IL TRIBUNALE 
 
    Ha pronunziato la seguente ordinanza. 
    Premesso che: 
        con decreto di citazione a giudizio emesso dal p.m. - Sede in
data 16 aprile 2010 D. M. R., P. C., D. M., G. E., G. R., C. F. e  C.
A.  venivano  tratti  a  giudizio  dinanzi  a  questo  Tribunale,  in
composizione monocratica, per rispondere dei reati di cui agli  artt.
113 e 590 c.p.; 
        alla prima  udienza  del  13  ottobre  2010  il  Got,  attesa
l'assenza del Giudice titolare, rinviava all'udienza del 9 marzo 2011
ove il Got, in sostituzione  del  Giudice  titolare,  atteso  che  la
notifica del decreto di citazione non era  andata  a  buon  fine  per
taluni degli imputati, ne disponeva la rinnovazione nel rispetto  dei
termini di legge e rinviava all'udienza del 16 novembre 2011; 
        a tale udienza il Giudice, verificata  la  regolarita'  delle
notifiche per tutti  gli  imputati,  attesa  l'astensione  proclamata
dall'Unione delle Camere Penali Italiane, cui le difese  dichiaravano
di aderire, previa sospensione dei termini di prescrizione,  rinviava
all'udienza del 6 giugno 2012; 
        all'udienza cosi' fissata, la prima trattata dalla scrivente,
costituite le parti, ammessa la costituzione di parte  civile,  nulla
osservando le parti, in assenza di questioni preliminari, il  Giudice
dichiarava aperto il dibattimento onde invitava le parti a  formulare
le richieste istruttorie. Ammessi i mezzi di prova come richiesti  si
procedeva all'esame dei testi della pubblica accusa presenti, C.  A.,
persona offesa, e M.  M.  All'esito,  stante  l'assenza  degli  altri
testi, la causa veniva rinviata all'udienza dell'8 gennaio 2013; 
        a tale udienza si procedeva all'esame dei testi presenti,  C.
P., B. M. e C. D. All'esito dell'escussione  dei  predetti  testi  il
carico  di  ruolo  imponeva  il  rinvio  del  presente   procedimento
all'udienza del 25 settembre  2013.  A  questo  punto,  i  difensori,
avv.ti Francesco Di Paola e Pasquale Gentile, atteso  il  rinvio  del
procedimento per il prosieguo istruttorio a  data  successiva  al  13
settembre 2013, data oltre la quale, ex art. 9, comma  1,  d.lgs.  n.
155/2012 «le udienze fissate dinanzi ad uno  degli  uffici  destinati
alla soppressione per una data compresa tra l'entrata in  vigore  del
presente decreto e la data di efficacia di cui all'art. 11, comma  2,
sotto tenute presso i medesimi uffici. Le  udienze  fissate  per  una
data successiva sono tenute dinanzi all'ufficio  competente  a  norma
dell'art. 2» eccepivano l'incostituzionalita' dell'art. 1,  comma  2,
legge n. 148/2011 (in Gazzetta Ufficiale  n.  216  del  16  settembre
2011) con  la  quale  e'  stato  convertito,  con  modificazioni,  il
decreto-legge n. 138 del 13 agosto 2011, per contrasto con gli  artt.
70, 72, commi 1 e 4, e 77, comma 2, della  Costituzione;  eccepivano,
altresi', l'incostituzionalita' dell'art. 1 del  decreto  legislativo
n. 155 del 7 settembre 2012 (in Gazzetta  Ufficiale  n.  213  del  12
settembre 2012) limitatamente all'inclusione del  Tribunale  di  Sala
Consilina nell'elenco della tabella A9, per contrasto con  gli  artt.
3, 24, 25, comma 1, 76 e 97, comma 1, della Costituzione. 
    Onde, il Giudice, sentite le parti, ritenuto opportuno fissare ai
soli fini del decidere la sollevata  questione  di  legittimita'  una
udienza interlocutoria, anche al fine di esaminare la  documentazione
prodotta dalle parti, rinviava all'udienza odierna. 
    I  termini  ed  i  motivi   delle   questioni   di   legittimita'
costituzionale sollevate. 
1) Decreto-legge n. 138 del 2011 e legge di conversione  n.  148  del
2011 -  violazione  articoli  70,  72  e  77,  comma  secondo,  della
Costituzione. 
    Il primo comma dell'art. 1 della legge n. 148/2011  prevede:  «il
decreto-legge 13  agosto  2011,  n.  138,  recante  ulteriori  misure
urgenti per la stabilizzazione finanziaria  e  per  lo  sviluppo,  e'
convertito in legge con le modificazioni riportate in  allegato  alla
presente legge». 
    Il  secondo  comma  prevede:  «il  Governo,  anche  ai  fini  del
perseguimento delle finalita' di cui all'art. 9 del  decreto-legge  6
luglio 2011, n. 98, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  15
luglio 2011, n. 111, e'  delegato  ad  adottare,  entro  dodici  mesi
dall'entrata in vigore della  presente  legge,  uno  o  piu'  decreti
legislativi per riorganizzare la distribuzione sul  territorio  degli
uffici  giudiziari  al  fine  di  realizzare  risparmi  di  spesa   e
incremento di efficienza ...». 
    La Corte costituzionale gia' con  Sentenza  n.  29  del  1995  ha
affrontato i rapporti tra decreto-legge e legge di conversione. 
    In particolare, in quella occasione ha affermato il principio per
cui la legge di conversione non ha efficacia sanante  ed  il  difetto
dei presupposti della straordinaria necessita' ed urgenza concreta un
vizio formale del procedimento normativo trasmissibile come tale alla
stessa legge di conversione. 
    In linea di continuita' tale orientamento e'  stato  espresso  da
altre decisioni della Corte costituzionale; da ultimo nelle  Sentenze
n. 171 del 2007, n. 128 del 2008, n. 355 del 2010 e n. 22 del 2012. 
    In particolare, nella Sentenza n. 171 del 2007 e' stato affermato
che la sussistenza dei requisiti della  straordinaria  necessita'  ed
urgenza puo' essere oggetto di scrutinio (solo quando il  difetto  di
tali presupposti sia evidente) su  di  un  piano  diverso  da  quello
proprio del Parlamento in sede di conversione, perche' l'attribuzione
al Governo della funzione legislativa ha carattere derogatorio ed  e'
compito  della  Corte  preservare  l'assetto  delle  fonti  primarie,
accertando se il riparto delle competenze tra  Parlamento  e  Governo
sia stato o meno alterato; la legge di conversione non sana dunque  i
vizi del decreto, di modo che il difetto  dei  casi  straordinari  di
necessita' ed urgenza si traduce, dopo l'intervento parlamentare,  in
un vizio procedimentale della relativa legge. 
    Tale orientamento e' stato affermato dal Giudice delle leggi  con
la Sentenza n. 128 del 2008, di conforme contenuto  ed  esteso,  poi,
successivamente, con la Sentenza n. 355/2010, anche agli  emendamenti
aggiunti in sede di conversione del Parlamento. 
    In particolare, con la citata Sentenza la  Corte  e'  tornata  su
questa materia,  riservandosi  lo  scrutinio  sulla  sussistenza  dei
presupposti  di  necessita'  e  di  urgenza   anche   riguardo   agli
emendamenti aggiunti, in sede di conversione dal Parlamento,  purche'
questi siano omogenei rispetto  al  contenuto  del  decreto-legge.  A
proposito degli emendamenti eterogenei - cioe' radicalmente  estranei
rispetto al decreto-legge  ed  ai  presupposti  di  necessita'  e  di
urgenza che lo hanno ispirato - tale sindacato e',  dunque,  escluso,
ma non viene, altresi', affermato che l'introduzione ex novo, in sede
di  conversione,  di  disposizioni  eccentriche  sia,  di  per   se',
ammissibile. La Corte, pertanto, non si e' preclusa  la  possibilita'
di  intervenire  in  futuro,  valutando  la  costituzionalita'  degli
emendamenti eterogenei, e cio' ha fatto con la  Sentenza  n.  22  del
2012, ritenendo l'incostituzionalita' di talune disposizioni aggiunte
al testo del decreto-legge solo durante la  fase  parlamentare  della
conversione.  Il  percorso  logico   consta   di   quattro   passaggi
argomentativi: 
        e' dimostrata l'eterogeneita' delle norme impugnate, inserite
in  sede  di  conversione,  rispetto  al  contenuto  originario   del
decreto-legge; 
        e' rinvenuto nell'art. 77, secondo comma, della Costituzione,
il fondamento del requisito dell'omogeneita' del decreto-legge; 
        da tale requisito e' dedotta la necessaria omogeneita'  della
legge di conversione anch'essa imposta dall'art. 77,  secondo  comma,
della Costituzione; 
        dal riconoscimento della necessaria omogeneita'  della  legge
di conversione rispetto al decreto-legge viene tratta la  conseguenza
dell'incostituzionalita'  delle   norme   introdotte   in   sede   di
conversione  che  siano  del  tutto  eterogenee  rispetto  a   quelle
originariamente contenute nel decreto.  Tale  introduzione,  infatti,
implica la violazione delle norme procedimentali: solo ove sussistano
i  presupposti  enunciati  nel  secondo  comma  dell'art.  77   della
Costituzione  e'  consentito  derogare  al  procedimento  legislativo
ordinario previsto dall'art. 72 della Costituzione. 
    I casi esaminati dalla Corte costituzionale nelle  sentenze  alle
quali si e' fatto cenno appaiono assimilabili a quello in esame. 
    In particolare, in relazione a  quanto  stabilito  dall'art.  77,
comma 2, della Costituzione, la lettura della clausola che accompagna
l'adozione del  decreto-legge  n.  138  del  2011  (che  testualmente
recita: «ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza  di  emanare
disposizioni per la stabilizzazione finanziaria e per il contenimento
delle spesa pubblica al fine di garantire la stabilita' del Paese con
riferimento all'eccezionale situazione di crisi internazionale  e  di
instabilita' dei mercati e per rispettare gli impegni assunti in sede
di Unione Europea, nonche' di adottare misure dirette a  favorire  lo
sviluppo   e   la   competitivita'   del   Paese   e   il    sostegno
dell'occupazione»)  avrebbe  dovuto  dare  conto  dell'esistenza  dei
presupposti di cui all'art. 77, comma 2, in riferimento al tema della
c.d. «geografia giudiziaria», tema, invece, originariamente del tutto
estraneo   e   che   e'   stato   introdotto   solo   successivamente
all'approvazione parlamentare di un emendamento governativo  proposto
in sede di conversione del decreto-legge n. 138 del 2011. 
    Parrebbe,  dunque,  violata   la   norma   procedimentale   della
Costituzione che limita l'adozione del decreto-legge ai soli casi  di
necessita' ed urgenza. 
    La disciplina contenuta nel secondo comma dell'art. 1 della legge
n. 148/2011, volta a riorganizzare la  distribuzione  sul  territorio
degli uffici giudiziari, e' stata introdotta per la  prima  volta  in
sede di conversione ed in quanto del  tutto  eterogenea  rispetto  al
corpo del decreto-legge convertito, appare qualificabile come  «norma
intrusa», ovvero che introduce una nuova disciplina (e, propriamente,
una delega al Governo a legiferare con successivi decreti legislativi
in materia  di  riorganizzazione  della  distribuzione  degli  uffici
giudiziari sul territorio) evidentemente estranea  all'insieme  delle
altre disposizioni di legge che il primo comma dell'art. 1 provvede a
convertire. 
    Sul  punto  specifico  si  e'  recentemente  espressa  la   Corte
costituzionale con la Sentenza n. 22 del 16  febbraio  2012,  con  la
quale definitivamente si stabilisce che «La  semplice  immissione  di
una disposizione nel  corpo  di  un  decreto-legge  oggettivamente  o
teleologicamente unitario, non vale a  trasmettere,  per  cio'  solo,
alla stessa il carattere di urgenza proprio delle altre disposizioni,
legate tra loro dalla comunanza di oggetto e di finalita'.  Ai  sensi
del secondo comma dell'art. 77 Cost. i  presupposti  per  l'esercizio
senza  delega  della  potesta'  legislativa  da  parte  del   Governo
riguardano il decreto-legge nella sua interezza, inteso come  insieme
di disposizioni omogenee per la materia o per lo scopo. L'inserimento
di norme eterogenee all'oggetto o alla finalita' del decreto,  spezza
il legame logico giuridico  tra  la  valutazione  fatta  dal  governo
dell'urgenza del provvedere ed i «provvedimenti provvisori con  forza
di legge», di cui alla norma costituzionale  citata.  Il  presupposto
del «caso» straordinario di necessita' e urgenza  inerisce  sempre  e
soltanto  al  provvedimento  inteso  come  un  tutto  unitario,  atto
normativo fornito di  intrinseca  coerenza,  anche  se  articolato  e
differenziato al  suo  interno.  La  scomposizione  atimistica  della
condizione di validita' prescritta  dalla  Costituzione  si  pone  in
contrasto con il necessario legame tra il  provvedimento  legislativo
urgente ed il «caso» che  lo  ha  reso  necessario,  trasformando  il
decreto-legge in una congerie di norme assemblate  soltanto  da  mera
causalita' temporale. I  cosiddetti  decreti  «mille  proroghe»,  che
vengono convertiti in legge dalle Camere, sebbene attengano ad ambiti
materiali diversi ed eterogenei, devono obbedire alla ratio  unitaria
di intervenire con urgenza sulla scadenza di termini il  cui  decorso
sarebbe dannoso per interessi ritenuti rilevanti dal  Governo  e  dal
Parlamento, o di incidere su situazioni esistenti - pur attinenti  ad
oggetti e materie diversi - che richiedono interventi  regolatori  di
natura  temporale.  Del  tutto  estranea  a  tali  interventi  e'  la
disciplina «a regime» di materie o settori di materie  rispetto  alle
quali non  puo'  valere  il  medesimo  presupposto  della  necessita'
temporale e che possono quindi essere oggetto del  normale  esercizio
del potere di iniziativa legislativa, di cui all'art. 71 Cost. Ove le
discipline estranee alla ratio unitaria  del  decreto  presentassero,
secondo giudizio politico del Governo, profili autonomi di necessita'
e  urgenza,  le  stesse  ben  potrebbero  essere  contenute  in  atti
normativi urgenti del potere esecutivo distinti e separati.  Risulta,
invece, in  contrasto  con  l'art.  77  Cost.  la  commistione  e  la
sovrapposizione, nello stesso atto normativo, di oggetti e  finalita'
eterogenei, in ragione dei presupposti, a loro volta, eterogenei.  La
necessaria omogeneita' del decreto-legge, la cui interna coerenza  va
valutata in relazione all'apprezzamento politico operato dal  Governo
e controllato dal  Parlamento,  del  singolo  caso  straordinario  di
necessita'  e  urgenza,  deve  essere  osservato   dalla   legge   di
conversione di un  decreto-legge  e'  pienamente  recepito  dall'art.
96-bis, comma 7, del  regolamento  della  Camera  dei  deputati,  che
dispone: «Il Presidente dichiara inammissibili gli emendamenti e  gli
articoli aggiuntivi che non siano strettamente attinenti alla materia
del  decreto-legge».  Pertanto,  e'  costituzionalmente   illegittimo
l'art. 2, comma 2, quater del d.l. 29 dicembre 2010, n. 225  (Proroga
dei termini previsti da  disposizioni  legislative  e  di  interventi
urgenti in materia tributaria e  di  sostegno  alle  imprese  e  alle
famiglie) convertito in legge con modifiche  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 26 febbraio 2011, n. 10, nella parte in cui  introduce  i
commi 5-quater e 5-quinquies, primo periodo, nell'art. 5 della  legge
24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del  Servizio  nazionale  della
protezione civile) in quanto le norme impugnate, inserite  nel  corso
del procedimento di conversione del d.l. n. 225/2010, sono del  tutto
estranee alla materia e alle finalita' del medesimo». 
    Cio' posto, come sopra gia' accennato, la norma «intrusa» non  ha
direttamente disciplinato  la  materia  perche'  la  riorganizzazione
territoriale e' stata delegata al Governo. 
    Come e' noto l'art. 72, quarto comma, della  Costituzione  impone
per i disegni  di  legge  di  delegazione  legislativa  ricorso  alla
procedura normale di esame e di approvazione diretta da  parte  della
Camera che, ai sensi del primo comma della norma, consiste nel previo
esame in commissione (sede referente) e successivo passaggio in Aula,
dove il disegno viene approvato articolo per articolo e con votazione
finale. 
    La delega al Governo per la riorganizzazione della  distribuzione
sul territorio degli uffici giudiziari e' stata  approvata  in  prima
lettura dal Senato della Repubblica  il  7  settembre  2011,  durante
l'iter del procedimento di conversione in legge del decreto-legge  n.
138/2011. Il  procedimento  legislativo  di  conversione  si  e'  poi
concluso con la successiva deliberazione della Camera dei deputati. 
    Entrambi i passaggi parlamentari sono  stati  caratterizzati  dal
fatto che il Governo ha posto la questione di fiducia. 
    Dal  resoconto  della  seduta  d'aula  del  Senato   emerge   che
l'emendamento governativo sulla riorganizzazione  territoriale  delle
circoscrizioni giudiziario e' stato presentato in aula  ed  e'  stato
trasmesso per il parere alla commissione bilancio, per la valutazione
degli aspetti di copertura finanziaria: e' del tutto mancato, dunque,
il  passaggio  necessario  dell'esame  da  parte  della   commissione
referente. 
    Si legge, infatti, nel predetto  resoconto,  come  il  Presidente
della Commissione abbia informato  che  «durante  la  discussione  in
Assemblea del disegno di legge  n.  2887,  recante  ulteriori  misure
urgenti per la stabilizzazione finanziaria  e  per  lo  sviluppo,  il
Governo ha presentato l'emendamento n. 1900 sul  quale  ha  posto  la
questione di fiducia. L'emendamento stesso  e'  stato  trasmesso  dal
Presidente del Senato  affinche',  in  relazione  all'art.  81  della
Costituzione e nel  rispetto  delle  prerogative  costituzionali  del
Governo, la commissione bilancio possa informare l'assemblea circa  i
profili di copertura finanziaria». 
    Dunque, la sequenza procedimentale delineata  nella  Costituzione
(decreto-legge seguito da legge di conversione) e'  stata  sostituita
con  una  sequenza  diversa  (decreto-legge,  seguito  da  legge   di
conversione, seguita, a sua volta, da decreto legislativo, delegato),
inoltre, in una materia del tutto estranea al decreto convertito,  ma
riferita ad altro e diverso decreto gia' convertito con altra legge. 
    Parrebbero, dunque, violati sia l'iter  ordinario  di  formazione
legislativa (artt. 70 e 72, primo e quarto comma, della Costituzione)
sia l'iter previsto per la decretazione d'urgenza (art.  77,  secondo
comma, della Costituzione). 
2) Articolo 1 del decreto legislativo n. 155 del 7 settembre 2012 (in
Gazzetta Ufficiale n. 21 del 12 settembre 2012) - eccesso rispetto ai
criteri direttivi fissati nella legge delega -  violazione  dell'art.
76 della Costituzione. 
    L'art. 1 del decreto legislativo n.  155  del  7  settembre  2012
prevede: «Sono soppressi i tribunali ordinari, le sezioni  distaccate
e le procure della repubblica di  cui  alla  tabella  A  allegata  al
presente decreto». 
    Nell'elenco della tabella A e'  compreso  il  Tribunale  di  Sala
Consilina. 
    I dubbi di legittimita' costituzionale espressi in relazione alla
legge delega inducono a prospettare la illegittimita'  consequenziale
del decreto legislativo. 
    Inoltre, tale decreto sembra porsi in contrasto con i criteri  ed
i principi direttivi di cui all'art. 1, secondo comma lettere b),  d)
ed e) della legge  n.  148/2011  violando,  cosi',  l'art.  76  della
Costituzione. 
    In particolare, la lettera b) prevede che la ridefinizione  delle
circoscrizioni giudiziarie avvenga «... secondo criteri oggettivi  ed
omogenei che tengano conto dell'estensione dei territori, del  numero
di  abitanti,   dei   carichi   di   lavoro   e   dell'indice   delle
sopravvenienze,  della  specificita'  territoriale  dei   bacini   di
d'utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale nonche'
alla necessita' di razionalizzare il servizio giustizia nelle  grandi
aree metropolitane»; secondo la lettera d), si  deve  «...  procedere
alla soppressione ovvero alla riduzione delle sezioni  distaccate  di
tribunale, anche mediante accorpamento a tribunali limitrofi ...»; la
lettera e) stabilisce che, nel perseguire  le  finalita'  di  cui  ai
punti che  precedono,  si  assuma  «...  come  prioritaria  linea  di
intervento ... il riequilibrio delle attuali competenze territoriali,
demografiche e funzionali tra  uffici  limitrofi  della  stessa  area
provinciale caratterizzati da rilevante differenza di dimensioni». 
    Nel caso de quo, alcuno degli elencati criteri e'  stato  oggetto
di attenzione da parte del legislatore. 
    In particolare, non e' stato affatto seguito il criterio  di  cui
alla lettera e) ovvero quello  della  priorita'  di  riorganizzazione
nell'ambito provinciale, determinandosi la soppressione del Tribunale
di  Sala  Consilina  con  accorpamento  al  Tribunale  di  Lagonegro,
Tribunale  di  altro  distretto  di  Corte  di   Appello   (Potenza),
appartenente a Provincia, non solo, ma anche a Regione diversa. 
    Va evidenziato che, in tal  modo,  i  residenti  dei  Comuni  del
Circondario del soppresso Tribunale di Sala Consilina,  per  ottenere
risposta di Giurisdizione ordinaria - sia civile che penale -  devono
fare  riferimento  ad  uffici  esistenti  nella  Regione  Basilicata,
piuttosto che per le Giurisdizioni amministrativa e tributaria per le
quali dovranno fare riferimento  agli  uffici  propri  della  Regione
Campania. 
    A  titolo  esemplificativo  basti  pensare  alla  scissione   che
inevitabilmente verrebbe a crearsi tra l'iter amministrativo e l'iter
giurisdizionale con riferimento  alle  violazioni  del  codice  della
strada a seguito della cui contestazione, ove commesse nel territorio
campano, in particolare nel territorio  del  soppresso  Tribunale  di
Sala Consilina, il ricorso amministrativo andrebbe a proporsi dinanzi
alla Prefettura del Comune di Salerno, laddove,  invece,  il  ricorso
giurisdizionale  andrebbe  a  proporsi  dinanzi   al   Tribunale   di
Lagonegro, appartenente a differente territorio regionale. 
    Orbene, la scelta governativa di accorpare il Tribunale  di  Sala
Consilina a quello di Lagonegro, che ha un  organico  minore,  ha  un
carico  di  lavoro  nettamente  inferiore,   ricade   in   territorio
appartenente ad  altro  Distretto  di  Corte  d'Appello  e  ad  altra
Regione, non e' in sintonia con i criteri guida della legge delega. 
    Ed invero, la linea prioritaria  di  intervento,  secondo  quanto
espressamente statuito all'art. 1, comma 2, lettera e),  della  legge
n. 148/2011 e'  quella  del  riequilibrio  delle  attuali  competenze
territoriali, demografiche e funzionali tra  uffici  limitrofi  della
stessa area provinciale. 
    Nel caso di specie, invece, il decreto  delegato,  nel  prevedere
l'accorpamento di un Tribunale avente sede in  territorio  campano  a
quello di un Tribunale lucano, sembra eccedere i  limiti  del  potere
normativo delegato, di guisa  che  la  norma  adottata  non  potrebbe
sottrarsi a censure di incostituzionalita',  con  possibili  ricadute
anche sulla validita' dei processi che saranno celebrati. 
    Inoltre, sarebbe stato piu' in linea con i criteri guida lasciare
le  competenze  del  Tribunale  di  Sala  Consilina  all'interno  del
Distretto di Corte di Appello di Salerno attraverso la  ridefinizione
del bacino di utenza, mediante attribuzione di porzioni a  circondari
limitrofi. 
    In altri termini sarebbe  stato  opportuno  ed  in  linea  con  i
criteri guida delineare  un  accorpamento  seguendo  un  criterio  di
prossimita' territoriale. 
    Vanno, infatti,  evidenziate  le  caratteristiche  peculiari  del
territorio - grande estensione e crocevia fra Calabria e  Campania  e
assenza  assoluta  di  mezzi   di   comunicazione   pubblici   e   di
infrastrutture  ferroviarie  ancor  di  piu'  con  il  Tribunale   di
Lagonegro. 
    Ed ancora, si consideri che il Tribunale di Sala Consilina ha  un
organico di 11 giudici  (1+10)  mentre  quello  di  Lagonegro  ha  un
organico di 8 giudici  (1+7)  onde  l'unificazione  dei  due  presidi
giudiziari, con un organico complessivo che non raggiungera' le venti
unita',  sarebbe,  comunque,   inidoneo   ad   assicurare   effettive
condizioni di efficienza del servizio giustizia. 
    In sostanza, se  e'  vero,  come  risulta  dalla  norme,  che  la
succitata lettera e) individua come principio e criterio direttivo di
carattere generale quello  di  assumere  come  prioritaria  linea  di
intervento il riequilibrio  delle  attuali  competenze  territoriali,
demografiche e funzionali tra  uffici  limitrofi  della  stessa  area
provinciale, siffatti principi e criteri direttivi avrebbero  imposto
che  le  competenze  giudiziarie  del  Tribunale  di  Sala  Consilina
rimanessero all'interno del  distretto  della  Corte  di  Appello  di
Salerno. 
    Orbene, alcun criterio direttivo della legge  delega  autorizzava
un accorpamento del Tribunale  di  Sala  Consilina  al  Tribunale  di
Lagonegro. 
    Con la soppressione del Tribunale di Sala Consilina,  non  si  e'
affatto realizzata la finalita' della legge delega  ossia  quella  di
riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari
al fine di realizzare risparmi di spesa e  incremento  di  efficienza
... 
    In sostanza, sembra essere  stato  violato  il  disposto  di  cui
all'art. 76  della  Costituzione  per  aver  il  Governo  emanato  un
provvedimento legislativo in violazione dei principi  e  dei  criteri
direttivi previsti nella legge delega. 
3) Articolo 1 del decreto legislativo n. 155 del 7 settembre 2012 (in
Gazzetta Ufficiale  n.  213  del  12  settembre  2012)  -  violazione
dell'art. 97 e 24 della Costituzione. 
    I pubblici uffici devono  essere  organizzati  in  modo  che  sia
assicurato il buon andamento dell'amministrazione. 
    D'altra parte, obiettivo dell'art. 1, secondo comma, della  legge
n. 148/2011,e'  quello  di  realizzare  «...  risparmi  di  spesa  ed
incrementi di efficienza ...». 
    Dunque, nel caso di specie, sembrerebbero essere stati violati  i
criteri  dettati  dalla  stessa   legge   e   relativi   al   miglior
funzionamento  della  giustizia:  ne  deriverebbe  la  consequenziale
violazione del principio costituzionale del buon andamento ovvero del
diritto alla tutela giudiziaria effettiva. 
    Inoltre, non vi sono evidenze  circa  l'obiettivo  del  risparmio
economico che sarebbe realizzato con la soppressione del Tribunale di
Sala Consilina, mentre e' certo che vi saranno costi di trasferimento
e che un  bene  pubblico  quale  il  palazzo  di  giustizia  restera'
inutilizzato. Orbene, l'accorpamento del Tribunale di Sala  Consilina
al Tribunale di Lagonegro non ha comportato  risparmi  di  spesa  ne'
incrementi di efficienza. 
    In tal senso rileva il trasferimento del personale del  Tribunale
di Sala Consilina presso il presidio giudiziario  di  altra  Regione,
cio' che  certamente  comportera'  da  parte  dello  Stato  un  onore
maggiore nel costo tributario. 
    Ed invero il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito  in
legge 14 settembre 2011, n. 148, al comma 29  recita:  «i  dipendenti
delle amministrazioni pubbliche di  cui  all'art.  1,  comma  2,  del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, esclusi i  magistrati,  su
richiesta  del  datore  di  lavoro,  sono  tenuti  ad  effettuare  la
prestazione in luogo di lavoro diverso e sede diversi sulla  base  di
motivate  esigenze,  tecniche,   organizzative   e   produttive   con
riferimento   ai   piani   della   performance   o   ai   piani    di
razionalizzazione,  secondo  criteri   ed   ambiti   regolati   dalla
contrattazione collettiva di comparto. Nelle  more  della  disciplina
contrattuale si fa  riferimento  ai  criteri  datoriali,  oggetto  di
informativa preventiva, e il trasferimento e'  consentito  in  ambito
del  territorio  regionale  di  riferimento;  per  il  personale  del
Ministero dell'interno il trasferimento puo' essere disposto anche al
di fuori del territorio regionale di riferimento. Dall'attuazione del
presente comma non devono derivare nuovi o maggiori  oneri  a  carico
della finanza pubblica». 
    Il trasferimento del personale dal Tribunale di Sala Consilina al
Tribunale  di  Lagonegro  comportera'  un  aggravio  di   spesa   con
conseguente contrasto con gli obiettivi di cui  all'art.  l,  secondo
comma, della legge n. 148/2011. 
    Deve, poi, rilevarsi, come presso  il  presidio  giudiziario  del
Tribunale di Sala Consilina sia attivo il Processo civile telematico. 
    Ed invero, il Ministero della giustizia per il Tribunale di  Sala
Consilina, in data 8 maggio 2012, con decorrenza 16 maggio  2012,  ha
emanato decreto  di  attivazione  della  trasmissione  dei  documenti
informatici (c.d. processo Civile Telematico) a norma  dell'art.  35,
coma  1,  del  D.M.  21  febbraio  2011,  n.  44,  relativamente   ai
procedimenti di ingiunzione; analogamente, in data 5 luglio 2012, con
decorrenza 16 luglio 2012, ha fatto per i procedimenti di  esecuzione
immobiliare. 
    A cio'  va  aggiunto  che,  gia'  prima,  con  provvedimento  del
Direttore Generale del Ministero della giustizia, ossia  in  data  31
gennaio  2012,  e'  stata  attivata  la  trasmissione  dei  documenti
informatici relativamente alle comunicazioni telematiche. 
    Che  il  processo  civile telematico  sia   strumento   volto   a
migliorare il funzionamento della giustizia  ed  a  salvaguardare  il
principio   costituzionale   di   buon   andamento   della   Pubblica
Amministrazione e'  dimostrato  dagli  investimenti  che  il  Governo
italiano in  materia  ha  fatto  proprio  per  le  regioni  del  sud,
presentando tutto in una  conferenza  stampa  tenuta  a  Roma  il  19
dicembre 2012 dal Ministro per  la  coesione  territoriale,  Fabrizio
Barca, dal Ministro della giustizia, Paola Severino, e  dal  Ministro
dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, Francesco Profumo. 
    In siffatta conferenza stampa e' stato presentato il progetto che
ha un valore di 7,2 milioni di euro, derivanti dalla seconda fase  di
riprogrammazione  dei  fondi  strutturali   (maggio   2012)   operata
nell'ambito del Piatto di azione per la Coesione. 
    In particolare, 4,4 milioni  di  euro  provengono  dal  Programma
Operativo Nazionale «Energia» (Fondo europeo  Sviluppo  Regionale)  e
2,8  milioni  di  euro  sono  a  carico  di  risorse  nazionali  rese
disponibili con la delibera CIPE n. 111 del 26 ottobre 2012. 
    Secondo stime di Banca d'Italia e del Ministero della  giustizia,
la risoluzione di un contenzioso civile in primo  grado  richiede  in
media nel Sud del Paese  circa  il  doppio  del  tempo  previsto  nel
Centro-Nord, traducendosi in un carico di incertezza e sfiducia nelle
istituzioni da parte di cittadini e di imprese. 
    Il dato e' confermato anche dal rapporto «Doing  Business  2013»:
in Italia ci vogliono in inedia 1.210 giorni per  la  risoluzione  di
una disputa commerciale presso il  Tribunale  civile,  con  un  costo
complessivo pari  a  29,9%  del  valore  della  controversia,  mentre
nell'Unione  europea  la  media  e'  di  547  giorni  con  un   costo
complessivo pari a 21,5% del valore della controversia. Al  Tribunale
civile di Torino, che ha registrato la migliore performance a livello
nazionale, si impiegano 855 giorni con un costo complessivo  pari  al
22,3 per cento del valore della controversia.  A  Bari  si  impiegano
2.022 giorni ed il costo sale al 34,1%. 
    La dilatazione dei tempi per  la  soluzione  delle  controversie,
inoltre, incide in modo significativo anche sulla  disponibilita'  di
credito e quindi sul costo, influenzando la propensione delle aziende
ad intraprendere nuovi investimenti nel Mezzogiorno. 
    Con il PCT, in particolare, le  informazioni  e  gli  atti  degli
uffici  giudiziari  saranno  prodotti  digitalmente  e  veicolati  in
automatico ai destinatari, alimentando le banche dati, aggiornando lo
stato  di  avanzamento  dei  procedimenti  di  contenzioso  civile  e
sopportando  i  processi  decisionali  e  la  produzione   di   altre
informazioni ed atti. 
    L'informazione riguardera' le notifiche  e  le  comunicazioni  di
cancelleria  in  80  uffici  giudiziari  delle   otto   Regioni   del
Mezzogiorno, i decreti ingiuntivi nei 23 maggiori  uffici  giudiziari
delle stesse. 
    Per le notifiche telematiche si punta a una riduzione  dei  costi
di gestione amministrativa, sia per l'ufficio interessato sia  per  i
legali difensori delle parti, stimata in oltre  35  milioni  di  euro
all'anno per le sole spese di spedizione, cui aggiungere  12.000  ore
di lavoro in meno a carico dell'ufficio giudiziario.  Per  i  decreti
ingiuntivi telematici, invece, l'obiettivo e' di ridurre del 50-60% i
tempi di emissione del decreto e i costi di gestione e produzione del
provvedimento, sia  per  l'ufficio  giudiziario  che  per  gli  studi
legali. 
    Orbene, tutto cio'  si  realizza  presso  il  Tribunale  di  Sala
Consilina  senza  gravare  in  alcun  modo  sull'erario,  atteso   il
contributo ed  il  sostegno  economico  di  enti  locali,  di  ordini
professionali e di partners economici, come emerge dal protocollo  di
intesa firmato. 
    Diversamente, il Tribunale di Lagonegro, a cui  il  Tribunale  di
Sala  Consilina  e'  stato  accorpato,  secondo   la   programmazione
governativa, non rientra tra  le  strutture  giudiziarie  presso  cui
attivare il processo civile telematico. 
4) Articolo 1 del decreto legislativo n. 155 del 7 settembre 2012 (in
Gazzetta Ufficiale  n.  213  del  12  settembre  2012)  -  violazione
dell'art. 3 della Costituzione. 
    Tutte le violazioni dei criteri  posti  dalla  legge  delega,  in
particolar  modo  il  criterio  direttivo  di  cui  alla  lettera  e)
dell'art. 1, potrebbe risolversi, in concreto, anche nella violazione
dell'art. 3 della Costituzione. 
    Ed invero, il  diverso  trattamento  riservato  agli  utenti  del
Tribunale di Sala Consilina rispetto a quello di  Tribunali  analoghi
appare  arbitrario  in  quanto  non  trova   fondamento   in   alcuna
disposizione di legge  ed  irrazionale  in  quanto  non  assicura  il
raggiungimento degli obiettivi posti dal legislatore delegante. 
    Gli utenti  del  Tribunale  di  Sala  Consilina,  perdono,  unici
rispetto a tutti gli altri residenti in Tribunali sub-metropolitani e
senza che la differenza di trattamento, in controtendenza rispetto ad
ogni altra scelta riorganizzativa,  sia  motivata,  la  giustizia  di
prossimita'. 
    Inoltre, come innanzi  ricordato,  i  residenti  dei  Comuni  del
Circondario del soppresso Tribunale di Sala Consilina,  per  ottenere
risposta di Giurisdizione ordinaria, sia  civile  sia  penale  devono
fare  riferimento  ad  uffici  esistenti  nella  Regione  Basilicata,
piuttosto che per le Giurisdizioni amministrativa e  tributaria,  per
le quali dovranno fare riferimento agli uffici propri  della  Regione
Campania. 
5) Articolo 1 del decreto legislativo n. 155 del 7 settembre 2012 (in
Gazzetta Ufficiale  n.  213  del  12  settembre  2012)  -  violazione
dell'art. 25, primo comma, della Costituzione. 
    Le norme richiamate sarebbero,  altresi',  in  contrasto  con  il
disposto di cui all'art. 25,  primo  comma,  della  Costituzione,  in
quanto la loro applicazione distoglierebbe il cittadino  dal  Giudice
naturale precostituito per legge. 
    Cio' tanto piu', in  quanto  l'art.  9  del  d.lgs.  n.  155/2012
prevede che le cause pendenti avanti ad  un  ufficio  destinato  alla
soppressione alla data di entrata in vigore del provvedimento,  siano
devolute al Tribunale accorpante e,  conseguentemente,  i  rinvii  di
udienza a data successiva al 13 settembre 2013 siano fatti  al  nuovo
Giudice competente. 
    L'eliminazione  del  Tribunale  di  Sala  Consilina,  in   quanto
realizzata sulla base di norme illegittime, violerebbe la riserva  di
legge di cui all'art. 25, primo  comma,  della  Costituzione  che  e'
disposizione costituzionale destinata «a garantire  la  certezza  del
cittadino di vedere tutelarsi i' propri diritti  e  interessi  da  un
organo gia' preventivamente stabilito dall'ordinamento e indipendente
da ogni influenza esterna» (Corte costituzionale Sentenza n. 272  del
1998). 
La  non  manifesta  infondatezza  della  questione  di  legittintita'
costituzionale 
    I dubbi circa il contrasto con la Costituzione  delle  norme  fin
qui esaminate sono, dunque, consistenti e la  segnalazione  dei  vizi
incostituzionali, all'esito della delibazione che precede, non appare
affatto pretestuosa. 
    Dunque, le questioni sollevate non sono manifestamente infondate. 
Le rilevanza 
    Appare evidente la relazione tra le norme  denunciate  e  l'esito
della controversia. 
    Il dubbio di costituzionalita' investe, infatti, l'individuazione
del Giudice (il Tribunale di Lagonegro ovvero il  Tribunale  di  Sala
Consilina) che dovra' trattare  il  procedimento  penale  de  quo  e,
dunque, adottare la sentenza nel  merito,  in  quanto  la  successiva
udienza di trattazione si svolgera' in un tempo in cui  il  Tribunale
di  Sala  Consilina,  in  virtu'   della   previsione   del   decreto
legislativo, sara' stato soppresso ai  sensi  dell'art.  11,  secondo
comma, d.lgs. n. 155/2012 che recita: «...  Le  disposizioni  di  cui
agli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 7 acquistano efficacia decorsi dodici mesi
dalla data di entrata in vigore del presente decreto», e cioe' dodici
mesi dal 13 settembre 2012. 
    Ne consegue  che  cio'  costringerebbe  te  parti  processuali  a
cambiare Giudice in corso di causa. 
    Orbene, le  norme  in  oggetto  hanno  una  diretta  ed  evidente
incidenza rispetto alla decisione del presente giudizio,  concorrendo
a determinare «il giudice naturale» dello stesso. 
    L'interesse delle parti e', dunque, quello a non essere  distolte
dal giudice precostituito per legge (che allo stato e'  il  Tribunale
di Sala Consilina), sulla base di norme pur aventi valore  di  legge,
ma costituzionalmente illegittime per le  ragioni  sopra  evidenziate
(che lo individuano nel Tribunale di Lagonegro); interesse, peraltro,
a sua volta di rilevanza costituzionale, alla stregua  dell'art.  25,
primo comma, Cost. 
    La decisione delle questioni di legittimita' costituzionale, come
sopra  prospettate,  si  pone,  pertanto,   come   pregiudiziale   ed
indispensabile rispetto alla decisione del presente giudizio. 
    La  Corte  costituzionale,  con  le  sentenze  n.  18/89   (sulla
responsabilita' civile dei magistrati) e n. 196/87  (sulla  obiezione
di coscienza del giudice tutelare in ordine alla autorizzazione delle
donne minorenni all'interruzione della gravidanza),  ha,  del  resto,
gia' riconosciuto che - fini dell'ammissibilita' delle  questioni  di
legittimita' sollevate - devono  ritenersi  rilevanti,  ai  fini  del
giudizio,  anche  le  norme  che,  pur  non  direttamente  pertinenti
rispetto all'oggetto del giudizio, attengono, comunque,  allo  status
del Giudice,  alla  sua  composizione,  nonche',  in  generale,  alle
garanzie ed ai doveri che riguardano il suo operare. 
    La Corte ha affermato  che  «L'eventuale  incostituzionalita'  di
tali norme e' destinata ad  influire  su  ciascun  processo  pendente
davanti al giudice del quale regolano lo status, la composizione,  le
garanzie e i doveri; in sintesi, la "protezione" dell'esercizio della
funzione, nella quale i doveri  si  accompagnano  ai  diritti»  (cfr.
sent. n. 18/89, ed ancora Corte cost. 24 novembre  1982,  n.  196;  4
luglio 1977, n. 125; 15 maggio 1974 n. 128). 
    La  protezione  dell'esercizio  della  funzione   giurisdizionale
influisce,  pertanto,  in  questi  casi,  su   ciascun   procedimento
pendente, nell'ambito (ed in ogni momento) del quale puo',  pertanto,
essere sollevata la questione di legittimita' costituzionale. 
    Dunque,  la   risoluzione   delle   questioni   di   legittimita'
costituzionale sollevate si  pone  in  rapporto  di  pregiudizialita'
rispetto all'ulteriore corso del procedimento penale de quo,  la  cui
udienza di trattazione e' stata fissata alla data  del  25  settembre
2013, ore 11,00. 
    Ne consegue che il presente procedimento  non  si  puo'  decidere
indipendentemente dalla risoluzione delle questioni  di  legittimita'
costituzionale sollevate, che, come tali, si pongono in  rapporto  di
pregiudizialita' con l'ulteriore trattazione.