IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 28 del 2012, proposto da: Carlo Belli, Floriana Calitti, Antonio Catolfi, Salvatore Cingari, Costamagna Lidia, Covino Sandra, Roberto Fedi, Carla Gambacorta, Daniela Gambini, Fiera Margutti, Rosanna Masiola, Donatella Padua, Maurizio Pistelli, Siriana Sgavicchia, Stefania Tusini, Giovanna Zaganelli, tutti rappresentati e difesi dall'avv.to Eugenio Barrile, con domicilio eletto presso Luciano Trombettoni, in Perugia, via XIV Settembre, 67; contro Universita' per Stranieri di Perugia, Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di' Perugia, domiciliataria in Perugia, via degli Offici, 14; per l'accertamento e la declaratoria del diritto dei ricorrenti a godere della progressione economica cosi' come prevista e disdplinata dagli artt 36 e 38 d.P.R. 382/80 e del conseguente diritto a percepire l'adeguamento stipendiale e le differenze retributive legate alla maturazione delle c.d. classi biennali ed ai c.d. scatti biennali medio tempore eventualmente intervenuta, nonche' a vedere comunque computata, sia ai fini giuridici che economici, l'anzianita' da essi maturata nel periodo compreso tra il 01.01.2011 ed il 31.12.2013; nonche' per quanto occorrer possa per l'annullamento dei cedolini stipendiali nella parte in cui "bloccano" i c.d. contatori dell'anzianita' maturata in ascritta applicazione dell'art. 9 c. 21 del D.L. 78/2010 come convertito in legge e di qualsiasi altro atto collegato ancorche' non conosciuto ed eventualmente precedente. Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Universita' per Stranieri di Perugia e del Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2013 il dott. Paolo Amovilli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 1. I ricorrenti in epigrafe sono tutti docenti universitari (professori associati, professori ordinari o ricercatori), in servizio presso l'Universita' per Stranieri di Perugia, cosi' come documentato in atti. In quanto destinatari delle disposizioni di cui all'art. 9, comma 21, del decreto - legge 31 maggio 2010 n. 78, come convertito in legge 30 luglio 2010 n. 122, si dolgono delle corrispondenti decurtazioni economiche scaturenti da tale disciplina, della cui compatibilita' costituzionale dubitano per articolate ragioni esposte nei corrispondenti capi di censura. In primo luogo, deducono la violazione e falsa applicazione dell'art 3 ter del d.l. 180/2008, dell'art. 9 c. 21 del d.l. 78/2010, nonche' degli artt 6 e 8 della legge 240/2010, posto che secondo i ricorrenti, le decurtazioni di cui all'art. 9, comma 21, del d.l. 31 maggio 2010 n. 78 non sarebbero loro applicabili, come invece opinato dall'Universita' di Perugia, facendo quest'ultimo riferimento alle sole categorie di personale che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi; viceversa, l'originario impianto previsto dal legislatore di automaticita' della progressione economica dei ricercatori e professori sarebbe stato definitivamente superato dall'art. 3-ter del d.l. 180/2008 e confermato dalla legge 240/2010 c.d. "Gelmini", i quali condizionano la progressione a verifica delle attivita' didattiche di ricerca e gestionali svolte, lungi pertanto da qualsivoglia automatismo. Ove si volesse ritenere comunque l'art. 9, comma 21, del d.l. 31 maggio 2010 n. 78 applicabile nei loro confronti, i ricorrenti chiedono dunque che, previa rimessione alla Corte costituzionale della questione di costituzionalita' del vigente impianto normativo, sia accertato il loro diritto alla percezione della retribuzione integrale, nella misura variamente computata in atti per ciascun ricorrente. L'eccezione di incostituzionalita' della norma concerne l'asserito contrasto con gli artt. 3 sotto diversi profili (principio di uguaglianza tra categorie di lavoratori, ragionevolezza con riguardo in particolare agli effetti retroattivi della previsione legislativa), 36 (principio di proporzionalita' tra retribuzione e prestazione lavorativa), 37 (parita' di retribuzione e di lavoro), 77 (mancanza dei requisiti della necessita' ed urgenza), 3 comma 2, 9 comma 1, 33 e 34 (tutela della ricerca scientifica quale principio fondamentale), 53 (criterio di progressivita' delle forme di prelievo tributario) ed infine, 97 Cost. (buon andamento). Si e' costituita l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Perugia, che resiste al ricorso di cui chiede la reiezione, evidenziando anzitutto l'applicabilita' delle decurtazioni in esame al personale docente universitario, non essendo tutt'ora intervenuti i regolamenti attuativi previsti sia dall'art. 3-ter del d.l. 180/2008 sia dalla stessa legge "Gelmini"; quanto alla prospettata questione di costituzionalita', rileva la manifesta infondatezza, perche' la congiuntura economica in cui e' intervenuto il d.l. 78/2010 sarebbe tale da giustificare il sacrificio di altri valori costituzionali. Le parti hanno svolto difese in vista della pubblica udienza del 30 gennaio 2013, nella quale la causa e' passata in decisione. 2. La soluzione della questione prospettata dai ricorrenti dipende dall'esame della compatibilita' costituzionale dell'impianto normativo contenuto nelle disposizioni richiamate, una volta pregiudizialmente stabilita la piena applicabilita' nei loro confronti delle decurtazioni di cui al suddetto comma 21 dell'art. 9. I ricorrenti, in punto di diritto, espongono quanto segue. Con riferimento specificamente al personale c.d. "non contrattualizzato" di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il comma 21 dell'art. 9 stabilisce che i relativi "meccanismi di adeguamento retributivo", come previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, "non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 ancorche' a titolo di acconto, e non danno comunque luogo a successivi recuperi"; che per le medesime categorie di personale "che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti", e che "le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici". Le norme di cui all'art. 9, comma 21, del d.l. n. 78 del 2010 prevedono dunque il blocco, per il triennio 2011 - 2013 e senza possibilita' di "successivi recuperi": a) dei "meccanismi di adeguamento retributivo" previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448; b) degli automatismi stipendiali (classi e scatti) correlati all'anzianita' di servizio; c) di ogni effetto economico delle "progressioni di carriera", comunque denominate, conseguite nel triennio 2011 - 2013. Per quanto riguarda i criteri di adeguamento retributivo di cui all'art. 24 della l. n. 448 del 1998, tale disposizione prevede che "a decorrere dal 1° gennaio 1998 gli stipendi, l'indennita' integrativa speciale e gli assegni fissi e continuativi dei docenti e dei ricercatori universitari (...) sono adeguati di diritto annualmente in ragione degli incrementi medi, calcolati dall'ISTAT, conseguiti nell'anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati fiati sulle voci retributive, ivi compresa l'indennita' integrativa speciale, utilizzate dal medesimo Istituto per l'elaborazione degli indici delle retribuzioni contrattuali'(comma 1); ai sensi del comma 2 della stessa disposizione, "la percentuale dell'adeguamento annuale prevista dal comma 1 e' determinata entro il 30 aprile di ciascun anno con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la funzione pubblica e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica"; sempre il comma 2 stabilisce che "a tal fine, entro il mese di marzo, l'ISTAT comunica la variazione percentuale di cui al comma 1", e che "qualora i dati necessari non siano disponibili entro i termini previsti, l'adeguamento e' effettuato nella stessa misura percentuale dell'anno precedente, salvo successivo conguaglio". Per quanto concerne invece gli automatismi stipendiali legati all'anzianita' di servizio, il vigente sistema (a partire dall'art. 36 del d.P.R. n. 382 del 1980, recante "Riordinamento della docenza universitaria", e con le modifiche e gli aggiustamenti susseguitisi negli anni) prevede che la progressione economica dei docenti di ruolo delle universita' si sviluppa in una serie di "classi" biennali di stipendio, al conseguimento di ciascuna delle quali corrisponde uno "scatto" stipendiale: tali "scatti", pero', incidono diversamente a seconda dell'anzianita' di servizio, e cio' si traduce in notevoli sperequazioni negli effetti del "blocco". In applicazione del citato comma 21 dell'art. 9, pertanto, per l'intero triennio 2011 - 2013 le .retribuzioni dei docenti universitari sono escluse tanto dai meccanismi di adeguamento di cui all'art. 24 della l. n. 448 del 1998, tanto dall'applicazione degli aumenti retributivi ("scatti" e "classi" di stipendio) collegati all'anzianita' di ruolo: adeguamenti ed aumenti ricominceranno a decorrere a partire dal 2014, con espressa esclusione, pero', di ogni possibilita' di "recupero" degli adeguamenti e degli scatti che sarebbero spettati per il triennio 2011 - 2013. La difesa degli istanti precisa che tali misure non sono le prime ad incidere negativamente sulle retribuzioni dei docenti universitari, in quanto esse, anche negli anni scorsi, sono state oggetto di taluni interventi sempre orientati ad esigenze di contenimento della spesa pubblica: gia' per l'anno 2007, infatti, in applicazione dell'art. 1, comma 576, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007), l'adeguamento retributivo previsto dall'art. 24 della l. n. 448 del 1998 e' stato corrisposto solo nella misura del 70%; successivamente, l'art. 69 d.l. n. 112 del 25 giugno 2008 come convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133 ha previsto, per il c.d. personale "non contrattualizzato", il differimento di 12 mesi della maturazione dell'aumento biennale o della classe di stipendio, nel limite del 2,5%. Tuttavia, secondo la difesa dei ricorrenti, tali circostanze altro non farebbero che evidenziare come i docenti universitari siano gia' stati chiamati a contribuire alla riduzione della spesa. La difesa dei ricorrenti evidenzia inoltre che, con riferimento specifico al blocco dei c.d. "scatti" stipendiali, tutto il meccanismo delle "classi" e degli "scatti" degli stipendi dei docenti universitari e' destinato ad essere profondamente innovato a seguito dell'entrata in vigore della legge 30 dicembre 2010, n. 240 "Gelmini", recante "norme in materia di organizzazione delle universita', di personale accademico e reclutamento, nonche' delega al Governo per incentivare la qualita' e l'efficienza del sistema universitario": il combinato disposto degli artt. 6, comma 14 e 8, comma 1, della legge n. 240/2010 citata stabilisce che, a decorrere dall'entrata in vigore dei regolamenti attuativi della legge, l'attuale meccanismo di progressione automatica basato su scatti biennali di stipendio venga sostituito da un diverso meccanismo, caratterizzato da scatti triennali anziche' biennali e, soprattutto, non piu' automatici, in quanto legati all'esito di' una valutazione, demandata ai singoli atenei, sull'attivita' svolta dal docente nel triennio, con la previsione che, in caso di valutazione negativa, non si da' luogo all'attribuzione di alcuno scatto stipendiale e che "la richiesta di attribuzione dello scatto puo' essere reiterata dopo che sia trascorso almeno un anno accademico" (art. 6, comma 14, cit.). Tale riforma, secondo i ricorrenti - nella denegata ipotesi ove si ritenesse applicabile al personale docente - produce effetti indiretti di ulteriore aggravamento, illogicita' ed ingiustizia dell'effetto, sui docenti universitari, dell'intervento attuato con il citato art. 9 comma 21 del d. l. n. 78/2010. A giudizio del Collegio, le censure dei ricorrenti introducono una questione di compatibilita' di quest'ultima normativa con la Costituzione, che e' rilevante e non manifestamente infondata, come per altro di recente ritenuto dall'adito Tribunale (T.A.R. Umbria ordinanza 27 febbraio 2013, n. 107) sulla scia di altri Tribunali amministrativi regionali (T.A.R. Lombardia - Milano ord. 15 giugno 2012 n. 1691; T.A.R. Reggio Calabria ord. 8 maggio 2012, n. 311) che hanno sollevato identica questione di costituzionalita', per le seguenti ragioni. Sulla rilevanza della questione di costituzionalita'. 3. Come prima evidenziato, la normativa di cui all'art. 9, comma 21, del d. 1. n. 78 del 2010 introduce diverse misure, che producono una decurtazione del trattamento stipendiale e previdenziale dei docenti universitari, prevedendo il blocco, per il triennio 2011 - 2013 e senza possibilita' di "successivi recuperi": a) dei "meccanismi di adeguamento retributivo" previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448; b) degli automatismi stipendiali (classi e scatti) correlati .all'anzianita' di servizio; c) di ogni effetto economico delle "progressioni di carriera", comunque denominate, conseguite nel triennio 2011 - 2013. La normativa richiamata, a giudizio del Collegio, si applica direttamente sulla retribuzione dei ricorrenti, dal che scaturisce l'interesse processuale alla proposizione del gravame. Interesse processuale e rilevanza della questione sono strettamente connessi: se il Collegio non dubitasse della compatibilita' costituzionale delle norme in esame, la pretesa dei ricorrenti sarebbe infondata e da respingersi sotto tutti i profili dedotti, qui presi in considerazione, in quanto le Autorita' intimate si sono limitate a fare applicazione delle disposizioni in vigore. 3.1. Innanzitutto, l'applicabilita' dell'art. 9 c. 21 del d.l. 78/2010 nei confronti dei ricorrenti discende dal fatto che il nuovo sistema di progressione economica "meritocratico" non puo' dirsi al momento applicabile al personale docente, non essendo ancora intervenuti i regolamenti attuativi previsti sia dall'art. 3-ter del d.l. 180/2008 sia dalla stessa legge 240/2010 "Gelmini". L'art. 3-ter suddetto demanda infatti ad apposito decreto del Ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca, su proposta del Consiglio universitario nazionale e sentito il Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca, la definizione dei criteri identificanti il carattere scientifico delle pubblicazioni, necessari per l'accertamento da parte della autorita' accademica della effettuazione nel biennio precedente di pubblicazioni scientifiche di' cui al primo comma. A sua volta, l'art. 8 della legge 240/2010 rimanda ad un successivo regolamento, allo stato non intervenuto, la disciplina della revisione del trattamento economico dei professori e ricercatori universitari. D'altronde, come condivisibilmente evidenziato dalla difesa erariale, se il legislatore avesse voluto escludere il personale docente dall'ambito di applicazione dell'art. 9 c. 21 del d.l. 78/2010 avrebbe introdotto una disposizione ad hoc, come avvenuto ad esempio con il successivo comma 22 per la categoria dei magistrati. 3.2. Inoltre, l'applicabilita' dell'art. 9 c. 21 nei confronti dei ricorrenti puo' affermarsi anche sulla base della considerazione secondo cui anche nel nuovo sistema di progressione economica a regime, la progressione stipendiale rimarrebbe prefigurabile ex ante e pertanto pressoche' automatica, in quanto non subordinata ad eventi estranei alla sfera lavorativa degli interessati, quali ad esempio determinazioni assunte in sede di contrattazione collettiva o superamento di selezioni tra piu' aspiranti (cosi' T.A.R. Lombardia Milano sez. IV ord, 1691 del 15 giugno, 2012). 3.3. E' pertanto evidente la rilevanza nel presente giudizio della questione di costituzionalita'. Sulla non manifesta infondatezza. 4. Le censure di incostituzionalita' della normativa in questione sono affidate a distinte linee argomentative, che vengono esaminate secondo l'ordine seguito nell'atto introduttivo del giudizio. 4.1. In via preliminare, si osserva che, come condivisibilmente esposto dalla difesa dei ricorrenti, il caso odierno non e' riconducibile a precedenti fattispecie gia' esaminate dalla Corte costituzionale (sent. n. 245/1997 e ord. n. 299/1999 in ordine all'art. 7 del d.l. n. 384 del 1992, convertito in l. n. 438 del 1992), perche', a differenza di tali ipotesi, in cui le misure restrittive erano temporalmente circoscritte ad un solo anno, difetta nella sostanza quel requisito dell'eccezionalita' e temporaneita' della disciplina che aveva consentito alla stessa Corte di rigettare le prospettate questioni di costituzionalita'. In primo luogo, infatti, nel caso di cui qui si discute la durata del "blocco" e' temporalmente superiore a quella del citato art. 7 (tre anni a fronte di uno); a cio' deve aggiungersi che anche il carattere "eccezionale" e comunque "transeunte" della misura pare poter essere messo in discussione, da momento che, come si e' visto, si tratta del terzo intervento che, dal 2007 ad oggi, colpisce (oltretutto in rnisura notevolmente piu' incisiva dei due precedenti) i criteri di adeguamento e i c.d. "automatismi stipendiali" dei pubblici dipendenti, ed in particolare dei c.d. "non contrattualizzati". Peraltro, a ulteriore conferma del carattere non "eccezionale" e non "transeunte" della disciplina, si consideri come di recente il d.l. n. 98 del 2011, convertito nella l. n. 111 del 2011, all'art. 16, comma 1, lett. b, preveda la "proroga fino al 31 dicembre 2014 delle vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici anche accessori del personale delle pubbliche amministrazioni previste dalle disposizioni medesime". Secondo la difesa dei ricorrenti, la circostanza che la riforma di cui al menzionato d.l. 98/2011 si applichi solamente a far data dallo scatto successivo a quello in corso, non elide, anzi conferma, l'incisivita' della misura, perche' concorre a posticipare nel tempo l'incremento di carriera. Piu' specificatamente, in presenza di una sostanziale reiterazione di misure afflittive, la natura eccezionale e transitoria di una disposizione non puo' essere fatta derivare dalla sua scadenza nominale perche', se cosi' fosse, si consentirebbe un'indeterminata ed indeterminabile compressione delle situazioni giuridiche incise, avallando complessivo arbitrio del legislatore, che violerebbe i criteri della certezza e prevedibilita' delle norme giuridiche, con gravissime conseguenze in ordine ai rapporti giuridici in atto. In definitiva, a giudizio del Collegio, lo scrutinio della norma di cui si dubita; sotto il profilo della sua eccezionalita' e temporaneita', deve essere condotto secondo ragionevolezza e con approccio sostanziale al piano degli effetti che la norma produce, anche in termini di prevedibilita' della sua reiterazione nel tempo. Osserva preliminarmente il Collegio come in passato la Corte costituzionale abbia gia' effettivamente scrutinato la legittimita' di una normativa analoga a quella contestata nel presente giudizio. Stabiliva infatti l'art. 7 del d. 1. n. 384 del 1992, convertito in L. n. 438 del 1992, che "per l'anno 1993 non trovano applicazione le norme che comunque comportano incrementi retributivi in conseguenza sia di automatismi stipendiali, sia dell'attribuzione di trattamenti economici, per progressione automatica di carriera". La Corte, dato atto che la normativa in questione era stata emanata "in un momento delicato della vita nazionale", avente "la finalita' di realizzare, con immediatezza, un contenimento della spesa pubblica", ne ha riconosciuto la legittimita', atteso che il blocco "esauriva i suoi effetti nell'anno considerato, limitandosi a impedire erogazioni per esigenze di riequilibrio del bilancio", (sentenza 18 luglio 1997, n. 245) affermando che la siffatta norma, nell'imporre sacrifici anche onerosi, poteva ritenersi non lesiva del principio di cui all'art. 3 della Costituzione, sotto il duplice aspetto della non contrarieta' sia al principio di uguaglianza sostanziale, sia a quello della non irragionevolezza, a condizione pero' che i suddetti sacrifici siano eccezionali, transeunti, non arbitrari e consentanei allo scopo prefisso. La fattispecie di che trattasi non pare pertanto riconducibile ai citati precedenti gia' esaminati dalla Corte costituzionale poiche', a differenza di tali ipotesi, in cui le misure restrittive erano temporalmente circoscritte ad un solo anno, difetta ora nella sostanza quel requisito dell'eccezionalita' e temporaneita' della disciplina, che aveva consentito alla stessa Corte di rigettare le prospettate questioni di costituzionalita'. L'estensione del blocco alla maturazione delle classi e scatti di stipendio ad un triennio, crea infatti una vera e propria paralisi nella progressione stipendiale dei ricorrenti, non comparabile ai seppur gravosi effetti prodotti dal citato art. 7 d.l. 384/1992, che in quanto circoscritti ad un anno potevano essere considerati una limitata parentesi meramente temporanea, priva di un vero e proprio carattere di stabilita'. Tanto piu' che le decurtazioni in esame, come visto, produrranno effetti anche sul trattamento di fine rapporto e sulla contribuzione pensionistica, diversamente da quanto invece disposto dal successivo comma 22 dell'art. 9 per il personale della magistratura, avvocati e procuratori dello Stato. Peraltro, ad ulteriore conferma della natura non "eccezionale" e non "transeunte" della disciplina, si consideri come di recente il d.l. n. 98 del 2011, convertito nella l. n. 111 del 2011, all'art. 16, comma 1, lett. b, preveda la "proroga fino al 31 dicembre 2014 delle vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici anche accessori del personale delle pubbliche amministrazioni previste dalle disposizioni medesime". Va infine evidenziato, da ultimo, che la Corte costituzionale (sent. 11 ottobre 2012, n. 223) nel dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 9 c. 22 del medesimo decreto - legge 78/2010 avente ad oggetto l'omologo blocco stipendiale emergenziale disposto nei confronti della categoria dei magistrati con effetto nel triennio 2011-2013, per contrasto (anche) con l'art. 3 Cost., ha rilevato il superamento dei suesposti limiti costituzionali, trattandosi di misure "suscettibili di determinare effetti permanenti". Tale affermazione, pur nell'ambito delle rilevate differenti guarentigie costituzionali a tutela dell'autonomia della magistratura e del relativo trattamento economico, assume valenza generale, dovendo comunque gli interventi del legislatore di carattere emergenziale istitutivi di misure afflittive del trattamento economico del personale pubblico essere "temporalmente delimitati", diversamente da quanto avvenuto con l'impianto predisposto dal legislatore con il decreto - legge in questione. Per la ragioni sopra esposte il Collegio dubita pertanto della legittimita' costituzionale dell'art. 9 comma 21 del d.1. n. 78/2010, per violazione dell'art. 3 comma 2 Cost. 4.2. Quanto all'eccepito contrasto con il principio di eguaglianza tra categorie di lavoratori come si e' gia' anticipato, il meccanismo delle "classi" e degli "scatti" dei docenti universitari e' in corso di revisione ed e' destinato ad essere radicalmente innovato, a seguito dell'entrata in vigore della legge 30 dicembre 2010, n. 240, il cui art. 8 prevede che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, il Governo adotti regolamenti "per la revisione della disciplina del trattamento economico dei professori e dei ricercatori universitari", introducendo, tra l'altro, la "trasformazione della progressione biennale per classi e scatti di stipendio in progressione triennale"; l'art. 6, comma 14, della stessa legge stabilisce che i nuovi "scatti" triennali non saranno piu' automatici, ma saranno attribuiti, previa richiesta dell'interessato accompagnata da una "relazione triennale sul complesso delle attivita' didattiche, di ricerca e gestionali svolte", a seguito di una valutazione, demandata alle singole universita', sull'insieme delle attivita'. svolte dal docente nel triennio, con la previsione che, in caso di valutazione negativa, non si attribuisce alcuno scatto stipendiale e che "la richiesta di attribuzione dello scatto puo' essere letterata dopo che sia trascorso almeno un anno accademico". Sicche', gia' a partire dal 2011, gli scatti biennali e gli "automatismi" su cui pretende di incidere l'art. 9, comma 21, del d.l. n. 78 del 2010, come convertito in l. n. 122 del 2010, sono destinati a scomparire, per essere sostituiti da un meccanismo del tutto diverso, che non solo presenta cadenza triennale anziche' biennale, ma soprattutto non ha piu' alcun carattere di "automatismo". Sia l'art. 6, comma 14, sia l'art. 8 della legge n. 240 del 2010 richiamano e fanno espressamente salvo quanto disposto dal decreto legge n. 78 del 2010, come convertito in legge n. 122 del 2010, e quindi anche le disposizioni dell'art. 9, comma 21, relative al "blocco" degli automatismi stipendiali; tuttavia la difesa dei ricorrenti dubita dell'interpretazione del menzionato rinvio, prospettando che per i docenti universitari il "blocco" dovrebbe essere applicato solo sino all'entrata in vigore - con l'emanazione dei relativi regolamenti - del nuovo regime di progressione economica, per scatti triennali ed a seguito di valutazione; ma potrebbe anche interpretarsi nel senso che in ogni caso, per l'intero triennio 2011 - 2013, non si darebbe luogo all'applicazioni di scatti stipendiali, e che il nuovo regime comincerebbe a decorrere solo dal 1° gennaio 2014. L'analisi delle disposizioni di salvaguardia del blocco degli scatti contenute nei richiamati artt. 6 comma 14 della L. n. 240/2010 (a norma. del quale "I professori e i ricercatori sono tenuti a presentare una relazione triennale sul complesso delle attivita' didattiche, di ricerca e gestionali svolte, unitamente alla richiesta di attribuzione dello scatto stipendiale di cui agli articoli 36 e 38 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, fermo restando quanto previsto in materia dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122") ed 8 (a norma del quale "Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Governo, tenendo conto anche delle disposizioni recate in materia dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, adotta un regolamento ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per la revisione della disciplina del trattamento economico dei professori e dei ricercatori universitari gia' in servizio e di quelli vincitori di concorsi indetti fino alla data di entrata in vigore della presente legge, come determinato dagli articoli 36, 38 e 39 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, secondo le seguenti norme regolatrici"), a giudizio del Collegio rende plausibile solamente quest'ultima interpretazione, che e' anche la piu' gravemente incisiva sulle posizioni dei ricorrenti: essendo la sospensione degli scatti volta a correggere non la dinamica della loro attribuzione, bensi' la loro incidenza in termini economici sulle poste passive del bilancio statale, l'automatismo della loro attribuzione e' requisito meramente descrittivo della fattispecie normativa e non qualificante, essendo indifferente - ai fini economici - la modalita' di attribuzione degli incrementi retributivi. Anche se, per i singoli interessati, l'attribuzione degli scatti stipendiali e' eventuale - dipendendo dalle valutazioni previste dalla legge, dal momento che gli scatti non sono contingentati e la loro attribuzione non e' comunque affidata a procedure selettive, tali da ridurre l'importo complessivo dell'incremento degli oneri per il personale, ai fini della previsione della spesa nel bilancio dello Stato - va comunque previsto (e conseguentemente garantito come approvvigionamento, a copertura delle relative poste passive) un finanziamento pari agli incrementi stipendiali spettanti a "tutti" coloro che potenzialmente sono in grado di conseguite gli scatti medesimi. Pertanto, per effetto dell'art. 6, comma 4 ed 8 della legge nr. 240/2011, il nuovo regime degli scatti per i docenti universitari, pur entrando giuridicamente in vigore secondo le scadenze previste nella legge, restera' soggetto alla sospensione di cui all'art. 9, comma 21, del d. l. n. 78 del 2010, come convertito in l. n. 122 del 2010, e dunque avra' applicazione solo a decorrere dal 1° gennaio 2014. Ne deriva che la disposizione della cui legittimita'. costituzionale si dubita appare fortemente discriminatoria per i docenti universitari, perche' li priva definitivamente di utilita' economiche che erano acquisite nell'aspettativa del proprio trattamento economico, senza che essi (per il concorrente effetto della riforma) possano contare, allo scadere del blocco, come tutti gli altri dipendenti non contrattualizzati, della ripresa del piu' favorevole regime automatico dell'applicazione degli scatti stipendiali. L'evidente disparita' di trattamento che ne consegue fa dubitare della legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 21, del d. l. 78 del 2010, anche in combinato disposto con gli artt. 8 e 6, comma 14, della legge n. 240 del 2010 (nella parte in cui tali ultime norme richiamano e fanno salvo il disposto dell'art. 9, comma 21, cit.), per violazione degli art. 3, 97 e 36 Cost. 4.3. Sono violati infatti l'art. 3 cost. ed generale canone della ragionevolezza, in quanto i docenti universitari, pur abbandonando il meccanismo della progressione automatica, vengono sottoposti, al pari di altre categorie per cui tale meccanismo continua ad applicarsi, agli effetti del blocco di cui all'art. 9, comma 21 del d. l. n. 78 del 2010: che sia del tutto illogico ed iniquo applicare tale blocco, riferito per esplicito alle (sole) progressioni "automatiche", anche a forme di progressione stipendiale che non presentano alcun automatismo, emerge peraltro anche dal confronto con la disciplina dettata per i magistrati dal comma 22 del medesimo art. 9, peraltro dichiarata incostituzionale con sentenza 223/2012. La denunciata disparita' di trattamento in danno del personale docente, che pure gode di specifiche guarentigie costituzionali ai sensi degli artt. 9, 33 e 34 Cost., pare evidente specie nei confronti di altre categorie di personale in regime di diritto pubblico che invece ne sono prive (procuratori e avvocati generali dello Stato). 4.4. Ritiene altresi' il Collegio di rilevare d'ufficio la questione di costituzionalita' per contrasto con l'art. 97 cost. sotto due distinti aspetti: prima di tutto, perche' la disparita' di trattamento sopra evidenziata si traduce altresi' in una violazione del principio costituzionale di imparzialita' dell'azione amministrativa; in secondo luogo, perche' le prescrizioni derivanti dal combinato disposto di cui all'art. 9 del d. l. n. 78 del 2010 ed agli artt. 6 e 8 della l. n. 240 del 2010 si traducono, di fatto, in uno slittamento in avanti di ben tre anni (a dopo il 2014) degli effetti di una riforma che, superando il sistema degli automatismi stipendiali a favore di una progressione economica legata alla valutazione dell'effettiva attivita' didattica e di ricerca svolta dal docente negli anni precedenti, e' evidentemente volta ad introdurre meccanismi di premialita' fondati sul merito, e quindi ad assicurare, come appunto prevede l'art. 97 Cost., il "buon andamento" e l'efficienza dell'amministrazione. 4.5. E' violato, infine, l'art. 36 Cost., in quanto il meccanismo degli scatti, specie se legati ad una valutazione dell'attivita' effettivamente svolta, e' posto a presidio anche del principio di proporzionalita' tra la retribuzione percepita e la qualita' e la quantita' del lavoro effettivamente svolto dal docente. Secondo i ricorrenti, che si affidano ad argomenti che il Collegio condivide, non si tratta di contestare il superamento dell'automatismo e l'accoglimento del diverso principio che fa derivare la progressione stipendiale da una valutazione sulla qualita' e quantita' del lavoro effettivamente prestato, che sono obiettivi pienamente da sostenere e riconoscere: cio' che invece risulta inaccettabile e' che, nel momento stesso in cui si decide per una simile importante riforma, non si scelga di renderla sin da subito operante, ma di fatto se ne blocchino gli effetti per un intero triennio, ponendo arbitrariamente sullo stesso piano i docenti universitari e le altre categorie di personale "non contrattualizzato", per le quali ultime invece, una volta decorso il triennio, c.d. "automatismi" stipendiali riprenderanno a decorrere come prima. Una corretta applicazione dei sopra indicati principi costituzionali avrebbe invece imposto di rendere sin da subito operante la riforma introdotta con la legge n. 240 del 2010, iniziando immediatamente a far dipendere il riconoscimento degli scatti stipendiali dalla valutazione dell'attivita' svolta dai docenti negli anni precedenti. Non manifestamente infondato, a giudizio del Collegio, e' il denunziato contrasto con l'art. 37 Cost c. primo, assistendosi come detto ad una irragionevole discriminazione tra lavoratori che svolgono le medesime attivita'. 4.6. Quanto al contrasto con i principi di eguaglianza e ragionevolezza (art. 3 Cost.) di imparzialita' e buon andamento dell'azione amministrativa (art. 97 Cost.), anche con riferimento al diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantita' e qualita' del lavoro prestato (art. 36 Cost.) di capacita' contributiva e di progressivita' dell'imposizione tributaria (art. 53 Cost.) e di ingiustificata disparita' di trattamento a danno dei docenti titolari delle classi stipendiali piu' basse, il Collegio osserva quanto segue. 4.7. Ritiene il Collegio che la normativa in questione denoti una chiara natura tributaria, con conseguente dubbia compatibilita' con i principi espressi dall'art. 53 Cost. In merito, sussiste comunque la giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda inerente le decurtazioni del trattamento economico aventi natura tributaria in quanto, ai sensi dell'art. 133 lett. "i" del cpa, spetta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la cognizione delle "controversie relative ai rapporti di lavoro del personale in regime di diritto pubblico". La formulazione della norma e' talmente ampia da ricomprendere ogni questione retributiva che trovi origine, causa oppure occasione nel rapporto di lavoro dei dipendenti non contrattualizzati, tra i quali rientrano i docenti universitari. Coerentemente con tale impostazione, i ricorrenti evidenziano come l'applicazione di tale blocco determini sperequazioni interne, perche' applica una misura indistinta a classi di stipendio disomogenee, senza considerare la complessiva e personale situazione reddituale dell'inciso; e provochi altresi' un effetto chiaramente regressivo, perche' colpisce in maniera maggiore le classi di stipendio piu' basse. Con ord. n. 341/2000 la Consulta, dopo aver premesso che "l'art. 53 della Costituzione deve essere interpretato in modo unitario e coordinato, e non per preposizioni staccate ed autonome le une dalle altre" ha affermato che "la universalita' della imposizione, desumibile dalla espressione testuale "tutti" (cittadini o non cittadini, in qualche modo con rapporti di collegamento con la Repubblica italiana), deve essere intesa nel senso di obbligo generale, improntato al principio di eguaglianza (senza alcuna delle discriminazioni vietate: art. 3, primo comma, della Costituzione), di concorrere alle "spese pubbliche in ragione della loro capacita' contributiva" (con riferimento al singolo tributo ed al complesso della imposizione fiscale), come dovere inserito nei rapporti politici in relazione all'appartenenza del soggetto alla collettivita' organizzata". Manca, dunque, nella fattispecie normativa in esame l'"indefettibile raccordo con la capacita' contributiva, in un quadro di sistema informato a criteri di progressivita', come svolgimento ulteriore, nello specifico campo tributario, del principio di eguaglianza, collegato al compito di rimozione degli ostacoli economico-sociali esistenti di fatto alla liberta' ed eguaglianza dei cittadini-persone umane, in spirito di solidarieta' politica, economica e sociale (artt. 2 e 3 della Costituzione)", che la Corte ha ritenuto essere la corretta condizione per un'imposizione contributiva equa. Tale impostazione fa apparire decisamente anomala e non conforme alla Costituzione la scelta del Legislatore del 2010 che, in un contesto economico-finanziario esplicitamente qualificato come "eccezionale", avrebbe potuto operare soltanto interventi straordinari e/o temporanei di prelievo forzoso ed invece ha posto in essere misure continuative e sostanzialmente stabili - e percio' dal palese "sapore" tributario - in quanto oltretutto prolungate nel triennio 2011 - 2013; ma soprattutto ha indirizzato tale prelievo nei confronti di una ben limitata "classe di persone", ben guardandosi dall'operare nei confronti di "tutti" i contribuenti in possesso di determinate fasce di reddito, nessuno escluso (liberi professionisti, lavoratori dipendenti del settore privato, imprenditori e quant'altro), esentati immotivatamente dall'imposizione straordinaria, nonostante l'eccezionalita' della situazione economica del Paese, come viceversa una corretta applicazione dei principi di cui all'art. 53 cost. avrebbe richiesto. Va evidenziato che, come affermato dalla Corte costituzionale con la citata ordinanza n. 341/2000, nell'imposizione contributiva e fiscale deve essere osservato un criterio di uniformita', che nell'ammontare dei cespiti patrimoniali individua un criterio certo e non discriminatorio di identificazione della capacita' contributiva da assumere a presupposto di una imposta, anche se di natura temporanea o eccezionale (v. anche la sentenza n. 92/1963 della Corte costituzionale secondo cui "il primo comma dell'art. 53, nel sancire non gia' solo il dovere delle prestazioni tributarie, ma altresi' il principio della correlazione di queste con la capacita' contributiva di ciascuno, imponga al legislatore, oltre all'obbligo di non disporre prestazioni che siano in contrasto con i principi fondamentali sanciti dalla Costituzione a tutela della persona, altresi' l'obbligo di commisurare il carico tributario in modo uniforme nei confronti dei vari soggetti, allorche' sia dato riscontrare per essi una perfetta identita' della situazione di fatto presa in considerazione dalla legge al fine dell'imposizione del tributo", in omaggio "al principio generale di eguaglianza sancito nell'art. 3 della Costituzione"). Quanto sin qui ritenuto dal Collegio trova, nell'esposizione e nella trattazione dei ricorrenti, importanti ed ulteriori conferme. Piu' precisamente, e seguendo le linee espositive dei ricorrenti si osserva quanto segue. Prima di tutto, il blocco dei meccanismi di adeguamento retributivo (art. 24 l. n. 448 del 1998) influisce nella stessa misura percentuale praticamente per tutti i docenti, incidendo quindi nella medesima proporzione su tutti gli stipendi, a prescindere dalla loro consistenza, mentre, ai sensi dell'art. 53 della Costituzione, nell'imporre a tutti i docenti universitari un sacrificio in nome di esigenze di contenimento della spesa pubblica (che quindi deve ritenersi, a tutti gli effetti, una forma di "concorso" alle "spese pubbliche"), una Corretta applicazione, oltre che del principio di "capacita' contributiva", anche del criterio della "progressivita'" (art. 53 Cost.) avrebbe imposto una partecipazione piu' significativa, in termini percentuali, per coloro che sono titolari di stipendi piu' alti. Ne' puo' essere utile a ripristinare un minimo di progressivita' in tale forma di concorso alle spese pubbliche, l'ulteriore e distinta misura di cui al comma 2 dell'art. 9 del d. 1. n. 78 conv. l. n. 122 del 2010, che prevede, in aggiunta al blocco degli adeguamenti ed aumenti retributivi, ulteriori riduzioni (dal 5% al 15%) per gli stipendi superiori ai 90.000 euro lordi: ed infatti, stanti gli attuali livelli delle retribuzioni complessive, dei docenti universitari, tale misura non colpisce che poche classi di stipendio (le piu' alte) dei soli professori ordinari a tempo pieno. Per altro, tale norma e' stata recentemente dichiarata incostituzionale (sent. 223/2012) per contrasto con gli art. 3 e 53 Cost. Se dunque e' gia' discutibile, alla luce del criterio di "progressivita'" che deve informare il sistema tributario nel suo complesso, l'imposizione di un sacrificio che colpisce nella medesima misura percentuale tutti i redditi, a prescindere dalla loro consistenza, il meccanismo diviene del tutto irragionevole e discriminatorio nel momento in cui al blocco degli "adeguamenti" retributivi di cui all'art. 24 della l. n. 448 del 1998 si aggiunge l'ulteriore misura rappresentata dal blocco degli aumenti derivanti dagli "scatti" stipendiali. Qui il meccanismo diviene ancora piu' irragionevole, in quanto non solo non rispetta alcun criterio di progressivita' ma, al contrario, produce un effetto addirittura regressivo, colpendo in misura maggiore proprio gli stipendi piu' bassi. Come si e' gia' accennato, infatti, gli "scatti" stipendiali conseguenti alla maturazione delle diverse "classi" di stipendio non operano in modo omogeneo, ma sono profondamente diversificati, decrescendo con il progredire dell'anzianita' di ruolo. In particolare: per i docenti confermati a tempo pieno, sino alla classe 06 la progressione economica si articola su scatti biennali dell'8%, calcolati sempre sullo stipendio tabellare annuo lordo della classe 00; a partire dalla classe 07 e sino alla classe 14, la progressione biennale e' del 6%, calcolato sullo stipendio tabellare annuo lordo della classe 06; sulle classi successive alla 14, lo scatto biennale e' invece solo del 2,5%, calcolato sullo stipendio tabellare annuo lordo della classe 14; per i docenti a tempo definito, invece, se la progressione biennale per le classi sino alla 06 e' sempre dell'8%, sulle classi successive alla 06 compete lo scatto del 2,5% biennale, calcolato sempre sullo stipendio tabellare annuo lordo della classe 06; infine, per i docenti in attesa di conferma e i professori straordinari, e' previsto un aumento retributivo del 2,5% al compimento del 1° biennio; in piu', per i soli ricercatori non confermati, al 2° anno, e' previsto l'adeguamento della retribuzione al 70% di quella annua lorda del professore associato non confermato a tempo pieno alla classe 00. E' quindi palese che, a seguito del blocco degli scatti, l'effetto sulle retribuzioni e' di gran lunga piu' incisivo sulle classi di stipendio piu' basse: basti pensare che, per un ricercatore non confermato, gli effetti al 2014 del blocco, nel suo complesso, in termini di mancato aumento della retribuzione che sarebbe spettata a legislazione invariata, si traducono in un mancato aumento che oscilla tra il 34% e il 26% della retribuzione; man mano che l'anzianita' aumenta, invece, l'effetto si riduce, scendendo progressivamente al di sotto il 20%. Anche per i professori di prima e seconda fascia, si constata una ben diversa incidenza dei mancati aumenti, che dal 23 - 25% scendono poi, con l'anzianita', a livelli ben inferiori, sino a sotto il 15%. Oltre ad operare in senso chiaramente regressivo, come sopra illustrato, l'imposizione di una contribuzione personale pari al blocco degli scatti stipendiali comporta una disparita' interna in termini monetari, perche' colpisce in maniera diversa gli incisi a seconda di quando hanno maturato l'ultimo scatto (chi l'ha maturato nel 2009 lo perde due volte, mentre chi l'ha maturato nel 2010 ne risente per una sola volta). Ne deriva un mancato aumento dello stipendio che incide in maniera assolutamente diversa su soggetti che, ancorche' in situazione sostanzialmente identica, sono chiamati a contribuire al sacrificio imposto in maniera ed in quantita' diversa, a seconda di un mero indicatore temporale e non certo in relazione ad una differente capacita' contributiva. Mette conto infine evidenziare come di recente la Corte costituzionale (sent. 223 del 11 ottobre 2012) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 9 c. 2 del medesimo decreto - legge 78/2010, avente ad oggetto tagli, con riferimento al triennio 2011 - 2013, al trattamento economico del personale pubblico per la parte eccedente gli importi superiori a 90.000 euro lordi annui, per contrasto con gli artt. 53 e 3 Cost., trattandosi di prelievo di natura tributaria del tutto irragionevolmente imposto nei confronti della sola categoria dei dipendenti pubblici, per la quale il prelievo imposto determina un irragionevole effetto discriminatorio. Secondo la Consulta, "l'eccezionalita' della situazione economica che lo Stato deve affrontare e' infatti suscettibile senza dubbio di consentire al legislatore anche ricorso strumenti eccezionali....omissis....Tuttavia e' compito dello Stato garantire anche in queste condizioni, il rispetto dei principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale, il quale certo non e' indifferente alla realta' economica e finanziaria, ma con altrettanta certezza non puo' consentire deroghe al principio di uguaglianza sul quale e' fondato l'ordinamento costituzionale". Parimenti natura tributaria, per la Consulta, ha la decurtazione dell'indennita' giudiziaria di cui all'art. 3 L. 27/1981, imposta dall'art. 9 c. 22 del citato d.l. 78/2010 per il personale di magistratura. E' quindi evidente l'illegittimita' costituzionale del citato art. 9 del d. l. n. 78 del 2010, per violazione degli artt. 3, 97, 36 e 53 Cost. 4.8. L'art. 3 Cost. e' violato, infatti, sia nel momento in cui si colpiscono in misura differenziata e piu' penalizzante i titolari di stipendi piu' bassi, sia nel momento in cui si introduce l'ulteriore, ingiustificata diversita' di trattamento tra coloro che, nel triennio di "blocco", avrebbero maturato due scatti stipendiali e coloro che invece ne avrebbero maturato solamente uno. 4.9. Per le stesse ragioni deve ritenersi altresi' violato l'art. 97 Cost., sia sotto il profilo dell'imparzialita' dell'amministrazione, sia sotto profilo per principio di buon andamento, dal momento che vengono penalizzati i docenti e ricercatori piu' giovani, in pieno contrasto con le conclamate esigenze di svecchiamento del corpo docente e di valorizzazione delle nuove risorse. Con cio', peraltro, arrecando un ulteriore grave vulnus alle giovani generazioni di ricercatori, gia' tanto penalizzate nel Paese. 4.10. E'altresi' violato l'art. 36 della Costituzione, sotto il profilo della proporzionalita' tra la retribuzione e la quantita' e qualita' del lavoro prestato, da momento che tanto gli adeguamenti di cui all'art. 24 della 1. n. 448 del 1998, quanto i meccanismi di progressione dello stipendio legati a "scatti" e "classi" sono evidentemente finalizzati ad assicurare e a mantenere tale proporzionalita'. 4.11. E'infine violato anche l'art, 53 Cost., dal momento che il sacrificio che viene imposto ai docenti come ad altre categorie di pubblici dipendenti, in nome di esigenze di contenimento della spesa, rappresenta senz'altro una forma di concorso di tali categorie alle spese pubbliche, e quindi deve rispettare tanto il principio generale di progressivita' (che e' violato nel momento in cui il blocco degli adeguamenti colpisce, nella stessa misura percentuale, tutti i docenti, a prescindere dal loro reddito) quanto e soprattutto il principio di capacita' contributiva (manifestamente violato in presenza di un intervento, come quello sulle "classi" e gli "scatti" di stipendio, che come si e' visto colpisce in misura percentualmente piu' elevata proprio i titolari degli stipendi piu' bassi). A voler negare la natura tributaria della disposizione in esame, e considerandone gli effetti sul solo piano stipendiale, devono formularsi ulteriori rilievi circa la compatibilita' costituzionale della norma. Il meccanismo introdotto con l'art. 9, comma 21, comporta l'esclusione di qualsiasi recupero successivo degli scatti, rispetto ai "meccanismi di adeguamento retributivo", di cui all'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448; ogni possibilita' di recupero e' poi esclusa anche per quanto attiene alla "maturazione delle classi e degli scatti di stipendio", e l'anzianita' di servizio riprendera' a decorrere, a partire dal 2014, come se il triennio 2011 - 2012 - 2013 non fosse mai esistito. Ne deriva che non solo per il triennio in esame ciascun docente non gode ne' dei meccanismi di adeguamento retributivo ne' degli aumenti automatici legati all'anzianita', ma, a partire dal 2014, i meccanismi. di adeguamento e gli scatti riprenderanno a decorrere, saltando del tutto lo stesso triennio, i cui effetti sull'anzianita' di carriera e sui correlati istituti saranno perduti definitivamente. Si genera cosi' un'evidente alterazione del meccanismo di adeguamento delle retribuzioni di cui all'art. 24 della l. n. 448 del 1998, finalizzato a salvaguardarne il valore reale rispetto all'aumento del costo della vita; ne consegue la violazione, per irragionevolezza ed illogicita', degli artt. 3, 36 e 97 per le ragioni esposte in epigrafe. Peraltro, quando in passato si e' ritenuto di dover intervenire sul meccanismi di "adeguamento retributivo" di cui all'art. 24 della 1. n. 448 del 1998 per ridimensionarne temporaneamente la portata (in misura e con effetti, peraltro, nettamente piu' modesti di quanto accade oggi), e' stato previsto espressamente che, pur rimanendo esclusa la corresponsione di arretrati, l'adeguamento riprendesse a decorrere al cessare della misura temporanea, senza cancellare gli effetti del tempo decorso (cfr. l'art. 1, comma 576, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 - finanziaria 2007; l'art. 69 del d. l. n. 112 del 2008). L'irragionevolezza della preclusione si apprezza maggiormente con la comparazione delle posizioni dei dipendenti "contrattualizzati", per i quali non sembra essere operante il medesimo vincolo. 4.12. Non manifestamente infondata, a giudizio del Collegio, e' anche la denunziata violazione dell'art. 77 Cost., non presentando il d.l. 78/2010 in cui e' inserito l'avversato art. 9 comma 21, i presupposti tipici della "necessita' e dell'urgenza". L'esigenza di controllo della finanza pubblica non appare di per se' condizione necessaria e sufficiente a concretare la necessita' ed urgenza di provvedere con norme primarie a disciplinare fattispecie, concrete, tanto piu' ove si consideri che la' norma con riferimento alla quale si solleva la questione di costituzionalita' ha lo scopo di produrre effetti a distanza di oltre sei mesi dal momento della sua adozione e della sua entrata in vigore. L'art. 9 comma 21 della legge n. 122/2010 converte in legge una norma che e' entrata in vigore, grazie all'impiego dello strumento del decreto legge, il 31 maggio dello stesso anno e che produrra' effetti per gli anni 2011, 2012 e 2013, essendo cosi evidente che le disposte correzioni alle politiche di spesa pubblica presentano effetto differito rispetto al momento dell'entrata in vigore del decreto - legge. Secondo la giurisprudenza costituzionale, i vizi di illegittimita' del decreto legge, tra cui quello di adozione al di fuori dei casi di necessita' ed urgenza, non sono fatti salvi con l'adozione della legge di conversione, bensi' permangono nella persistente capacita' di viziare l'intervento normativo dell'esecutivo (Corte costituzionale sentenze nn. 171/2007, 128/2008, 335 e 367/2010). La mancanza "evidente" di quei presupposti configura tanto un vizio di legittimita' costituzionale del decreto - legge, quanto un vizio in procedendo della stessa legge di conversione, avendo quest'ultima valutato erroneamente l'esistenza di presupposti di validita' in realta' insussistenti e, quindi, convertito in legge un atto che non poteva essere legittimo oggetto di conversione (Corte costituzionale sentenze 25 novembre 2003 n. 341; n. 29/1995). Ancora, "il difetto dei presupposti di legittimita' della decretazione d'urgenza, in sede di scrutinio di costituzionalita'" deve "risultare evidente", e tale difetto di presupposti, "una volta intervenuta la conversione, si traduce in un vizio in procedendo della relativa legge" (Corte Cost. sent. 128/2008); la Corte ha escluso, con cio', l'eventuale efficacia sanante di quest'ultima, dal momento che "affermare che tale legge di conversione sana in ogni caso i vizi del decreto, significherebbe attribuire in concreto al legislatore ordinario il potere di alterare il riparto costituzionale delle competenze del Parlamento e del Governo quanto alla produzione delle fonti primarie". Alla luce delle suesposte considerazioni, una volta acquisito che il giudizio di legittimita' costituzionale riguarda anche i presupposti della decretazione d'urgenza, ne consegue la non manifesta infondatezza dell'eccezione di incostituzionalita' anche sotto il profilo del contrasto con l'art. 77 Cost. 4.13. Infine, ritiene il Collegio non manifestamente infondata anche la denunziata violazione da parte della norma tacciata di incostituzionalita', del combinato disposto degli artt. 3 c. 2, 9 c. 1, 33 e 34 Cost. Le forti decurtazioni stipendiali che come visto penalizzano irragionevolmente il personale docente, si pongono in contrasto anche con le suesposte norme costituzionali, le quali testimoniano la rilevanza sul piano sostanziale della valorizzazione della ricerca scientifica e dell'insegnamento: in particolare, la centralita' della ricerca scientifica e' richiamata persino all'interno dei principi fondamentali (art. 9 c. 1 Cost.) secondo cui "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca. scientifica e tecnica". 4.14. Mette conto evidenziare, in relazione a. tutti i profili di contrasto della legge sospetta di incostituzionalita', l'impossibilita' per questo giudice di risolvere in via interpretativa gli ipotizzati dubbi di compatibilita' costituzionale, in relazione all'univoco tenore letterale della legge, che segna il confine in presenza del quale il tentativo interpretativo deve cedere il passo al sindacato di legittimita' costituzionale (ex multis Corte Cost. sent n. 26/2010). 5. Tanto premesso, ai sensi dell'art. 23, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata, questo Tribunale amministrativo regionale solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 21, del d.l. 31 maggio 2010 n. 78, come convertito in l. 30 luglio 2010 n. 122, per contrasto con gli artt. 3, 9, 33, 34, 36, 37, 53, 77 e 97 della Costituzione, secondo i profili e per le ragioni sopra indicate, con sospensione del giudizio fino alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, della Repubblica Italiana della decisione della Corte costituzionale sulle questioni indicate, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 79 ed 80 cod. proc. amm. ed art. 295 c.p.c. Riserva al definitivo ogni ulteriore decisione, nel merito e sulle spese