IL TRIBUNALE DI ROMA Sezione terza lavoro In persona del giudice dr. Dario Conte, ha pronunciato la seguente ordinanza sciogliendo la riserva assunta all'udienza del 28 febbraio 2013; Osserva Con ricorso depositato il 28 dicembre 2011 Salerno Domenico ha qui convenuto in giudizio il Ministero della giustizia. Ha esposto (in sintesi, e per quanto pertiene alla presente ordinanza): di prestare servizio presso la Casa Circondariale «Regina Coeli» in Roma, in modo del tutto continuativo, mediante convenzioni annuali e poi biennali, dal 27 dicembre 1999, come infermiere; che il rapporto e' regolato da convenzioni di prestazione d'opera libero professionale ai sensi dell'art. 53 della legge n. 740/70; di svolgere mansioni equivalenti, per contenuto professionale, a quelle svolte dagli infermieri dipendenti di ruolo, inquadrati alla posizione economica B2 secondo il CCNL Ministeri, e contratti integrativi applicabili al Ministero della giustizia ed, in particolare, al personale di ruolo dell'Amministrazione penitenziaria; ha descritto analiticamente le modalita' di prestazione del servizio, evidenziando di essere assoggettato ad una condizione pienamente subordinata, anche al di la' di quanto previsto dall'art. 53 cit., in quanto soggetta al potere organizzativo, direttivo, e disciplinare dell'Amministrazione «committente». Ha quindi dedotto (per quanto pertiene alla presente ordinanza): che quello instauratosi ed in corso tra le parti e' un rapporto di lavoro subordinato; di aver percepito una retribuzione inferiore ai minimi sindacali ed insufficiente ex Cost. 36, da parametrarsi a quella degli infermieri di ruolo inquadrati nella posizione economica B2; che, alternativamente, l'utilizzo di lavoro subordinato in difetto delle forme e modalita' prescritte dalla legge da' titolo a risarcimento del danno, ex art. 36 D.lgs n. 165/2001, in misura pari alle differenze retributive cui avrebbe avuto diritto se nei suoi confronti di fosse instaurato un regolare contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato; nonche' della contribuzione previdenziale omessa. Ha quindi chiesto (tra l'altro, e per quanto pertiene alla presente ordinanza): dichiararsi la natura subordinata del rapporto; condannarsi il convenuto, anche a titolo di risarcimento del danno, al pagamento delle differenze retributive maturate dal 1° gennaio 1998 al dicembre 2008; e al risarcimento del danno da omessa contribuzione. Resiste, con memoria difensiva, il Ministero della giustizia, che ha chiesto il rigetto delle domande attoree, anche in base all'assunto per cui i poteri esercitati dalla direzione dell'Istituto sugli infermieri «incaricati» si atterrebbero alle disposizioni legali che regolano l'istituto. Osserva il giudicante che la Corte costituzionale, nelle sentenze n. 121/93 e 115/94, ha affermato che non e' «consentito al legislatore negare la qualificazione giuridica di rapporti di lavoro subordinato a rapporti che oggettivamente abbiano tale natura, ove da cio' derivi l'inapplicabilita' delle norme inderogabili previste dall'ordinamento per dare attuazione ai principi, alle garanzie ed ai diritti dettati dalla Costituzione a tutela del lavoro subordinato». La Corte, nella sentenza n. 121/93, ha anche richiamato la nozione di rilevanza costituzionale di lavoro subordinato quale formulata in propri precedenti (Cort. Cost. 51/87, 5363/86, 1457/84 e numerose altre), individuandola nel fatto che il prestatore di lavoro subordinato si identifica per il fatto di essere stabilmente inserito nell'organizzazione del datore (soggezione al potere organizzativo) e di stare sta a disposizione di questi tra una prestazione e l'altra, per le mutevoli esigenze del servizio (soggezione al potere direttivo/conformativo). In entrambi i precedenti sopra richiamati la Corte ha ritenuto che la legge applicabile non imponesse necessariamente la ascrizione della fattispecie lavorativa regolata ad uno schema legale diverso dal lavoro subordinato; sicche', in Cort. Cost. n. 121/93, ha dichiarato l'illegittimita' della sola disposizione di legge che negava al lavoratore il diritto al trattamento di quiescenza e previdenza, e all'indennita' di licenziamento, anche nel caso in cui il rapporto si fosse effettivamente conformato secondo le modalita' proprie della subordinazione; ed in Cort. Cost. 115/94, ha risolto la questione con una sentenza interpretativa di rigetto, giudicando che la disposizione impugnata poteva essere interpretata, e quindi andava interpretata, come riferita a contratti genuinamente autonomi, sicche', ove il giudice avesse accertato che, al di la' del «nomen iuris» enunciato e delle pattuizioni stipulate, il rapporto, nella concreta applicazione, avesse assunto le caratteristiche proprie della subordinazione, tale classificazione dovesse prevalere ai fini della applicazione delle regole di tutela costituzionale (e legale attuativa) del lavoro subordinato. Tale il quadro costituzionale, il giudicante osserva che l'art. 53 della legge n. 740/70 definisce un rapporto di guardia infermieristica negli istituti di prevenzione e pena che, da un lato, e' regolato, dalla medesima disposizione, in modo che appare, alla luce delle indicazioni sopra richiamate, ed anche alla stregua dei canoni piu' restrittivi dell'individuazione della condizione di subordinazione quali emergenti dalla giurisprudenza di legittimita', intrinsecamente significativo dell'evocazione di un rapporto di lavoro subordinato; dall'altra, regola tale rapporto in modo distinto e «speciale», rispetto ai rapporti di lavoro subordinato, rimandando in modo esclusivo ad un compenso orario, da stabilirsi con decreto ministeriale «con esclusione di ogni altra indennita' e gratificazione e di ogni trattamento previdenziale o assicurativo». Sebbene l'art. 53 non rechi una qualificazione legale espressa di tale tipo di rapporto, appare evidente che il Legislatore lo intende non subordinato, posto che: a) l'espressione «si avvale dell'opera» reca una chiara indicazione del fatto che si tratterebbe di un rapporto di prestazione d'opera; b) la rubrica della legge n. 740/70 («Ordinamento delle categorie di personale sanitario addetto agli istituti di prevenzione e pena non appartenente ai ruoli organici dell'amministrazione penitenziaria») indica di per se' in modo che appare concludente che quelli ivi regolati non sono considerati rapporti di lavoro subordinato; c) la espressa negazione a tale personale di diritti garantiti ai lavoratori dalla Carta Costituzionale (ferie, trattamento previdenziale, per tacer d'altro) non sembra poter essere ragionevolmente attribuita al Legislatore se non nel presupposto si tratti di rapporti di lavoro autonomo. Nei fatti, risulta, per quanto attiene ai fatti di causa, che tali rapporti sono regolati mediante contratti di incarico libero professionale di durata, via via rinnovati. La giurisprudenza di legittimita', seppure con riferimento ad altre posizioni lavorative pure previste dalla legge n. 740/40, ma del tutto analoghe a quella dei cd. infermieri incaricati (medici incaricati ex art. 39) e' consolidata nel senso che trattasi, secondo la legge, di rapporti di lavoro «parasubordinati», ossia autonomi (Cass. 3782/2012, 17092/2010, 12618/98). Orbene, osserva il giudicante che l'art. 53 della legge n. 740/70 prevede che la categoria di infermieri in esame: «deve prestare la propria opera secondo il turno predisposto dal direttore dell'istituto». Il che implica che deve prestare obbligatoriamente servizio nei giorni e negli archi orari unilateralmente stabiliti dal datore di lavoro, ossia osservare precisi ed eteroimposti orari di lavoro, nell'ambito dei quali e' quindi implicato che il lavoratore sia a disposizione del «committente» tra una prestazione e l'altra (visto tra l'altro che non e' certo la singola prestazione infermieristica a costituire di volta in volta l'oggetto del rapporto); «(e' tenuto...) ad osservare le prescrizioni impartite dall'autorita' amministrativa concernenti l'organizzazione del servizio infermieristico... nonche' le relative modalita' di svolgimento non mettenti questioni di carattere tecnico....per le questioni di carattere tecnico e' tenuto ad osservare le prescrizioni impartite dal personale medico» (ed e' quindi soggetto ad un potere permanente di etero conformazione sia quanto alle modalita' organizzative del servizio, sia quanto alle modalita' di esecuzione della prestazione, sia non tecniche che tecniche). Un rapporto avente per legge siffatti obblighi, e' evidentemente un rapporto che e' previsto per legge come comportante un assoggettamento assai penetrante del lavoratore al potere di direzione e organizzazione del datore di lavoro, largamente travalicante nella subordinazione, e del quale appare in particolare impossibile comprendere quale sarebbe ed in cosa consisterebbe il carattere di autonomia. Non di meno la legge lo considera chiaramente autonomo, cosi pretendendo di precludere al controllo della giurisdizione il qui sollecitato controllo di adeguatezza del compenso ex Cost. 36; ed assoggettandolo ad una disciplina legale nella quale il complesso dei diritti dei lavoratori subordinati quali sanciti dagli artt. 36 e 38 della Costituzione (retribuzione adeguata - nella specie invocata -, riposo settimanale - del quale il ricorrente lamenta la almeno occasionale mancata fruizione - remunerazione differenziale del lavoro domenicale - pure lamentata come omessa dal ricorrente - tutela previdenziale - la cui omissione forma oggetto, in ricorso, di pretesa risarcitoria - ) si riducono ad un mero «compenso orario» dichiaratamente esclusivo di ogni altra possibile pretesa economica e previdenziale, risultando cosi', in pratica, del tutto pretermesso. L'art. 53 della legge n. 740/70, nella parte in cui limitai diritti del personale in esame ad un «compenso orario», appare altresi' censurabile ex Cost. 3, posto che, non spiegandosi, ne' avendosi modo di comprendere, a quale piu' penetrante condizione di subordinazione potrebbe essere assoggettato il personale infermieristico di ruolo, o assunto con contratto di lavoro a tempo determinato adibito a pari mansioni (il quale pure puo', e forse dovrebbe, essere adibito alle stesse mansioni ex art. 80, co. 5, legge n. 354/75), il trattamento «speciale» riservato a tale categoria di lavoratori, e preclusivo dei diritti spettanti a tale altro personale, appare privo di ogni razionale giustificazione, se non quella, incongrua ed inammissibile, di risparmiare sui costi del personale. E' appena il caso di aggiungere che a ritenere che nella specie la legge non pretenda di negare in assoluto che i rapporti formalmente regolati nel segno dell'art. 53 cit. possano configurarsi come rapporti di lavoro subordinato, la violazione di Cost. 36 e 38 riuscirebbe vieppiu' evidente, perche' affermare che ai lavoratori in questione, anche se subordinati, spetta un «compenso orario, con esclusione di ogni altra indennita' o gratificazione, e di ogni trattamento previdenziale o assicurativo» significa affermare che essi, se non fruiscono di ferie, non hanno diritto all'indennita' sostitutiva; che se lavorano di domenica non hanno diritto a compenso aggiuntivo; che se non hanno riposo settimanale non hanno diritto a maggiorazioni; che non hanno diritto al trattamento di fine servizio; che non hanno copertura previdenziale; che, a pari mansioni e modalita' di utilizzo della loro prestazione, hanno diritto ad un trattamento economico diverso - e, secondo l'assunto attoreo, deteriore - rispetto al corrispondente personale dipendente; tutte cose che appaiono in conclamato contrasto con gli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione. Prevedere per legge un tipo speciale di collaborazione, dettandone il contenuto funzionale in modo di per se' indicativo della condizione di subordinazione, per poi negarne la valenza sul piano degli effetti retributivi e previdenziali, non sembra peraltro aver altra funzione («ratio») che quella di eludere le tutele del lavoro subordinato nel suo complesso. In tal senso l'art. 53 cit. appare costituzionalmente illegittimo nel suo complesso. Il giudicante non ritiene che nel caso di specie l'«empasse» costituzionale possa essere elusa, puramente e semplicemente, mediante una riqualificazione giudiziale del rapporto, perche', alla luce dell'istruttoria svolta, non sembra, allo stato, che i poteri di organizzazione e direzione datoriale siano nei fatti stati esercitati con modalita' significativamente eccedenti quanto previsto dalla fattispecie normativa, per il buon motivo che questa regola di per se' il rapporto in un modo in rapporto al quale e' difficile persino immaginare un piu' elevato livello di etero-conformazione di tempi e modi del contenuto delle prestazioni, che ne investe i tempi (turni), l'organizzazione (interamente rimessa al datare senza alcun ambito di autonomia per il prestatore), le modalita' non tecniche, e persino quelle tecniche. Le convenzioni non paiono pertanto punto discostarsi dalle previsioni legali, quando prevedono che il lavoratore «deve attenersi alle disposizioni della direzione per la corretta organizzazione del servizio e per garantire efficienti modalita' di svolgimento dello stesso»; «attenersi, per i compiti di carattere tecnico, alle prescrizioni impartite dal personale medico»; «osservare con scrupolo le disposizioni che regolano l'ordine e la disciplina dell'istituto». Le convenzioni, per certi versi, piuttosto, sembrano attenuare la condizione di subordinazione quale prevista dalla legge, ad es, laddove prevedono che l'orario sia «concordato con la direzione» (nei fatti, dall'istruttoria emerge pero' che gli infermieri danno delle mere disponibilita', e poi i turni li fa la direzione; d'altronde, che il prestatore debba rendersi disponibile con continuita' e' chiaramente implicato dalle disposizioni contrattuali per cui il prestatore puo' sospendere il servizio solo per tempi limitati - ferie - e per motivi giustificati - malattia, gravidanza, puerperio, ovvero per autorizzazione della direzione; comunque, il tutto, senza compenso per i periodi non lavorati). L'art. 53 della legge n. 740/70 appare pertanto illegittimo nel suo complesso per violazione degli artt. 3, 36, 38 della Costituzione nel suo complesso, perche' qualifica come rapporti di lavoro autonomo rapporti che la disposizione stessa regola in modo di per se' integrante fattispecie di lavoro subordinato, cosi' sottraendo tali rapporti alla disciplina costituzionale inderogabile che ad essi pertiene, nonche', apparentemente, al solo scopo di farlo. In subordine, la censura va rivolta, alla stregua dei medesimi parametri costituzionali, nei confronti del quarto comma dell'art. 53 cit., nella parte in cui prevede che al personale in questione spetta (solo) un compenso orario, «con esclusione di ogni altra indennita' o gratificazione e di ogni trattamento previdenziale o assicurativo» La questione appare rilevante, perche' tutte le domande del ricorrente postulano trattarsi di un rapporto di lavoro subordinato seppur «irregolare», e tale possibilita' di qualificazione, nel rispetto della disciplina legale di tali forme di collaborazione, appare chiaramente negata dal Legislatore. Se il rapporto potesse essere qualificato come di natura subordinata, il lavoratore avrebbe invece diritto al controllo di adeguatezza del compenso ex Cost. 36; e/o, trattandosi di lavoro subordinato irregolare, avrebbe presumibilmente diritto al risarcimento del danno ex art. 36, co. 2, D.lgs n. 165/2001, sia sotto il profilo della minor retribuzione ricevuta (che andrebbe mutuata, ex art. 45, co. 2, D.lgs n. 165/2001, dal trattamento del corrispondente personale di ruolo) sia sotto il profilo dell'omessa contribuzione previdenziale di legge. Per converso, la ritenuta legittimita' della previsione legislativa per cui ai lavoratori in questione non spetta altro che il compenso orario da essa previsto, e null'altro sia di retributivo che di previdenziale, osterebbe a tutte le pretese del ricorrente (almeno quelle qui in esame), che nulla lamenta riguardo alla corrispondenza del trattamento ricevuto alle previsioni dell'art. 53. Le eccezioni preliminari e pregiudiziali sollevate dall'Amministrazione non appaiono idonee ad evitare l'esame nel merito delle questioni sopra riportate. Il periodo oggetto della rivendicazione e' successivo al 1° luglio 1998, e quindi ricade nella giurisdizione del giudice adito. La sollevata eccezione di prescrizione decennale del diritto all'accertamento della natura subordinata del rapporto, a tutto concedere, non copre tutto il rapporto in questione, protrattosi dal 1999 al 2008. La eccepita prescrizione estintiva ex art. 2948 n. 4 c.c. certo non copre tutto il rapporto, protrattosi fino al 2008, tento conto che il ricorso e' stato notificato nel 2012. E' peraltro ««ius receptum» che il termine prescrizionale non decorre in corso di rapporto quando, come nel caso di specie, il rapporto non sia nei fatti regolato come di lavoro subordinato, sicche' il lavoratore non gode, in concreto, di stabilita' reale (Cass. 4942/2012, 11644/2004 e innumerevoli conf.). L'azione risarcitoria ha natura contrattuale e pertanto il relativo termine e' quello ordinario decennale, e non quello quinquennale di cui all'art. 2947 c.c... Il fatto che tra le parti non possa ritenersi validamente instaurato un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ex art. 36 D.lgs n. 165/2001 nulla toglie al riconoscimento dei diritti derivanti dal rapporto di fatto ex art. 2126 c.c. o almeno ai diritti risarcitori di cui all'art. 36 del D.lgs n. 165/2001: