LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI FIRENZE XVII Sezione Composta dai Signori: Giulio de Simone, Presidente, Alessandro Turco, giudice; Maria Cannizzaro, giudice relatore; Riunita in camera di consiglio, pronuncia la presente ordinanza nella causa iscritta al n. 2146 del ruolo generale dell'anno 2012, promossa, in grado d'appello, da da Poggio Antico s.r.l. rappresentata a difesa da avv.ti Fabio Coli, avv.to Prof. Pasquale Russo e avv.to Francesco Corso, appellante avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Grosseto n. 16/3/12, Contro Etruria Servizi s.r.l. in persona del legale rappresentante pro-tempore, convenuto in appello, causa avente ad oggetto: impugnazione dell'avviso di accertamento n. 4 /2751/RUR I.C.I. anno 2007 e 4/2751/RUR Anno 2008. La commissione, visti gli atti e sentite le parti osserva: con sentenza emessa in data 27 ottobre 2011 dalla commissione tributaria provinciale di Grosseto, veniva respinto il ricorso della societa' Poggio Antico S.r.l. in relazione all'avviso di accertamento con il quale la Etruria servizi S.r.l., concessionaria del servizio di accertamento e riscossione per il Comune di Montalcino, quantificava l'imposta Ici dovuta e non versata per i fabbricati descritti nello stesso avviso di accertamento, relativamente alle annualita' di imposta 2007 e 2008. Rilevava la commissione tributaria di primo grado, premessa ampia rassegna dell'escursus normativo in merito alla classificazione dei fabbricati aventi caratteristiche di ruralita', incidenti sulla tassazione ICI, che doveva ritenersi ormai consolidato l'approdo interpretativo cui era giunta la Corte di Cassazione a sezioni unite con sentenza depositata il 21 agosto 2009 e i principi in essa contenuti in particolare affermando la decisivita' ai fini della tassazione Ici, della classificazione catastale dell'immobile: quando un fabbricato sia stato catastalmente classificato come rurale e incluso nella categoria A/6i per le unita' abitati ve e categoria D/10 per gli immobili strumentali all'attivita' agricola ne risulterebbe precluso ogni accertamento diretto alla sua assoggettabilita' all'Ici; laddove per contro il fabbricato non rientri in una delle suddette categorie catastali, l'accertamento della sussistenza del requisito della ruralita' in difformita' della inclusione nelle categorie catastali, non puo' essere condotto in via incidentale dal giudice tributario ai fini della verifica della intassabilita' degli immobili ai fini Ici, ma la classificazione catastale deve essere oggetto di apposita impugnazione in via principale. In conclusione i fabbricati che non siano classificati quali A/6 o D/10, sarebbero assoggettabili all'Ici, posto che l'attribuzione all'immobile di una diversa categoria catastale deve essere oggetto di impugnativa specifica del contribuente che pretenda, facendo valere la ritenuta ruralita' del fabbricato, l'esclusione dell'assoggettamento dell'immobile all'imposta Ici. La societa' Poggio Antico ha proposto appello osservando che la sentenza impugnata non ha tenuto pero' conto dei sopravvenuti interventi normativi in materia di riconoscimento della ruralita' degli immobili a fini fiscali. L'appellante sottolineando come con l'articolo 23 comma 1-bis d.l. n. 207 del 2008 qualificata quale di interpretazione autentica, si era chiarito come non potessero essere considerati fabbricati, e quindi assoggettabili all'Ici, le unita' immobiliari anche iscritte o iscrivibili nel catasto, per le quale ricorrevano i requisiti di ruralita' di cui all'articolo 9 d.l. 30 dicembre 1993 numero 557, esponendo come sul punto dopo diverse oscillazioni giurisprudenziali si fossero espresse nel senso citato dalla pronuncia impugnata, le sezioni unite della cassazione (sentenza numero 18.565/09 e sentenza numero 18.570/09) con interpretazione che postulava il diretto collegamento fra le risultanze catastali e il riconoscimento della ruralita' ai fini fiscali, secondo la quale il riconoscimento del requisito della ruralita' era legato alla inclusione degli immobili in una delle due a classificazioni catastale A/6 e D/10, osservava che pero' proprio perche' tale principio di diritto, aveva prodotto degli effetti distorsivi rispetto alla ambigua regolamentazione relativa all'accatastamento degli immobili come stratificatasi nel tempo, che rendevano dubbio e problematico istituire il collegamento sostanziale fra la classificazione catastale suddetta e gli effettivi connotati di ruralita' degli edifici, il legislatore era intervenuto con il d.l. 13 maggio 2011 numero 70 prevedendo al comma 2-bis che: «A fini del riconoscimento della ruralita' degli immobili ai sensi dell'articolo 9 d.l. 30/12/1993 n. 557, convertito con modifica della legge 26 febbraio 1994 n. 133 e successive modificazioni, i soggetti interessati possono presentare all'agenzia del territorio domanda di variazione della categoria catastale per l'attribuzione all'immobile della categoria A/6 per gli immobili rurali ad uso abitativo o della categoria D/10 per gli immobili rurali ad uso strumentale. Alla domanda, da presentare entro il 30 settembre 2011, deve essere allegata una autocertificazione ai sensi del testo unico d.p.r. 28 dicembre 2000 n. 445 nella quale il richiedente dichiara che l'immobile possiede, in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda, i requisiti di ruralita' dell'immobile necessari ai sensi del citato articolo 9 d.l. n. 557 del 1992.» Nel comma 2-ter del citato testo normativo si precisava ancora che l'agenzia del territorio avrebbe dovuto convalidare entro il 20 novembre 2011 la certificazione del contribuente con l'attribuzione della categoria catastale richiesta, che se l'amministrazione non si fosse pronunciata per ulteriori 12 mesi, il contribuente avrebbe potuto assumere in via provvisoria l'avvenuta attribuzione della categoria catastale richiesta, e se tale attribuzione fosse stata non negata dall'amministrazione entro il 20 novembre 2012 il richiedente avrebbe dovuto pagare le imposte non versate con interessi e sanzioni in misura raddoppiato. Lamentava l'appellante che la commissione di primo grado non avesse assolutamente considerato questa disposizione che sostanzialmente prevedeva la possibilita' per i proprietari di immobili aventi le caratteristiche di ruralita' e tuttavia non censiti nelle categorie degli immobili rurali, A/6 e D/10, di chiedere l'attribuzione di queste categorie entro quell'arco temporale con previsione di decorrenza degli effetti della domanda di variazione catastale, a partire dal quinquennio precedente rispetto alla presentazione della domanda. Tra i documenti l'appellante espressamente includeva la domanda presentata nei termini ai fini di ottenere la classificazione dei propri immobili, oggetto dell'imposta impugnata, nella categoria di A/6. In particolare circa l'esattezza dell'interpretazione di tale ultima norma con riferimento alla estensione retroattiva quinquennale della domanda, l'appellante adduceva l'emanazione del decreto ministeriale 26 luglio 2012 e di una circolare dell'agenzia del territorio del 7 agosto 2012 che entrambe richiamerebbero l'efficacia retroattiva delle stesse domande. Si trattava secondo il contribuente, di due interventi di normazione secondaria che rimodulavano gli effetti della citata normativa, superata dalla normazione primaria. Difatti con l'entrata in vigore dell'articolo 13 comma 14 lettera d/bis, delle B. L. Numero 201 del 2011 (cosiddetto decreto Monti) sono stati abrogati i commi 2-bis, ter e quater dell'articolo sette del d.l. numero 70 del 2011, a decorrere dal 1° gennaio 2012 (si tratta della nonna sopra citate in base alle quali era possibile proporre la domanda di variazione catastale.) Lo stesso legislatore tuttavia nell'abrogare tale normativa ha fatto salvi gli effetti di tali domande in relazione al riconoscimento del requisito della ruralita' e ha prorogato anche i termini per la presentazione delle domande di variazione catastale. Chiedeva pertanto il contribuente l'accoglimento del ricorso e l'annullamento della pronuncia di primo grado con riconoscimento dell'illegittimita' della pretesa tributaria ICI recata dagli avvisi di accertamento. Si costituiva in giudizio in fase d'appello La Etruria servizi S.r.l. che contestando in sostanza la ruralita' degli immobili e rilevando che gli arresti giurisprudenziale recati nelle citate sentenze della Cassazione a sez. unite dovesse ritenersi di perdurante attualita', chiedeva il rigetto della domanda sostenendo che per gli immobili quali quelli in esame, non classificati come "Rurali", il requisito sostanziale della ruralita' in difformita' della classificazione catastale dovesse essere verificato e provato con la richiesta di variazione catastale. La convenuta considerava difatti non condivisibile l'interpretazione conferita dall'appellante agli articoli 2-bis, ter e quater del decreto-legge 13 maggio 2011 n. 70 poiche' il quinquennio ivi indicato rappresenterebbe solo un parametro per misurare la permanenza per un tempo, sufficientemente significativo, dei requisiti della ruralita' e non gia' una previsione di retroattivita' degli effetti, ne' a tal proposito soccorrerebbe il decreto ministeriale economia e finanze 26 luglio 2012 articolo 7 secondo il quale: «la presentazione delle domande (ai sensi dell'articolo due bis articolo sette del 13 maggio 2011 numero 70) e l'inserimento negli atti catastali dell'annotazione producono gli effetti previsti per il riconoscimento del requisito della ruralita', fatto salvo quanto indicato dall'articolo cinque comma due del presente decreto, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda». Cio' in quanto tale decreto trovava origine nella previsione dell'articolo 13 comma 14-bis di L se dicembre 2011 numero 201, con il quale veniva per l'appunto demandato a un decreto del Ministro dell'economia delle finanze di «Stabilire le modalita' per l'inserimento negli atti catastali della sussistenza del requisito di' ruralita', fermo restando il classamento originale degli immobili rurali ad uso abitativo». In definitiva si trattava di decreto ministeriale che avrebbe dovuto essere emanato in relazione alla nuova normativa Imu e solo a tali specifici fini, e pertanto nella parte in cui aveva stabilito la portata retroattiva e quinquennale delle domande di variazioni catastali dei fabbricati rurali, sarebbe andato ultra petita. A maggior ragione anche le circolari citate dall'appellante dovevano ritenersi ininfluente in ordine all'interpretazione di cui sopra. Con successiva memoria difensiva l'appellante contrastava con ulteriori argomentazioni l'interpretazione da ultimo riportata. Nelle more della pendenza del procedimento, interveniva in materia l'art. 2 comma 5-ter d.l. 31/8/2013 n. 102, convertito con modifiche dalla legge 28/10/2013 n. 124 al quale le parti si richiamavano nel corso della discussione orale all'udienza del 21/11/ 2013, all'esito della quale la Commissione si riservava di provvedere. Sulla rilevanza della questione che si intende prospettare E', previamente, opportuna una ricognizione della disciplina normativa e della giurisprudenza riguardanti la materia che e' oggetto del giudizio, anche in riferimento all'evoluzione che le medesime hanno subito di recente: a) l'articolo 1 del decreto legislativo 13 dicembre 1992, n. 504, istitutivo dell'imposta comunale sugli immobili, e' del seguente tenore: «Presupposto dell'imposta e' il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio e' diretta l'attivita' dell'impresa»; b) lo stesso decreto legislativo specifica poi, all'articolo 2, I comma, che, «ai fini dell'imposta di cui all'articolo I ..., per fabbricato si intende l'unita' immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano, considerandosi parte integrante del fabbricato l'area occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza ... »; c) la nozione di fabbricato di cui sopra doveva essere letta, al momento in cui l'ici fu istituita, in relazione a quanto era previsto dagli articoli 1 e 4 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, numero 652, convertito in legge con legge 11 agosto 1939, n. 1249, secondo il quale, nel disciplinare la costituzione del nuovo catasto edilizio urbano, doveva prevedersi che in esso fossero censiti come immobili urbani i fabbricati "diversi dai fabbricati rurali" mentre questi ultimi, poiche' non produttivi di reddito autonomo, andavano iscritti, unitamente all'area sulla quale insistevano, "nel catasto dei terreni"; conseguentemente, all'epoca dell'istituzione dell'ici, i fabbricati rurali, non essendo iscritti nel "catasto edilizio urbano", non erano assoggettabili a tassazione; d) tale assetto venne a mutare con l'entrata in vigore dell'articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito in legge con legge 26 febbraio 1994, n. 133: infatti, «al fine di realizzare un inventario completo e uniforme del patrimonio edilizio», la norma previde «il censimento di tutti i fabbricati o porzioni di fabbricati rurali e alla loro iscrizione, mantenendo tale qualificazione, nel catasto edilizio urbano, che assumera' la denominazione di "catasto dei fabbricati"»; il comma 3 dell'articolo in esame previde poi che, per il riconoscimento della "ruralita'" ai fini fiscali, dovessero ricorrere alcune condizioni, relative, in particolare, all'esistenza di una connessione, anche soggettiva, tra l'abitazione nel fabbricato rurale e le esigenze di coltivazione del fondo rustico; e) il comma 156 dell'art. 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, dispose, successivamente, quanto segue: «156. Con uno o piu' regolamenti da emanare ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e' disposta la revisione dei criteri di accatastamento dei fabbricati rurali previsti dall'art. 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, tenendo conto del fatto che la normativa deve essere applicata soltanto all'edilizia rurale" abitativa con particolare riguardo ai fabbricati sin in zone montane e che si deve provvedere all'istituzione di una categorici di immobili a destinazione speciale per il classamento dei fabbricati strumentali, ivi compresi quelli destinati all'attivita' agrituristica, considerando inoltre per le aree montane l'elevato frazionamento fondiario e l'elevata frammentazione delle superfici agrarie e il ruolo fondamentale in esse dell'agricoltura a tempo parziale e dell'integrazione tra piu' attivita' economiche per la cura dell'ambiente ... »; f) l'art. 1, v comma, del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 139 ('Regolamento recante norme per la revisione dei criteri di accatastamento dei fabbricali rurali, a norma dell'art. 3, comma 156, della legge 23 dicembre 1996, n. 662') stanti che «le costruzioni strumentali all'esercizio dell'attivita' agricola diverse dalle abitazioni, comprese quelle destinate ad attivita' agrituristiche - venissero - censite nella categoria speciale "D/10 - fabbricati per funzioni produttive connesse alle attivita' agricole", nel caso in cui le caratteristiche di destinazione e tipologiche- fossero - da non consentire, senza radicali trasformazioni, una destinazione diversa da quella per la quale - erano state - originariamente costruite»; g) con il comma 1-bis dell'articolo 23 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, comma inserito dalla legge di conversione 27 febbraio 2009, n. 14, fu stabilito quanto segue: «1-bis. Ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, deve intendersi nel senso che non considerano fabbricati le unita' immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricali, per le quali ricorrono i requisiti di ruralita' di cui all'articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni»; h) le sezioni unite della SC, disattendendo quello che, per la verita', sembrava essere il senso della disposizione di legge ora ricordata, riaffermarono, pero', con la pronuncia 21/8/2009, n. 18565 (in Giust. civ., 2010, 6, I, 1431, sm, con nota di Cantone), i principi precedentemente enunciati, secondo i quali, in sostanza, non poteva dirsi consentito, al giudice tributario, di disapplicare il classamento catastale di un fabbricato per affermarne la non assoggettabilita' all'Ici: «In tema di Ici, l'immobile che sia stato iscritto nel catasto dei fabbricati come "rurale", con l'attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall'art. 9 del d.l. n. 557 del 1993, conv. con legge n. 133 del 1994, non e' soggetto all'imposta, ai sensi del combinato disposto dell'art. 23-bis del d.l. n. 207 del 2008, conv. dalla legge n. 14 del 2009, e dell'art. 2, comma 1, lett. a, d.lgs n. 504 del 1992. Qualora l'immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, sara' onere del contribuente, che pretenda l'esenzione dall'imposta, impugnare l'atto di classamento, restando, altrimenti, il fabbricato medesimo assoggettato ad Ici. Allo stesso modo, il Comune dovra' impugnare autonomamente l'attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l'assoggettamento del fabbricato all'imposta»(*) . h) la legge 12 luglio 2011, n. 106, nel convertire in legge il d.l. 13 v 2011, n. 70, inseri' nel testo del medesimo, dopo il II comma dell'art. 7, i seguenti, ulteriori commi: «2-bis. Ai fini del riconoscimento della ruralita' degli immobili ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, i soggetti interessati possono presentare all'Agenzia del territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l'attribuzione all'immobile della categoria A/6 per gli immobili rurali ad uso abitativo o della categoria D/10 per gli immobili rurali ad uso strumentale. Alla domanda, da presentare entro il 30 settembre 2011, deve essere allegata un'autocertificazione ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nella quale il richiedente dichiara che l'immobile possiede, in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda, i requisiti di ruralita' dell'immobile necessari ai sensi del citato articolo 9 del decreto-legge n. 557 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 1994, e successive modificazioni. 2-ter. Entro il 20 novembre 2011, l'Agenzia del territorio, previa verifica dell'esistenza dei requisiti di ruralita' di cui all'articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, convalida la certificazione di cui al comma 2-bis del presente articolo e riconosce l'attribuzione della categorici catastale richiesta. Qualora entro il termine di cui al periodo precedente l'amministrazione finanziaria non si sia pronunciata, il contribuente puo' assumere, in via provvisoria per ulteriori dodici mesi, l'avvenuta attribuzione della categoria catastale richiesta. Qualora tale attribuzione sia negata dall'amministrazione finanziaria entro il 20 novembre 2012, con provvedimento motivato, il richiedente e' tenuto al pagamento delle imposte non versate, degli interessi e delle sanzioni determinate in misura raddoppiata rispetto a quelle previste dalla normativa vigente. 2-quater. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite le modalita' applicative e la documentazione necessaria ai fini della presentazione della certificazione di cui al comma 2-bis nonche' ai fini della convalida della certificazione medesima, anche sulla base della documentazione acquisita, in sede di accertamento, da parte dell'Agenzia del territorio e dell'amministrazione comunale». i) il comma 14-bis dell'art. 13 del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 (comma inserito, in sede di conversione, dall'articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214), dispose, poi, quanto segue: «Le domande di variazione della categoria catastale presentate, ai sensi del comma 2-bis dell'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, anche dopo la scadenza dei termini originariamente posti e fino alla data di entrata in vigore della legge di Conversione del presente decreto, producono gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito di ruralita', fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalita' per l'inserimento negli atti catastali della sussistenza del requisito di ruralita', fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo»; l) con lo stesso d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, furono, contestualmente, abrogati sia il comma I bis dell'articolo 23 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, comma (supra ricordato sub g) gia' inserito dalla legge di conversione 27 febbraio 2009, n. 14 (abrogazione disposta dall'articolo 13, comma 14, lettera d), che i commi (supra ricordati sub h) 2-bis, 2-ter e 2 quale, gia' inseriti, nel testo dell'art. 7 del d.l. 13 v 2011, n. 70, dalla legge di conversione 12 luglio 2011, n. 106 (abrogazione, quest'ultima, disposta dall'articolo 13, comma 14, lettera d bis, inserita, nel testo del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, dall'articolo 1, I comma, della legge di conversione 22 dicembre 2011, n. 214); m) si arriva cosi' al comma 5-ter (inserito in sede di conversione) dell'art. 2 del d.l. 31 agosto 2013, n. 102, convertito in legge, con modificazioni, con legge 28 ottobre 2013, n. 124, comma che cosi' dispone: «Ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l'articolo 13, comma 14-bis, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi dell'articolo 7, comma 2-bis, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, e l'inserimento dell'annotazione negli atti catastali producono gli effetti previsti per il riconoscimento del requisito di ruralita' di cui all'articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda»; n) cercando di orizzontarsi nella selva normativa apprestata dal legislatore sembra che il filo (di Arianna) debba partire (per quanto, almeno, interessa in questa sede) dal comma 1-bis dell'articolo 23 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, comma (supra ricordato e trascritto sub i) inserito dalla legge di conversione 27 febbraio 2009, n. 1; con tale disposizione, secondo cio' che pare alla Commissione, il legislatore, intervenendo in una situazione nella quale la piu' recente giurisprudenza del SC aveva, sostanzialmente, affermato il carattere vincolante, ai fini fiscali, del classamento catastale (giurisprudenza che si trovava, peraltro, in linea con le riforme legislative della disciplina catastale e di quella fiscale, pure supra ricordate, le quali ne avevano, per cosi' dire, preparato il terreno), intese, di contro, sganciare il carattere della ruralita', valevole ai fini fiscali, dal corrispondente classamento catastale; o) la giurisprudenza del SC, a sezioni unite, mise, pero', in qualche modo, nel nulla la recente riforma legislativa, riaffermando (con la pronuncia 21/8/2009, n. 18.565, supra ricordata sub h), da un canto, l'impossibilita', per il giudice tributario, di disapplicare, ai fini fiscali, il classamento catastale del bene e d'altro canto, al contempo, che solo un classamento rurale (id est: un classamento rurale in A/6 o in D/10) consentisse il riconoscimento della ruralita' ai fini fiscali; p) il legislatore, coi commi 2-bis, 2-ter e 2-quater dell'art. 7 del d.l. 13 v 2011, n. 70, inseriti dalla legge di conversione 12 luglio 2011, n. 106 (vedili supra, sub h), sembro' voler aderire al criterio della corrispondenza biunivoca tra ruralita' ai fini fiscali e corrispondente classamento catastale, dettando una disciplina transitoria volta, appunto, a favorire, per i fabbricati ontologicamente rurali, l'acquisto del corrispondente classamento; e' importante notare che i tre commi de quibus disegnavano un procedimento amministrativo e un sistema di efficacia provvisoria degli atti del tutto ragionevole ed equilibrato: l'Amministrazione aveva un ruolo attivo di verifica e controllo rispetto alle dichiarazioni del privato, pur essendo soggetta a ristretti termini di intervento, in assenza del quale scattavano comunque, sia pure provvisoriamente, in favore del dichiarante privato, i benefici fiscali connessi alla qualita' dichiarata; q) pochi mesi dopo, pero', il legislatore muto' orientamento: con la legge 22 dicembre 2011, n. 214, di conversione in legge del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, furono, infatti, disposte, da un canto, con la lettera d bis del comma 14 dell'articolo 13 del decreto-legge predetto, l'abrogazione dei commi 2-bis, 2-ter e 2-quater dell'art. 7 del d.l. 13 v 2011, n. 70, dei quali si e' appena detto (supra, lettera l) e, d'altro canto, con il comma 14-bis dello stesso articolo 13 (supra, lettera i): I) la riapertura, fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, dei termini di presentazione delle domande di variazione della categoria catastale gia' previste dal comma 2-bis dell'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (comma che, come si e' detto, veniva contestualmente abrogato); II) la produzione, in riferimento alle predette domande di variazione della categoria catastale, degli «effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito di ruralita', fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo»; r) puo', incidentalmente, notarsi come non sia facile capire il senso della riserva dettata dal legislatore con le parole «fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo»: se, con essa, si sia inteso affermare che, solo in via transitoria, ovvero prima della decisione in ordine alla domanda di variazione catastale, il classamento degli immobili in questione debba rimanere quello originario, ci si potrebbe domandare per quale motivo la stessa riserva non sia stata dichiarata anche per gli immobili ad uso non abitativo: puo', a tal proposito, formularsi l'ipotesi che, per quest'ultimo tipo di immobili, il legislatore abbia inteso che l'effetto immediato della domanda ricomprenda anche il classamento catastale, oltre che il trattamento fiscale, conclusione che pero' sembrerebbe rendere la norma irragionevole, non potendosi pienamente comprendere la ragione di questo trattamento differenziato; un'altra ipotesi e' che il legislatore abbia disposto nel senso che, per gli immobili rurali ad uso abitativo, l'originario classamento debba, in ogni caso, rimanere fermo, al di la' dell'esito della domanda di variazione catastale e, temporalmente, anche oltre il medesimo esito; questa interpretazione porta, pero', a un risultato paradossale, in quanto una domanda volta ad ottenere una variazione catastale che la stessa legge imporrebbe di respingere determinerebbe l'effetto del riconoscimento, ai. fini fiscali, della ruralita'; ne' si capirebbe, nell'ambito dell'ipotetica interpretazione di cui trattasi, quale dovrebbe essere, dopo la decisione definitiva circa la domanda di variazione catastale, il trattamento fiscale del bene; l'interpretazione in esame comporterebbe, inoltre, la considerazione che il legislatore avrebbe, ancora una volta, abbandonato il criterio, sostenuto dalle sezioni unite della Cassazione, della corrispondenza biunivoca fra ruralita' ai fini fiscali e classamento rurale nel catasto, e cio' darebbe la stura a un'ulteriore serie di interrogativi; v'e' ancora, per la verita', un'altra ipotesi da formulare, ovvero che il legislatore abbia, in certo modo, voluto preparare l'introduzione di nuove categorie catastali, costituite dalle originarie categorie A, affiancate dalla annotazione della ruralita'; questa possibilita', aperta, forse, dall'articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito in legge con legge 26 febbraio 1994, n. 133, che prevedeva, come supra ricordato sub d, «il censimento di tutti i fabbricati o porzioni di fabbricati rurali» e la «loro iscrizione, mantenendo tale qualificazione, nel ... "catasto dei fabbricati"», troverebbe, tra l'altro, una spiegazione e una giustificazione nel fatto che, attualmente, l'unica categoria catastale abitazione per la quale la caratteristica della ruralita' entra nel criterio di individuazione della categoria stessa e' la categoria A/6, caratterizzata, pero', nel suo disciplinare, da una particolare modestia abitativa (non si dimentichi che, originariamente, i fabbricati rurali, non necessariamente cosi' modesti, non potevano essere iscritti nel catasto urbano, facendo parte, senza rendita autonoma, dei terreni iscritti nel catasto dei terreni); non si possono, dunque, nascondere le difficolta' tecniche che incontrerebbe l'iscrizione in categoria A/6 di un immobile avente caratteristiche non modeste, finora non iscritto al catasto dei fabbricati perche' agricolo, e non si puo' escludere che il legislatore, sia pure nelle forme incongrue delle quali si tratta, abbia inteso, proprio, superare, in qualche modo, le difficolta' in questione (evitando, cosi', di percorrere la via maestra della ridefinizione della categoria A/6 e dell'abbandono di un concetto di ruralita' legato, non solo a requisiti oggettivi del bene, ma anche alle condizioni soggettive del proprietario; probabilmente, tra l'altro, e' da qui che nascono tutti i problemi ed e' qui che occorrerebbe cercare la chiave per la loro risoluzione: il classamento catastale e', per sua natura (economica e giuridico-tributaria) e per costruzione (storica e logica), fondato sulle caratteristiche obbiettive del bene e non puo' tollerare, se non a prezzo di un grave vulnus del suo stesso principio fondante, di dipendere da considerazioni attinenti al soggetto proprietario; dunque, se il legislatore intende (rimanendo sulla scia delle sezioni unite) utilizzare il catasto ai fini del riconoscimento della ruralita', dovrebbe, anzitutto, dettare un disciplinare del "fabbricato rurale" legato, esclusivamente, alle caratteristiche obbiettive di esso, fornendo, tuttavia, una definizione diversa e assai piu' ampia di quella dettata, attualmente, per la categoria A/6; nulla vieterebbe del resto, de jure condendo, che, ai fini dell'ottenimento di determinati benefici fiscali, siano richiesti, congiuntamente, sia il classamento rurale del bene, quale condizione oggettiva, che l'attitudine rustica del proprietario, quale condizione soggettiva, sia pure da riscontrarsi, a sua volta, attraverso criteri oggettivi); s) col comma 5-ter (inserito in sede di conversione) dell'art. 2 del d.l. 31 agosto 2013, n. 102, convertito in legge, con modificazioni, con legge 28 ottobre 2013, n. 124, si stabilisce infine: I) che la produzione degli effetti previsti per il riconoscimento del requisito di ruralita' di' cui all'articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, si compia con «l'inserimento dell'annotazione della domanda di variazione negli atti catastali»; II) che tali effetti si producano «a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda». E' pacifico, tra le parti, che la contribuente abbia, nei termini di legge (e, precisamente, nei termini originariamente previsti), proposto la domanda di variazione catastale degli immobili che sono oggetto del presente giudizio, e cio' al fine di ottenere il riconoscimento della ruralita' degli stessi. Non e' dubbio, quindi, che, in qualunque modo si interpretino, per altri versi, le disposizioni di legge vigenti, la contribuente appellante dovrebbe, allo stato, in riferimento agli anni 2007 e 2008 che rientrano nel quinquennio precedente alla presentazione della domanda, poter usufruire dell'esenzione dall'ici concessale dal combinato-disposto dell'articolo 13, comma 14-bis, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, e successive modificazioni, e dell'art. 2, comma 5-ter, del d.l. 31 agosto 2013, n. 102, e successive modificazioni; con accoglimento de plano dell'appello e senza entrare nel merito della sussistenza dei requisiti sostanziali della ruralita' degli immobili in questione, contestata dalla parte appellata la cui assenza non sarebbe impeditiva alla realizzazione degli effetti espressamente e incondizionatamente previsti dalla legge. La Commissione dubita, in riferimento ai parametri costituzionali degli articoli 3, 24 e 97 della Costituzione, della legittimita' costituzionale del combinato-disposto dell'articolo 13, comma 14-bis, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge, con modificazioni, con legge 22 dicembre 2011, n. 214, e dell'art. 2, comma 5-ter, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito in legge, con modificazioni, con legge 6 dicembre 2011, n. 201, nella parte in cui tali disposizioni consentono al contribuente di ottenere, con un semplice, proprio atto, l'esenzione dall'ici senza che l'Erario comunale possa, davanti al giudice tributario, essere ammesso a sostenere e a provare l'assenza delle condizioni sostanziali di legge alle quali dovrebbe essere subordinato il beneficio di cui trattasi; l'applicazione della disciplina della cui legittimita' costituzionale si dubita imporrebbe alla Commissione, come gia' osservato sub 10, l'immediato accoglimento dell'appello mentre, ove la questione di legittimita' costituzionale che la Commissione si propone di sollevare fosse accolta, dovrebbe essere dato ingresso alla valutazione della concreta ricorrenza delle condizioni sostanziali della ruralita', con esperimento della relativa istruttoria e possibili differenti esiti decisionali: la questione di legittimita' costituzionale di cui trattasi risulta, pertanto, senz'altro rilevante ai fini della definizione della presente controversia. Sulla non manifesta infondatezza della questione che si intende prospettare La questione alla quale si e' fatto, sopra, riferimento non e', a parere della Commissione, manifestamente infondata: va anzitutto osservato, in proposito, che la disciplina in esame non prevede, contrariamente a quella, abrogata, dettata dai commi 2-bis, 2-ter e 2-quater dell'art. 7 del d.l. 13 v 2011, n. 70, e successive modificazioni, un termine, per l'Amministrazione finanziaria, per la decisione in ordine alla domanda di variazione catastale; ne' essa prevede che, dall'eventuale, riconosciuta infondatezza della domanda (anche, eventualmente, intesa nel senso sostanziale di domanda volta ad ottenere il riconoscimento della condizioni della ruralita'), derivino, per il contribuente, indennita' di mora o sanzioni; non esiste, dunque, in concreto, alcuna remora, per il contribuente, alla proposizione di una domanda che sia, in ipotesi, radicalmente infondata; a fronte di cio' sarebbe, a parere della Commissione, ragionevole che l'Erario comunale fosse, quanto meno, ammesso a sostenere e a provare, davanti al giudice tributario, il difetto delle condizioni sostanziali della ruralita' gia' contestate: non si tratterebbe neanche, nel caso, della disapplicazione di un atto amministrativo ritenuto illegittimo dal giudice, poiche' l'effetto giuridico dell'esenzione dall'ici nasce, secondo la disciplina che la Commissione mette, qui, in discussione, automaticamente, incontestabilmente e a tempo indeterminato, col semplice atto di volonta' del privato, i cui effetti, previsti dalla legge, non possono essere, in nessun caso, impediti dal Comune; e' vero che il Comune potrebbe, di fatto, adoperarsi affinche' l'Amministrazione finanziaria dello Stato non riconosca la ruralita', tuttavia cio', pur potendo consentire, nel futuro, al Comune di recuperare i tributi arretrati, non lo solleverebbe dal pregiudizio del mancato incasso di essi nel tempo, di solito notevole, della definizione del procedimento amministrativo; e comunque anche il semplice ritardo imposto a un soggetto nell'accesso alla difesa giurisdizionale, quando non limitato a tempi assai ristretti (e, comunque, definiti) e giustificato dal perseguimento di interessi generali (come invece, per esempio, nel caso di Corte Costituzionale, 13/7/2000, n. 276), si porrebbe, senz'altro, a parere della Commissione, in contrasto con l'articolo 24 della Costituzione; la mancata possibilita', per Comune, di difendersi nel merito dalla pretesa del contribuente di avvalersi del beneficio appare, a parere della Commissione, del tutto irragionevole anche in riferimento alla posizione degli altri contribuenti (art. 3 della Costituzione) e, per giunta, in contrasto con il principio di buona amministrazione dettato dall'articolo 97, 1° comma, della stessa Costituzione, non potendo trovare giustificazione, a parere della Commissione, la posizione di impotenza in cui la legge ha posto l'Amministrazione in casi nei quali essa dovrebbe, invece, esercitare, secondo le regole generali, la propria potesta' tributaria. In definitiva, dunque, la Commissione ritiene non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 97, 1° comma, della Costituzione, la questione della legittimita' costituzionale del combinato-disposto dell'articolo 13, comma 14-bis, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge, con modificazioni, con legge 22 dicembre 2011, n. 214, e dell'art. 2, comma 5-ter, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito in legge, con modificazioni, con legge 6 dicembre 2011, n. 201, nella parte in cui tali disposizioni consentono al contribuente di ottenere, con un semplice, proprio atto, l'esenzione dall'ici, senza che l'Erario comunale possa, davanti al giudice tributario, essere ammesso a sostenere e a provare l'assenza delle condizioni sostanziali di legge alle quali dovrebbe essere subordinato il beneficio di cui trattasi. Poiche' il presente giudizio non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione di tale questione, esso, ex art. 23 della legge 11/3/1953, n. 87, va sospeso, mentre, ai sensi della stessa norma, va disposta l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e va ordinato che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.