IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
      Ha pronunciato la presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 6969 del 2012,  proposto  da  Soc  Azzurra  Betting
S.r.l. ed Altri, Soc Agenziaippica di  Mosti  Cinzia  &  C  Snc,  Soc
Agenzia Ippica Mosti S.r.l.,  Soc  Gait  S.r.l.,  Soc  Gioco  Snc  di
Giornelli P & Conti F, Soc  Queen  Bet  S.r.l.,  Soc  Perugia  Giochi
S.r.l., Soc Agenzia Ippica dello Stretto di Rigano Paolo & C Snc, Soc
Aquila S.r.l., in persona dei rispettivi  legali  rappresentanti  pro
tempore, tutte rappresentate e  difese,  dall'avv.  Fabio  Lorenzoni,
presso il cui studio sono elettivamente domiciliate in Roma, via  del
Viminale n. 43, contro: 
        Ministero dell'Economia e  delle  Finanze  -  Amministrazione
Autonoma dei Monopoli di Stato, in persona del rappresentante  legale
pro tempore, rappresentata e difesa  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, pressa la cui sede  domicilia  per  legge  in  Roma,  via  dei
Portoghesi n. 12; 
        Ministero delle Politiche Agricole e  Forestali  e  ASSI,  in
persona  dei  rispettivi  rappresentanti  legali  pro  tempore,   non
costituiti in giudizio; 
    per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia: 
        dei        provvedimenti         dell'a.a.m.s.         prott.
2012/27169/giochi/sco/conc.  441,  2012/27169/giochi/sco/conc.  1159,
2012/27169/giochi/sco/conc.  80,   2012/27169/giochi/sco/conc.   439,
2012/27169/giochi/sco/conc.  1576,  2012/27169/giochi/sco/conc.  329,
2012/27169/giochi/sco/conc. 1574,  2012/27169/giochi/sco/conc.  1475,
2012/27169/giochi/sco/conc.  1272,  2012/27169/giochi/sco/conc.  360,
2012/27169/giochi/sco/conc.  122,  di  richiesta  di  versamento  dei
minimi garantiti per gli anni 2006, 2007, 2008, 2009, 2010 e 2011; 
        di  ogni  altro  atto  presupposto,  conseguente  o  comunque
connesso. 
    Visto il ricorso con i relativi allegati; 
    Vista la costituzione in giudizio  dell'A.A.M.S.  e  i  documenti
depositati; 
    Vista l'ordinanza 27 settembre 2012 n. 3445; 
    Visti gli atti tutti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  5  dicembre  2012  il
dott.  Stefano  Toschei  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    Visto l'art. 36, comma 2, c.p.a.; 
    1. Le societa' ricorrenti, titolari di concessioni c.d.  storiche
(vale a dire le concessioni  rilasciate  ai  sensi  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 169  del  1998)  per  la  raccolta  di
scommesse ippiche (meglio indicate in epigrafe),  hanno  impugnato  i
provvedimenti, adottati da AAMS e  riferiti  alle  concessioni  delle
quali sono titolari, aventi ad oggetto le ingiunzioni,  di  pagamento
di integrazione dei c.d. minimi garantiti. 
    La vicenda e' nota e puo' sintetizzarsi nei seguenti termini: 
        A) a partire  dall'anno  2005  "il  mercato  delle  scommesse
ippiche ha subito un costante e drastico calo dei volumi di  raccolta
su  base  nazionale,  a  causa   del   rilevante   incremento   delle
possibilita' e modalita' di gioco introdotte da AAMS  sia  nel  campo
dell'ippica sia in quello degli altri sport e dei giochi  in  genere"
(cosi, testualmente, a pag. 5  del  ricorso  introduttivo).  Come  e'
noto,  nell'anno  2006  il  mercato  del  gioco  stato  rivoluzionato
dall'apertura del canale della raccolta del gioco a distanza, sia per
le scommesse su base ippica che per quelle sportive, perche' in forza
del decreto legge n. 223/2006, convertito dalla  legge  n.  248/2006,
sono  stati  indetti  bandi  di  gara  (c.d.  "gare   Bersani")   per
l'assegnazione  di  nuove  concessioni,   con   conseguente   aumento
esponenziale dei concessionari della raccolta del gioco; 
        B) la  nuova  disciplina  ha  significativamente  inciso  sul
mercato, determinando una notevole diminuzione delle  entrate  per  i
concessionari storici, pur permanendo invariate le condizioni di  cui
alla convenzione di concessione dagli stessi sottoscritta; 
        C) tale situazione ha  indotto  il  legislatore  a  prevedere
l'adozione delle c.d. misure di  salvaguardia  di  cui  all'art.  38,
comma 4, lettera 1), del decreto legge n. 223 del 2006; 
        D) la mancata adozione di  tali  misure  di  salvaguardia  ha
inizialmente indotto l'Amministrazione dei monopoli  (d'ora  in  poi,
per brevita' AAMS) a sospendere il versamento  delle  somme  relative
all'integrazione dei minimi garantiti per gli anni dal 2006 al  2009,
perche' il giudice amministrativo (cfr., tra le tante,  T.A.R.  Lazio
Roma, Sez. II, 28 luglio 2009, n. 7641 e 9 luglio 2009  n.  6521)  ha
ribadito, in piu' di un'occasione che i provvedimenti di  riscossione
delle somme dovute a titolo di minimi garantiti  non  possono  essere
adottati prima della definizione delle misure di salvaguardia; 
        E) sebbene il quadro normativo sia rimasto  invariato,  AAMS,
con le determinazioni dirigenziali impugnate con il ricorso in esame,
ha nuovamente ingiunto il versamento dei minimi garantiti dovuti  per
gli  anni  dal  2006  al  2010,  motivando  tale  richiesta  con   la
considerazione che «non e' possibile individuare, allo stato,  misure
di salvaguardia ulteriori rispetto a quelle gia' individuate  secondo
i criteri delle procedure selettive indette nel corso del 2006»; 
    2. Successivamente rispetto ai fatti suesposti  accaduto  che  la
legge 26 aprile 2012 n. 44, ha convertito il decreto  legge  2  marzo
2012 n. 16, il quale all'art. 10, comma 5, dispone testualmente  che,
"al  fine  di  perseguire   maggiore   efficienza   ed   economicita'
dell'azione nei settori di competenza, il Ministero  dell'economia  e
delle finanze -Amministrazione autonoma dei  monopoli  di  Stato,  il
Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e l'Agenzia
per lo sviluppo del settore ippico-ASSI, procedono alla  definizione,
anche in via transattiva, sentiti i competenti organi, con  abbandono
di ogni controversia pendente, di tutti i rapporti controversi  nelle
correlate materie e secondo i criteri di  seguito  indicati:  ...  b)
relativamente alle quote di prelievo di cui all'art. 12, del  decreto
del Presidente della Repubblica  8.  aprile  1998,  n.  169  ed  alle
relative  integrazioni,  definizione,  in  via  equitativa,  di   una
riduzione non superiore al 5 per cento delle somme ancora dovute  dai
concessionari  di  cui  al  citato  decreto  del   Presidente   della
Repubblica n. 169 del 1998  con  individuazione  delle  modalita'  di
versamento  delle  relative  somme  e  adeguamento   delle   garanzie
fideiussorie.   Conseguentemente,   all'art.   38,   comma   4,   del
decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, la lettera l) e' soppressa»; 
    Gli atti qui impugnati, attraverso i  quali  viene  richiesto  il
pagamento delle somme a titolo di c.d. minimo  garantito  ricalcolate
in  base  alle  nuove  disposizioni  legislative,  sono  tacciati  di
illegittimita' dalle ricorrenti. 
    Con ordinanza n. 3445 del 27 settembre  2012,  e'  stata  accolta
l'istanza cautelare proposta con il gravame. 
    3. La difesa erariale ha rilevato che la  disposizione  dell'art.
10, comma 5, del decreto legge n.  16  del  2012  non  e'  lesiva  di
interessi   delle   ricorrenti,   ne'   limitativa    della    tutela
giurisdizionale, perche'  definisce  la  problematica  in  questione,
stabilendo una misura economica delle  somme  dovute  e  non  versate
(che, in base alla giurisprudenza  del  giudice  amministrativo,  non
potevano essere  richieste  prima  della  individuazione  delle  c.d.
misure di salvaguardia) e abrogando la disposizione fonte  delle  cd.
misure  di  salvaguardia,  in  linea  con  principi  enunciati  nella
sentenza della Corte di Giustizia del 16 febbraio 2012 medio  tempore
depositata. 
    In particolare la difesa dell'AAMS richiama  il  punto  57  della
predetta sentenza della Corte di Giustizia, ove  si  afferma  che  il
principio di parita' di trattamento impone che  «tutti  i  potenziali
offerenti dispongano di uguali opportunita', ed  implica  dunque  che
costoro siano assoggettati alle  medesime  condizioni.  Cio'  vale  a
maggior  ragione  in  una  situazione  quale  quella  in  esame   nei
procedimenti  principali,  in  cui   una   violazione   del   diritto
dell'Unione da parte  dell'autorita'  aggiudicatrice  interessata  ha
gia' avuto come conseguenza una disparita' di trattamento in danno di
alcuni operatori», ed il punto 59 della  medesima  sentenza,  ove  si
afferma che  il  principio  di  parita'  di  trattamento  impone  che
«ragioni di natura economica - come  l'obiettivo  di  garantire  agli
operatori aggiudicatari di concessioni  dopo  la  gara  del  1999  la
continuita', la stabilita' finanziaria  o  una  giusta  remunerazione
degli investimenti realizzati - non possono essere riconosciute quali
motivi imperativi di interesse generale  idonei  a  giustificare  una
restrizione di  una  liberta'  fondamentale  garantita  dal  Trattato
(sentenza. Commissione/Italia, cit., punto 35 e la giurisprudenza ivi
citata,  nonche'  sentenza  dell'11  marzo  2010,  Attanasio   Group,
C384/08, Racc. pag. I-2055, punti 53-56)». 
    5. Il ricorso e' stato  trattenuto  in  decisione  alla  pubblica
udienza del 5 dicembre 2012. 
    6. Il ricorso, come detto, ha  ad  oggetto  le  determinazioni  .
dirigenziali in data 15 giugno 2012 con le quali  AAMS  ha  richiesto
alle  ricorrenti  il  pagamento  delle  somme  dovute  a  titolo   di
integrazione dei minimi annui garantiti ricalcolate con una riduzione
del 5% ai sensi della predetta disposizione dell'art.  10,  comma  5,
del decreto-legge n. 16/2012, il Collegio osserva,  in  primo  luogo,
che i provvedimenti impugnati non  costituiscono  una  mera  proposta
transattiva, bensi' sono chiaramente preordinati  e  finalizzati,  in
sostituzione di quelli in  precedenza  adottati  (e  sovente  sospesi
dalla  Sezione),  al  recupero  delle   somme   ancora   dovute   dai
concessionari.  Posta   tale   premessa,   e'   necessario   altresi'
evidenziare che la riduzione equitativa prevista dell'art. 10,  comma
5, del decreto legge n. 16 del 2012, da un lato, deve  essere  intesa
come  attuativa  dell'obbligo  di  individuazione  delle  misure   di
salvaguardia e,  dall'altro,  ha  comportato  l'abrogazione  espressa
dell'art. 38, comma 4, la lettera D, del decreto  legge  n.  223  del
2006. In altri termini, il Collegio condivide  la  tesi  (su  cui  si
fondano le nuove richieste di pagamento formulata da  AAMS),  secondo
la quale - a fronte della mancata definizione in  via  amministrativa
delle misure di salvaguardia  previste  dall'art.  38,  comma  4,  la
lettera l), del decreto legge  n.  223  del  2006  e  delle  numerose
controversie insorte a  seguito  delle  richieste  di  pagamento  dei
minimi garantiti formulate da AAMS all'inizio del 2012 nonostante  la
mancata definizione in via amministrativa delle  predette  misure  di
salvaguardia   -   il   legislatore   e'    intervenuto    con    una
legge-provvedimento (l'art. 10, comma 5, del decreto legge n. 16  del
2012) destinata ad incidere sulle controversie pendenti, abrogando il
meccanismo di salvaguardia previsto dall'art. 38, comma 4, la lettera
l), del decreto legge n. 223 del 2006 e sostituendo  tale  meccanismo
con  un  diverso  meccanismo,  costituito   essenzialmente   da   una
riduzione, predeterminata per legge in misura non superiore al 5  per
cento, delle somme ancora dovute dai concessionari a titolo di minimi
garantiti. 
    Orbene, sebbene il legislatore abbia manifestato la  volonta'  di
tener conto  della  peculiare  posizione  dei  concessionari  storici
introducendo il diverso meccanismo  costituito  dalla  riduzione,  in
misura non superiore al 5 per cento,  delle  somme  ancora  dovute  a
titolo di minimi garantiti, appare  rilevante  e  non  manifestamente
infondata  la  questione   di   legittimita'   costituzionale   della
disposizione dell'art. 10, comma 5, decreto legge n. 16 del 2012  che
il Collegio intende sollevare,  d'ufficio,  nei  termini  di  seguito
indicati. 
    7. Anzitutto, in punto  di  rilevanza  della  questione,  occorre
ribadire che l'art. 10, comma 5, del decreto legge n. 16 del 2012, ha
abrogato la disposizione dell'art. 38, comma 4, del decreto legge  n.
223 del 2006, che aveva introdotto  -  in  favore  dei  concessionari
storici (ivi compresa l'odierna parte ricorrente), in  quanto  tenute
al pagamento dei minimi garantiti -  l'obbligo  di  definire  in  via
amministrativa misure di salvaguardia volte a garantire  l'equilibrio
economico di tali  soggetti  ed  ha  previsto  a  tutela  di  costoro
soltanto la possibilita' di  ottenere  una  riduzione,  peraltro  non
superiore al 5 per cento, delle  somme  ancora  dovute  a  titolo  di
minimi garantiti. 
    Infatti questa stessa Sezione nella sentenza 7 novembre  2011  n.
8520 ha ribadito che "la disposizione dell'art. 38, comma 4,  lettera
1), della legge n. 223 del 2006 e' stata introdotta  a  garanzia  dei
concessionari storici, essendo l'obbligo di definire le modalita'  di
salvaguardia  di  tali  soggetti   finalizzato   «a   consentire   il
riequilibrio delle obbligazioni consacrate nelle concessioni  per  la
raccolta di scommesse ippiche gia' rilasciate, in ragione del  mutato
assetto del mercato delle scommesse ippiche e della  riconfigurazione
dell'assetto distributivo territoriale dell'offerta  di  gioco,  come
ridisegnati dalla riforma introdotta dall'art. 38 del  decreto  legge
"Bersani", che ha  determinato  l'apertura  del  mercato  dei  giochi
pubblici e l'attivazione di nuove concessioni secondo una  diffusione
capillare  sul  territorio  e  con  piu'  favorevoli  condizioni   di
esercizio e di reddivita'", ed ha  evidenziato,  nel  contempo,  come
l'introduzione   dell'obbligo   di   definire   tali   modalita'   di
salvaguardia  rendesse  "inapplicabile  il  contenuto   del   decreto
interministeriale del 10 ottobre 2003 che aveva stabilito,  sotto  la
vigenza  della  precedente  normativa,  il  metodo  di  calcolo   per
individuare il c.d. minimo garantito". 
    Risulta, quindi, evidente che, per effetto dell'abrogazione della
disposizione dell'art. 38, comma 4, del  decreto  legge  n.  223  del
2006, la ricorrente non possa piu'  beneficiare  delle  modalita'  di
salvaguardia previste da tale disposizione. 
    8. Passando ora al profilo della non manifesta infondatezza della
questione, il Collegio preliminarmente rammenta che (come rilevato da
questa stessa Sezione nella recente ordinanza 26 luglio 2012 n.  685)
la  questione  della   compatibilita'   costituzionale   delle   c.d.
leggi-provvedimento (e cioe' di quegli atti  formalmente  legislativi
che  tengono  luogo  di  provvedimenti  amministrativi,   in   quanto
dispongono, in concreto, su  casi  e  rapporti  specifici)  e'  ormai
definitivamente   risolta   dalla    giurisprudenza    della    Corte
costituzionale e dei Giudici  amministrativi  con  l'affermazione  di
principi ormai consolidati; In particolare: 
        A) la Consulta ha riconosciuto l'ammissibilita' di tali  atti
normativi in base al rilievo dell'insussistenza di  una  "riserva  di
amministrazione",  ossia  evidenziando  che   la   Costituzione   non
garantisce  ai  pubblici  poteri  l'esclusivita'   delle   pertinenti
attribuzioni gestorie e  non  configura  per  il  legislatore  limiti
diversi da  quelli  (formali)  dell'osservanza  del  procedimento  di
formazione  delle  leggi,  omettendo  di  prescrivere  il   contenuto
sostanziale ed i caratteri essenziali dei  precetti  legislativi  (ex
multis, sentenza n. 347 del 1995); 
        B)  una  volta  ammessa  la  compatibilita'  delle  leggi  in
sostituzione di provvedimento con il vigente assetto  costituzionale,
la prevalente giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. IV,
9  marzo   2012   n.   1349)   ritiene   che,   a   fronte   di   una
legge-provvedimento, i  diritti  di  difesa  del  soggetto  leso  non
vengano   ablati,   ma   si   trasferiscano    dalla    giurisdizione
amministrativa alla giustizia costituzionale. Il corollario  di  tale
ricostruzione dogmatica dell'assetto  della  tutela  delle  posizioni
incise dalla legge-provvedimento e', dunque, la valorizzazione  della
pregnanza del sindacato costituzionale di ragionevolezza della legge,
sino  a  renderlo  anche  piu'  incisivo  di  quello  giurisdizionale
sull'eccesso di potere, e cio' in modo  da  riconoscere  al  privato,
seppur nella forma indiretta della rimessione  della  questione  alla
Consulta da parte del giudice amministrativo, una forma di protezione
ed un'occasione  di  difesa  pari  a  quella  offerta  dal  sindacato
giurisdizionale sugli atti amministrativi; 
        C)  con  particolare   riferimento   al   rapporto   tra   la
legge-provvedimento   di    approvazione    di    un    provvedimento
amministrativo gia'  adottato  e  la  pendenza  di  un  procedimento,
giurisdizionale avente  ad  oggetto  tale  provvedimento,  merita  di
essere condivisa la tesi (T.A.R Puglia Bari, Sez. I, 19  aprile  2006
n. 1362) secondo la quale: a) la mera  pendenza  di  un  ricorso  non
impedisce  l'approvazione  della  legge-provvedimento,   in   quanto,
diversamente opinando, si finirebbe con l'ammettere un  vulnus  delle
prerogative delle assemblee legislative, mediante  l'introduzione  di
un inammissibile nuovo limite, non  codificato,  all'esercizio  della
relativa  funzione;  b)  solo  la  formazione  del   giudicato   puo'
paralizzare un intervento  legislativo  contrastante  con  il  dictum
giurisdizionale, in, modo da evitare (in coerenza con  l'assetto  dei
poteri delineato dalla Costituzione) l'irrimediabile sacrificio delle
garanzie di tutela giurisdizione; c) la pendenza di un ricorso avente
ad oggetto proprio il provvedimento amministrativo da  approvare  con
la legge non si rivela, comunque, del tutto indifferente ai fini  del
corretto  esercizio  della  funzione  legislativa,  proprio   perche'
l'eventuale e comprovata esclusiva finalizzazione  della  legge  alla
sottrazione  dell'oggetto  del  sindacato  giurisdizionale  (ed  alla
conseguente  privazione   della   stessa   possibilita'   di   tutela
giurisdizionale   per   l'interessato)   costituirebbe   un    indice
sintomatico dell'irragionevolezza della legge-provvedimento. 
    9. Tenuto conto di  quanto  precede,  nonche'  del  fatto  che  -
secondo quanto affermato non solo da questa stessa Sezione nella gia'
richiamata sentenza  7  novembre  2011  n.  8520  e  nelle  ulteriori
sentenze 28 luglio 2009 n. 7632 e 7 luglio 2009  n.  6520,  ma  anche
dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato (ordinanza 31 agosto 2011
n.  3849)  -  i  provvedimenti  di  riscossione  di  somme   per   il
raggiungimento  dei   minimi   garantiti   richiedevano   la   previa
definizione delle c.d. misure di salvaguardia  di  cui  all'art.  38,
comma 4, lettera D, del decreto legge n. 223 del  2006,  il  Collegio
ritiene non manifestamente infondata  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 10, comma 5, del decreto  legge  n.  16  del
2012 per contrasto  con  il  generale  principio  di  ragionevolezza,
desumibile dall'art. 3 della Costituzione  (cfr.,  ex  multis,  Corte
Cost. 9 marzo 2012 n. 53),  con  i  principi  in  materia  di  tutela
giurisdizionale avverso i provvedimenti dell'amministrazione, sanciti
dagli articoli 24, comma 1, 103, comma 1, e 113  della  Costituzione,
con il principio di buon andamento dell'azione  amministrativa  (art.
97), nonche', infine, con il principio del giusto processo (art.  111
e art. 6 della CEDU, in rapporto all'art. 117, comma 1, Cost.) - alla
luce delle seguenti considerazioni: 
        A) la disposizione dell'art. 10, comma 5, del  decreto  legge
n. 16 del 2012 appare illogica ed irrazionale, perche' il Legislatore
- nel sostituire ad un meccanismo flessibile,  come  quello  indicato
dall'art. 38, comma 4, lettera l), del decreto legge n. 223 del  2006
(che affidava alla stessa amministrazione il compito  di  individuare
le concrete misure di salvaguardia per i concessionari storici, senza
fissare  tetti  massimi,  ma  dando  per   scontata   l'esigenza   di
parametrare le misure all'andamento del mercato delle  scommesse,  in
modo da impedire che il pagamento dei minimi garantiti,  in  presenza
di una maggiore concorrenza nel mercato, dovuta all'ingresso di nuovi
concessionari,  potesse  pregiudicare  l'equilibrio   economico   dei
concessionari storici)  con  un  meccanismo  che  consente  solo  una
riduzione  forfettaria,  fino  ad  un  massimo  del  5%,  dei  minimi
garantiti dovuti in base al "vecchio" decreto  interministeriale  del
10 ottobre 2003  -  ha  agito  al  (dichiarato)  fine  di  perseguire
maggiore  efficienza  ed  economicita'   dell'azione   amministrativa
mediante la definizione stragiudiziale di ogni controversia pendente,
ma non ha considerato  che  la  predetta  riduzione  forfettaria  non
appare   adeguata   per   garantire   l'equilibrio   economico    dei
concessionari storici.  E'  ad  esempio  innegabile  che  al  "mutato
assetto del mercato delle scommesse ippiche e della  riconfigurazione
dell'assetto distributivo territoriale dell'offerta  di  gioco,  come
ridisegnati dalla riforma introdotta dall'art. 38, del decreto  legge
"Bersani" che  ha  determinato  l'apertura  del  mercato  dei  giochi
pubblici e l'attivazione di nuove concessioni secondo una  diffusione
capillare  sul  territorio  e  con  piu'  favorevoli  condizioni   di
esercizio  e  di  reddivita'"  (evidenziato  nella  gia'   richiamata
sentenza 7 novembre 2011 n. 8520), si siano, nel tempo, aggiunti  gli
effetti  del  «mercato  parallelo»  gestito  dai  c.d.  CTD   (centri
trasmissione dati), ossia gli  effetti  della  presenza  nel  mercato
italiano delle sommesse di operatori economici di altri stati  membri
che agiscono attraverso i predetti CTD, in  assenza  di  concessione,
nell'esercizio delle  liberta'  di  stabilimento  e  prestazione  dei
servizi transfrontalieri, garantite dagli articoli 49 e ss.  e  29  e
ss. TFUE (si veda al riguardo la sentenza della  Corte  di  Giustizia
Costa-Cifone del 16 febbraio 2012, emessa nelle cause riunite G-72/10
e  G-77/10).  La  misura  stabilita  direttamente  dal   legislatore,
pertanto, appare del tutto slegata dalla realta' fattuale, tanto  che
nemmeno dagli atti parlamentari e' possibile  capire  quale  tipo  di
istruttoria sia stata compiuta. E cio', anche volendo considerare  la
necessita' per lo Stato italiano (richiamata dalla  difesa  erariale)
di adeguarsi ai principi di parita' di trattamento e di tutela  della
concorrenza,  sanciti,  in  materia,   dalla   Corte   di   Giustizia
dell'Unione Europea. Si  tratta,  infatti,  di  principi,  almeno  in
astratto, pienamente compatibili con la riduzione  ad  equita'  delle
condizioni  delle  convenzioni  accessive   alla   concessioni   c.d.
storiche. Di talche' e' evidente che l'individuazione  del  punto  di
equilibrio tra un'eventuale vantaggio competitivo goduto  in  passato
dai  titolari  di  siffatte  concessioni,  e  l'attuale  assetto  del
mercato, doveva essere il frutto, quantomeno, di una compiuta analisi
di cui pero', nel caso di specie, non vi e' traccia; 
        B) la disposizione dell'art. 10, comma 5, del  decreto  legge
n. 16 del 2012 appare quindi effettivamente finalizzata al solo scopo
di sottrarre i provvedimenti gia' impugnati con il ricorso principale
al sindacato giurisdizionale (e, quindi, a vanificare il diritto alla
tutela giurisdizionale delle parti ricorrenti), perche' - a fronte di
quanto affermato non solo da questa stessa Sezione,  ma  anche  dalla
Quarta Sezione del Consiglio di Stato nelle pronunce innanzi citate -
il legislatore e' intervenuto introducendo una nuova  disciplina  che
non consente oramai alcuna forma di sindacato  giurisdizionale  sulla
mancata adozione, da  parte  dell'Amministrazione  competente,  delle
misure di salvaguardia previste dall'art. 38, comma  4,  lettera  l),
del decreto legge n. 223  del  2006.  Ne  consegue  che  la  predetta
disposizione vanifica il diritto dei concessionari storici  di  agire
in giudizio per tutelare il proprio equilibrio economico a fronte del
mutato assetto del mercato delle scommesse ed integra,  altresi',  la
violazione del diritto al giusto processo, quale consacrato nell'art.
111 delle Costituzione e nell'art. 6 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(avente pur esso rango costituzionale per  effetto  del  rinvio  agli
obblighi internazionali pattizi di cui all'art. 117, comma 1,  Cost.;
cfr. Corte costituzionale, sentenze nn. 348 e 349 del 2007). 
    10.  Quanto  appena  argomentato  giustifica  la  valutazione  di
rilevanza  e  non   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale, in relazione in relazione agli  articoli
3, 24, comma 1, 97, 103, comma 1, 111, 113  e  117,  comma  1,  della
Costituzione. 
    Si rende conseguentemente necessaria la sospensione del  giudizio
e la rimessione degli atti alla  Corte  costituzionale  affinche'  si
pronunci sulla questione.