Ricorso della Presidenza del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Contro la Regione Sardegna, in persona del suo Presidente p.t., per la declaratoria della illegittimita' costituzionale del testo di legge della Regione Sardegna "Legge statutaria elettorale ai sensi dell'art. 15 dello statuto speciale per la Sardegna", approvata a maggioranza dei due terzi dei componenti del Consiglio regionale ai sensi dell'art. 15, comma 2, dello Statuto speciale della Regione Sardegna, pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Autonoma della Sardegna n. 32 dell'11 luglio 2013, limitatamente all'art. 22, come da delibera del Consiglio dei Ministri in data 2 agosto 2013, per violazione degli artt. 3 e 51 Cost. Fatto In data 11 luglio 2013, sul n. 32 del Bollettino ufficiale della Regione Autonoma della Sardegna, e' stata pubblicato il testo di legge della Regione Sardegna "Legge statutaria elettorale ai sensi dell'art. 15 dello statuto speciale per la Sardegna", approvata - ai sensi dell' art. 15, comma 2, dello Statuto speciale della Regione Sardegna - a maggioranza dei due terzi dei componenti del Consiglio regionale. La Legge, per quanto qui interessa, nel regolare il sistema elettorale regionale del Presidente della Regione e del Consiglio regionale, prevede tra l'altro, nella disposizione transitoria contenuta all'art. 22, comma 3 - applicabile "qualora debbano svolgersi le elezioni regionali senza che sia stata approvata una legge di adeguamento al sistema elettorale introdotto dalla presente legge" - che "il Presidente della Regione che si sia dimesso dalla carica determinando la cessazione anticipata della legislatura non puo' in ogni caso essere nuovamente candidato al successivo turno elettorale regionale". La disposizione ora richiamata e' in radicale contrasto con il generale principio di ragionevolezza, nonche' con gli artt. 3 e 51 della Costituzione, e deve pertanto essere impugnata, come con il presente atto effettivamente la si impugna, affinche' ne sia dichiarata la illegittimita' costituzionale, con conseguente annullamento, sulla base delle seguenti considerazioni in punto di Diritto 1. La legge il cui art. 22 oggi si censura e' stata approvata (ma non ancora promulgata, ai sensi dell'art. 15, commi II e IV, e dell'art. 33 dello Statuto) sulla base della disposizione di cui all'art. 15 dello Statuto regionale, cosi' come modificato dapprima dall'art. 3 della legge Cost. 31 gennaio 2001, n. 2 (contenente "Disposizioni concernenti l'elezione diretta dei Presidenti delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano), quindi dall'art. 1, comma I, lett. a), della legge Cost. 7 febbraio 2013, n. 3 ("Modifica degli articoli 15 e 16 dello Statuto speciale per la Sardegna, di cui alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, in materia di composizione ed elezione del Consiglio regionale"). 2. Nessuna norma statutaria prevede che la legge regionale possa disporre, sia pure per un periodo transitorio, specifiche limitazioni alla possibilita' per i soggetti eleggibili di presentare la propria candidatura a Presidente della Regione. Nulla prevedono, in particolare, gli artt. 34, 35 e 39 - che espressamente e in modo succinto disciplinano la carica presidenziale. Il richiamato art. 15, nel rimettere alla legge regionale, tra l'altro, la determinazione delle "modalita' di elezione, sulla base dei principi di rappresentativita' e di stabilita', ... del Presidente della Regione", e "i casi di ineleggibilita' e incompatibilita'", testualmente dispone che la detta legge (quella ora pubblicata sul BURAS dell'11 luglio 2013 e della quale si discute in questa sede) deve regolamentare la materia "in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica". Di qui discende l'identificazione del parametro costituzionale che si assume violato, da identificarsi (oltre che con il generale principio di ragionevolezza) con gli artt. 3 e 51 della Carta fondamentale. 3. Orbene, l'art. 51 della Costituzione "garantisce a tutti i cittadini... il diritto di accedere alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge". Codesta Ecc.ma Corte, sulla scorta di detta fondamentale guarentigia, ha sempre rilevato che "costituisce principio costantemente affermato dalla giurisprudenza costituzionale quello secondo cui la eleggibilita' costituisce la regola, mentre la ineleggibilita' rappresenta una eccezione; sicche' le norme che disciplinano quest'ultima sono di stretta interpretazione" (Corte Cost., 23-07-2010, n. 283 e numerose altre). Svariate pronunce si sono conseguentemente succedute riaffermando detto canone, si' da incidere su norme in vario modo restrittive del diritto di elettorato passivo: cosi', ad esempio, Corte cost., 28-07-1993, n. 344 (in tema di eleggibilita' alla camera dei deputati per i consiglieri regionali), e Corte Cost. 06-12-2004, n. 376 (nella quale si sottolinea espressamente come il principio di ragionevolezza sia "da scrutinarsi con particolare rigore nella materia elettorale"). 4. Con specifico riferimento alla potesta' legislativa in tema di ineleggibilita' ed incompatibilita', codesta Corte ha quindi piu' volte affermato (a partire da Corte Cost., n. 105/57) che "la disciplina regionale d'accesso alle cariche elettive dev'essere strettamente conforme ai principi della legislazione statale, a causa della esigenza di uniformita' in tutto il territorio nazionale discendente dall'identita' di interessi che comuni e province rappresentano riguardo alle rispettive comunita' locali" (Corte Cost., 17-07-2007, n. 288). "E' proprio il principio di cui all'art. 51 Cost.", prosegue codesta Corte, "a svolgere il ruolo di garanzia generale di un diritto politico fondamentale, riconosciuto ad ogni cittadino con i caratteri dell'inviolabilita'". Detti principi-cardine dell'ordinamento democratico trovano applicazione anche nei confronti delle Regioni a statuto speciale, dovendo pacificamente lo Stato garantirne l'uniforme applicazione su tutto il territorio nazionale. 5. E' cosi' stata dichiarata costituzionalmente illegittima, sempre con riferimento a leggi della Regione Sicilia, la previsione di nuove o diverse cause d'ineleggibilita' (sentenze n. 162/1995, n. 571/1989, n. 108/1969, n. 105/1957); la previsione come causa d'ineleggibilita' di situazioni previste a livello nazionale come cause d'incompatibilita' o di anomale discipline dell'incompatibilita' (sentenze n. 235/1988, n. 432/1987, n. 162/1985); la mancata previsione di cause d'ineleggibilita' presenti nella legislazione statale (sentenze n. 84/ 1994, n. 463/1992). 6. E' pur vero che la giurisprudenza costituzionale ha anche affermato "che discipline legislative differenziate possono essere ammissibili" laddove si contempli la situazione di categorie di soggetti che "si presentino diverse, messe a raffronto con quelle proprie delle stesse categorie di soggetti nel restante territorio nazionale ed in ogni caso per motivi adeguati e ragionevoli, e finalizzati alla tutela di un interesse generale" (cosi' Corte Cost., 288/2007 cit. e numerose altre). Ma cio', ai soli fini - pure costituzionalmente garantiti - di "assicurare la primaria esigenza dell'autenticita' della competizione elettorale" (Corte Cost., n. 5/1978), "nei limiti strettamente necessari alla tutela di altro interesse costituzionalmente protetto e secondo la regola della necessita' e della ragionevole proporzionalita'" (cfr. Corte Cost., n. 141/1996). Deve, dunque, sussistere un nesso di necessarieta' e proporzionalita' fra la limitazione e questi obiettivi, e deve accertarsi che la ineleggibilita' sia proporzionata al fine e "non finisca piuttosto per alterare i meccanismi di partecipazione dei cittadini alla vita politica". In sostanza e' necessario un "bilanciamento tra il diritto individuale di elettorato passivo... e la tutela delle cariche pubbliche" onde evitare indebite influenze sulla par condicio della competizione elettorale (cosi' Corte Cost., n. 306/2003). Una diversa previsione normativa sarebbe in evidente violazione del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), determinando una disparita' di trattamento con il diritto di elettorato passivo goduto in altre Regioni; e, in quanto palesemente irrazionale e ingiustificata, urterebbe anche con il fondamentale principio - immanente all'ordinamento - di ragionevolezza. 7. Nella fattispecie in esame, l'ineleggibilita' e incandidabilita' del Presidente della Regione al successivo turno elettorale in caso di dimissioni rassegnate dalla stesso, non e' ragionevolmente giustificabile. Il Legislatore regionale, in particolare, omette del tutto di chiarire quali situazioni peculiari della Regione, o comunque quali specifici e ragionevoli motivi, finalizzati alla tutela dell'interesse generale, giustifichino una simile regolamentazione. D'altro canto, le dimissioni del Presidente della Regione sono di per se' atto "neutro" e non significativo, potendo essere motivate dalle piu' svariate ragioni politiche, organizzative, personali. Una intenzione lato sensu punitiva, quale quella che traspare dalla nonna che si impugna, appare pertanto del tutto irrazionale e sprovvista di adeguato sostegno motivazionale. 8. Alla luce di tutto quanto precede, l'art. 22 del testo di legge della Regione Sardegna "Legge statutaria elettorale ai sensi dell'art. 15 dello statuto speciale per la Sardegna", pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Autonoma della Sardegna n. 32 dell'11 luglio 2013, privo com'e' di ragioni che consentano di superare il fondamentale e generalissimo enunciato di liberta' contenuto nella disposizione costituzionale sulla eleggibilita', nella parte in cui opera il restringimento del diritto di elettorato passivo, finisce per violare i precetti costituzionali contenuti negli articoli 3 e 51 della Costituzione, nonche' il fondamentale canone di ragionevolezza, e dovra' conseguentemente essere annullato.