo
di un decreto-legge oggettivamente o  teleologicamente  unitario  non
vale a trasmettere, per  cio'  solo,  alla  stessa  il  carattere  di
urgenza proprio delle  altre  disposizioni,  legate  tra  loro  dalla
comunanza di oggetto o di  finalita'.  Ai  sensi  del  secondo  comma
dell'art. 77 Cost., i presupposti per l'esercizio senza delega  della
potesta' legislativa da parte del Governo riguardano il decreto-legge
nella sua interezza, inteso come insieme di disposizioni omogenee per
la  materia  o  per  lo  scopo.  L'inserimento  di  norme  eterogenee
all'oggetto  o  alla  finalita'  del   decreto   spezza   il   legame
logico-giuridico tra la valutazione fatta  dal  Governo  dell'urgenza
del provvedere ed «i provvedimenti provvisori con forza di legge», di
cui alla norma  costituzionale  citata.  Il  presupposto  del  «caso»
straordinario di necessita' e urgenza inerisce sempre e  soltanto  al
provvedimento inteso come un tutto unitario, atto  normativa  fornito
di intrinseca coerenza, anche se articolato e  differenziato  al  suo
interno. La scomposizione atomistica della  condizione  di  validita'
prescritta dalla Costituzione si pone in contrasto con il  necessario
legame tra il provvedimento legislativo urgente ed il «caso»  che  lo
ha reso necessario, trasformando il decreto-legge in una congerie  di
norme assemblate soltanto da mera casualita'  temporale.  L'art.  15,
comma  3,  della  legge  23   agosto   1988,   n.   400   (Disciplina
dell'attivita'  di  Governo  e  ordinamento  della   Presidenza   del
Consiglio dei Ministri) - la' dove prescrive  che  il  contenuto  del
decreto-legge «deve essere specifico, omogeneo  e  corrispondente  al
titolo» - pur non avendo, in se' e per se', rango  costituzionale,  e
non potendo quindi  assurgere  a  parametro  di  legittimita'  in  un
giudizio davanti a questa  Corte,  costituisce  esplicitazione  della
ratio implicita nel secondo comma dell'art. 77 Cost., il quale impone
il collegamento dell'intero decreto-legge al  caso  straordinario  di
necessita'  e  urgenza,  che  ha  indotto  il  Governo  ad  avvalersi
dell'eccezionale potere di esercitare la funzione  legislativa  senza
previa delegazione da parte del Parlamento (...)  Ove  le  discipline
estranee alla ratio unitaria del decreto  presentassero,  secondo  il
giudizio politico del  Governo,  profili  autonomi  di  necessita'  e
urgenza, le stesse ben potrebbero essere contenute in atti  normativi
urgenti del potere esecutivo distinti e separati. Risulta  invece  in
contrasto con l'art. 77 Cost. la commistione  e  la  sovrapposizione,
nello stesso atto normativa, di oggetti e  finalita'  eterogenei;  in
ragione di presupposti,  a  loro  volta,  eterogenei.  La  necessaria
omogeneita' del decreto-legge, la cui interna coerenza va valutata in
relazione  all'apprezzamento  politico,   operato   dal   Governo   e
controllato  dal  Parlamento,  del  singolo  caso  straordinario   di
necessita'  e  urgenza,  deve  essere  osservata   dalla   legge   di
conversione. Il principio della sostanziale omogeneita'  delle  norme
contenute  nella  legge  di  conversione  di  un   decreto-legge   e'
pienamente recepito dall'art. 96-bis, comma 7, del regolamento  della
Camera  dei  deputati,   che   dispone;   «Il   Presidente   dichiara
inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che non siano
strettamente  attinenti  alla  materia  del   decreto-legge».   Sulla
medesima linea si colloca la lettera inviata  il  7  marzo  2011  dal
Presidente del Senato ai Presidenti delle  Commissioni  parlamentari,
nonche',  per  conoscenza,  al  Ministro  per  i  rapporti   con   il
Parlamento, in cui si esprime l'indirizzo «di  interpretare  in  modo
particolarmente rigoroso, in sede di conversione di un decreto-legge,
la  norma   dell'art.   97,   comma   1,   del   regolamento,   sulla
improponibilita'   di   emendamenti   estranei   all'oggetto    della
discussione», ricordando in proposito il parere espresso dalla Giunta
per il regolamento l'8 novembre 1984, richiamato, a sua volta,  dalla
circolare  sull'istruttoria  legislativa  nelle  Commissioni  del  10
gennaio  1997  (...)  Si  deve  ritenere   che   l'esclusione   della
possibilita'  di  inserire  nella  legge   di   conversione   di   un
decreto-legge emendamenti  del  tutto  estranei  all'oggetto  e  alle
finalita' del testo originario non risponda soltanto ad  esigenze  di
buona tecnica normativa, ma sia imposta dallo stesso art. 77, secondo
comma, Cost., che istituisce un nesso  di  interrelazione  funzionale
tra decreto-legge, formato dal  Governo  ed  emanato  dal  Presidente
della Repubblica,  e  legge  di  conversione,  caratterizzata  da  un
procedimento di approvazione peculiare rispetto a quello ordinario". 
    4.3. - L'art. 1 del decreto legislativo n. 155/2012 -  Violazione
dell'art. 76 Cost. 
    L'eventuale illegittimita' costituzionale della  legge-delega  n.
148/2011, sotto i  profili  dianzi  indicati,  comporterebbe  in  via
consequenziale l'illegittimita'  anche  del  decreto  legislativo  n.
155/2012 che vi ha dato attuazione. 
    Tale decreto parrebbe presentare peraltro  vizi  di  legittimita'
costituzionale anche in proprio, sotto  il  profilo  dell'eccesso  di
delega e quindi della violazione dell'art. 76 Cost. 
    Il  riferimento  e'  in  particolare  all'art.  1   del   decreto
legislativo n. 155/2012 il quale cosi'  dispone:  "Sono  soppressi  i
Tribunali  ordinari,  le  sezioni  distaccate  e  le  procure   della
Repubblica di cui alla  tabella  A  allegata  al  presente  decreto".
Nell'elenco della tabella A sono compresi il Tribunale  di  Alba,  la
sezione distaccata di Bra e la Procura  della  Repubblica  presso  il
Tribunale di Alba. Detta disposizione, nella parte in cui ha previsto
la soppressione dei predetti uffici giudiziari, solleva  dubbi  circa
la sua legittimita' costituzionale, sotto il profilo dell'eccesso  di
delega, per contrasto sia con le finalita' sia con  i  principi  e  i
criteri direttivi posti dalla  legge  n.  148/2011.  In  particolare,
quanto alle finalita' si osserva che l'art. 1, comma 2, della  l.  n.
148/2011 ha delegato il  Governo  a  riorganizzare  la  distribuzione
degli uffici giudiziari "al fine di realizzare risparmi  di  spesa  e
incremento di efficienza". 
    La  soppressione  dei  Tribunale  di  Alba  potrebbe  essere   in
contrasto (e in cio' consiste il dubbio di costituzionalita') con  il
perseguimento  di  entrambi   i   suddetti   obiettivi,   alla   luce
innanzitutto  dei  dati  risultanti  da  uno  studio  pubblicato  dal
Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Alba e  allegato  al  ricorso
cautelare. 
    Dallo studio emerge in particolare che il Tribunale e la  Procura
sono collocati in un edificio di recente costruzione (inaugurato  nel
1989) che non necessita di interventi di ristrutturazione rilevanti e
che comporta un costo di funzionamento stimato in circa 223.087  euro
a fronte di entrate per il solo Ufficio  Recupero  Crediti  di  oltre
400.000  euro,  cui  devono  aggiungersi  le  entrate  derivanti  dal
versamento dei contributi unificati e delle altre spese di giustizia. 
    Non parrebbe quindi sussistere un'esigenza di risparmi  di  spesa
con riferimento agli uffici giudiziari di Alba. 
    Quanto poi all'incremento di efficienza deve  rilevarsi  come  il
Tribunale di  Alba  sia  stato  inserito  nell'elenco  dei  Tribunali
"virtuosi" redatto dal Ministero della Giustizia a norma della  legge
n. 98/2011, ovvero dei Tribunali che nel corso dell'ultimo anno hanno
fatto registrare una diminuzione del carico  arretrato  superiore  al
5%. La  soppressione  di  un  ufficio  "virtuoso"  per  capacita'  di
smaltimento dell'arretrato e che risulta inoltre caratterizzato da un
elevato numero di procedimenti civili e penali iscritti  (secondo  il
citato studio dell'Ordine degli Avvocati di Alba, che si basa  a  sua
volta sui dati della relazione tenuta dal Presidente della  Corte  di
Appello di Torino all'inaugurazione dell'anno  giudiziario  2012,  il
Tribunale di Alba risulta essere il primo della  Provincia  di  Cuneo
per procedimenti civili iscritti e  il  secondo  per  i  procedimenti
penali) non pare dunque essere funzionale allo scopo di  incrementare
l'efficienza del sistema giudiziario. 
    La norma censurata, sempre limitatamente alla  parte  in  cui  ha
disposto  la  soppressione  del  Tribunale  e  della  Procura   della
Repubblica di Alba, presenta inoltre possibili profili  di  contrasto
con i principi e i criteri direttivi di  cui  all'art.  1,  comma  2,
lettere b) ed e), della legge n. 148/2011. 
    In particolare la lettera  b)  prevede  che  la  revisione  della
geografia degli uffici giudiziari avvenga "secondo criteri  oggettivi
e omogenei che tengano  conto  dell'estensione  del  territorio,  del
numero degli abitanti, dei carichi  di  lavoro  e  dell'indice  delle
sopravvenienze, della specificita' territoriale del bacino di utenza,
anche con riguardo alla  situazione  infrastrutturale,  e  del  tasso
d'impatto della criminalita' organizzata, nonche' della necessita' di
razionalizzare   il   servizio   giustizia    nelle    grandi    aree
metropolitane". 
    La lettera e) stabiliva invece  che  il  Governo  avrebbe  dovuto
"assumere come prioritaria linea di  intervento,  nell'attuazione  di
quanto previsto dalle lettere a), b), c) e d), il riequilibrio  delle
attuali competenze territoriali, demografiche e funzionali tra uffici
limitrofi della stessa area provinciale caratterizzati  da  rilevante
differenza di dimensioni". 
    Il rispetto dei criteri di cui alla lettera b) appare dubbio  con
riferimento alla decisione di sopprimere il Tribunale  di  Alba  alla
luce delle concrete caratteristiche  di  detto  Tribunale,  enucleate
sulla base dei medesimi criteri. 
    Dai dati del Consiglio Superiore  della  Magistratura  emerge  in
particolare che il circondario del Tribunale  di  Alba  comprende  un
territorio  di  133.237  km  quadrati  caratterizzato  da  un'elevata
densita' abitativa (214.000 abitanti),  tant'e'  che  per  bacino  di
utenza esso risulta il primo Tribunale nella provincia di Cuneo e  il
quarto su diciassette tribunali nel distretto della  Corte  d'Appello
di Torino. Dallo studio del Consiglio dell'Ordine degli  Avvocati  di
Alba di cui si e' gia' detto risulta inoltre che il Tribunale di Alba
e' il  primo  in  provincia  di  Cuneo  (su  quattro  Tribunali)  per
procedimenti civili iscritti e il secondo per i  procedimenti  penali
nonche' rispettivamente quarto e il nono nel  Distretto  della  Corte
d'Appello di Torino. 
    Si tratta di dati che tendono  sostanzialmente  ad  allineare  il
Tribunale di Alba sui livelli di quello del capoluogo  provinciale  e
che quindi  avrebbero  forse  potuto  giustificare,  sulla  base  dei
criteri di cui alla  lettera  b),  il  mantenimento  in  funzione  di
entrambi i Tribunali (e non solo di quello  di  Cuneo,  espressamente
escluso dalla soppressione ai sensi dell'art. 1, comma 2, lettera c),
della legge n. 148/2011 che ha fatto salvi tutti i  Tribunali  aventi
sede nei comuni capoluogo di provincia). 
    Alla luce di quanto precede pare dubbio  anche  il  rispetto  del
criterio fissato dalla lettera e) che ha imposto,  quale  prioritario
linea di  intervento,  di  riequilibrare  le  competenze  tra  uffici
limitrofi della stessa area provinciale. 
    Considerato che la Provincia di  Cuneo  risulta  essere  la  piu'
estesa d'Italia la soppressione di tre Tribunali su quattro  (insieme
a quello di Alba sono stati soppressi  anche  quelli  di  Mondovi'  e
Saluzzo) pone infatti quantomeno un dubbio circa la sua coerenza  con
il criterio in esame. La vastita' del territorio provinciale  avrebbe
forse potuto giustificare, infatti, nel pieno rispetto delle esigenze
di riequilibrio  delle  rispettive  competenze,  il  mantenimento  in
funzione quantomeno dei due Tribunali di maggiori dimensioni  (ovvero
quelli  di  Cuneo  e  Alba)  che  gia'  ad  oggi   risultano   essere
sostanzialmente equiparabili in relazione agli altri parametri  -  in
particolare quelli di cui alla lettera b) di cui si e' detto poc'anzi
- previsti dalla legge-delega  per  la  ridefinizione  degli  assetti
territoriali degli uffici giudiziari. 
    5. - Conclusioni. 
    Alla  luce  di  quanto  sopra  esposto  appare  rilevante  e  non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011 in  relazione  agli
articoli 72,  primo  e  quarto  comma  e  77,  secondo  comma,  della
Costituzione. 
    Appare  inoltre  rilevante  e  non  manifestamente  infondata  la
questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  del  decreto
legislativo  n.  155  del  2012,  limitatamente  all'inclusione   del
Tribunale e della Procura della Repubblica di Alba nell'elenco  della
tabella A, in relazione all'art. 76 della Costituzione. 
    Il presente giudizio va quindi sospeso  ai  sensi  dell'art.  23,
della  legge  n.  87/1953  e   deve   essere   ordinata   l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
    Conseguentemente e in via  meramente  provvisoria  e  temporanea,
fino  alla  ripresa  del  giudizio  cautelare  dopo  l'incidente   di
costituzionalita', va inoltre disposta nei confronti  dei  ricorrenti
la  sospensione  dell'efficacia  dei   provvedimenti   amministrativi
impugnati e segnatamente: della nota a firma congiunta del Presidente
della Corte d'Appello di Torino e del Procuratore Generale presso  la
medesima Corte del 17 ottobre 2012, n. prot. 5357/2012; della nota  a
firma congiunta dei dirigenti amministrativi della Corte d'Appello di
Torino e della Procura Generale  presso  la  medesima  Corte  del  22
ottobre 2012, n. prot. 5454/2012/S/15.2;  della  nota  del  Ministero
della Giustizia - Direzione generale del personale e della formazione
del 15 ottobre 2012, n. prot. 5116; nonche' di tutti gli  altri  atti
preordinati,  consequenziali  e  connessi  a  quelli  precedentemente
indicati. 
    Tale sospensione  viene  disposta  in  via  meramente  interinale
secondo quanto esposto al paragrafo di cui al punto 2 della  presente
ordinanza e in considerazione della ritenuta esistenza del  periculum
in mora per le ragioni che sono state sopra evidenziate.