IL TRIBUNALE 
 
    Il Tribunale di Tivoli,  in  persona  del  G.O.T.  Avv.  Domenico
Riggio, sciolta la riserva nel procedimento iscritto al  n.  910/2013
R.G., tra il sig. Quarchioni Sandro, rappresentato e difeso dall'Avv.
Claudio Giacomoni, presso il quale ha  eletto  domicilio  in  Mentana
(Roma), alla Via A. Moscatelli n. 6/A, ed il sig. Rendace  Gianguido,
rappresentato e difeso dall'Avv. Walter Giovannetti, presso il  quale
ha eletto domicilio in Castelnuovo di Porto (Roma), alla  Via  Alcide
De Gasperi n. 5, rilevato e ritenuto che: 
 
                              In fatto 
 
    Con atto di intimazione di sfratto per  morosita'  e  contestuale
citazione per la convalida, il sig. Quarchioni  Sandro  ha  adito  il
Tribunale di Tivoli,  esponendo:  che  l'istante  nella  qualita'  di
proprietario concedeva in locazione ad uso abitativo al sig.  Rendace
Gianguido l'immobile (appartamento, e posto auto  scoperto)  sito  in
Mentana Via E. De Amicis n. 15  int.  2  con  contratto  sottoscritto
dalle parti in data 17 novembre 2012; che la parte  conduttrice,  nel
corso della locazione si era resa morosa  nel  pagamento  dei  canoni
dovuti per la complessiva somma di 1.200,00  corrispondente  a  n.  3
mensilita': dicembre 2012, gennaio e febbraio 2013. Chiedeva, quindi,
che il Tribunale convalidasse l'intimato sfratto per morosita'; 
    All'udienza di convalida si costituiva l'intimato sig.  Gianguido
Rendace, che si opponeva alla convalida deducendo: che con  contratto
di locazione del 17 novembre 2012,  Sandro  Quarchioni  concedeva  in
locazione, ad uso abitativo, a Gianguido Rendace immobiliare sita  in
Mentana, Via E. De Amicis n. 15  int.  2,  al  canone  concordato  di
€ 400,00  mensili;  che,  attesa  l'inerzia  del   conduttore   nella
registrazione del contratto  e  trascorsi  trenta  giorni  dalla  sua
fonnazione, in data 14 gennaio 2013 il Rendace provvedeva, ex art.  3
comma ottavo del decreto legislativo n. 23/2011,  alla  registrazione
dell'intercorso  contratto   con   conseguente   applicazione   della
disciplina prevista dalla predetta normativa; che l'art. 3, comma  8,
del decreto legislativo n. 23/2011 stabilisce  che  ai  contratti  di
locazione degli immobili a uso abitativo,  comunque  stipulati,  che,
ricorrendone i presupposti, non  sono  registrati  entro  il  termine
stabilito dalla legge, si applica  la  seguente  disciplina:  «a)  la
durata della locazione e' stabilita in quattro anni a decorrere dalla
data della registrazione, volontaria o d'ufficio; b)  al  rinnovo  si
applica la disciplina di cui all'art. 2, comma 1, della citata  legge
n. 431 del 1998; c) a decorrere dalla registrazione il  canone  annuo
di locazione e' fissato  in  misura  pari  al  triplo  della  rendita
catastale, oltre l'adeguamento, dal secondo anno, in base al  75  per
cento dell'aumento degli indici Istat dei prezzi al  consumo  per  le
famiglie degli impiegati e operai. Se il contratto prevede un  canone
inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti»; che,
pertanto dalla data di registrazione del  contratto,  intervenuta  in
data 14 gennaio 2013, il canone annuo di locazione dovuto dal Rendace
e' pari al triplo della rendita catastale -  attribuita  dall'Agenzia
delle Entrate in € 200,00  -  ovverosia pari ad € 600,00 annue;  che,
conseguentemente, il canone mensile di locazione, pari  ad  €  50,00,
veniva, sin dalla data della registrazione, puntualmente  corrisposto
dal locatore a mezzo di vaglia postale, attesa l'indisponibilita' del
locatore ad accettare detta somma presso il proprio  domicilio;  che,
per l'effetto, la richiesta  convalida  deve  essere  necessariamente
denegata  con  conseguente  declaratoria  di   riconducibilita'   del
contratto in corso sotto la disciplina di cui all'art. 3 comma ottavo
del decreto legislativo n. 23/2011;  che,  ulteriormente,  l'intimato
vanta nei confronti del locatore una posizione creditoria pari  ad  €
80,50, pari alla  meta'  dell'imposta  di  registro  versata  per  la
registrazione    del    contratto.    Spiegava    altresi'    domanda
riconvenzionale chiedendo: la riconducibilita' del rapporto in  corso
sotto  la  disciplina  di  cui  all'art.  3,  comma  8,  del  decreto
legislativo n. 23/2011, con conseguente determinazione  della  durata
legale come ivi prevista; dichiarare che il canone  di  locazione  e'
fissato in €  600,00  annue  pari  ad  €  50,00  mensili;  condannare
l'attore-intimante a corrispondere in favore di Gianguido Rendace  la
somma di € 80,50 quale quota parte dell'imposta di registrazione  del
contratto. Il tutto oltre rivalutazione ed interessi legali; 
    L'intimante, invocando la  illegittimita'  e  la  disapplicazione
della disciplina di cui all'alt. 3 comma VIII del decreto legislativo
n.  23  del  14  marzo  2011,   -   che  presenterebbe   profili   di
incostituzionalita',  tra  l'altro,  per   l'irragionevolezza   della
disciplina  ivi  prevista,  che   determina   il   canone   in   base
all'applicazione del parametro  della  rendita  catastale  svincolato
dalle caratteristiche dell'immobile, ed  in  quanto  la  sostituzione
ex-lege  del  canone  pattuito  dalle  parti  lederebbe   l'autonomia
negoziale ed inoltre in  considerazione  del  fatto  che  l'omessa  o
tardiva  registrazione  e'  gia'  adeguatamente  sanzionata  con   il
pagamento  della  relativa  soprattassa,    -    ha   insistito   per
l'emissione dell' ordinanza  provvisoria  di  rilascio  ex  art.  665
c.p.c.,  giustificando  il  ritardo  nella  registrazione  in  quanto
necessitato dal  mancato  accatastamento  dell'immobile  e  deducendo
altresi' la sussistenza della morosita', avendo ricevuto il pagamento
dei canoni con vaglia  postali  -  tuttavia  ritirati  dall'intimante
(l'avvenuta  ricezione  dei  vaglia  e'  pacifica,  attesa  la   loro
esibizione in originale all'udienza di convalida); 
    L'intimante, infine, non ha  negato  di  aver  mai  rifiutato  la
ricezione dei canoni presso il proprio domicilio secondo le modalita'
pattuite, necessitando cosi' il ricorso al pagamento a  mezzo  vaglia
postale, come affermato dall'intimato; 
 
                             In diritto 
 
    La  disciplina  di  cui  all'art.  3  comma  VIII   del   decreto
legislativo n. 23  del  14  marzo  2011  -   laddove  statuisce:  «Ai
contratti di locazione degli  immobili  ad  uso  abitativo,  comunque
stipulati, che, ricorrendone i presupposti, non sono registrati entro
il termine stabilito dalla legge, si applica la seguente  disciplina:
a) la durata della locazione e' stabilita in quattro anni a decorrere
dalla data di registrazione, volontaria o d'ufficio; b) al rinnovo si
applica la disciplina di cui all'art. 2, comma 1, della citata  legge
n. 431 del 1998; c) a decorrere dalla registrazione il  canone  annuo
di locazione e' fissato  in  misura  pari  al  triplo  della  rendita
catastale, oltre l'adeguamento, dal secondo anno, in base al  75  per
cento dell'aumento degli indici ISTAT dei prezzi al  consumo  per  le
famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone
inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti.»   - 
e' applicabile al caso sottoposto alla decisione di questo magistrato
giudicante. 
    La medesima disciplina, inoltre, non  si  sottrae  al  dubbio  di
legittimita' costituzionale, in relazione ai parametri e (anche al di
la' della prospettazione della parte attrice) per le ragioni  di  cui
infra; 
    La   questione   dell'eventuale   illegittimita'   costituzionale
dell'art. 3, comma VIII, del decreto legislativo 14  marzo  2011,  n.
23, e' rilevante ai fini della decisione della causa all'esame  dello
scrivente magistrato, atteso che: a) dalla sua risoluzione  dipendono
sia la concessione o  meno  dell'ordinanza  provvisoria  di  rilascio
sollecitata dal locatore, sia la decisione di merito:  nella  specie,
la registrazione e' avvenuta dopo  il  trentesimo  giorno  successivo
alla conclusione - pacificamente intervenuta il 17  novembre  2012  -
del  contratto  de  quo;  piu'  precisamente,  la  registrazione  del
contratto e' stata eseguita, su richiesta del conduttore in  data  14
gennaio 2013, mentre  il  locatore  ha  registrato  il  contratto  in
questione il 22 gennaio 2013: pertanto appare indubbia l'applicazione
del comma VIII dell'art. 3 del decreto  legislativo  n.  23/2011,  ai
fini, come  detto,  della  decisione  della  causa;  h)  un'eventuale
interpretazione costituzionalmente orientata comporterebbe, ad avviso
dello  scrivente,   la   disapplicazione,   nella   sostanza,   della
disposizione stessa,  al  di  fuori  del  legittimo  esercizio  delle
funzioni giudicanti. 
 
            Motivi di contrasto con norme costituzionali 
 
    A) Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  3  comma  VIII  del
decreto legislativo n. 23 del 14 marzo 2011, con riferimento all'art.
76  della  costituzione,  per:  A)  la  previsione   di   un   regime
sanzionatorio per la omessa o  tardiva  registrazione  dei  contratti
locazione degli immobili ad  uso  abitativo,  non  legittimata  dalla
legge delega del 5 agosto  2009  n.  42;  b)  la  previsione  di  una
disciplina di carattere premiale per i conduttori di immobili ad  uso
abitativo, non legittimata dalla legge delega del 5  agosto  2009  n.
42. 
    L'art. 3 del decreto legislativo del 14  marzo  2011  n.  23,  si
inserisce nell'ambito delle disposizioni costituenti attuazione della
delega al Governo contenuta nella legge del  5  agosto  2009  n.  42,
relativa alla «Delega al Governo in materia di  Federalismo  Fiscale,
in attuazione dell'art. 119 della Costituzione»  e,  in  particolare,
degli articoli 2, comma 2, 11, 12, 13, 21  e  26  della  detta  legge
delega; 
    Tra i principi ispiratori della  predetta  delega  vi  e'  quello
relativo  al  «coinvolgimento  dei  diversi   livelli   istituzionali
nell'attivita'  di  contrasto  all'evasione  e  all'elusione  fiscale
prevedendo meccanismi di carattere premiale» (art. 2 comma 2 lett. d,
legge 5 agosto 2009 n.  42,  cit.);  tuttavia  detti  «meccanismi  di
carattere premiale» riguardano esclusivamente le regioni e  gli  enti
locali  e  non  gia'  soggetti  privati,  quali  il  locatore  e   il
conduttore, i quali ultimi, evidentemente, non possono  rappresentare
i citati livelli istituzionali a favore dei quali la legge delega  n.
42/2009  ha  attribuito  all'Esecutivo  di  prevedere  meccanismi  di
carattere premiale, nella detta attivita' di contrasto all'evasione e
all'elusione fiscale; 
    L'art.  26  della  suddetta  legge-delega,  rubricato  «Contrasto
dell'evasione fiscale», prevede infatti che «i decreti legislativi di
cui all' art. 2, con riguardo al sistema  gestionale  dei  tributi  e
delle compartecipazioni, nel  rispetto  dell'autonomia  organizzativa
delle regioni e  degli  enti  locali  nella  scelta  delle  forme  di
organizzazione delle attivita' di gestione  e  di  riscossione,  sono
adottati secondo i seguenti principi  e  criteri  direttivi: [...] b)
previsione di adeguate forme premiali  per  le  regioni  e  gli  enti
locali che abbiano ottenuto risultati positivi in termini di  maggior
gettito  derivante   dall'azione   di   contrasto   dell'evasione   e
dell'elusione fiscale»; 
    Ne consegue che l'art. 3  del  decreto  legislativo  n.  23/2011,
laddove prevede, al comma VIII, una disciplina premiale per una  sola
delle  parti  contraenti  (il   conduttore)   che,   sottoponendo   a
registrazione il contratto di locazione,  ottiene  la  riduzione  del
canone ben al di sotto dei valori di mercato, appare in contrasto con
l'oggetto della delega espressamente conferita al Governo; 
    In  nessuna  delle  richiamate  disposizioni   della   legge   di
delegazione (artt. 2, comma 2, 11, 12, 13, 21 e 26)  risulta  inoltre
alcun principio  o  criterio  direttivo  che  appaia  legittimare  il
legislatore delegato all'introduzione delle «sanzioni» contenute  nel
comma VIII dell'art. 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23; 
    Viceversa un'adeguata sanzione, operante sul  piano  civilistico,
e' gia' stata introdotta dall'art. 1, comma 346, legge  n.  311/2004,
che prevede la nullita' dei contratti di locazione che,  ricorrendone
i presupposti, non sono registrati; 
B) Illegittimita' costituzionale dell'art. 3 comma VIII  del  decreto
legislativo n. 23 del 14 marzo 2011, con riferimento all'art. 3 della
costituzione (principio di ragionevolezza). 
    La disciplina di cui  al  comma  VIII  dell'art.  3  del  decreto
legislativo  n.  23/2011,  pur  nello  spirito  di  un   apprezzabile
obiettivo di  contrasto  del  fenomeno  delle  locazioni  sommerse  e
dell'evasione  fiscale,  si  caratterizza  nondimeno  per   una   sua
intrinseca irragionevolezza, in quanto, con la riduzione  del  valore
del canone di locazione di un immobile ad uso abitativo al disotto di
quello di mercato, ma che  appare  altresi'  al  disotto  del  minimo
dichiarabile (art. 1, comma 342, Legge 311/2004),  e  dunque  con  la
riduzione della base imponibile (sulla quale calcolare  l'imposta  di
registro), nonche' dell'ammontare del canone annuo (su cui  calcolare
l'imposta  sul  reddito  derivante  dalle  locazioni),  finisce   col
danneggiare proprio le regioni e gli enti locali, in termini di minor
gettito, quale effetto della riduzione dell'entrata tributaria; 
    L'imposizione di una sostituzione  ex-lege  del  canone  pattuito
dalle  parti  con  un  ammontare  del  canone  annuo  imperativamente
commisurato al triplo della rendita catastale, oltre a ridurre,  come
detto, la base imponibile delle sopra indicate imposte,  comporta  un
ingiustificato  beneficio  per  uno  solo  dei  soggetti  coobbligati
rispetto all'adempimento della  registrazione  de  qua,  configurando
dunque una disparita'  di  trattamento  tra  locatore  e  conduttore,
rispetto ad un'obbligazione di rilievo civile e fiscale, cui entrambi
sono tenuti; 
    Le disposizioni normative in esame si applicano esclusivamente ai
contratti di locazione di immobili ad uso abitativo e  non  anche  ai
contratti di locazione commerciale.  Ne  consegue  una  irragionevole
disparita' di trattamento tra le  due  categorie  di  contratti,  con
riferimento  alla   mancata   previsione,   quanto   alle   locazioni
commerciali, di  analoga  sanzione,  anche  nell'ipotesi  in  cui  il
locatore sia una persona fisica che  effettua  la  locazione  non  in
regime di impresa o di lavoro autonomo; 
    Secondo   quanto   desumibile   dalla    stessa    giurisprudenza
costituzionale  (cfr.  Corte   costituzionale   ordinanze   420/2007;
389/2008; 110/2009), il disposto di cui all'art. 1, comma 346,  legge
n. 311/2004, che sanziona con la nullita' il contratto  di  locazione
in  forma  scritta,  in   caso   di   violazione   dell'onere   della
registrazione, configura una vera e propria ipotesi  di  nullita'  ex
art. 1418 c.c. Applicando la censurata disciplina, il conduttore, ove
provveda  alla  registrazione,   ancorche'   tardiva,   dell'accordo,
potrebbe godere comunque di un contratto  disciplinato  -  in  ordine
alla  durata  ed  al  canone  -  dall'art.  3,  comma  VIII,  decreto
legislativo  n.  23/2011.  Al   contempo,   il   resto   dell'accordo
contrattuale sarebbe travolto dalla insanabile nullita' prevista  dal
citato  art.  1,  comma  346,  legge  n.  311/2004,  atteso  che   la
fattispecie si inquadra nella previsione di cui all'art. 1418,  comma
II, cod. civ. (cfr. giurisprudenza  costituzionale  citata).  Non  si
tratterebbe, per converso, della sostituzione automatica  di  singole
clausole nulle, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1419  cod.
civ. Applicando, dunque, la disposizione di cui al citato comma  346,
in combinato disposto con  il  comma  VIII  dell'art.  3  del decreto
legislativo   n. 23/2011,   si   arriverebbe   alla   paradossale   e
contraddittoria conclusione di un contratto insanabilmente  nullo  ed
improduttivo di effetti, eccezion fatta per la durata e per il canone
di locazione, predeterminati dalla legge; 
    L'art. 1, comma IV, legge n. 431/1998 ha  imposto,  per  tutti  i
contratti di locazione ad uso abitativo, la forma scritta a  pena  di
nullita'.  La  registrazione,  tuttavia,  non  puo'  in  alcun   modo
sopperire alla mancanza dell'accordo negoziai; ne'  tanto  meno  puo'
farlo una sentenza di accertamento  o  costitutiva,  introducendo  un
regolamento di interessi diverso rispetto a quello  pattuito,  atteso
il tenore dell'art. 1424 c.c., secondo il quale  il  contratto  nullo
puo' essere convertito in altro  legittimo,  «del  quale  contenga  i
requisiti di sostanza e di forma»; 
    In ordine alla determinazione della misura del canone  legalmente
imposto con il contratto cosi' come disciplinato  dall'art.  3  comma
VIII del decreto legislativo n. 23 del 14 marzo  2011,  il  parametro
adottato, ovvero la rendita catastale, e'  del  tutto  inadeguato  al
fine di assicurare risultati uniformi. La disposizione censurata  non
si inserisce nel quadro di una disciplina organica ne risponde ad  un
ragionevole bilanciamento d'interessi tra conduttore e locatore; - in
effetti la rendita catastale esprime un reddito presunto basato sulla
consistenza  dell'unita'  immobiliare,   sulla   sua   superficie   e
volumetria e sulla tariffa d'estimo relativa al comune ed  alla  zona
censuaria ove sorge l'immobile; 
    Ne consegue che la rendita  catastale  e'  un  parametro  fiscale
generico,  non  fondato   su   effettive   e   concrete   valutazioni
dell'immobile. A tal proposito si confronti  la  normativa  sull'equo
canone, che, nell'imporre un regime vincolistico,  aveva  previsto  i
ben piu' concreti parametri di cui agli artt. da 12 a 23 della  Legge
1992 n. 378; 
    La disciplina  censurata  non  prevede,  inoltre,  che  le  parti
possano liberamente e diversamente determinare il canone,  o  che  lo
possa  fare   il   giudice,   quando   quello   calcolato   in   base
all'applicazione  del  parametro  previsto  (rendita  catastale)  sia
completamente svincolato dal valore dell'immobile (cfr. 52,  comma  4
del  Dpr  131/86),  dal  canone  di  mercato  e  risulti,   comunque,
palesemente irrisorio, come nella fattispecie; 
    L'applicazione di un «regime vincolistico», come  previsto  dalla
disciplina di cui al  comma  VIII  dell'art.  3  del  citato  decreto
legislativo, ovvero  la  determinazione  legale  della  durata  delle
locazioni  abitative,   nonche'   la   quantificazione   legale   del
corrispettivo, nell'ipotesi di  omessa  registrazione,  non  realizza
alcun  equilibrio  tra  l'interesse  pubblico   all'emersione   delle
locazioni sommerse e la  reazione  dell'ordinamento  a  tutela  della
legalita'  violata  per  effetto  della  mancata  registrazione.   In
effetti, sul piano civilistico, con la gia' prevista  sanzione  della
nullita' secondo il disposto di cui all'art. 1, comma 346,  legge  n.
311/2004, anche in  linea  con  una  applicazione  costituzionalmente
orientata dell'art. 13, comma V,  legge  n.  431/1998  e  con  quanto
sostenuto dalla Corte costituzionale con le ordinanze n. 420/2007, n.
389/2008,  n.  110/2009,  i  due   predetti   interessi   sono   gia'
essenzialmente soddisfatti; 
    Con l'applicazione, inoltre, delle  pesanti  sanzioni  pecuniarie
oltre al pagamento dell'imposta e relativa soprattassa, per  l'omessa
o  tardiva  registrazione,  e'  realizzato  l'interesse  del  sistema
tributario; 
    L'applicazione dell'ulteriore sanzione del «regime  vincolistico»
come sopra specificato, si prospetta come un di piu',  che  sbilancia
irragionevolmente il contemperamento tra i contrapposti interessi,  -
eccessivamente premiante per i conduttori ed eccessivamente  punitivo
per  i  locatori;  senza  che  sussista  alcun  ulteriore   obiettivo
interesse pubblico, oltre quello di fare emergere il sommerso -  gia'
soddisfatto mediante l'applicazione delle menzionate sanzioni  civili
e tributarie - che possa giustificare la detta ulteriore  «sanzione»,
di cui alla censurata disciplina.