IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale  3470  del  2011,  integrato  da  motivi  aggiunti,
proposto  da  Acqua   Azzurra   S.p.a.,   in   persona   del   legale
rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Antonino
Mirone e Francesco Fichera,  con  domicilio  eletto  presso  il  loro
studio, in Catania, via Vecchia Ognina n. 142/B; 
    Contro  l'Assessorato  territorio  e   ambiente   della   Regione
Siciliana,  in  persona   del   legale   rappresentante   pro-tempore
rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale  dello  Stato  di
Catania, presso la quale ope legis domicilia in Catania, via  Vecchia
Ognina, 149; 
    Nei confronti di Assessorato delle risorse agricole e  alimentari
della Regione Siciliana e Azienda  regionale  foreste  demaniali,  in
persona   dei   rispettivi   legali   rappresentanti   pro   tempore,
rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale  dello  Stato  di
Catania, presso la quale ope legis domicilia in Catania, via  Vecchia
Ognina, 149; 
    Il Comune di Ispica, in  persona  del  Sindaco  pro-tempore,  non
costituito; 
    Per l'annullamento quanto al ricorso introduttivo: 
      del decreto del Dirigente Generale del  dipartimento  regionale
dell'Ambiente n. 577 del 27  luglio  2011,  con  il  quale  e'  stata
istituita la riserva naturale  orientata  denominata  "Pantani  della
Sicilia sud orientale", pubblicato in data 16  settembre  2011  sulla
GURS n. 39; 
      di tutti gli atti antecedenti, successivi e conseguenti,  anche
non conosciuti, tra i quali in particolare quelli  lesivi  menzionati
sia nelle premesse del provvedimento espressamente impugnato sia  nel
corpo del ricorso. 
    Quanto al ricorso per motivi aggiunti: 
      della nota dell'Assessorato territorio e ambiente della Regione
Siciliana n. 7226 del 3 febbraio 2012 e della relazione n. 216 del 12
luglio 2011. 
    Visti il ricorso introduttivo, il ricorso per motivi aggiunti  ed
i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  dell'Assessorato
territorio e ambiente della Regione Siciliana, dell'Assessorato delle
risorse agricole e alimentari della Regione Siciliana, e dell'Azienda
regionale foreste demaniali; 
    Vista la sentenza 27  febbraio  2013,  n.  559,  con  cui  questa
Sezione II interna, parzialmente  decidendo,  ha  rigettato  tutti  i
motivi di ricorso ad eccezione di uno di essi; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  5  dicembre  2012  il
dott. Diego  Spampinato  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    Con ricorso depositato il 2 dicembre 2011, la societa' ricorrente
ha esposto: 
      di essere proprietaria  di  un'area  distinta  in  catasto  del
Comune di Pachino ai fogli 11 e 23, estesa circa 20  ettari,  di  cui
circa  10  ettari   attualmente   occupati   da   un   impianto   per
l'itticoltura; 
      che la societa' fruirebbe di due diverse concessioni demaniali,
una per la posa di una condotta di captazione lunga 596 metri e di un
manufatto, opere finalizzate  al  ricambio  di  acqua  marina,  nelle
vasche   all'interno   dell'area   dell'impianto,    ed    una    per
l'installazione  ed  il  mantenimento  dei  corpi  galleggianti   per
l'allevamento del pesce in vicinanza al tratto costiero  prospiciente
la localita' "Vulpiglia"  del  comune  di  Pachino,  funzionale  alla
gestione   di   un'appendice   a   mare   dell'impianto,    destinata
all'allevamento dei pesci in gabbie; 
      che,  con  il  decreto  assessorile  della  Regione   Siciliana
970/1991, di approvazione del Piano  regionale  dei  parchi  e  delle
riserve naturali, tale area sarebbe  stata  inserita  nella  zona  di
preriserva, a contorno dei  "Pantani  di  Morghella",  a  loro  volta
inseriti nella "Riserva  naturale  orientata  Pantani  della  Sicilia
sud-orientale"; 
      che i "Pantani di Morghella" sarebbero stati classificati  -  a
partire dal 2000 - quale  zona  SIC  con  la  denominazione  "Pantano
Morghella" (codice ITA090004) e quale zona  ZPS  denominata  "Pantani
della Sicilia Sud Orientale, Morghella di Marzamemi, di Punta Pilieri
e Vendicari" (Codice ITA090029); 
      che, stante l'assoluta insussistenza di  emergenze  ambientali,
l'immobile della  societa'  ricorrente  sarebbe  stato  completamente
escluso dalle zone SIC e ZPS; 
      che, nel ventennio trascorso fra il DA 970/1991  e  l'impugnato
provvedimento  istitutivo  della  riserva,  la  situazione  di  fatto
avrebbe subito notevoli modifiche,  tanto  da  indurre  il  Consiglio
regionale per la protezione del patrimonio  naturale,  nell'esprimere
parere favorevole all'istituzione della riserva, a condizionarlo alla
verifica se l'attuale situazione dei luoghi fosse ancora coerente con
le finalita' istitutive della riserva; 
      che, cio' nonostante, l'Amministrazione avrebbe  immediatamente
proceduto  all'istituzione  della  riserva,   senza   menzionare   la
richiesta di integrazione istruttoria avanzata in sede  di  parere  e
senza motivare sul punto, ed  allegando  al  decreto  istitutivo  una
planimetria  vecchia  di  decenni,  dove  l'impianto  della  societa'
ricorrente non sarebbe nemmeno rappresentato. 
    Ha quindi affidato il ricorso introduttivo a diversi motivi. 
    Quindi, con ricorso per motivi aggiunti, depositato  in  data  12
aprile 2011, ha dedotto ulteriori motivi. 
    In particolare, con il  primo  motivo  del  ricorso  introduttivo
dedotto,  in  conseguenza  del  mancato  coinvolgimento  degli   enti
territoriali nel procedimento per  l'istituzione  della  riserva,  la
violazione dell'art. 22, della legge 6 dicembre 1991, n. 394, che, ai
commi 1 e 2, prevede, per quanto di interesse ai fini della  presente
trattazione, che  «1.  Costituiscono  principi  fondamentali  per  la
disciplina  delle   aree   naturali   protette   regionali:   a)   la
partecipazione  (...)  dei  comuni  al  procedimento  di  istituzione
dell'area  protetta  (...)  Tale  partecipazione  si  realizza  (...)
attraverso conferenze per la redazione di un documento  di  indirizzo
relativo  all'analisi   territoriale   dell'area   da   destinare   a
protezione, alla perimetrazione provvisoria, all'individuazione degli
obiettivi   da   perseguire,   alla   valutazione    degli    effetti
dell'istituzione dell'area protetta sul territorio; b) la pubblicita'
degli  atti  relativi  all'istituzione  dell'area  protetta  e   alla
definizione del piano per il parco di cui all'art. 25; (...) 2. Fatte
salve le rispettive competenze per le regioni a  statuto  speciale  e
per le province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  costituiscono
principi fondamentali di riforma economico-sociale la  partecipazione
degli enti  locali  alla  istituzione  e  alla  gestione  delle  aree
protette  e  la  pubblicita'  degli  atti  relativi   all'istituzione
dell'area protetta e alla definizione del piano per il parco». 
    Questa Sezione II interna, con sentenza 27 febbraio 2013, n. 559,
parzialmente decidendo, ha rigettato o dichiarato inammissibili tutti
gli altri motivi di ricorso, ed  ha  dato  atto  della  decisione  di
sollevare, con riferimento al motivo di cui si tratta nella  presente
ordinanza, questione di legittimita' costituzionale  della  normativa
regionale. 
    Infatti, il Collegio ritiene, nel solco della  giurisprudenza  di
questa Sezione II interna (sentenze 7 dicembre 2012, nn. 2882 e 2888;
analogamente, Cons. Stato, Sez. V,  31  maggio  2012,  n.  3254;  TAR
Sicilia - Catania,  Sez.  III,  10  febbraio  2012,  n.  369)  che  i
ricorrenti privati possano articolare le proprie doglianze anche  con
riferimento alla mancata partecipazione procedimentale del Comune ove
essi risiedono, in ragione della funzione  che  tale  Amministrazione
assolve  nella  qualita'  di  ente   esponenziale   della   comunita'
territoriale. 
    Ritiene inoltre il Collegio che le forme partecipative dei Comuni
al procedimento per l'istituzione delle riserve  naturali  regionali,
previste dalla  normativa  della  Regione  Siciliana,  integrino  una
violazione dell'art. 22, della legge 6 dicembre 1991,  n.  394,  che,
nella materia di cui  si  tratta,  costituisce  parametro  interposto
(Corte costituzionale, sentenza 14 luglio 2000, n. 282),  ma  che  il
ricorso  non  possa  essere  deciso  senza  sollevare  questione   di
legittimita' costituzionale degli articoli 3, comma 1, lett.  e),  6,
comma 1, e 28, commi 1 e 2, della legge regionale Siciliana 6  maggio
1981, n. 98. 
    Dispone infatti legge regionale Siciliana 6 maggio 1981,  n.  98,
in tema di forme partecipative dei Comuni alla istituzione di  parchi
e riserve naturali, per quanto di interesse ai  fini  della  presente
ordinanza: 
      all'art.  3,  comma  1,  lett.   e):   «E'   istituito   presso
l'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente  il  Consiglio
regionale per la  protezione  del  patrimonio  naturale,  in  seguito
indicato   con   l'espressione   Consiglio   regionale,    presieduto
dall'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente o, in caso di
sua  assenza  o  impedimento,  dal  direttore  per  il  territorio  e
l'ambiente, e composto: (...) e) da tre esperti designati  dalle  tre
principali associazioni dei comuni...»; 
      all'art. 4, comma 1: «Sono compiti del consiglio regionale [per
la protezione del  patrimonio  naturale]:  a)  predisporre  il  piano
regionale dei parchi e delle riserve naturali,  in  armonia  con  gli
obiettivi e gli indirizzi del piano  urbanistico  regionale,  di  cui
esso costituisce specificazione, e in correlazione con gli  indirizzi
generali del piano nazionale di coordinamento per la  protezione  del
patrimonio naturale...»; 
      all'art. 6, commi 1, 2 e 3:  «  [1]  In  attuazione  del  piano
regionale di cui all'art.  5  si  provvedera'  alla  istituzione  dei
parchi e delle riserve con decreto dell'Assessore  regionale  per  il
territorio e l'ambiente, previo parere del Consiglio regionale. [2] I
decreti di istituzione delle  riserve  sono  emanati  entro  un  anno
dall'emanazione del decreto approvativo del piano  regionale  di  cui
all'art. 5. [3] I decreti di cui al comma precedente  conterranno  la
delimitazione  definitiva  delle  singole  riserve,  l'individuazione
dell'affidatario e la statuizione degli  obblighi  dello  stesso,  in
rapporto alle indicazioni tecniche fissate  dal  Consiglio  regionale
per la realizzazione dei fini istituzionali delle  riserve  medesime.
Detti decreti recheranno  in  allegato  il  regolamento  con  cui  si
stabiliscono le modalita' d'uso e i divieti da osservarsi.»; 
      all'art. 28, commi 1 e 2, con riferimento all'art. 4, comma  1,
lettera a): « [1] Le proposte di cui all'art. 4, lettera  a),  quelle
relative  agli  articoli  26  e  27  e   il   programma   pluriennale
economico-sociale di cui all'art. 19 debbono essere resi di  pubblica
ragione  mediante  pubblicazione   degli   atti   presso   i   comuni
interessati. [2] Entro trenta giorni  dalla  pubblicazione,  privati,
enti, organizzazioni sindacali, cooperativistiche,  sociali  potranno
presentare osservazioni su cui motivatamente dovra' dedurre l'ente  o
l'ufficio proponente e  che  dovranno  formare  oggetto  di  motivata
deliberazione da  parte  dell'ente  preposto  all'approvazione  degli
strumenti suddetti contestualmente alla stessa approvazione». 
    La legge regionale n. 98/1981  prevede  dunque,  quali  forme  di
partecipazione  dei  Comuni  al  procedimento  di  istituzione  delle
riserve naturali regionali, la possibilita' di formulare osservazioni
nei confronti della proposta di piano regionale dei  parchi  e  delle
riserve naturali (art. 28, comma 1, con riferimento all'art. 4, comma
1, lettera a), nonche' la designazione di tre esperti (art. 3,  comma
l, lett. e), da parte delle tre principali associazioni  dei  comuni,
da nominare nell'ambito del Consiglio regionale per la protezione del
patrimonio naturale, uno dei compiti di tale Consiglio essendo quello
di predisporre il piano regionale dei parchi e delle riserve naturali
(art. 4, comma 1, lett. a). 
    Tali forme  partecipative  sarebbero  quindi  anzitutto  previste
esclusivamente con riferimento al piano regionale dei parchi e  delle
riserve naturali, non essendo previste forme partecipative dei Comuni
in relazione al procedimento istitutivo delle singole aree;  inoltre,
esse sarebbero  diverse  e  meno  garantistiche  di  quelle  previste
dall'art. 22, della legge 6 dicembre  1991,  n.  394,  essendo  nella
sostanza ricondotte alla possibilita'  di  formulare  osservazioni  e
proposte, peraltro nei confronti non  dei  decreti  istitutivi  delle
singole aree, ma solo della proposta del piano regionale dei parchi e
delle riserve naturali. 
    Il Collegio ritiene che le modalita' partecipative previste dalla
normativa regionale (sulla cui osservanza nel corso del  procedimento
non vi e' discussione fra le parti) risultino non idonee a soddisfare
la previsione dell'art. 22, della legge n. 394/1991, ma che cio'  non
possa portare a ritenere che la  disciplina  procedimentale  prevista
dalle norme regionali  di  cui  si  tratta  risulti  conseguentemente
integrata con le forme partecipative previste  dal  citato  art.  22,
cio' che avrebbe  potuto  condurre  all'accoglimento  del  motivo  di
ricorso. 
    In proposito, va anzitutto ricordato come la Corte costituzionale
abbia piu' volte (sentenze 14 luglio 2000, n. 282, e 26 gennaio 2012,
n.  14)  dichiarato  l'illegittimita'  di  leggi  regionali  che  non
prevedevano la partecipazione degli enti locali  alla  istituzione  o
alla modifica delle aree protette nelle forme di cui al  citato  art.
22, espressamente qualificandolo  come  «...parametro  interposto...»
(sentenza 14 luglio 2000, n. 282). 
    In  particolare,  ha  avuto  modo   di   statuire   come   «...La
partecipazione al procedimento di  istituzione  delle  aree  protette
regionali dei singoli enti locali il cui territorio sia  destinato  a
far parte dell'istituenda area protetta, richiesta dall'art. 22 della
legge quadro, non puo' ritenersi garantita dalla previsione, ad opera
della legge regionale impugnata, di un comitato consultivo  regionale
per le aree naturali protette (art. 3) che, come osserva il giudice a
quo, non prevede la partecipazione  dei  comuni  interessati  neppure
puo'  ritenersi  legittivamente  surrogata  dalla   possibilita'   di
formulare  osservazioni  e  proposte  nei   confronti   dei   decreti
istitutivi del parco, loro concessa dalla lettera  b)  dell'impugnato
art. 6...» (sentenza 14 luglio 2000, n. 282). 
    La normativa regionale richiamata definisce  infatti  in  maniera
esaustiva le modalita' partecipative del procedimento di  istituzione
delle riserve naturali regionali;  nei  due  casi  in  cui  la  Corte
costituzionale ha rilevato difformita' delle leggi regionali  con  il
citato  art.  22,  ha  proceduto  a  dichiararle   costituzionalmente
illegittime; se avesse ritenuto che il significato della norma avesse
potuto essere integrato con i dettami dell'art.  22,  avrebbe  invece
emanato una sentenza interpretativa di rigetto;  cio'  in  forza  del
principio, affermato nella sentenza 22 ottobre 1996, n.  356,  e  poi
piu' volte ribadito, secondo cui «...una disposizione non puo' essere
ritenuta   costituzionalmente   illegittima   perche'   puo'   essere
interpretata in un senso che la  ponga  in  contrasto  con  parametri
costituzionali, ma soltanto se ne e' impossibile una  interpretazione
conforme alla Costituzione (si vedano, da ultimo, la sentenza n.  379
del 2007 e le ordinanze n. 448 e n. 464 del 2007)...»  (Corte  cost.,
sentenza 16 maggio 2008, n. 147). 
    Se ne deve quindi concludere che le  norme  che  prevedano  forme
partecipative diverse e  meno  garantistiche  da  quelle  individuate
dall'art.  22  citato   non   possano   essere   integrate   in   via
interpretativa o giurisprudenziale, ma debbano essere  sottoposte  al
vaglio di legittimita' costituzionale della Corte. 
    E' il caso di rilevare come proprio la circostanza che la  Corte,
nelle  citate  sentenze  282/2000   e   14/2012,   abbia   dichiarato
l'illegittimita'   costituzionale    anziche'    adottare    pronunce
interpretative di rigetto induce  a  ritenere  non  applicabile  alla
presente  fattispecie  la  soluzione  adottata  da   una   pronuncia,
precedente alle citate sentenze 282/2000 e 14/2012, di questo  stesso
Tribunale Amministrativo Regionale (TAR Sicilia - Palermo, Sez. I, 26
marzo 1998, n. 492), che aveva invece ritenuto  che  il  procedimento
per l'istituzione delle  riserve  potesse  essere  integrato  con  le
disposizioni di cui agli artt.  8  e  9,  della  legge  regionale  n.
10/1991, relativi alla comunicazione di avvio del  procedimento,  nei
confronti del proprietario del  bene  costituito  in  riserva  ed  in
ragione del peculiare effetto "vincolistico" conseguente. 
    L'accoglimento della censura del Comune ricorrente  non  potrebbe
quindi  che  passare  attraverso  una  pronuncia  di   illegittimita'
costituzionale della legge regionale n. 98/1981 nella parte in cui si
ponga in contrasto con il citato art. 22. 
    A tal fine, pur avendo la Corte costituzionale affermato  che  le
norme fondamentali di riforma economico-sociale «...in base  all'art.
14 dello Statuto speciale per la Regione siciliana, costituiscono  un
limite anche  all'esercizio  delle  competenze  legislative  di  tipo
esclusivo...» (sentenza 8 maggio 1995, n. 153;  analogamente,  CGARS,
Sez. consultiva, 10 dicembre  1996,  n.  588),  occorre  pero'  darsi
carico della  questione  circa  l'applicabilita'  dell'art.  22  alla
legislazione della Regione Siciliana, in considerazione del  disposto
del comma 2 di tale articolo, secondo  cui  devono  essere  «...Fatte
salve le rispettive competenze per le regioni a statuto speciale...». 
    Anzitutto, giova evidenziare come la stessa Corte costituzionale,
trattando della citata  legge  regionale  Siciliana  n.  98/1981,  ha
recentemente avuto modo di precisare come «...si tratta  all'evidenza
della normativa emanata - peraltro cosi' come successivamente  fatto,
in applicazione della legge-quadro n. 394 del 1991, da diverse  altre
Regioni - al fine di regolare la istituzione dei parchi  naturali  di
rilevanza regionale...» (sentenza 23 gennaio 2009, n. 12). 
    Nella stessa  sentenza,  riaffermando  quanto  gia'  statuito  in
precedenza (sentenza 14 novembre 2007, n. 380),  la  Corte  ha  anche
precisato  come  «...nello  statuto  speciale   non   si   rinvengono
disposizioni  che  prevedono,  in  materia,   considerata   nel   suo
complesso, di ambiente  ed  ecosistema,  una  disciplina  derogatoria
rispetto a quella stabilita, in  via  generale,  dal  secondo  comma,
lettera s), dell'art. 117 Cost...». 
    Pertanto, l'inciso  riferito  alle  competenze  delle  regioni  a
statuto speciale deve essere letto nel senso evidenziato dalla citata
sentenza n.  380/2007,  secondo  cui  la  competenza  legislativa  in
materia di "tutela dell'ambiente", in ragione di  una  configurazione
dell'ambiente  come   una   sorta   di   materia   trasversale,   pur
presentandosi «sovente connessa e intrecciata  inestricabilmente  con
altri interessi e competenze regionali concorrenti» (sent. n. 32  del
2006),  rientra  nella  competenza  esclusiva  dello  Stato  in  base
all'art. 117, secondo comma, lett.  s),  Cost.,  anche  se  cio'  non
esclude il concorso di normative regionali, volte al conseguimento di
finalita' di tutela ambientale (sentenza n. 247 del  2006);  su  tali
presupposti, la Corte ha quindi ritenuto che «...non trova fondamento
la tesi della ricorrente [Regione  Siciliana]  circa  una  competenza
legislativa in materia di ambiente che le deriverebbe  da  specifiche
disposizioni dello  statuto  di  autonomia.  Le  competenze  previste
dall'art. 14, lettere f), i) e n), e dall'art. 17, lettera b),  dello
statuto riguardano importanti settori che  afferiscono  all'ambiente,
ma non lo esauriscono...». 
    Pertanto, deve ritenersi  l'applicabilita'  dell'art.  22  citato
anche nell'ambito della regione Sicilia. 
    Il motivo di cui si discute non puo' quindi essere  deciso  senza
sollevare questione di legittimita' costituzionale  che  il  Collegio
ritiene,  per  quanto  esposto,  rilevante   e   non   manifestamente
infondata. Ai sensi dell'art. 23, della legge 11 marzo 1953,  n.  87,
deve quindi essere disposta la sospensione del giudizio  in  corso  e
l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.