Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri,  rappresentato
e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici e'
legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12,  contro  la
Regione  Abruzzo,  in  persona  del  suo  Presidente  p.t.,  per   la
declaratoria della illegittimita' costituzionale  della  legge  della
Regione Abruzzo 27 marzo  2014,  n.  15,  pubblicata  nel  Bollettino
Ufficiale della Regione Abruzzo n. 14 del 9 aprile  2014,  nella  sua
integrita', ovvero, in via  subordinata,  quanto  meno  nell'art.  1,
comma 1, lettera b), come da delibera del Consiglio dei  Ministri  in
data 6 giugno 2014. 
    Fatto in data 9 aprile 2014, sul n. 14 del  Bollettino  Ufficiale
della Regione Abruzzo e' stata pubblicata la legge regionale 27 marzo
2014, n. 15, recante "Modifica ed integrazione alla  L.R.  29  luglio
2011, n. 23 "Riordino delle funzioni in materia di aree produttive" e
modifica alla L.R. 17 dicembre 1997, n.  143  "Norme  in  materia  di
riordino territoriale dei  Comuni:  Mutamenti  delle  circoscrizioni,
delle denominazioni e  delle  sedi  comunali.  Istituzione  di  nuovi
Comuni, Unioni e Fusioni". 
    In particolare, nell'intervenire sui due  richiamati,  precedenti
testi di legge, il Legislatore regionale ha introdotto norme relative
alla possibilita' di regolarizzazione di attivita' produttive  svolte
su aree  industriali  in  contrasto  con  gli  strumenti  urbanistici
vigenti (art. 1, comma 1, lett. a)), e  norme  sulla  gestione  delle
infrastrutture   idriche,   con    particolare    riferimento    alla
determinazione delle tariffe  per  gli  utenti  del  servizio  idrico
integrato (art. 1, comma 1, lett. b). 
    L'art. 2, infine, contiene disposizioni in  materia  di  riordino
territoriale dei Comuni della Regione. 
    La legge nel suo complesso appare emessa  in  carenza  di  potere
sulla base delle considerazioni  che  si  andranno  a  sviluppare  in
prosieguo, e in violazione degli artt. 121,  122  e  123  Cost.,  dei
principi  fondamentali  dell'ordinamento  in  materia  di  prorogatio
nonche' dell'art. 86, comma 3, dello Statuto  della  Regione  Abruzzo
quale norma interposta. 
    Inoltre e comunque, in via subordinata, come si  precisera'  piu'
avanti, talune delle specifiche prescrizioni ivi  contenute  eccedono
dalle  competenze  regionali   e   sono   violative   di   previsioni
costituzionali e illegittimamente  invasive  delle  competenze  dello
Stato. 
    La legge n. 15/2014 della Regione Abruzzo  deve  pertanto  essere
impugnata, come con il presente atto effettivamente  la  si  impugna,
affinche' ne sia dichiarata la illegittimita'  costituzionale,  nella
sua integrita' o quanto meno con riferimento alle  norme  specificate
in epigrafe, con conseguente annullamento, sulla base delle  seguenti
considerazioni in punto di diritto. 
    1.1. Va premesso che il  mandato  elettivo  del  Consiglio  della
Regione Abruzzo  e'  pervenuto  alla  sua  naturale  scadenza  il  15
dicembre del 2013. 
    Come visto in precedenza, la L. n. 15/2004 reca la  data  del  27
marzo 2014 ed e' stata pubblicata sul B.U.R.A. in data 9 aprile 2014. 
    1.2. Anche a seguito delle  modifiche  introdotte  con  la  legge
costituzionale n. 1/1999, i poteri di determinazione della "forma  di
governo  e  [de]i   principi   fondamentali   di   organizzazione   e
funzionamento" della Regione sono  rimessi  dalla  Costituzione  alla
competenza  statutaria  regionale  e  devono  essere  esercitati  "in
armonia  con  la  Costituzione"  (art.  123  Cost.);  spetta  poi  al
Legislatore regionale (cfr.  art.  121  Cost.)  di  disciplinare  "il
sistema di elezione ... del Presidente e degli altri componenti della
Giunta regionale nonche' dei consiglieri regionali ... nei limiti dei
principi fondamentali  stabiliti  con  legge  della  Repubblica,  che
stabilisce anche la durata degli organi elettivi" (art. 122 Cost.). 
    In applicazione di dette regole fondamentali, l'art. 86, comma 3,
dello Statuto  della  Regione  Abruzzo  prevede  che,  "nei  casi  di
scioglimento anticipato  e  di  scadenza  della  Legislatura:  a)  le
funzioni del Consiglio regionale sono prorogate, secondo le modalita'
disciplinate nel Regolamento, sino al completamento delle  operazioni
di proclamazione degli eletti nelle nuove elezioni limitatamente agli
interventi che si rendono  dovuti  in  base  agli  impegni  derivanti
dall'appartenenza all'Unione Europea, a disposizioni costituzionali o
legislative statali o che, comunque, presentano  il  carattere  della
urgenza e necessita'; b) le funzioni del Presidente  e  della  Giunta
regionale sono prorogate sino alla proclamazione del nuovo Presidente
della Regione limitatamente all'ordinaria amministrazione e agli atti
indifferibili". 
    Nella fattispecie  in  esame,  considerate  la  data  in  cui  e'
maturato lo scioglimento  per  scadenza  del  Consiglio  regionale  e
quella di adozione della legge  che  qui  si  impugna,  trova  dunque
applicazione la norma da ultimo richiamata. 
    1.3. Codesta Ecc.ma  Corte  ha  piu'  volte  chiarito  (cfr.,  da
ultimo, Corte Cost., Sent. n. 68/2010) che il generale istituto della
prorogatio  e'  volto  a  contemperare  le  esigenze  di  continuita'
funzionale dell'Ente (che non puo' rimanere  totalmente  inattivo  in
prossimita'   delle   nuove   elezioni)   con   il    principio    di
rappresentativita'  (per  cui  l'organo  in  scadenza  e'  ovviamente
"depotenziato"): e' del tutto illogico, e potenzialmente lesivo degli
interessi  della  collettivita',  che  l'Ente  sia  vittima  di   una
indiscriminata e totale paralisi anche per  un  periodo  che  -  come
avvenuto nel caso di specie - puo' non essere breve. 
    Cio' si esplica nel persistente potere di esercitare talune delle
attribuzioni  statutarie;  ma  deve   avvenire   limitatamente   alle
"determinazioni del tutto  urgenti  o  indispensabili",  al  fine  di
evitare che l'adozione di atti  in  prossimita'  della  scadenza  del
mandato possa rischiare di esser anche solo  interpretata  (piu'  che
come corretto perseguimento degli interessi pubblici)"come una  forma
di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori" (Sent.  cit.;
cfr. anche sentt. n. 468/1991; 515/1995; 196/2003). 
    Tali principi, come  visto,  sono  espressamente  ribaditi  dalla
stessa  disposizione  contenuta  nell'art.  86  dello  Statuto  della
Regione Abruzzo. 
    1.4. Alla luce di quanto  precede,  dunque,  e'  lecito  dubitare
della esistenza in capo alla Regione del potere di adottare una legge
quale quella impugnata. 
    Un intervento del Legislatore, infatti, potrebbe essere  ritenuto
legittimo soltanto laddove fosse giustificato  dalla  sussistenza  di
presupposti  di  urgenza  e  di  indifferibilita',   ovvero   laddove
costituisse un atto dovuto. 
    Codesta Corte Ecc.ma, in particolare, ha osservato che, in regime
di  prorogatio,   spetta   al   Consiglio   Regionale   motivatamente
individuare (con "specifiche argomentazioni": Corte Cost.,  sent.  n.
68/2010 cit.) le materie per le quali, in ragione  di  una  oggettiva
necessita' e/o urgenza, sono esercitabili i poteri di cui si tratta. 
    In quest'ottica, possono dunque  correttamente  essere  approvati
gli atti costituzionalmente dovuti (si pensi al  recepimento  di  una
Direttiva comunitaria direttamente vincolante per le Regioni), ovvero
progetti di legge che presentano i caratteri dell'indifferibilita' ed
urgenza, quali ad esempio  il  bilancio  di  previsione,  l'esercizio
provvisorio o una variazione di bilancio. 
    L'urgenza   e/o   indifferibilita',   oltre   a   dover    essere
adeguatamente motivata, deve essere volta ad  prevenire  o  rimuovere
situazioni di danno: ma (trattandosi di atto a livello politico)  non
puo' comunque condurre ad una limitazione della  liberta'  di  scelta
che sara' esercitabile dall'Organo legislativo  regionale  una  volta
riacquistata la pienezza dei  poteri  all'esito  della  consultazione
elettorale. 
    1.5. Ora, per il provvedimento legislativo in  esame  non  emerge
(ne' e' stato evidenziato, ad esempio nei lavori preparatori)  alcuno
dei presupposti di indifferibilita' ed urgenza, ne' di atto dovuto  o
riferibile a situazioni di estrema gravita', tali da non  consentirne
un rinvio, a pena di un grave danno alla collettivita' regionale o al
funzionamento dell'Ente. 
    Cio' puo' essere d'altronde agevolmente  rilevato  esaminando  il
contenuto   delle   norme,   che,   come   visto,    riguardano    la
regolarizzazione di  attivita'  produttive  (ponendo  un  termine  al
2015),  la  determinazione  de  futuro  di   tariffe,   il   riordino
territoriale dei Comuni della Regione: provvedimenti, anzi,  che  per
loro natura, richiedono  un  inquadramento  sistematico  nelle  linee
della gestione (politica) dell'Ente territoriale che meglio possono e
devono essere valutate nella nuova Legislatura regionale. 
    Conclusivamente, si deve ritenere che, nell'approvare  la  L.  27
marzo 2014, n. 15, il Consiglio regionale abbia oltrepassato i limiti
propri dell'organismo in prorogatio legiferando in carenza di potere. 
    La legge deve pertanto  essere  dichiarata  incostituzionale  per
violazione degli artt. 121, 122 e 123 Cost.  e  dell'art.  86,  terzo
comma, dello Statuto regionale quale disposizione interposta. 
    2.  A  prescindere  dall'assorbente  eccezione  che  precede,  la
impugnata L. 27 marzo 2014, n.  15  della  Regione  Abruzzo  presenta
anche evidenti profili di illegittimita' costituzionale (quanto meno)
relativamente alla  disposizione  contenuta  nell'art.  1,  comma  1,
lettera b), che viene pertanto impugnato in via gradata sotto  i  tre
distinti profili che si vanno ad illustrare. 
    2.1. Come in precedenza si accennava, l'art. 1, comma 1, lett. b)
della L. Regione  Abruzzo  n.  15/2014,  intervenendo  sul  comma  17
dell'art. 1 della legge regionale 29 luglio  2011,  n.  23  (Riordino
delle funzioni in materia  di  aree  produttive),  pone  norme  sulla
gestione delle infrastrutture idriche,  con  particolare  riferimento
alla determinazione delle tariffe per gli utenti del servizio  idrico
integrato, specificamente prevedendo che "le  infrastrutture  idriche
(acquedotti e reti) e fognarie (sia delle acque  bianche,  sia  delle
acque nere), nonche' gli  impianti  di  depurazione,  realizzati  dai
Consorzi per le aree di sviluppo industriale  restano  di  proprieta'
dell'ARAP che provvede alla relativa gestione nonche' al  trattamento
delle acque di scarico o di reflui anche  di  altra  provenienza.  Il
costo di acquisto dell'acqua e'  definito  annualmente  dalla  Giunta
Regionale. Nel caso di acquisto dell'acqua dal gestore  del  Servizio
Idrico Integrato il costo viene definito sulla scorta degli  articoli
154 e seguenti del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152  (Norme
in materia ambientale) e del decreto del Ministro dei lavori pubblici
1°  agosto  1996  (Metodo  normalizzato  per  la  definizione   delle
componenti di costo e la determinazione della tariffa di  riferimento
del servizio idrico integrato) e successive modifiche e  integrazioni
inerenti la tariffa da praticare  agli  utenti  del  servizio  idrico
integrato senza oneri aggiuntivi a carico di questi ultimi". 
    La  norma,  tuttavia,  e'  estranea  alle  competenze  regionali,
andando a regolare materie  appartenenti  alla  competenza  esclusiva
dello Stato in tema di tutela della concorrenza e dell'ambiente (art.
117, comma 2, lett. e) ed s)): essa, pertanto, deve  essere  caducata
in accoglimento del presente ricorso. 
    2.2.1. Invero, codesta Ecc.ma Corte ha piu' volte evidenziato che
la determinazione delle tariffe per  i  servizi  idrici  esula  dalla
competenza regionale, attraverso una ricostruzione della  "disciplina
statale relativa alla determinazione della tariffa, come complesso di
norme atte a preservare  il  bene  giuridico  "ambiente"  dai  rischi
derivanti da una tutela non uniforme  ed  a  garantire  uno  sviluppo
concorrenziale del settore del servizio idrico integrato" (cosi',  da
ultimo, Corte  Cost.,  8  aprile  2013,  n.  67,  nonche',  in  senso
conforme, sent. nn. 246/09, 307/09, 29/10, 142/10).  Tale  competenza
(tutela dell'ambiente e della concorrenza), si precisa nella medesima
sentenza, ha "prevalenza su eventuali titoli competenziali  regionali
ed, in particolare, su quello dei servizi pubblici locali". 
    Non e' seriamente dubitatile che la  competenza  statale  in  tal
modo delineata (che puo' essere delegata a terzi, come in questo caso
l'Autorita' per l'Energia) si estende anche alla fase  della  filiera
relativa all'acquisto di acqua all'ingrosso. 
    Su di  essa,  dunque,  incide  illegittimamente  la  disposizione
regionale in  parola,  attribuendo  i  connessi  poteri  alla  Giunta
Regionale. 
    2.2.2. Infatti  l'art.  21,  commi  13  e  19,  del  D.L.  201/11
trasferisce all'Autorita'  per  l'Energia  Elettrica  e  il  Gas  "le
funzioni attinenti  alla  regolazione  e  al  controllo  dei  servizi
idrici": essa ha precise attribuzioni in tema  di  definizione  delle
componenti di costo - inclusi i costi finanziari degli investimenti e
della gestione - per la determinazione  della  tariffa  del  servizio
idrico integrato, ovvero di  ciascuno  dei  singoli  servizi  che  lo
compongono compresi  i  servizi  di  captazione  e  adduzione  a  usi
multipli  e  i  servizi  di  depurazione  ad  usi  misti   civili   e
industriali. 
    L'art. 1, comma 1, lett.b) della L. Regione  Abruzzo  n.  15/2014
viola quindi, sotto un primo  profilo,  l'art.  117,  secondo  comma,
lettere e) e s)  della  Costituzione,  che  riserva  alla  competenza
esclusiva dello Stato la legislazione  in  materia  di  tutela  della
concorrenza e di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. 
    2.3. Lo stesso art. 1, comma 1, lett. b) della L. Regione Abruzzo
n.  15/2014,  come  visto,  prevede  inoltre  che  le  infrastrutture
idriche,  fognarie,  e  gli  impianti  di  depurazione  restino   "di
proprieta'  dell'ARAP"  (Agenzia  Regionale  delle  Aree  Produttive,
istituita dalla L.R. Abruzzo n. 23/2011),  la  quale  "provvede  alla
relativa gestione". 
    La disposizione in argomento, nel regolare  la  situazione  della
detta Agenzia regionale, appare dunque  in  contrasto  sotto  duplice
profilo con quanto stabilito dalla normativa nazionale in materia  di
servizio idrico integrato, materia, come visto, di competenza statale
esclusiva. 
    2.3.1. Gia' l'art. 10, comma 6 della L. n. 36/94, Disposizioni in
materia di risorse idriche (successivamente abrogata  dall'art.  175,
d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152), prevedeva, entro il 31 dicembre  1995,
l'obbligo in capo ai Consorzi per le Aree di Sviluppo Industriale  di
trasferire gli impianti di acquedotto,  fognatura  e  depurazione  da
loro gestiti al gestore del  servizio  idrico  integrato  dell'Ambito
Territoriale Ottimale nel quale ricadevano in  tutto  o  in  parte  i
territori serviti. Il trasferimento doveva avvenire secondo un  piano
da adottare con D.P.C.M., proposto dal Ministro dei  LL.PP.,  sentito
il Ministero dell'Ambiente. 
    2.3.2. La norma e' stata poi trasposta nell'art.  172,  comma  6,
del D.lgs. 152/2006, Norme in materia ambientale, che prevede che  il
piano  di  trasferimento  in   concessione   d'uso,   "nel   rispetto
dell'unita' di gestione", venga adottato con D.P.C.M. su proposta del
solo Ministero dell'Ambiente, sentite le Regioni, le Province  e  gli
Enti interessati. 
    Seppure il D.P.C.M. in questione non sia  ancora  stato  emanato,
sussiste tuttora  l'obbligo  al  trasferimento,  posto  che  esso  e'
previsto da una disposizione normativa  specifica,  mentre  la  norma
regolamentare mancante dovrebbe stabilire semplicemente le  modalita'
del trasferimento stesso. 
    Peraltro,  i  Consorzi  ASI  sono  definiti  come  enti  pubblici
economici (legge 5 ottobre 1991, n. 317),  nati  con  il  compito  di
approntare le infrastrutture  necessarie  allo  sviluppo  industriale
delle aree del Mezzogiorno; i loro beni non hanno  natura  demaniale,
ma di beni indisponibili, e come tali  sono  assoggettati  al  regime
previsto dall'art. 830 c.c., che, per quanto attiene  alle  modalita'
del loro trasferimento, rimanda all'art. 828, comma 2  ("i  beni  che
fanno parte del patrimonio indisponibile non possono essere sottratti
alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che  li
riguardano"). 
    2.3.3. Nonostante il regime giuridico di alienabilita'  di  detti
beni, le normative di settore vigenti  ne  prevedono  tuttavia,  come
visto, il trasferimento in concessione d'uso  a  titolo  gratuito  al
gestore del servizio idrico integrato. 
    La concessione d'uso a titolo gratuito e' la  sola  tipologia  di
trasferimento possibile rientrando nella  fattispecie  del  passaggio
dei beni funzionali al servizio idrico integrato di cui all'art.  153
del d.lgs. n. 152/2006 ("1. le infrastrutture idriche  di  proprieta'
degli enti locali ai sensi dell'art. 143 sono affidate in concessione
d'uso gratuita, per tutta la durata della gestione,  al  gestore  del
servizio idrico integrato, il quale ne assume i  relativi  oneri  nei
termini previsti dalla convenzione  e  dal  relativo  disciplinare"),
mentre  la  proprieta'  degli  stessi  resta  in  capo  ai   soggetti
consorziati, ovvero agli enti locali. 
    2.3.4. Inoltre, la  disposizione  in  esame,  prevedendo  che  la
gestione sia affidata direttamente all'ARAP, si pone in contrasto con
le  norme  in  materia  di  tutela  della  concorrenza,   consentendo
l'elusione delle norme statali e comunitarie che prevedono  l'obbligo
di procedere mediante gara all'affidamento del servizio,  trattandosi
di un servizio pubblico di rilevanza economica. 
    Conclusivamente, sotto questo secondo aspetto, la norma regionale
viola anche l'art.  117,  secondo  comma,  lettere  e)  ed  l)  della
Costituzione che riserva alla competenza  esclusiva  dello  Stato  la
legislazione in materia di tutela della concorrenza e di  ordinamento
civile. 
    3.1. Sotto un ultimo profilo, l'art. 1, comma 1, lett.  b)  della
L. Regione Abruzzo n. 15/2014 non si sottrae ad ulteriore censura  di
incostituzionalita' nella parte in cui,  nel  demandare  alla  Giunta
Regionale il compito di stabilire la tariffa dell'acqua all'ingrosso,
prevede che "il costo viene definito sulla scorta (...)  del  decreto
del Ministro dei lavori pubblici 1° agosto 1996 (Metodo  normalizzato
per la definizione delle componenti  di  costo  e  la  determinazione
della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato)": in  tal
modo la legge regionale rinvia, con effetto legificante,  ai  criteri
tariffari previsti dal D.M. 1° agosto 1996, tra cui la  remunerazione
del capitale investito. 
    3.2. Orbene, il decreto ministeriale succitato  -  come  chiarito
dal Consiglio  di  Stato  nel  parere  n.  267/13  -  e'  stato  reso
inefficace  dal  referendum  del  giugno  2011   (secondo   quesito),
proclamato con D.P.R. n. 116/11, nella  parte  in  cui  prevedeva  la
componente tariffaria corrispondente alla remunerazione del  capitale
investito, abrogata dal referendum. 
    La  disposizione  regionale,  dunque,   legificando   i   criteri
tariffari contenuti nel citato decreto 1° agosto 1996 -  tra  cui  la
remunerazione del  capitale  investito  -  reintroduce  di  fatto  la
componente  tariffaria  relativa  alla  remunerazione  del   capitale
investito, espunta dal referendum, in palese violazione  del  divieto
di  ripristino  della  normativa  abrogata  dalla  volonta'  popolare
desumibile dall'art. 75 della Costituzione, in quanto sostanzialmente
riproduttiva di un sistema caducato  (cfr.  Corte  cost.,  20  luglio
2012, n. 199). 
    Conclusivamente, l'art. 1, comma 1, lett.  b)  della  L.  Regione
Abruzzo n. 15/2014, viola l'art. 117, secondo comma, lettere e), l) e
s) della Costituzione (che riserva alla  competenza  esclusiva  dello
Stato  la  legislazione  in  materia  di  tutela  della  concorrenza,
ordinamento civile e tutela dell'ambiente e dell'ecosistema), nonche'
l'art. 75 della Costituzione.