LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE 
 
    Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 2466/11 spedito il
30 novembre 2011: 
        avverso   cartella   di   pagamento   n.    01720110009518255
IRPEF-ALTRO 2005 contro: Agente di  riscossione  Benevento  Equitalia
Sud S.p.a.; 
        difeso da: Criscoli Francesco - via Cardinal di Rende n. 8  -
82100 Benevento; 
        avverso   cartella   di   pagamento   n.    01720110009518255
IRPEF-ALTRO 2005 contro: Ag.  entrate  dir.  provin.  uff.  controlli
Benevento; 
        proposto  dal  ricorrente:  D'Orta  Domenico  -  via  Giacomo
Leopardi, 63 - 82010 Sant'Angelo a Cupolo (Benevento); 
        rappresentato da: De Luca Giulia - via Giacomo Leopardi, 63 -
82010 Sant'Angelo a Cupolo (Benevento) in qualita' di erede; 
        rappresentante difeso da: Santillo Melina - viale Mellusi  n.
96 - 82100 Benevento; 
    sul ricorso n. 1200/12 spedito il 16 luglio 2012: 
        avverso   cartella   di   pagamento   n.    01720120001761432
IRPEF-ALTRO 2005 contro: Agente di  riscossione  Benevento  Equitalia
Sud S.p.a.; 
        avverso   cartella   di   pagamento   n.    01720120001761432
IRPEF-ALTRO 2005 contro: Ag.  entrate  dir.  provin.  uff.  controlli
Benevento; 
        proposto  dal  ricorrente:  De  Luca  Giulia  -  via  Giacomo
Leopardi, 63 - 82010 Sant'Angelo a Cupolo (Benevento); 
        difeso da: Santillo Melina - viale  Mellusi  n.  96  -  82100
Benevento. 
    Con apposito ricorso la signora De Luca Giulia,  rappresentata  e
difesa dall'avvocato Santillo Melina, proponeva  opposizione  avverso
la cartella di pagamento numero 017 2012 0001761 4 32 000  notificata
dall'Agente della  riscossione  per  la  provincia  di  Benevento  in
relazione a ruolo  ordinario  numero  2012/000017  approvato  e  reso
esecutivo  dall'Agenzia  delle  entrate,  Direzione  provinciale   di
Benevento, Ufficio controlli. 
    Detta iscrizione scaturiva dall'intervenuta notifica di un avviso
di accertamento per l'anno 2005 divenuto  definitivo  in  assenza  di
ricorso. 
    Al riguardo la parte eccepiva: 
    1) l'assenza di una motivazione  corretta  ed  adeguata  tale  da
rendere ammissibile il prodromico avviso di accertamento; 
    2) l'inadeguatezza dell'impugnata  cartella  alla  sua  funzione,
attesa la mancata identificazione fiscale dell'obbligato; 
    3)  l'errata  indicazione   delle   sanzioni   e   l'assenza   di
informazioni circa l'intervenuta notifica agli altri eredi. 
    Precisava  di  non   aver   mai   ricevuto   alcun   atto   prima
dell'impugnata cartella e l'intervenuta decadenza per il decorso  del
prescritto termine. 
    Lamentava,  infine,  la  mancanza  di  alcuni  elementi   formali
necessari al fine di esercitare compiutamente il proprio  diritto  di
difesa. 
    Concludeva     chiedendo      sostanzialmente      l'annullamento
dell'impugnata cartella e la  condanna  dell'Ufficio  alle  spese  di
giudizio. 
    Con   proprie    controdeduzioni,    rilevando    preliminarmente
l'inammissibilita' del  ricorso  avendo  il  contribuente  omesso  di
presentare prima della proposizione dello stesso apposita istanza  di
reclamo  con  mediazione  ai  sensi  dell'art.  17-bis  del   decreto
legislativo numero 546 del 1992, l'Ufficio  ribadiva  la  correttezza
del proprio operato. 
    In particolare, precisava di  aver  correttamente  notificato  il
prodromico avviso di accertamento,  rimasto  non  impugnato,  con  la
conseguente  cristallizzazione   dell'obbligazione   tributaria   per
mancata impugnazione dello stesso. 
    Concludeva  chiedendone  l'inammissibilita'  con  condanna  della
istante alle spese di lite. 
    Con separate controdeduzioni  l'Agente  della  riscossione  della
Provincia di Benevento si costituiva in giudizio eccependo la propria
carenza  di  legittimazione  passiva  oltre  alla   inammissibilita',
improcedibilita'  ed  improponibilita'  della  domanda   nei   propri
confronti. 
    Precisava, comunque, l'intervenuta definitivita'  del  prodromico
avviso di accertamento e la regolare e tempestiva notificazione della
cartella. 
    Concludeva chiedendo che fosse accertato il  proprio  difetto  di
legittimazione passiva  ovvero  l'inammissibilita'  del  ricorso  con
condanna dell'attrice alle spese di giudizio. 
    Quest'ultima deposita brevi repliche precisando di aver agito  in
ossequio alle istruzioni riportate a  tergo  dell'impugnata  cartella
oltre: 
    1) ad evidenti errori di notificazione; 
    2) alla circostanza di non aver mai ricevuto l'atto dal quale era
scaturita  l'obbligazione  tributaria  composta  nel  ruolo  di   cui
all'impugnata cartella. 
    Anche l'Agente della riscossione depositava  brevi  note  con  le
quali lamentava l'omissione di comunicazioni al difensore costituito,
precisando l'infondatezza delle doglianze di parte di cui alle  brevi
repliche depositate agli atti del giudizio. 
    Concludeva precisando la legittimita' della cartella notificata e
la conformita' del proprio operato alle  specifiche  disposizioni  di
legge. 
    Concludeva  insistendo  nelle  richieste  di  cui  alla   propria
costituzione in giudizio. 
    Veniva  successivamente  depositata  agli  atti  una   serie   di
documenti tendenti  a  dimostrare  l'errata  notificazione  dell'atto
prodromico all'iscrizione a ruolo. 
    Con separato ricorso la signora  De  Luca  Giulia,  questa  volta
nella qualita' di erede del coniuge, signor  D'Orta  Domenico,  cosi'
come in precedenza  rappresentata  e  difesa,  proponeva  opposizione
avverso la cartella di pagamento numero 017 2011  0009518  2  55  000
notificata  dall'Agente  della  riscossione  per  la   Provincia   di
Benevento in relazione a ruolo ordinario numero 2012/000203 approvato
e reso esecutivo dall'Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di
Benevento, Ufficio controlli. 
    Anche  in  questo  caso  l'iscrizione  a  ruolo  scaturiva  dalla
notifica di un avviso  di  accertamento  da  parte  dell'Ufficio  per
l'annualita' 2005 divenuto definitivo per mancata impugnativa. 
    Al riguardo la parte eccepiva sostanzialmente quanto gia' dedotto
nel proprio ricorso, concludendo con  la  richiesta  di  annullamento
dell'impugnato atto  e  di  condanna  dei  convenuti  alle  spese  di
giudizio. 
    Con proprie controdeduzioni, disattendendo le  argomentazioni  di
parte, l'Ufficio ribadiva la correttezza del proprio operato. 
    In particolare, precisava di  aver  correttamente  notificato  il
prodromico avviso di accertamento,  rimasto  non  impugnato,  con  la
conseguente  cristallizzazione   dell'obbligazione   tributaria   per
mancata impugnazione dello stesso. 
    Concludeva  chiedendone  l'inammissibilita'  con  condanna  della
istante alle spese di lite. 
    Con separate controdeduzioni  l'Agente  della  riscossione  della
Provincia  di  Benevento  si  costituiva  in  giudizio   evidenziando
sostanzialmente l'inesistenza di alcuna responsabilita' per  i  fatti
dedotti dalla parte. 
    Concludeva chiedendo il rigetto del ricorso e la  condanna  della
ricorrente alle spese di giudizio. 
    Nella seduta del 18 marzo 2013 il Collegio, sentito il relatore e
le parti, previa riunione dei ricorsi, riunito in camera di consiglio
ed esaminati gli atti, si riservava la decisione. 
    Successivamente all'udienza dell'8 aprile 2013 ,  sciogliendo  la
riserva, decideva come da dispositivo. 
    Il Collegio, prima di entrare nel merito della questione,  rileva
la necessita' di esaminare la problematica alla luce  del  richiamato
art. 17-bis, aggiunto dall'art. 39, comma 9, del decreto-legge numero
98 del 2011, il quale, tra l'altro, dispone: 
    1) per le controversie di valore non superiore a ventimila  euro,
relative ad atti  emessi  dall'Agenzia  delle  entrate,  chi  intende
proporre ricorso  e'  tenuto  preliminarmente  a  presentare  reclamo
secondo le disposizioni  seguenti  ed  e'  esclusa  la  conciliazione
giudiziale di cui all'art. 48; 
    2) la presentazione del reclamo e' condizione  di  ammissibilita'
del ricorso; l'inammissibilita' e' rilevabile d'ufficio in ogni stato
e grado del giudizio; 
    3) nelle indicate controversie la parte soccombente e' condannata
a rimborsare, in aggiunta alle spese di giudizio, una somma  pari  al
50 per cento delle spese di giudizio a titolo di rimborso delle spese
del procedimento. 
    A   tal   proposito   ritiene   sussistano   fondati   dubbi   di
costituzionalita' della citata norma soprattutto in riferimento  agli
articoli 3, 24 e 111 della Costituzione. 
    In relazione all'art. 3, osserva che la richiamata  disposizione,
in ragione del limite di cui all'importo stabilito di ventimila euro,
impedirebbe: 
    1) sia la riunione di controversie aventi il medesimo oggetto  ed
inerenti soggetti cointeressati; 
    2) sia un'unica discussione; 
rilevando tale ultimo aspetto nella  plausibile  ottica  di  ottenere
giudizi tra loro contrastanti in relazione  a  situazioni  del  tutto
analoghe. 
    Sempre in relazione all'art. 3,  ferma  la  circostanza  che  due
soggetti, solo in ragione dell'eventuale debito riferito alla  soglia
dei ventimila euro, dalla quale potrebbero divergere  anche  per  una
somma del tutto irrilevante, potrebbero avere un percorso giudiziario
completamente diverso, anche in termine di garanzie,  rileva  che  le
spese relative al procedimento di reclamo, qualora  lo  stesso  venga
accolto ovvero la mediazione vada a buon fine,  non  assumono  alcuna
rilevanza, rimanendo a carico del soggetto istante. 
    A tal proposito evidenzia che le spese sostenute da  quest'ultimo
per l'attivazione di tale procedura restano a suo  esclusivo  carico,
proprio come nella fase  introduttiva  del  contenzioso,  ma  con  la
differenza che in tale ultimo caso la  parte  puo'  comunque  trovare
ristoro nella successiva condanna alle spese  di  lite  dell'A.F.  la
quale, invece, nel caso della mediazione, non solo non  corre  alcuna
alea  in  riferimento  alla  eventuale  soccombenza  alle  spese   di
giudizio, ma addirittura beneficia di un notevole  risparmio  per  la
mancata instaurazione della fase contenziosa. 
    Evidenzia che tale obbligo sussiste solo in relazione  agli  atti
emessi dall'Agenzia delle entrate e non anche a quelli provenienti da
altri Enti impositori i cui eventuali  debitori  si  troverebbero  ad
avere, come appresso indicato, una serie di garanzie maggiori  ed  un
iter processuale piu' spedito, anche  in  ordine  alla  richiesta  di
eventuali sospensive dell'esecuzione degli atti impugnati. 
    In relazione al successivo art. 24,  sottolinea  che  un  fondato
motivo di contrasto risiede nel fatto che la possibilita' di agire in
giudizio per la tutela dei propri diritti e  interessi  legittimi  e'
compressa oltre che subordinata all'esperimento di  una  previa  fase
amministrativa, peraltro  imposta  a  pena  di  inammissibilita',  in
stridente  contrasto  con  l'inviolabilita'  del  diritto  di  difesa
costituzionalmente garantito a ciascuno. 
    La possibilita' di agire in giudizio, proprio  di  ciascuno,  non
puo' essere eliso dal legislatore comprimendo, in maniera illegittima
oltre che arbitraria, la posizione giuridica soggettiva facente  capo
a ciascun cittadino. 
    In relazione al susseguente art. 111, evidenzia che il meccanismo
di cui al richiamato art. 17  bis  rischia,  mancando  un  necessario
coordinamento  con  l'istituto  dell'accertamento  con  adesione,  di
dilatare  eccessivamente  i  tempi  di  introduzione   del   giudizio
tributario violando cosi' il principio sul giusto processo di cui  al
citato art. 111, soprattutto nell'ottica di vedere definita in  tempi
ragionevoli la controversia. 
    Tempi che appaiono comunque  non  congrui  anche  in  riferimento
all'immediata esecutivita', decorsi sessanta giorni  dalla  notifica,
sia degli avvisi di accertamenti che  delle  cartelle  di  pagamento,
rimanendo comunque precluso al  contribuente  l'accesso  all'istituto
della sospensiva di cui all'art. 47 del  decreto  legislativo  numero
546 del 1992. 
    Evidenzia, infine, che non appare rispettata la giusta  terzieta'
dell'organo chiamato a dirimere  la  controversia  in  sede  reclamo,
essendo quest'ultimo comunque organico all'A.F. che ha emanato l'atto
oggetto di contestazione. 
    L'organo della mediazione deve essere assolutamente estraneo alle
parti  non  potendosi  ammettere,  anche  alla   luce   del   diritto
comunitario, che assuma  la  figura  di  mediatore  una  delle  parti
coinvolte  nella  controversia,  benche'  costituito  in  un  ufficio
autonomo, ma pur sempre, come accennato, organico all'A.F. 
    La stessa Corte costituzionale con la  sentenza  numero  272  del
2012, benche' riferita alla mediazione finalizzata alla conciliazione
delle controversie civile e commerciali di cui alle specifiche  norme
contenute nel decreto legislativo numero 28 del 2010, ha evidenziato: 
        1) la centralita' di alcuni atti comunitari, in particolare: 
    le conclusioni adottate dal Consiglio nel maggio del 2000; 
    il libro verde presentato dalla Commissione nell'aprile del 2002; 
    la direttiva numero  2008/52/CE  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio in data 21 maggio 2008; 
    la risoluzione del Parlamento europeo in data 13 settembre 2011; 
    la risoluzione del Parlamento europeo in data  25  ottobre  2011,
con particolare riferimento al paragrafo 31, sesto capoverso; 
    2) l'assenza, come rilevabile da una ricognizione dei  richiamati
atti dell'Unione europea, di una implicita  o  esplicita  opzione  in
favore del carattere obbligatorio dell'istituto della mediazione, non
essendo detto carattere intrinseco alla sua ratio; 
    3) l'obbligo, imposto  dall'art.  4  della  richiamata  direttiva
numero 2008/52/CE, circa l'imparziale svolgimento della mediazione in
relazione alle parti coinvolte; 
oltre  al  fatto  che  non  puo'  essere  addotta  a  giustificazione
dell'introduzione della mediazione obbligatoria  la  circostanza  che
l'ordinamento   gia'   conosce    l'istituto    obbligatorio    della
conciliazione, trattandosi  di  procedimenti  specifici  per  singoli
settori, dettati in particolari momenti  dell'evoluzione  legislativa
ed  atti  a  prevenire  disfunzioni  relative  al  sovraccarico   del
contenzioso in determinate  materie,  quale  ad  esempio  quella  del
lavoro a seguito della privatizzazione del pubblico impiego,  essendo
tale passaggio  strumentale  ed  essenziale  per  la  riuscita  della
riforma.