IL TRIBUNALE Letta memoria ex art. 121 c.p.p. depositata in data 11 luglio 2013 presentata nell'interesse di: R.R., nato in M. il 10 settembre 1984, attualmente sottoposto alla misura degli arresti domiciliari in Torino via Moncrivello nr. 3/D c/o BOVE Giacomo (Stazione Carabinieri Torino Regio Parco); E.K.F. nato a B. (Francia) il 30 novembre 1980 attualmente sottoposto alla misura dell'obbligo di presentazione giornaliero alla P.G.; entrambi difesi di fiducia dall'avv. Gasparini Alessandro del Foro di Torino, Rilevato in fatto che nei confronti dei suddetti imputati veniva emesso decreto di giudizio immediato in data 27 febbraio 2013 con la seguente imputazione: del reato di cui agli artt. 110 c.p., 73 DPR 309/90 perche' in concorso tra loro illecitamente detenevano gr. 965,65 di sostanza stupefacente, hashish, contenente mg. 93578 di principio attivo, destinato aI consumo di terzi. - In Torino il 25 gennaio 2013 R. recidivo specifico infraquinquennale E.K. recidivo Osserva In data 14 marzo 2013 il difensore di entrambi, munito di procura speciale, chiedeva procedersi con il rito abbreviato che veniva ammesso in data 27 maggio 2013. Con la memoria depositata l'11 luglio 2013 il difensore degli imputati sollevava eccezione di incostituzionalita' dell'art. 4-bis del d.l. n. 272/2005 cosi' come modificato dalla legge di conversione n. 49/2006, che aveva modificato l'art. 73 D.P.R. 309/90 per contrasto con gli artt. 77 c. 2, 3 e 117 c. 1 Cost. La questione, come precisato anche dal difensore, e' stata recentemente sollevata sia dalla Corte di Appello di Roma, con ordinanza del 28 gennaio 2013, di cui il difensore fa proprie le motivazioni e le conclusioni, che dalla Corte di Cassazione Penale, Sezione III, con ordinanza del 9 maggio 2013. In particolare la Corte di Appello di Roma svolgeva le seguenti osservazioni in diritto. Osserva in diritto 1. L'art. 73 del d.P.R. n. 309/90, come e' noto, e' stato modificato dalla legge n. 49 del 21 febbraio 2006 di conversione del decreto legge n. 272/2005, c.d. «Decreto Olimpiadi». Prima della legge di modifica l'articolo in argomento prevedeva nei commi 1 e 4 la sanzione della reclusione da 8 a 20 anni e la multa da € 25.822 ad € 258.228 per una serie di condotte aventi ad oggetto le sostanze stupefacenti elencate nelle tabelle I e III allegate al d.P.R. - le c.d. droghe pesanti - e, rispettivamente, la sanzione della reclusione da 2 a 6 anni e la multa da € 5.164 ad € 77.468 per le condotte riguardanti le sostanze elencate nelle tabelle II e IV - c.d. droghe leggere -. Il quadro legislativo prevedeva dunque, come appare giuridicamente e, soprattutto, costituzionalmente corretto, sanzioni diverse in relazioni a condotte diverse: la norma, puniva e violazioni relative a sostanze piu' dannose con sanzioni piu' pesanti rispetto a quelle riguardanti sostanze meno dannose. L'art. 4-bis d.l. cit. ha modificato il quadro teste' delineato appiattendo verso l'alto le condotte in argomento sotto l'unica sanzione della reclusione da 6 a 20 anni e la multa da € 26.000 a 260.000. Fermo e' rimasto il comma 5 dell'art. in argomento che prevede sanzioni piu' miti per comportamenti di lieve entita' stabilendo comunque per cio' che attiene alla detenzione di sostanza "leggere", un rilevante anniento delle pene rispetto a quanto previsto dalla norma nella sua formulazione originaria. L'art. 4-bis cit. risulta per altro verso inserito nel quadro di un decreto legge varato all'inizio sotto la rubrica di «Misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali nonche' la funzionalita' dell'amministrazione dell'Interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi». Il provvedimento varato dal Governo era costituito da soli 6 articoli riguardanti l'assunzione di personale della Polizia di Stato, il finanziamento delle Olimpiadi invernali di Torino, l'istituzione di apposita lotteria nazionale, l'esecuzione di pene detentive per tossicodipendenti ed il diritto di voto degli italiani all'estero. In particolare, per cio' che attiene alla materia in argomento, l'art. 4 del decreto legge abrogava l'art. 94-bis del d.P.R. n. 309/90 e prevedeva un caso speciale di sospensione dell'esecuzione di pene detentive irrogate a tossicodipendenti ed alcoldipendenti: nulla dunque che riguardasse le sanzioni relative alle condotte di detenzione, spaccio ecc. di sostanze stupefacenti. In seguito al passaggio parlamentare, il decreto contava ben 36 articoli tra cui l'art. 4-bis di cui trattasi. Alla luce di quanto sin qui esposto, ritiene dunque questa Corte che sussistano elementi per ritenere non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4-bis del d.l. cit. cosi' come convertito nella l. n. 49/2006 per contrasto con l'art. 77, 2 c. Cost. sollevata nel corso del presente procedimento. Ed in effetti la Corte costituzionale ha avuto modo di esprimersi in ordine alla necessita' di coerenza tra le norme che compongono un provvedimento di urgenza rilevando «la carenza del requisito della straordinarieta' del caso di necessita' e di urgenza di provvedere la evidente estraneita' della norma censurata rispetto alla materia disciplinata da altre disposizioni del decreto legge in cui e' inserita». Ed ancora: «Si deve ritenere che l'esclusione della possibilita' di inserire nella legge di conversione di un decreto-legge emendamenti del tutto estranei all'oggetto e alle finalita' del testo originario non risponda soltanto ad esigenze di buona tecnica normativa, ma sia imposta dallo stesso art. 77, secondo comma, Cost., che istituisce un nesso di interrelazione funzionale tra decreto-legge, formato dal Governo ed emanato dal Presidente della Repubblica, e legge di conversione, caratterizzata da un procedimento di approvazione peculiare rispetto a quello ordinario». (sentenza 22 del 2012). Ora nel caso in specie appare evidente il difetto di coerenza interna tra le norme che costituivano il nucleo originario del provvedimento adottato dal governo e quella di cui dall'art. 4-bis citato: tale ultima norma, che introduce un nuovo sistema di sanzioni in relazione a condotte aventi ad oggetto stupefacenti, nulla ha evidentemente a che vedere, sia con lo svolgimento delle Olimpiadi invernali di Torino, sia con i benefici previsti in favore di tossicodipendenti ed alcoldipendenti. 2. Del resto che la norma in argomento non perseguisse lo scopo di fronteggiare un problema presentatosi con caratteri di urgenza e straordinarieta' emerge con tutta evidenza dal fatto che la riforma dell'art. 73 cit. giaceva in parlamento da tre anni come affermato dallo stesso relatore della modifica On. Giovanardi (seduta del Senato del 26 gennaio 2006). Da tale rilievo si deduce un secondo profilo di incostituzionalita' per contrasto con l'art. 77, 2 c. Cost. della norma in questione che, oltre ad essere inserita, come gia' detto, in un contesto disomogeneo, appare per di piu' sprovvista del requisito della urgenza previsto dalla citata norma costituzionale e che giustifica il potere di decretazione del governo. Non si vede, in altre parole, quale urgenza vi fosse nel riformare un sistema sanzionatorio in vigore da 16 anni ed in ordine al quale nessun evento improvviso, straordinario poneva l'esigenza di una modifica per decreto. La Corte costituzionale ha peraltro avuto modo di affermare il principio per cui il vizio derivante dalla assenza del requisito di straordinarieta' ed urgenza del provvedimento per decreto non viene sanato dalla successiva legge di conversione. Quanto precede poiche' «Affermare che la legge di conversione sana in ogni caso i vizi del decreto significherebbe attribuire in concreto al legislatore ordinario il potere di alterare il riparto costituzionale delle competenze del Parlamento e del Governo quanto alla produzione delle fonti primarie.» (C. Cost. sent. n. 171/2007). 3. La norma di cui all'art. 4-bis in questione si pone a giudizio di questa Corte in contrasto altresi' del principio costituzionale di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge di cui all'art. 3 Cost. Il principio postula come e' noto, e come e' stato piu' volte sottolineato dalla Corte costituzionale, non solo che a comportamenti eguali vengano riconnesse conseguenze eguali ma anche, e per converso, che a situazioni diverse corrispondano conseguenze diverse. Non v'e' dunque chi non veda come sanzionare con la medesima pena due comportamenti notevolmente diversi come l'importare, detenere, spacciare ecc. droghe c.d. leggere oppure pesanti costituisca una palese violazione del principio di eguaglianza sotto il profilo della mancata adozione di sanzioni diverse in relazione a condotte diverse. Pur non essendo questa la sede per una disamina su basi scientifiche delle profonde, e comunque note, differenze intercorrenti tre ai due tipi di stupefacenti varra' tuttavia la pena di rilevare quanto meno la assenza di effetti di dipendenza nei consumatori di «cannabis» a differenza di quelli che assumono droghe c.d. pesanti quali gli oppiacei di cui diventano entro brevissimo termine dipendenti. Va altresi' rilevata la modestia degli effetti negativi sull'organismo - non differenti da quelli che provocano alcool o nicotina - delle droghe leggere rispetto quelli devastanti prodotti dalle droghe pesanti. 4. Non manifestamente infondata appare inoltre la questione di legittimita' costituzionale della norma di cui al l'art. 4-bis cit. in relazione all'art. 117, c. 1 Cost. Va invero posto in evidenza come il Consiglio della Unione Europea con la decisione quadro n. 2004/757/GAI abbia stabilito all'art. 4 che: 1 - (Omissis). «Ciascuno Stato membro provvede finche' i reati di cui all'art. 2 (Reati connessi al traffico illecito di stupefacenti e di precursori) siano soggetti a pene detentive della durata massima compresa tra almeno l e 3 anni. 2 - Ciascuno Stato membro provvede affinche' i reati di cui all'art. 2, paragrafo 1, lettere a), b) e c), siano soggetti a pene detentive della durata massima compresa tra almeno 5 e 10 anni in presenza di ciascuna delle seguenti circostanze: a) il reato implica grandi quantitativi di stupefacenti; b) il reato o implica la fornitura degli stupefacenti piu' dannosi per la salute, oppure ha determinato gravi danni alla salute di piu' persone.» Al di la' della quantificazione delle pene che in subiecta materia non puo' venire in considerazione, cio' che rileva e' che la decisione comunitaria in argomento distingua chiaramente e nettamente da un punto di vista sanzionatorio tra droghe leggere - che non vengono definite in quanto tali ma che si comprende, per esclusione rispetto al successivo comma 2 lett. b) siano quelle cui la decisione si riferisce - e droghe pesanti che vengono indicate come «stupefacenti piu' dannosi per la salute». Ai sensi dell'art. 117, 1 c. Cost. lo Stato Italiano ha il dovere di legiferare «nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali alle decisioni della comunita' internazionale». Sulla necessita' per lo Stato di conformarsi ai sensi dell'art. 117 Cost. alle Decisioni Quadro del Consiglio di Europa si e' gia' pronunciata la Corte costituzionale, tra le altre, con la sentenza da cui e' tratta la seguente massima: Rapporti giurisdizionali con autorita' straniere in materia penale - Estradizione - Mandato di arresto europeo - Consegna per l'estero - Cittadino comunitario residente in Italia - Mancata previsione del rifiuto della consegna del residente non cittadino - costituzionale. E' costituzionalmente illegittimo, in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., l'art. 18, comma 1, lettera r), della legge 22 aprile 2005, n. 69 (Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002 relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri), nella parte in cui non prevede il rifiuto di consegna anche del cittadino di un altro Paese membro dell'Unione europea, che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimora nel territorio italiano, ai fini dell'esecuzione della pena detentiva in Italia conformemente al diritto interno. Corte cost., 24 giugno 2010, n. 227 (Ric. Corte di cassazione. (l. 22 aprile 2005, n. 69, art, 8) (1), in Anpp 5/10. Nel corpo di detta sentenza si afferma tra l'altro: «Questa Corte, fin dalle prime occasioni nelle quali e' stata chiamata a definire il rapporto tra ordinamento nazionale e diritto comunitario, ne ha individuato il «sicuro fondamento» nell'art. 11 Cost. (in particolare, sentenze n. 232 del 1975 e n. 183 del 1973; ma gia' in precedenza, le sentenze n. 98 del 1965 e n. 14 del 1964). E' in forza di tale parametro, collocato non senza significato e conseguenze tra i principi fondamentali della Carta, che si e' demandato alle Comunita' europee, oggi Unione europea, di esercitare in luogo degli Stati membri competenze normative in determinate materie, nei limiti del principio di attribuzione». La norma dell'art. 4-bis in argomento viola dunque anche l'obbligo, costituzionalmente sancito, per lo Stato di conformarsi, nei limiti disposti dalla legge, alle decisioni della comunita' internazionale: quanto precede poiche', unificando la pena prevista sia per le droghe leggere che per le droghe pesanti, non ha operato la distinzione da un punto di vista sanzionatorio tra i due tipi di droghe cui era tenuta in forza della citata decisione quadro n. 2004/757/GAI. P.Q.M. Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87. Solleva questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 4 bis d.l. n. 272/2005 cosi' come modificato dalla Legge di conversione n. 49/2006 in relazione agli artt. 77, 2 comma Cost. sotto il duplice profilo della incoerenza della norma rispetto all'originario contenuto del d.l. e del difetto del requisiti dell'urgenza, 3 Cost. e 117, comma 1 Cost. Sospende il presente procedimento. Manda alla Cancelleria per la trasmissione della presente ordinanza alla Corte costituzionale, gli imputati ed al PM al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti della Camera di Deputati e del Senato della Repubblica. Roma, addi' 28 gennaio 2013 Da parte sua, la Corte di Cassazione Penale, Sezione Terza, cosi argomentava la sua ordinanza. 4. La questione di costituzionalita' va sollevata, in via principale, in relazione alla seconda delle tre eccezioni proposte dalla difesa. La prima eccezione ha ad oggetto sempre I'art. 4-bis del decreto-legge n. 272 del 2005, in riferimento all'art. 77 Cost., ma viene proposta sotto il profilo della mancanza, nel testo del decreto-legge, sia del presupposto del caso straordinario di necessita' e di urgenza, sia del requisito della omogeneita' (con riguardo all'oggetto ed alla finalita'). L'eccezione appare pero' prospettata in modo perplesso, dal momento che non e' chiaro se la censura si indirizza soltanto contro le nuove norme introdotte in sede di conversione ovvero anche avverso il testo originario del provvedimento d'urgenza, il cui vizio si estenderebbe poi alle norme successivamente inserite. In particolare, la denuncia di mancanza del necessario carattere della omogeneita' sembrerebbe riferita, piu' che alle norme aggiunte, al testo originario del decreto-legge, dal momento che vengono specificamente elencate la pluralita' di materie distinte su cui esso interveniva (assunzione di personale della Polizia di Stato; misure per l'amministrazione civile dell'interno; finanziamento delle olimpiadi anche con istituzione di apposita lotteria; esecuzione di pene detentive per tossicodipendenti con programmi di recupero; diritto di voto degli italiani all'estero) e le differenti finalita' perseguite. Deve allora osservarsi che, in quanto si rivolge avverso il provvedimento governativo, l'eccezione e' comunque irrilevante perche' in questo giudizio non deve applicarsi nessuna delle norme dell'originario decreto-legge, e cio' a prescindere da ogni considerazione circa la effettiva ravvisabilita' di una loro disomogeneita' finalistica. Se invece si rivolge alle norme del decreto come modificato dalla legge di conversione, l'eccezione di carenza di omogeneita' coincide con la seconda eccezione, perche' cio' che rileva e' la disomogeneita', o meglio l'estraneita' fra le norme introdotte in sede di conversione ed il contenuto o la finalita' del provvedimento d'urgenza. Analogamente, anche la denuncia di mancanza del presupposto della necessita' ed urgenza sembrerebbe rivolta avverso l'originario decreto-legge, in quanto nella memoria si parla di vizio non sanato dalla approvazione della legge di conversione e di evidente carenza dell'urgenza per le disposizioni dirette a favorire il recupero dei tossicodipendenti recidivi. Sotto questo aspetto, pero', l'eccezione e' anch'essa priva di rilevanza, sempre per il motivo che nella specie non debbono applicarsi norme dell'originario decreto-legge, a prescindere da ogni considerazione sulla sua non manifesta infondatezza. Se invece la censura si rivolge avverso le nuove norme introdotte dalla legge di conversione, allora occorre distinguere. Se si condivide la tesi, qui sostenuta, che queste norme sono del tutto estranee al contenuto ed alle finalita' del decreto-legge, allora non ha importanza la sussistenza dei presupposti di necessita' ed urgenza (sentenza n. 355 del 2010), atteso che e' stato spezzato il nesso di collegamento col provvedimento governativo e il vizio di legittimita' si prospetta invece, come si vedra', proprio in ragione di tale totale estraneita'. Se invece si ritenga che le nuove norme non siano del tutto estranee, neppure in questo caso l'eccezione e' manifestamente infondata e pertanto, come si chiarira' in seguito, la relativa questione va sollevata in via subordinata. 5. La terza eccezione di costituzionalita' prospettata con riferimento all'art. 117, comma 1, Cost., sotto il profilo del contrasto con la decisione quadro 2004/757/GAI del Consiglio dell'UE e col principio di proporzionalita' delle pene di cui all'art. 49, comma 3, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, resta assorbita dall'accoglimento della seconda eccezione relativa al possibile contrasto con l'art. 77, comma 2, Cost. 6. Quanto alla non manifesta infondatezza, va preliminarmente ricordato che, come e' ben noto, nel caso in cui le parti prospettino una questione di legittimita' costituzionale, il giudice non deve stabilire se essa sia fondata o infondata, compito questo di esclusiva competenza della Corte costituzionale, bensi' unicamente se sia o non sia manifestamente infondata. Il giudice deve quindi limitarsi ad una valutazione sommaria, per rilevare che esista, a prima vista, un dubbio plausibile di costituzionalita' ed a svolgere un controllo finalizzato ad escludere le questioni prive di serieta' e di ponderazione, sollevate solo a fini dilatori. Nella specie, la seconda questione di legittimita' costituzionale prospettata dal ricorrente e', oltre che rilevante, anche plausibile, non sollevata a fini meramente dilatori, e dotata di serieta' e ponderazione. Sussiste almeno un serio dubbio di illegittimita' costituzionale, il che e' sufficiente ad escludere la manifesta infondatezza della questione. 7. Cio' posto, si rammenta che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 22 del 2012, ha ricordato come uno degli indici in base ai quali verificare se in un decreto-legge «risulti evidente o meno la carenza del requisito della straordinarieta' del caso di necessita' e d'urgenza di provvedere», e' costituito dalla «evidente estraneita'» della norma censurata rispetto alla materia disciplinata da altre disposizioni del decreto-legge in cui e' inserita (sent. n. 171 del 2007; sent. n. 128 del 2008). Il riconoscimento dei presupposti di cui all'art. 77, secondo comma, Cost. e' quindi collegato «ad una intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico. La urgente necessita' del provvedere puo' riguardare una pluralita' di norme accomunate dalla natura unitaria delle fattispecie disciplinate, ovvero anche dall'intento di fronteggiare situazioni straordinarie complesse e variegate, che richiedono interventi oggettivamente eterogenei, afferenti quindi a materie diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi urgenti a situazioni straordinarie venutesi a determinare». Da cio' la Corte ha tratto la conclusione che «la semplice immissione di una disposizione nel corpo di un decreto-legge oggettivamente o teleologicamente unitario non vale a trasmettere, per cio' solo, alla stessa il carattere di urgenza proprio delle altre disposizioni, legate tra loro dalla comunanza di oggetto o di finalita'». Pertanto, «l'inserimento di norme eterogenee all'oggetto o alla finalita' del decreto spezza il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo dell'urgenza del provvedere ed "i provvedimenti provvisori con forza di legge"». Invero, la «ratio implicita nel secondo comma dell'art. 77 Cost., impone il collegamento dell'intero decreto-legge al caso straordinario di necessita' e urgenza, che ha indotto il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del Parlamento», e di tale ratio costituisce esplicitazione, pur non avendo rango costituzionale, l'art. 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, laddove prescrive che il contenuto del decreto-legge «deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo». Per quanto concerne in particolare la legge di conversione, la citata sent. n. 22 del 2012 ha affermato che «La necessaria omogeneita' del decreto-legge, la cui interna coerenza va valutata in relazione all'apprezzamento politico, operato dal Governo e controllato dal Parlamento, del singolo caso straordinario di necessita' e urgenza, deve essere osservata dalla legge di conversione». La Corte ha quindi enunciato il «principio della sostanziale omogeneita' delle norme contenute nella legge di conversione di un decreto-legge», principio costituzionale confermato dal regolamento del Senato e richiamato da messaggi e lettere del Presidente della Repubblica. Alla stregua di tale principio, deve dunque ritenersi che «l'esclusione della possibilita' di inserire nella legge di conversione di un decreto-legge emendamenti del tutto estranei all'oggetto e alle finalita' del testo originario non risponda soltanto ad esigenze di buona tecnica normativa, ma sia imposta dallo stesso art. 77, secondo comma, Cost., che istituisce un nesso di interrelazione funzionale tra decreto-legge, formato dal Governo ed emanato dal Presidente della Repubblica, e legge di conversione, caratterizzata da un procedimento di approvazione peculiare rispetto a quello ordinario», anche sotto il profilo della particolare rapidita' e della necessaria accelerazione dei tempi di questo procedimento. La Corte costituzionale ha riconosciuto che le Camere ben possono, «nell'esercizio della propria ordinaria potesta' legislativa, apportare emendamenti al testo del decreto-legge, che valgano a modificare la disciplina normativa in esso contenuta, a seguito di valutazioni parlamentari difformi nel merito della disciplina, rispetto agli stessi oggetti o in vista delle medesime finalita'», o anche solo per esigenze meramente tecniche o formali, ma ha specificato che esorbita invece dalla sequenza tipica del procedimento «l'alterazione dell'omogeneita' di fondo della normativa urgente, quale risulta dal testo originario, ove questo, a sua volta, possieda tale caratteristica» (in caso contrario vi sarebbero problemi di legittimita' dello stesso decreto-legge). ln definitiva, «l'innesto nell'iter di conversione dell'ordinaria funzione legislativa puo' certamente essere effettuato, per ragioni di economia procedimentale, a patto di non spezzare il legame essenziale tra decretazione d'urgenza e potere di conversione. Se tale legame viene interrotto, la violazione dell'art. 77, secondo comma, Cost., non deriva dalla mancanza dei presupposti di necessita' e urgenza per le norme eterogenee aggiunte, che, proprio per essere estranee e inserite successivamente, non possono collegarsi a tali condizioni preliminari (sentenza n. 355 del 2010), ma per l'uso improprio, da parte del Parlamento, di un potere che la Costituzione gli attribuisce, con speciali modalita' di procedura, allo scopo tipico di convertire, o non, in legge un decreto-legge». In sostanza, secondo questa sentenza costituzionale, le norme inserite nel decreto-legge nel corso del procedimento di conversione che siano «del tutto estranee alla materia e alle finalita' del medesimo», sono costituzionalmente illegittime, per violazione dell'art. 77, secondo comma, Cost. Questi principi sono stati poi confermati dalla Corte costituzionale con l'ordinanza n. 34 del 2013, che ha ribadito i limiti alla emendabilita' del decreto-legge indicati dalla sentenza n. 22 del 2012 «in una prospettiva contenutistica ovvero finalistica, richiamando le norme procedimentali che riflettono la natura della legge di conversione come legge "funzionalizzata e specializzata", che non puo' aprirsi a qualsiasi contenuto ulteriore». Le Camere pertanto possono emendare il testo del decreto-legge nel rispetto del contenuto o della finalita' del provvedimento governativo e, «nel caso di provvedimenti governativi ab origine a contenuto eterogeneo, il limite all'introduzione di ulteriori disposizioni in sede di conversione e' costituito dal rispetto della ratio». Quando le norme introdotte in sede di conversione risultassero del tutto estranee alla ratio del decreto-legge, si registrerebbe uno «scostamento intollerabile della funzione legislativa» dal parametro costituzionale. Insomma, secondo la Corte costituzionale, le norme aggiunte in sede di conversione, ove siano del tutto eterogenee al contenuto o alle ragioni di necessita' ed urgenza proprie del decreto, devono ritenersi illegittime perche' esorbitano dal potere di conversione attribuito dalla Costituzione al Parlamento. Questi principi sono stati poi ricordati, dopo la sentenza n. 22 del 2012, dal Presidente della Repubblica in una lettera del 22 febbraio 2012 ai Presidenti delle Camere ed al Presidente del Consiglio dei ministri, con la quale, richiamati il precedente messaggio presidenziale del 29 marzo 2002 (di rinvio del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 4 del 2002), viene ribadita «la necessita' di limitare gli emendamenti ammissibili, in sede di conversione dei decreti-legge, a quelli sostanzialmente omogenei rispetto al testo originario del decreto, in considerazione della particolare disciplina costituzionale e regolamentare del procedimento di conversione nonche' a garanzia del vaglio preventivo spettante al Presidente della Repubblica in sede di emanazione del decreto-legge e di quello successivo sulla legge di conversione, anche per la difficolta' di esercitare la facolta' di rinvio prevista dall'art. 74 della Costituzione in prossimita' della scadenza del termine tassativo di 60 giorni fissato per la conversione in legge» e viene ricordato che il mancato rispetto di tale regola espone le disposizioni «al rischio di annullamento da parte della Corte costituzionale per ragioni esclusivamente procedimentali ma di indubbio rilievo istituzionale». 8. Le disposizioni e le norme che qui vengono in rilievo non facevano parte del testo originario del decreto-legge sottoposto alla firma del Presidente della Repubblica, ma sono state inserite nel decreto-legge n. 272 del 2005 per effetto di emendamenti approvati in sede di conversione. Si tratta di norme facenti parte di un corpo di nuove disposizioni, con le quali non vengono disciplinate situazioni esistenti e bisognose di urgente intervento normativo per le ragioni che avevano ispirato il decreto-legge, bensi' viene posta una normativa «a regime» sulla disciplina delle condotte illecite aventi ad oggetto sostanze stupefacenti. Questa nuova normativa effettivamente appare del tutto slegata da contingenze particolari ed e' stata tuttavia introdotta dalla legge di conversione in un decreto-legge avente contenuto e finalita' del tutto estranei, denominato «Misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonche' la funzionalita' dell'Amministrazione dell'interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi». Il preambolo del provvedimento provvisorio con forza di legge cosi' recita: «Ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di prevenire e contrastare il crimine organizzato ed il terrorismo interno ed internazionale, anche per le esigenze connesse allo svolgimento delle prossime Olimpiadi invernali, nonche' di assicurare la funzionalita' dell'Amministrazione dell'interno; Ritenuta altresi' la straordinaria necessita' ed urgenza di garantire l'efficacia dei programmi terapeutici di recupero per le tossicodipendenze anche in caso di recidiva». Il testo originario conteneva sei articoli, rubricati rispettivamente: «Assunzione di personale della Polizia di Stato» (art. 1) al fine «di prevenire e contrastare il crimine organizzato ed il terrorismo interno ed internazionale, anche per le esigenze connesse allo svolgimento delle Olimpiadi invernali, nonche' per assicurare la funzionalita' dell'Amministrazione dell'interno»; «Personale della carriera prefettizia» (art. 2); «Finanziamenti per le Olimpiadi invernali» (art. 3), anche con la istituzione di una lotteria istantanea; «Esecuzione delle pene detentive per tossicodipendenti in programmi di recupero» (art. 4); «Adempimenti finalizzati all'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero» (art. 5); «Entrata in vigore» (art. 6). Le finalita' pertanto erano diverse: rafforzare le forze di polizia e la funzionalita' del ministero dell'interno per prevenire e combattere la criminalita' organizzata e il terrorismo nazionale e internazionale; garantire il finanziamento per le olimpiadi invernali; favorire il recupero dei tossicodipendenti detenuti; assicurare il diritto di voto degli italiani residenti all'estero. E tuttavia, almeno per molte delle disposizioni, si sarebbe forse potuta anche ravvisare una certa sostanziale omogeneita' finalistica, una comunanza di ratio, individuabile probabilmente nella urgente necessita' di garantire l'effettivo e sicuro svolgimento delle olimpiadi invernali. Nel testo originario del decreto erano quindi contenute due sole disposizioni, inserite nell'art. 4, che riguardavano non gia' la disciplina delle sostanze stupefacenti, quanto piuttosto lo specifico e circoscritto tema dell'esecuzione di pene detentive nei confronti di tossicodipendenti recidivi che avessero in corso programmi terapeutici di recupero presso servizi pubblici o una struttura autorizzata. In particolare, il citato art. 4 si limitava a statuire in ordine all'abrogazione dell'art. 94-bis del d.P.R. 309 del 1990, introdotto dalla allora recentissima legge 5 dicembre 2005, n. 251 (c.d. legge ex Cirielli), con la specifica finalita' di evitare che le innovazioni portate da tale legge potessero causare come conseguenza una massiva e pregiudizievole ricarcerizzazione di condannati tossicodipendenti, categoria questa ritenuta naturalmente recidivante. Ed invero, l'art. 8 della detta legge 5 dicembre 2005, n. 251, aggiungendo l'art. 94-bis al d.P.R. 309 del 1990 sugli stupefacenti, riduceva da 4 a 3 anni, per i recidivi, la pena massima che consentiva l'affidamento in prova finalizzato all'attuazione del programma terapeutico; mentre l'art. 9, aggiungeva la lettera c) al comma 9 dell'art. 656 cod. proc. pen. , escludendo dalla sospensione della esecuzione della pena i recidivi, compresi i tossicodipendenti che avessero gia' in corso un programma terapeutico. Dopo pochi giorni dalla loro entrata in vigore, queste disposizioni (effettivamente dissonanti rispetto al disegno di legge governativo sugli stupefacenti da tempo fermo al Senato) furono eliminate dall'art. 4 del decreto-legge 30 dicembre 2005 n. 272, il quale dispose: a) l'abrogazione del citato art. 94-bis appena introdotto dall'art. 8 della legge ex Cirielli; b) la modifica della lettera c) aggiunta dall'art. 9 di detta legge al comma 9 dell'art. 656 del cod. proc. pen., nel senso di ripristinare la sospensione della esecuzione della pena fino a 4 anni per i tossicodipendenti con programma terapeutico in atto, anche se recidivi. Come si e' gia' ricordato, nel preambolo del decreto-legge le disposizioni dell'art. 4 vennero appunto giustificate con la «straordinaria necessita' ed urgenza di garantire l'efficacia dei programmi terapeutici di recupero per le tossicodipendenze anche in caso di recidiva». Facendo riferimento a detto art. 4, nella seduta del Senato del 19 gennaio 2006, fu presentato, direttamente in aula, un maxiemendamento governativo, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 272, nel quale venne inserita una buona parte del contenuto del disegno S 2953, del novembre 2003, fermo nelle competenti Commissioni referenti del Senato, e cioe' una articolata ed ampia nuova disciplina della materia in sostituzione delle corrispondenti disposizioni del testo unico sulle sostanze stupefacenti di cui d.P.R. 309 del 1990. Nella seduta alla Camera del 6 febbraio 2006, poi, il Governo pose la fiducia sul disegno di legge di conversione nel testo delle Commissioni, identico a quello gia' approvato dal Senato. 9. Ora, appare non manifestamente infondato il dubbio di una profonda distonia di contenuto, di finalita' e di ratio tra iI decreto-legge n. 272 del 2005 in generale, e anche tra le disposizioni dell'art. 4 in particolare, e le nuove norme introdotte in sede di conversione con te quali e' stata sostanzialmente posta una nuova disciplina a regime sulle sostanze stupefacenti in sede di conversione. La distonia appare evidente se si considera la finalita', la ratio, ossia la ragione di necessita' e urgenza che giustificava il decreto-legge nel suo complesso, che era quella di garantire, sotto l'aspetto finanziario e di polizia, un effettivo e sicuro svolgimento delle prossime olimpiadi invernali. Ma la distonia contenutistica e teleologica appare sussistere anche se ci si limita a considerare l'art. 4 del decreto, e cioe' l'unica disposizione che aveva un labile riferimento al tema degli stupefacenti, ed anzi, piu' precisamente, al tema dell'esecuzione delle pene detentive per gli assuntori abituali di sostanze stupefacenti condannati. Questo articolo, infatti, non toccava nemmeno incidentalmente o indirettamente la materia delle sostanze stupefacenti e la disciplina del trattamento sanzionatorio dei relativi illeciti, ma riguardava esclusivamente aspetti concernenti le modalita' di esecuzione della pena per i tossicodipendenti recidivi gia' condannati, tanto che recava il titolo «Esecuzione delle pene detentive per tossicodipendenti in programmi terapeutici», mentre nel preambolo del provvedimento d'urgenza si dichiarava che la sua rado e finalita' era quella di «garantire l'efficacia dei programmi terapeutici di recupero per le tossicodipendenze anche in caso di recidiva». Era dunque questo il «caso straordinario» che giustificava la «necessita' e urgenza» di provvedere e legittimava l'esercizio della funzione legislativa senza delega da parte del Parlamento. Con la legge di conversione, invece, l'art. 4 venne fatto seguire da una serie di ben 23 articoli aggiuntivi (dall'art. 4-bis all'art. 4-vicies ter, a loro volta articolati in numerosissimi commi e con i relativi allegati), che non apportavano modifiche in qualche grado interrelate funzionalmente con le previsioni dell'originario art. 4, bensi' modificavano profondamente l'assetto disciplinatorio «a regime» in materia di stupefacenti. Per quanto piu' specificamente concerne le norme rilevanti in questo giudizio, con questi articoli aggiuntivi, sostituendo, in parte qua, il precedente testo dell'art. 73, si incideva pervasivamente, tra l'altro, sul previgente sistema classificatorio delle sostanze stupefacenti e psicotrope (riducendo le quattro tabelle previgenti ad una sola, nella quale erano convogliate indifferentemente tutte le sostanze considerate comunque stupefacenti) nonche' in misura notevole sulle pene edittali per gli illeciti aventi ad oggetto c.d. droghe leggere, equiparate a quelle pesanti (oltre che su altri importanti aspetti che non rilevano in questo giudizio, come la soglia quantitativa oltre la quale la detenzione e' punibile, le conseguenze amministrative, le misure restrittive della liberta' personale e di movimento nei confronti di «qualificati» assuntori di stupefacenti, e cosi' via). Secondo la richiamata giurisprudenza della Corte costituzionale, l'oggetto della legge di conversione deve tendere a coincidere con quello del decreto di urgenza e comunque le nuove norme da essa poste devono possedere una omogeneita' funzionale finalistica con quelle del decreto originario. Ora, non appare sussistere una tendenziale coincidenza, una omogeneita' materiale e teleologica tra la disposizione abrogatrice contenuta nell'art. 4 del decreto d'urgenza e la riforma organica del testo unico sugli stupefacenti posta con la legge di conversione, o almeno, per quanto qui rileva, con l'aumento delle pene per le c.d. droghe leggere e la loro parificazione a quelle c.d. pesanti. Invero, l'unica norma in materia di stupefacenti aggiunta in sede di conversione che non appare del tutto estranea alla ratio dell'art. 4 e' l'art. 4-undecies, strettamente connesso all'esecuzione del programma terapeutico del tossicodipendente. Puo' osservarsi che qualora si ritenesse che la mera circostanza che il primo comma dell'art. 4 richiamava, per sopprimerlo, l'art. 94-bis del d.P.R. 309 del 1990 (ivi inserito da 22 giorni), sia sufficiente a rendere «non del tutto estranea» alle ragioni di necessita' e urgenza che lo supportavano l'intera riscrittura del testo unico sugli stupefacenti, allora, seguendo il medesimo ragionamento, dovrebbe pure ritenersi che, poiche' il secondo comma del medesimo art. 4 richiamava, per modificarlo, l'art. 656, comma 9, lett. c), cod. proc. pen. , nel caso di specie si sarebbe potuto pure riscrivere, con apposito maxiemendamento d'aula - saltando quindi anche l'esame in sede referente - tutta la disciplina sulla esecuzione penale. In tal modo si consentirebbe ad ogni Governo, e alla sua maggioranza, di approfittare di qualunque, anche marginale ed effimera, «emergenza» per riformare interi settori dell'ordinamento, utilizzando l'eccezionale potere di legiferare mediante provvedimenti d'urgenza e la speciale procedura privilegiata della loro conversione, che al contrario costituisce una fonte funzionalizzata e specializzata. Appare dunque non manifestamente infondato ritenere che l'introduzione delle nuove norme, ed in particolare delle norme dianzi indicate poste dagli artt. 4-bis e 4-vicies-ter, comma 2, lett. a) e comma 3, lett. a) n. 6, abbia travalicato i limiti della potesta' emendativa del Parlamento tracciati dalle richiamate pronunce della Corte costituzionale. 10. Puo' aggiungersi che la totale estraneita' delle nuove norme rispetto all'oggetto ed alle finalita' del decreto-legge fu evidenziata anche in sede parlamentare gia' col parere sul disegno di legge n. 6297 espresso dal Comitato per la legislazione della Camera nella seduta del 1° febbraio 2006 col quale si richiamava il messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica del 29 marzo 2002 di rinvio della legge di conversione del decreto-legge n. 4 del 2002, e si prospettava la contrarieta' delle nuove norme con «l'esigenza di garantire la specificita' e l'omogeneita' dei contenuti normativi recati nei provvedimenti di urgenza anche nella fase di esame parlamentare». La mancanza di omogeneita' fu inoltre manifestata da diversi parlamentari della minoranza in sede di dibattito sulla legge di conversione sia al Senato sia alla Camera. D'altronde, potrebbe ritenersi che la totale estraneita' all'oggetto ed alla ratio originari del provvedimento governativo d'urgenza delle modifiche al testo unico sugli stupefacenti sia stata ammessa ed enunciata dalla stessa legge di conversione, la quale, da ultimo, ha aggiunto nel titolo del decreto-legge le seguenti parole: «e modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di' cui al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309». Questa aggiunta sembra appunto mostrare che la modifica della normativa sugli stupefacenti di cui al d.P.R. 309 del 1990 (a parte la specifica e limitatissima norma sulla esecuzione della pena detentiva per i tossicodipendenti recidivi) non rientrava nell'oggetto e nelle finalita' dell'originario provvedimento normativo come configurato dal Governo ed emanato dal Presidente della Repubblica, altrimenti non si sarebbe reso necessario modificarne il titolo aggiungendovi un nuovo oggetto. Ne' sembra potersi ritenere che con questo escamotage, ossia modificando e ampliando lo stesso titolo del decreto-legge in sede di conversione, si possano legittimamente inserire nel testo dell'originario decreto-legge norme «del tutto estranee alla materia e alle finalita' del medesimo», in sostanziale elusione del ricordato principio costituzionale posto dall'art. 77, secondo comma, Cost. Per completezza puo' altresi' osservarsi che nel caso in esame gli aspetti patologici delle modalita' di svolgimento dell'iter legislativo potrebbero apparire ancora maggiori di quelli che avevano indotto il Presidente della Repubblica a rinviare alle Camere la legge di conversione del decreto-legge 25 gennaio 2002, n. 4. Nella specie, invero, la legge di conversione fu definitivamente approvata l'8 febbraio, ossia pochi giorni prima dello scioglimento delle Camere e dell'inizio delle olimpiadi, e fu poi promulgata il 21 febbraio. Quindi il Presidente della Repubblica, non potendo disporre un rinvio parziale, avrebbe potuto esercitare la sua prerogativa, a Camere sciolte e nell'imminenza della scadenza del termine di conversione, solo assumendosi la responsabilita' di mettere a rischio le esigenze di sicurezza e lo stesso svolgimento delle Olimpiadi di Torino. Puo' ancora osservarsi come il vulnus al sistema di ripartizione delle competenze normative costituzionalmente configurato potrebbe derivare anche dal c.d. abuso della prassi, da tempo invalsa, con cui il Governo presenta, nella prima lettura parlamentare dell'articolo unico del disegno di legge di conversione, un maxi-emendamento innovativo rispetto al contenuto originario del decreto-legge, al fine di sostituirne parzialmente o interamente il testo e sul quale sara' poi posta la questione di fiducia. In tal modo il contenuto della legge di conversione viene svincolato da quello del decreto-legge, ed e' possibile approvare con un solo voto, con una discussione ridotta al minimo e senza possibilita' da parte dell'assemblea di votare emendamenti, una disciplina legislativa del tutto nuova e completamente sganciata dal contenuto originario del decreto. In questo modo, in sostanza, il procedimento di conversione previsto dall'art. 77 Cost. non serve piu' a convertire in legge il contenuto di quei provvedimenti provvisori adottati dal Governo in casi straordinari di necessita' e di urgenza, ma viene utilizzato come escamotage per far approvare un'iniziativa legislativa del tutto nuova, di fatto inemendabile, eludendo le regole ordinarie del procedimento legislativo. 11. Di conseguenza, l'indicata questione di legittimita' costituzionale in riferimento all'art. 77, secondo comma, Cost. - prospettata sotto profilo della totale estraneita', rispetto all'oggetto ed alle finalita' del decreto-legge, delle norme aggiunte in sede di conversione con cui e' stata introdotta una nuova disciplina «a regime» in materia di sostanze stupefacenti, e in particolare, mediante la sostituzione del precedente testo dell'art. 73 (nonche' degli artt. 13 e 14), e' stata eliminata la distinzione fra tali sostanze e previsto un aumento delle pene per gli illeciti relativi a quelle gia' indicate nelle tabelle II e IV dell'art. 14 - appare plausibile, seria e non manifestamente infondata ed, essendo rilevante nel giudizio, merita di essere sottoposta al naturale sindacato del giudice delle leggi. 12. Deve altresi' essere sollevata in via subordinata l'altra questione eccepita sempre in riferimento all'art. 77 Cost., ma sotto il profilo della carenza del presupposto della necessita' ed urgenza. Come si e' dianzi osservato, si ritiene ravvisabile, per i motivi indicati, una totale estraneita' ed eterogeneita' tra le nuove norme ed il contenuto e le finalita' di quelle del decreto-legge, e proprio sotto questo profilo viene sollevata questione di legittimita' costituzionale. Qualora pero' la Corte costituzionale dovesse invece ritenere che le norme dianzi specificate «non siano del tutto estranee rispetto al contenuto della decretazione d'urgenza», allora dovrebbe essere effettuata anche per esse la valutazione in termini di necessita' e di urgenza. Non appare invero manifestamente infondata l'eccezione subordinata della difesa secondo cui il difetto di tale requisito sarebbe evidente (nel senso indicato dalla sentenza n. 171 del 2007), risultando da diversi indici anche emergenti dal testo del decreto-legge come convertito. Va invero qui sommariamente ricordato che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 171 del 2007, ha ritenuto che non e' possibile sottrarre il decreto-legge al sindacato di legittimita' per difetto del presupposto della necessita' ed urgenza a causa della sua conversione, giacche' «affermare che la legge di conversione sana in ogni caso i vizi del decreto significherebbe attribuire in concreto al legislatore ordinario il potere di alterare il riparto costituzionale delle competenze del Parlamento e del Governo quanto alla produzione delle fonti primarie». Tale sindacato, peraltro, veniva limitato, da questa sentenza, agli aspetti di' «evidente» carenza dei suddetto requisito. La Corte, in sostanza, attraverso la via delle «norme intruse» giunse a scrutinare la mancanza dei presupposti, dichiarando incostituzionale una disposizione tesa a correggere un problema di ineleggibilita' del sindaco di Messina, aggiunta in sede di conversione ad un decreto relativo alla materia della finanza degli enti locali. Anche con la sentenza n. 128 del 2008, la Corte dichiaro' l'illegittimita' di una norma, aggiunta in sede di conversione, che disponeva l'esproprio del teatro Petruzzelli in favore del Comune di Bari, per l'assenza di collegamento con le altre disposizioni (in materia tributaria e finanziaria) del decreto-legge, sintomo peraltro della sua estraneita' alle ragioni di straordinaria necessita' ed urgenza che lo giustificavano. In entrambi questi casi la Corte, attraverso la verifica di un collegamento tra disposizione introdotta in sede di conversione e i presupposti del decreto, ha verificato se i presupposti del decreto-legge originario potessero reggere anche le norme aggiunte. Sulla base di questa giurisprudenza costituzionale si e' quindi ritenuto che tutte le disposizioni di un decreto-legge devono essere ancorate al presupposto del caso straordinario di necessita' e urgenza che legittima l'esercizio del potere legislativo senza delega da parte del Governo. E l'estraneita' di taluna di dette disposizioni alla disciplina cui il presupposto della necessita' e urgenza si riferisce, sarebbe segno evidente della carenza del presupposto stesso, che non puo' essere sanata dalla conversione del decreto. Si aggiunge che, se e' vero che la legge di conversione non puo' sanare l'assenza dei requisiti di taluna delle disposizioni del decreto-legge, dovrebbe anche ritenersi che essa neppure possa legittimamente inserire ex novo nel decreto disposizioni che appaiono estranee alle ragioni di necessita' e urgenza che giustificano le norme del decreto stesso. Sul punto, peraltro, con la sentenza n. 355 del 2010, la Corte ha cercato di distinguere tra «norme aggiunte eterogenee» e norme aggiunte non eterogenee», sottolineando che va «ulteriormente precisato che la valutazione in termini di necessita' e di urgenza deve essere indirettamente effettuata per quelle norme, aggiunte dalla legge di conversione del decreto-legge, che non siano del tutto estranee rispetto al contenuto della decretazione d'urgenza», mentre questa valutazione non occorre quando la norma aggiunta sia eterogenea rispetto al detto contenuto, essendo tale eterogeneita' di per se' sintomo della mancanza dei presupposti. Anche questa sentenza, quindi, ha confermato il principio che tutte le disposizioni del decreto-legge convertito, ivi comprese quelle introdotte con la legge di conversione e non del tutto dissonanti rispetto al contenuto originario del decreto, devono essere assistite, pena l'illegittimita', dai requisiti della straordinaria necessita' e urgenza. Con la gia' ampiamente richiamata sentenza n. 22 del 2012, infine, la Corte ha scelto di non seguire la linea della verifica dei-presupposti della disposizione aggiunta, ma ha limitato la stessa possibilita' di emendare il decreto, in base alla funzione della conversione, rinforzando il collegamento funzionale tra i due atti, alla stregua delle tesi piu' tradizionali che vedevano la legge di conversione come «condizionata» alla disciplina adottata dal governo. Nel caso in esame, pertanto, qualora si ritenesse infondata la questione di legittimita' costituzionale qui sollevata in via principale per la ragione che le nuove norme in materia di stupefacenti non si trovino «in una condizione di totale eterogeneita' rispetto al contenuto del decreto-legge» in virtu' del formale aggancio all'art. 4 del medesimo, dovrebbe svolgersi su di esse il sindacato di sussistenza del necessario requisito della necessita' ed urgenza. 13. Sotto questo profilo non appare manifestamente infondata l'eccezione, proposta in via subordinata, secondo cui la mancanza del requisito appare nella specie «evidente». Puo' innanzitutto rilevarsi la assoluta mancanza di una motivazione nel preambolo dell'atto normativa e nella discussione parlamentare su quale fosse la straordinaria necessita' che rendeva urgente, in quel momento, la riscrittura «a regime» del testo unico sugli stupefacenti. Gli interventi al Senato favorevoli all'emendamento, lo giustificarono con il richiamo all'indirizzo minoritario e ormai da tempo superato dalla Corte costituzionale, secondo cui la legge di conversione, per definizione, non sarebbe legata al requisito della necessita' ed urgenza, con il che pero' sembra che implicitamente venisse riconosciuto che nella specie tali requisiti non ricorrevano. Inoltre, l'originario disegno di legge S 2953, il cui contenuto venne in gran parte incorporato nel maxiemendamento, non era stato inserito nel calendario dei provvedimenti da approvare prioritariamente, tanto che l'ultima seduta in cui le Commissioni riunite del Senato lo avevano esaminato risaliva alla primavera del 2005, il che sembra confermare che gli emendamenti aggiuntivi non rispondessero ai requisiti dell'urgenza e della necessita'. Del resto, nella discussione al Senato il maxiemendamento venne illustrato e giustificato proprio quale conclusione di un lungo percorso legislativo che raccoglieva tre anni di esperienza parlamentare e con il quale si voleva chiudere una «annosa vicenda». Esattamente la difesa sottolinea l'analogia tra questa situazione e quella esaminata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 128 del 2008, che dichiaro' l'illegittimita' costituzionale di una disposizione aggiunta in sede di' conversione finalizzata appunto a risolvere una «annosa vicenda» relativa alla proprieta' e alla gestione del teatro Petruzzelli di Bari, il che, secondo la Corte, rivelava «l'assenza di ogni carattere di indispensabilita' ed urgenza». Del resto l'aggiunta, con la legge di conversione, di un nuovo oggetto nel titolo del decreto-legge, oltre all'eterogeneita' delle nuove norme, sembra evidenziare anche l'estraneita' delle stesse alle ragioni di necessita' ed urgenza del provvedimento governativo. La difesa infine sottolinea anche (ma cio', per la verita', non riguarda le norme applicabili in questa sede, dove non si discute sulla sussistenza del reato) come l'art. 4-bis faccia rinvio ad un futuro decreto del Ministro per la salute, da emanarsi di concerto con il Ministro per la Giustizia, sentito il Presidente del Consiglio, per la determinazione della soglia quantitativa di sostanza stupefacente oltre la quale la detenzione puo' essere punita. Cio' dimostrerebbe appunto che l'art. 4-bis pone una «normativa a regime, del tutto slegata da contingenze particolari, inserita tuttavia nella legge di conversione di un decreto-legge», che non fa riferimento a «situazioni gia' esistenti e bisognose di urgente intervento normativo, ma in via generale e ordinamentale per tutti i casi futuri» (sent. n. 22 del 2012), tanto che per l'effettiva integrale operativita' della disposizione si deve attendere l'approvazione di un decreto ministeriale. 14. In conclusione, l'indicata questione di legittimita' costituzionale, incidendo sul trattamento sanzionatorio (e quindi sulla decisione del relativo motivo di ricorso) appare rilevante in questo giudizio nei limiti dianzi specificati, ossia in relazione: a) all'art. 4-bis dei decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, introdotto dalla legge di conversione 21 febbraio 2006 n. 49, nella parte in cui modifica l'art. 73 del testo unico sulle sostanze stupefacenti di cui al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e segnatamente nella parte in cui, sostituendo i commi 1 e 4 dell'art. 73, parifica ai fini sanzionatori le sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle II e IV previste dal previgente art. 14 (nel caso di specie: hashish) a quelle di cui alle tabelle I e III, e conseguentemente eleva le sanzioni per le prime dalla pena della reclusione da due a sei anni e della multa da curo 5.164 ad euro 77.468 a quella della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 26.000 a euro 260.000; b) all'art. 4-vicies-ter, comma 2, lett. a) e comma 3, lett. a) n. 6, del medesimo decreto-legge, nella parte in cui sostituisce gli artt. 13 e 14 del d.P.R. 309 del 1990, unificando le tabelle che identificano le sostanze stupefacenti, ed in particolare includendo la cannabis e i' suoi prodotti nella prima di tali tabelle. La questione e' poi non manifestamente infondata in riferimento all'art. 77, secondo comma, Cost., in via principale, sotto il profilo della estraneita' delle nuove norme inserite dalla legge di conversione all'oggetto, alle finalita' ed alla ratio dell'originale contenuto del decreto-legge, e, in via subordinata, qualora le nuove norme siano ritenute non del tutto estranee al contenuto e alla finalita' della decretazione d'urgenza, sotto il profilo della evidente carenza del presupposto del caso straordinario di necessita' e urgenza. Va pertanto sollevata questione di legittimita' costituzionale delle suddette disposizioni e norme, nei limiti, sotto i profili e nei termini dianzi specificati. Il giudizio deve essere sospeso sino all'esito del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale.