LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio d'appello iscritto al n. 37157 del registro di segreteria, promosso dal Prof. C. L., nato il ............ Roma ed ivi residente in .............. rappresentato e difeso dall'Avv. F. Ettore Maria Cerasa, presso il cui studio in Roma, via del Viminale n. 43 e' elettivamente domiciliato appellante; Contro INPDAP Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti della Amministrazione Pubblica (ora assorbito dall'INPS e divenuto gestione speciale all'interno dell'ente stesso ex art. 21 del d.l. n. 201/2011 conv. in legge 241 del 22.12.2011), in persona del suo legale rappresentante pro tempore appellato per la riforma della sentenza n. 246/09, della Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio depositata il 26 febbraio 2009. Uditi nel pubblico dibattimento del 27.9.2013, con l'assistenza del segretario sig.ra Lucia Bianco, il relatore consigliere Leonardo Venturini, l'avv.to Cerasa, per parte appellante, la dott.ssa Viola per l'INPS; Visti tutti gli atti e documenti di causa e Considerato in fatto I. Con la sentenza in epigrafe della Sezione giurisdizionale per la regione Lazio, accoglieva parzialmente il ricorso e, per l'effetto, dichiarava il diritto del Prof. C. L., in riferimento alla istanza del 18 febbraio 2002, a chiedere il trattamento pensionistico privilegiato per la pretesa dipendenza da c.s. della sola infermita' «Cervico artrosi ad impegno funzionale con uncoartrosi e discopatia C5-C6 e C6-C7 complicata da radicolopatia sinistra C7-C8 elettromiograficamente accertata e in fase di aggravamento. Veniva pero' confermato il provvedimento laddove veniva negato al ricorrente, gia' Direttore Sanitario Primario Ospedaliero, cessato dal servizio per dimissioni volontarie con decorrenza dal 30 giugno 1995 con diritto a trattamento pensionistico ordinario iscr. n. 60089138 - il riconoscimento di dipendenza da causa di servizio dell'infermita' linfonodica. L'attuale appellante, gia' prima menzionato, Prof. C. L., nel 1965 iniziava a svolgere esercizio professionale presso l'Ospedale Cardiologico Lancisi di Ancona, dapprima quale aiuto cardiologico emodinamista, e dal 27.10.1978 quale responsabile della conduzione del laboratorio di Emodinamica, che, secondo quanto allo stesso preme rilevare, oltre all'orario normale, comportava l'obbligo di peculiari turni di responsabilita'; carica che espletava fino al 1987. Detta attivita', secondo l'appellante, ha comportato uno sforzo professionale in un contesto lavorativo caratterizzato da posizione coatta anti fisiologica in ambienti ipersaturi di calore e privi di adeguata aereazione. Afferma poi sempre il C. di aver effettuato personalmente oltre 2000 esami emodinamici e contrastografici che comportavano l'esposizione a radiazioni ionizzanti. II. Posto a visita, in data 21/12/2000 la Sezione di Istologia Emolinfopatologia del «Policlinico S. Orsola Malpighi» di Bologna refertava: «Il quadro istomorfologico e' positivo per linfoma/leucemia di derivazione dai linfociti B periferici, tipo leucemia linfatica cronica/linfoma a piccoli linfociti». L'Infermeria Autonoma M.M. di Ancona con verbale Mod. ML/AB n. 093 del 30.01.2002 formulava diagnosi di: 1) Artrosi rachide cervicale con riduzione dello spazio C6-C7; 2) Linfoma/leucemia di derivazione dei linfociti B (leucemia linfatica cronica a piccoli linfociti) con interessamento di linfonodi in sede sopra e sotto diaframmatica, ascrivendo ai fini dell'equo indennizzo l'infermita' sub 1. alla 8ª ctg. Tab. A mis max, la sub 2. alla 3ª ctg Tab. A mis. max e per cumulo alla 2ª ctg. Tab. A misura 78%. Il Comitato di Verifica per le Cause di Servizio nell'adunanza n. 138/2002 dell'11 ottobre 2002 ha espresso parere che le infermita' sub 1 e sub 2 potessero riconoscersi dipendenti da causa di servizio. L'Azienda Unita' Sanitaria Locale n. 7 Ancona con Ordinanza n. 322/RU del 18 dicembre 2002 decretava la corresponsione dell'equo indennizzo. L'I.N.P.D.A.P. Area Metropolitana di Roma, con determina n. B/9 del 24 giugno 2003, non accoglieva le domande di pensione di privilegio presentate dal Sig. C., «in quanto, come gia' esposto in premessa, le relative istanze sono state presentate oltre i termini previsti dall'art. 14 della Legge 8 agosto 1991, n. 274». III. Avverso tale provvedimento di diniego l'interessato ha proposto ricorso alla Corte dei Conti Sez. Giurisdizionale per la Regione Lazio che con sentenza n. 246/2009 accoglieva parzialmente il ricorso e dichiarava il diritto del ricorrente a chiedere il trattamento pensionistico privilegiato per la sola infermita' artrosica. Relativamente all'infermita' neoplastica si legge in sentenza «.... questo Giudice ravvisa corretta (in assenza, peraltro, di idonee prove da parte del ricorrente) la decadenza ai sensi della suddetta normativa, nei termici in cui e' stata opposta dalla Amministrazione, perche' tardiva rispetto al termine quinquennale espressamente previsto .............. nel caso di specie, per la valutazione della asserita lunga latenza non sarebbe significativa la data di cessazione dal servizio (giugno 1995) bensi' la data di cessazione dell'attivita' che si assume causativa della insorgenza della patologia stessa. In concreto, tale momento di latenza coincide con il venir meno della attivita' di cardiologo emodinamista (con il trasferimento del novembre 1987 del Prof. C. dall'Ospedale «Lancisi» di Ancona alle funzioni di' Primario Cardiologo della ASL di Roma); si appaleserebbe, quindi, effettivamente eccessivo il periodo di latenza della patologia leucemica, sia tenendo conto della data di denuncia della infermita' (2003), che rispetto alla data della sua insorgenza che dagli atti risulta evidenziata nel dicembre 2000, dopo cioe' un periodo di oltre tredici i anni dalla cessazione della supposta causa di servizio. IV. Avverso la suddetta pronuncia, il sig. C. ha proposto appello innanzi questa Sezione per la riforma della sentenza medesima nella parte relativa «linfo-leucemia». Nel frattempo la Commissione Medica di Verifica di Roma con verbale Mod. BL/B n. 18872 del 28.10.2009 formulava diagnosi di: 1) Artrosi cervicale con riduzione dello spazio C6-C7; 2) Linfoma leucemia di derivazione dei linfoci B (leucemia linfatica cronica/linfoma a piccoli leucociti) con interessamento dei linfonodi in sede sopra e sotto diaframmatica e giudicava la 2ª infermita' aggravata ed ascrivibile ai fini dell'equo indennizzo alla 1ª ctg. Tab A. In data 19 gennaio 2010 l'Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Tor Vergata di Roma certificava che il sig. C. e' seguito dal centro di Ematologia dal dicembre 2006 in quanto affetto da Linfoma non Hodgkin a piccoli linfociti, IV stadio. Nell'atto di appello si chiede «1) in via principale di rimettere, con ordinanza, gli atti alla Corte Costituzionale, sollevando questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14 della Legge n. 274 dell'8.8.1991, nella parte in cui fa decorrere il termine di decadenza per l'inoltro della domanda di pensione privilegiata dalla data di cessazione del servizio anziche' dal momento della manifestazione della malattia, per violazione dell'art. 3 primo comma, e dell'art. 38 secondo comma, della Costituzione; 2) dichiarare il diritto del ricorrente a chiedere il trattamento pensionistico privilegiato anche per l'infermita' linfo leucemia in quanto interdipendente con l'infermita' artrosica». L'appellante, fonda le proprie pretese di riforma della sentenza sui seguenti motivi di diritto: «1. Mancanza assoluta di motivazione e di istruttoria su asserita interdipendenza dell'infermita' tumorale da quella artrosica; 2. Erronea interpretazione ed applicazione dell'art. 14 L n. 274/1991 in relazione agli articoli 3 e 38 della Costituzione - erroneita' e mancanza di motivazione sul punto. Peraltro ricorda come per il morbo di Parkinson, malattia che puo' rendersi evidente dopo lungo tempo dalla sua contrazione, ai sensi dell'art. 169 del T.U. n. 1092/73, il termine decadenziale e' decennale; d'altro canto la Consulta, dato di maggior rilievo ed inerenza al caso di specie in relazione alla giurisprudenza costituzionale, con la sentenza n. 323 del 1° agosto 2008 ha dichiarato illegittimita' costituzionale dell'art. 169 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), nella parte in cui non prevede che, allorche' la malattia insorga dopo i cinque anni dalla cessazione dal servizio, il termine quinquennale di decadenza per l'inoltro della domanda di accertamento della dipendenza delle infermita' o delle lesioni contratte, il termine decadenziale per le malattie ad insorgenza tardiva decorra dalla manifestazione della malattia stessa. IV. La sentenza appellata, infatti, tramite il primo degli sopraesposti motivi di appello sollevati fa emergere, un'esigenza esame di legittimita' costituzionale: l'individuazione del «dies a quo» dal quale far decorrere nel caso di patologia ad emersione tardiva, il termine decadenziale per proporre istanza di attribuzione pensionistica; cio' in relazione al dettato dell'art. 14 della legge n. 274 del 1991. La Consulta gia' ha avuto modo di affermare: «Considerato che la Corte dei conti, ............... dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 169, secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui stabilisce (al primo comma) che i pubblici dipendenti affetti da sclerosi multipla debbano presentare la domanda per l'ottenimento della pensione privilegiata entro cinque anni dalla cessazione dal servizio, a differenza dei soggetti affetti dal morbo di Parkinson per i quali e' previsto (al secondo comma) l'innalzamento del suddetto termine da cinque a dieci anni; che la Corte remittente, mentre non censura la scelta del legislatore di far decorrere il termine per la domanda di pensione privilegiata dalla data di cessazione dal servizio indipendentemente dalle modalita' di manifestazione della malattia, sospetta invece di illegittimita' costituzionale la norma per non aver equiparato la sclerosi multipla al morbo di Parkinson; ............ che detta questione, nei termini di cui sopra, e' gia' stata scrutinata da questa Corte e dichiarata manifestamente inammissibile con l'ordinanza n. 300 del 2001, nella quale si e' affermato che «la scelta di prorogare i termini della domanda per l'una o per l'altra malattia, sulla base di sicuri dati scientifici, appartiene indubbiamente alla discrezionalita' del legislatore» (Corte Costituzionale 15 luglio 2003, n. 246). VII. La Sezione conscia dell'indirizzo della Consulta, ha con sentenza non definitiva-ordinanza n. 578, del 13 settembre 2012 investito di una consulenza di ufficio il Collegio Medico Legale presso il Ministero della Difesa circa i profili epifenomenici della patologia leucemica e, per quanto interessa questo giudizio «a quo», la dipendenza da causa di servizio della stessa. Secondo il parere reso, «la leucemia linfatica cronica linfoma a piccoli linfociti (sec. class. REAL) e' una malattia neoplastica linfoproliferativa, ossia un tumore maligno degli organi emolinfopoietici (midollo osseo, linfonodi, fegato e milza)............. Tale tipo istopatologico di linfoma/leucemia, definito indolente, e' caratterizzato da andamento cronico, basso grado di malignita' e aggressivita'. Lo sviluppo e' molto lento, rimane silente per molti anni e da' manifestazioni sintomatologiche quando e' gia' in fase molto avanzata............ Pertanto il periodo di latenza, ovvero il periodo intercorrente dal momento in cui una cellula linfatica diventa neoplastica ed inizia a moltiplicarsi in maniera incontrollata infiltrando gli organi emolinfopoietici, al momento in cui tale diffusione da' manifestazioni cliniche, e' molto lungo e puo' durare diversi anni, rimanendo cosi' allo stato latente. Si ritiene pertanto che la latenza fra l'esposizione alla noxa patogena (radiazioni ionizzanti) e la comparsa clinica della patologia ematologica puo' anche superare i 10 anni rientrando queste malattie in quelle forme a tarda manifestazione e lenta evolutivita' clinica. In considerazione che il Prof. C., a causa della sua attivita' lavorativa e' stato significativamente esposto agli effetti delle radiazioni ionizzanti, per le quali e' riconosciuto un ruolo causale o quanto meno concausale efficiente e determinante nell'insorgenza delle patologie neoplastiche e che anche il criterio cronologico appare soddisfatto, questo Collegio ritiene che la patologia linfoma/leucemia di derivazione dai linfociti B periferici, tipo leucemia linfatica cronica linfoma a piccoli linfociti contratta dal Prof. C. L. possa essere riconosciuta si dipendente da causa di servizio». Nella pubblica udienza del giorno 27 settembre 2013, nell'intervento orale, il difensore di parte si e' richiamato agli atti scritti, chiedendo la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale. Considerato in diritto I. Questo giudice ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 1 della legge 8 agosto 1991 n. 274 che cosi' recita: «1. A decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello di entrata in vigore della presente legge, la domanda di trattamento privilegiato diretto, indiretto o di riversibilita' deve essere presentata alle Casse pensioni degli istituti di previdenza, direttamente agli sportelli delle Casse medesime che ne rilasciano ricevuta, nel termine perentorio di cinque anni dalla cessazione del rapporto di impiego o dalla morte dell'iscritto o del pensionato. Nel caso di domanda presentata a mezzo lettera raccomandata, come data di presentazione si considera quella della spedizione». Trattasi di norma che mutua la stessa decadenza di cui alla originaria significazione dell'art. 169 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092. II. La norma in questione disponeva infatti che «La domanda di trattamento privilegiato non e' ammessa se il dipendente abbia lasciato decorrere cinque anni dalla cessazione dal servizio senza chiedere l'accertamento della dipendenza delle infermita' o delle lesioni contratte» (primo comma) e che «Il termine e' elevato a dieci anni qualora l'invalidita' sia derivata da parkinsonismo» (secondo comma). In sostanza, la sopra riportata disposizione prevedeva l'inammissibilita' della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio ove fossero trascorsi cinque anni dalla data di cessazione dall'attivita', indipendentemente dalle modalita' di manifestazione della malattia. Ad avviso del Giudice Unico per le Pensioni della Sezione regionale per la Liguria che, dubitando della legittimita' costituzionale del predetto art. 169 ebbe a rimettere la questione alla Corte Costituzionale, la ratio legis di tale disposizione si fondava sulle «conoscenze mediche e scientifiche dell'epoca in cui entro' in vigore il T.U. delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato», approvato con d.P.R. n. 1092 del 1973, quando fatta eccezione per il morbo di Parkinson - non erano ancora note «patologie che fossero del tutto prive di qualunque manifestazione sintomatica per un arco di tempo superiore ai cinque anni». Il successivo progresso scientifico in materia, osservava sempre il rimettente, cha messo in luce l'esistenza di altre patologie a decorso lento e latente, il cui periodo di totale assenza di manifestazioni morbose va ben oltre il quinquennio». Trattasi di una scelta che, alla luce delle conoscenze mediche e scientifiche dell'epoca in cui entro' in vigore il T.U. delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con d.P.R. n. 1092 del 29 dicembre 1973, traeva la sua ratio dal fatto che non erano note patologie che fossero del tutto prive di qualunque manifestazione sintomatica per un arco di tempo superiore, per cui sembrava logico che cinque anni rappresentassero un congruo arco di tempo per consentire al lavoratore l'esercizio del proprio diritto e per assicurare che effettivamente la situazione morbosa avesse avuto origine in costanza di rapporto di lavoro. E che questa fosse la logica ispiratrice della norma, e' confermato dal fatto che, per quanto riguarda il morbo di' Parkinson, malattia della quale erano gia' all'epoca note le particolari difficolta' nella diagnosi, fosse eccezionalmente prevista l'elevazione a dieci anni del termine di ammissibilita' della domanda di pensione privilegiata (art. 169, secondo comma). Il successivo progresso scientifico in materia, tuttavia, ha messo in luce resistenza di altre patologie a decorso lento e latente, il cui periodo di totale assenza di manifestazioni morbose va ben oltre il quinquennio, per superare talora anche alcuni decenni. Alla luce di tali considerazioni, la Corte rimettente ha ritenuto che l'art. 169 del d.P.R. n. 1092 del 1973, facendo «decorrere il termine di decadenza per l'inoltro della domanda di pensione privilegiata dalla data di cessazione dal servizio, anziche' dal momento della manifestazione della malattia», determinasse una «ingiustificata disparita' di trattamento tra lavoratori dipendenti che hanno contratto malattie a normale decorso e lavoratori dipendenti con patologia a lunga latenza», in violazione dell'art. 3 della Costituzione. La lesione del principio di eguaglianza, affermava ancora il giudice a quo, si manifestava, altresi', «con riferimento al regime previsto per l'assicurazione infortuni e malattie professionali dei lavoratori dell'industria, ove il termine dell'azione per conseguire le prestazioni assicurative decorre "dal giorno dell'infortunio o da quello della manifestazione della malattia professionale"», secondo quanto disposto dall'art. 112 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali). Sotto altro profilo, sempre ad avviso della Corte rimettente, la disposizione censurata contrastava anche con l'art. 38, secondo comma, della Costituzione, che stabilisce il diritto dei lavoratori a che «siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita» in caso di malattia. Il giudice rimettente aveva osservato, al riguardo, che «i termini decadenziali hanno la funzione di sanzionare un comportamento omissivo o inerte facendo venire meno il diritto di chi, pur avendone avuto la possibilita', non si e' attivato tempestivamente», cosicche' far decorrere il termine di decadenza dalla data di cessazione dal servizio, anziche' da quella della manifestazione morbosa, «in tutti i casi in cui il tempo di latenza della malattia abbia superato il periodo decadenziale, equivale ad impedire in modo del tutto irragionevole esercizio del diritto riconosciuto dall'ordinamento, come quello alla pensione privilegiata». III. La Consulta ritenne la questione sollevata fondata (Corte costituzionale n. 323 del 1° agosto 2008, gia' citata) nella considerazione che il dubbio di costituzionalita' si muoveva proprio dalla considerazione che l'art. 169 del d.P.R. n. 1092 del 1973, fissando il dies a quo del termine quinquennale di decadenza al momento della cessazione dal servizio, a prescindere dalle modalita' concrete di manifestazione della malattia, comprimeva del tutto ingiustificatamente i il diritto alla pensione privilegiata dei lavoratori per i quali l'insorgenza della manifestazione morbosa, della quale sia accertata la dipendenza dal servizio, sia successiva al decorso di detto termine. Affermava la Consulta che «Le attuali conoscenze mediche, infatti, hanno messo in luce l'esistenza di malattie in cui, fra la causa della patologia e la relativa manifestazione, intercorre un lungo e non preventivabile periodo di latenza in assenza di alcuna specifica sintomatologia». Risultava, pertanto, evidente che quando l'infermita' si manifesta successivamente al decorso del termine quinquennale dalla cessazione del servizio, la norma allora censurata esigeva irragionevolmente che la domanda di accertamento della dipendenza della infermita' dal servizio svolto fosse inoltrata entro un termine in cui ancora difettava il presupposto oggettivo (l'infermita') della richiesta medesima. Ne conseguiva che, in tali casi, in palese violazione sia dell'art. 38, secondo comma, sia dell'art. 3 Cost., l'esercizio del diritto alla pensione privilegiata risultava pregiudicato ancor prima che venisse ad esistenza, determinando quella ingiustificata disparita' di trattamento tra lavoratori dipendenti che avevano contratto malattie a normale decorso e lavoratori dipendenti con patologia a lunga latenza come denunciato dal giudice rimettente. Pertanto, concludeva la Corte Costituzionale, con riferimento ai casi nei quali la malattia insorga allorche' siano gia' decorsi cinque anni dalla cessazione dal servizio - ferma restando la disciplina attuale per le altre ipotesi - conseguiva alle premesse motivazionali la declaratoria di illegittimita' costituzionale della norma impugnata nella parte in cui non prevedeva che, in tale ipotesi, il termine quinquennale di decadenza per l'inoltro della domanda di accertamento della dipendenza delle infermita' o delle lesioni contratte - ai fini dell'ammissibilita' della domanda di trattamento privilegiato - decorra dalla manifestazione della malattia stessa. IV. Quanto finora illustrato con riferimento all'intervento manipolativo della Consulta con riferimento all'art. 169 del d.P.R. n. 1092 del 1973 si attaglia perfettamente alla norma gemella che qui ne occupa, ovvero quella contenuta nell'art. 14, per il comma citato, il primo, della legge n. 274 del 1991. Trattasi di decadenza che si applica ai pensionati delle allora Casse degli Istituti di previdenza poi transitati nell'INPDAP (quindi la fattispecie piu' di rilievo riguarda il rapporto di quiescenza susseguente al rapporto di impiego con gli enti locali); la vigenza di una fattispecie normativa che, con riferimento alla patologie a lunga latenza, come nel caso di specie e come sopra rammentato, illustrando il parere del Collegio Medico Legale, ovvero la patologia leucemica che non puo' essere causa di trattamento pensionistico privilegiato, pur se dipendente da causa di servizio, ma slatentizzata dopo il quinquennio decadenziale, mostra tutti gli aspetti di censura che affliggevano il citato art. 169 del d.P.R. n. 1092 del 1973, forse anche con maggior rilievo, essendo l'unica ipotesi normativa rimasta non armonizzata in senso costituzionalmente orientato. Va appena ricordato quanto emerge dall'esposizione in narrativa ovvero che dalla soluzione della sollevata questione di legittimita' costituzionale dipende l'esito del giudizio.