LA CORTE D'APPLELLO DI MILANO Sezione V penale Composta dai magistrati: Dott. Pietro CARFAGNA Presidente; Dott. Pietro CACCIALANZA Consigliere est.; Dott. Paolo TORTI Consigliere. Nel procedimento penale a carico di C. L. G., nato a G. il 20 maggio 1973 (difeso di fiducia dall'avv. Francesca Cattaneo, con studio in Bergamo, Rotonda dei Mille n. 4, e dall'avv. Fabio Lattanzi, con studio in Roma, via Paolo Mercuri n. 8) - Appellante. Nel quale sono costituite parti civili: C. G., nato a ......... il 6 agosto 1960 (padre di C. G. (difeso dall'avv. Gaetano Pecorella, con studio in Milano, via Podgora n. 11) - non appellante; C. G. G. nata a ........ il 23 aprile 1961 (madre di C. G.) (difesa dall'avv. Sergio Fontana, con studio in Siracusa, via Unione Sovietica n. 4) - non appellante; C. S. nato a ........ il 12 gennaio 1957 (padre di C. C.) (difeso dall'avv. Chiara Simonelli, con studio in Siracusa, via G. Di Natale n. 8) - appellante; S. M. nata a .......... il 13 agosto 1963 (madre di C. C.) (difesa dall'avv. Chiara Simonelli, con studio in Siracusa, via G. Di Natale n. 8) - appellante; C. M. nato a .......... il 5 settembre 1994 (fratello di C. C.) (difeso dall'avv. Chiara Simonelli, con studio in Siracusa, via G. Di Natale n. 8) - appellante sull'eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 87, comma 3, c.p.p., sollevata dal difensore dell'imputato per contrasto con gli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione; sentiti il Procuratore Generale e la Difesa delle parti civili; pronuncia la seguente ordinanza nel presente procedimento, C. L. G. e' imputato dei seguenti reati: A) art. 589, comma 2, 3 e 4 c.p., perche' alla guida della vettura Fiat 500 targata DL 423 TW cagionava la morte di C. G. e C. C., con violazione dell'art. 142 c.s. e trovandosi in stato di ebbrezza alcoolica; B) art. 186, comma 2, lettera e) e comma 2-bis cod. strad., per essersi posto alla guida della vettura Fiat 500 in stato di ebbrezza alcoolica. I reati erano stati commessi in M. all'intersezione tra ............, alle ore 5,16 dell'8 ottobre 2011. Con sentenza dell'11 giugno 2013 il GUP di Milano: ha affermato la penale responsabilita' dell'imputato e, tenuto conto della diminuente per il rito, lo ha condannato alla pena di anni quattro e mesi sei di reclusione per il reato di cui al capo A) e alla pena di mesi sei di arresto ed € 3.000,00 di ammenda per il reato di cui al capo B); ha dichiarato l'imputato interdetto dai pubblici uffici per la durata di cinque anni; ha disposto il ritiro della patente dell'imputato; ha condannato l'imputato al risarcimento del danno ed alla rifusione delle spese processuali in favore di tutte le parti civili, demandando la liquidazione del danno ad un separato procedimento ed assegnando a ciascuna parte civile una somma a titolo di provvisionale. La rilevanza della questione di costituzionalita' posta dalla difesa e' di assoluta evidenza ed era gia' stata sollevata in primo grado. Fissata per il 20 settembre 2012, l'udienza preliminare veniva differita al 22 gennaio 2013 per un'adesione della difesa dell'imputato ad un'astensione dalle udienze indetta dall'Unione delle Camere Penali. All'udienza del 22 gennaio 2013: tutte le parti offese sopra indicate si costituivano parti civili; il difensore della parte civile C.G. - domandava la citazione del responsabile civile La Fondiaria SAI S.p.a.; il difensore dell'imputato si associava alla richiesta; il Gup autorizzava la citazione del responsabile civile con separato provvedimento (1) e differiva il procedimento all'udienza del 9 aprile 2013. All'udienza del 9 aprile 2013 il responsabile civile si costituiva in giudizio e documentava l'avvenuta corresponsione di alcune somme alle parti civili C. G. e C. G. G. Seguiva una discussione tra le parti in ordine alla corrispondenza intercorsa con lo stesso responsabile civile e con altri enti (ISVAP, poi divenuto IVASS - Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni). Su richiesta della difesa dell'imputato, che chiedeva termine per esaminare un rapporto di incidente stradale relativo ad un fatto avvenuto nel 1992, per il quale C. era stato condannato per un reato analogo (si trattava anche in quel caso di un omicidio colposo), il GUP differiva il procedimento all'udienza dell'11 giugno 2013. All'udienza dell'11 giugno 2013 la difesa del responsabile civile depositava atti di quietanza a favore delle parti civili, i cui legali attestavano la ricezione delle somme, dichiarando di averle accettate in acconto. Indi il difensore dell'imputato formulava richiesta di giudizio abbreviato, le parti civili nulla opponevano e il Gip, ai sensi dell'art. 87, III comma c.p.p., disponeva l'estromissione del responsabile civile dal procedimento. Subito il difensore dell'imputato depositava memoria con la quale domandava che il giudice sollevasse questione di costituzionalita' della norma, per contrasto con gli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione. Il P.M. e le parti civili si opponevano, ritenendo la richiesta tardiva e, comunque, manifestamente infondata. Il GUP respingeva la richiesta della difesa dell'imputato concernente la questione di costituzionalita', dava corso al procedimento abbreviato e confermava l'esclusione del responsabile civile, con la seguente motivazione: «Anche a prescindere dai profili di tempestivita' della questione, le deduzioni oggi presentate dalla parte civile» (rectius, dall'imputato) «non si sottraggono ad una valutazione di manifesta infondatezza in relazione al fatto che l'estromissione, necessaria ed eventuale, delle parti private dai procedimenti a contraddittorio contratto discende proprio dal principio di attuazione del contraddittorio contenuto nella disposizione dell'art. 111 Cost. L'eventuale ammissione di un giudizio abbreviato, infatti, implica l'accettazione di una prova almeno in parte costituita che non sarebbe legittima, quanto meno in mancanza del previo assenso della parte interessata. Tale estensione del principio porta anche ad una medesima conclusione con riferimento ai pur suggestivi profili evocati in ordine alla previsione degli articoli 3 e 24 Cost., dovendo intendersi il principio di uguaglianza proprio alla luce del principio del contraddittorio, e i profili attinenti all'art. 24 alla luce dell'interesse dell'escluso. Sotto questi aspetti, oltre ai profili evocati di manifesta infondatezza, deve evidenziarsi anche un profilo di < difetto di legittimazione > connesso alla conformazione degli interessi come sopra delineati». Seguiva una breve discussione in ordine alla costituzione di altre parti civili, che il giudice non ammetteva. Subito dopo aveva luogo la discussione e il giudice pronunciava dispositivo di sentenza, riservando la motivazione nel temine di novanta giorni. Per quanto attiene alla rilevanza e alla non manifesta infondatezza della questione, si deve considerare che l'art. 87 III comma c.p.p., introdotto direttamente con il D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447, di approvazione del codice di procedura penale e mai modificato o sostituito, stabilisce che l'esclusione del responsabile civile «e' disposta senza ritardo, anche di ufficio, quando il giudice accoglie la richiesta di giudizio abbreviato». La disposizione e' gia' stata esaminata sia dalla Corte costituzionale che dalla Corte di Cassazione. La Corte costituzionale, nell'ordinanza n. 247 del 21 maggio luglio 2008, si pronunciava su una questione di costituzionalita' sollevata dal Gup del Tribunale di Sassari, che nella propria ordinanza, «in esito ad una minuziosa ricostruzione delle vicende legislative e della giurisprudenza costituzionale che hanno riguardato il rito abbreviato», considerava: che «il nuovo abbreviato e' radicalmente diverso da quello previsto dal codice del 1988»: e cio' soprattutto a seguito dell'introduzione, ad opera della legge 16 dicembre 1999, n. 479, della facolta' dell'imputato di richiedere un'integrazione probatoria e del potere del giudice di acquisire tutti gli elementi ritenuti necessari ai fini della decisione (art. 441, comma 5, cod. proc. pen.)»; che «il modello originario del rito in questione risultava perfettamente coerente con il disposto della norma oggetto di censura, attesa la necessita' di «non appesantire» , con la presenza del responsabile civile, un giudizio allo stato degli atti caratterizzato dalla massima celerita'; tuttavia, tale armonia «e' ora venuta meno ed e' diventata contrasto» , posto che il «nuovo» giudizio abbreviato, per caratteristiche ed impatto statistico, deve essere considerato «un vero e proprio giudizio di merito, alternativo a quello ordinario» ed attivabile comunque solo da parte dell'imputato»; che appariva «violato l'art. 3 Cost., sotto il profilo della «disparita' di trattamento riservata alla parte civile sul piano delle pretese risarcitorie»; che appariva leso, altresi', «in capo alla stessa parte civile, il diritto di agire in giudizio, tutelato dall'art. 24 Cost.»; che appariva violato, ancora, «il principio della durata ragionevole del processo, sancito dall'art. 111 della Carta: principio < che deve essere inteso come garanzia non solo per l'imputato, ma per tutte le parti processuali e per la collettivita' in generale > ». A tali osservazioni si opponeva la difesa erariale, che rilevava: come il giudizio abbreviato costituisca ancora oggi - dopo le modifiche recate dalla legge n. 479 del 1999 - un rito alternativo al dibattimento, connotato da esigenze di celerita'; a fronte di queste ultime non sarebbe dunque manifestamente irragionevole l'esclusione del responsabile civile, prevista dalla norma censurata; che, per altro verso, tale esclusione non determinerebbe un vulnus al diritto di agire in giudizio della parte civile, abilitata a tutelare le proprie ragioni nel giudizio civile; che la disciplina censurata non si porrebbe in contrasto con il principio della durata ragionevole del processo, posto che l'esclusione disposta all'esito dell'udienza preliminare non ostacolerebbe in alcun modo l'azione nei confronti del responsabile civile, non trovando applicazione, in tale ipotesi, il disposto dell'art. 75, comma 3, cod. proc. pen.: norma che, in caso di esercizio dell'azione civile successivamente alla costituzione della parte privata in sede penale, prevede la sospensione del processo civile fino alla definizione di quello penale con sentenza irrevocabile. La Corte costituzionale riteneva la questione proposta manifestamente inammissibile per difetto del requisito della rilevanza, considerando: «che il giudice a quo afferma espressamente di avere, dopo l'adozione del rito abbreviato, dichiarato l'inammissibilita' della richiesta di citazione del responsabile civile, non essendo consentita la sua presenza nel processo celebrato con le forme di detto rito: cio' sul presupposto che, ai sensi dell'art. 87, comma 3, cod. proc. pen., una volta radicato il rito de quo, il responsabile civile debba essere estromesso anche se gia' costituito nell'udienza preliminare»; «che, pertanto, il giudice a quo ha gia' fatto definitiva applicazione della norma della cui legittimita' costituzionale ora dubita, cosi' consumando il proprio potere decisorio: con la conseguenza di rendere ininfluente, sotto il profilo della rilevanza, un'eventuale pronuncia di incostituzionalita' della norma stessa». La Corte di Cassazione, con sentenza della III sezione penale n. 5860 del 12 ottobre 2011 (massima 252119) ha ribadito che «il rito abbreviato e' ontologicamente incompatibile con la presenza del responsabile civile», considerando: che «tale conclusione consegue all'esame dei lavori preparatori del codice di rito, da cui emerge che l'art. 87, c.p.p., comma 3, deve essere inteso nel senso che l'esclusione del responsabile civile costituisce atto dovuto del giudice, perche' e' finalizzata a non gravare il giudizio stesso, che dovrebbe essere caratterizzato dalla massima celerita', della presenza, non indispensabile, di soggetti la cui posizione e' incisa solo sul piano privatistico dalla decisione penale»; che «nel giudizio abbreviato la posizione del responsabile civile e' evidentemente analoga a quella che la parte civile ha nel patteggiamento, in cui il giudice (a norma dell'art. 444 c.p.p., comma 2) non decide sulla domanda da quest'ultima proposta»; che «sul piano sostanziale della tutela, la mancanza del contraddittorio dibattimentale su elementi indiziari acquisiti unilateralmente, rispetto ai quali il responsabile civile non ha alcuna effettiva possibilita' di replicare, e' suscettibile di generare una lesione del diritto di difesa del responsabile civile, quale conseguenza della scelta del rito abbreviato da parte dell'imputato». Ritiene questa Corte d'Appello di dover ripropone le censure di costituzionalita' della disposizione in esame. In ordine alla rilevanza della questione, questa Corte e' bensi' vincolata al giudizio abbreviato disposto in primo grado, ma non ha consumato il proprio potere decisorio, dubitando anzi della costituzionalita' della norma che altrimenti si troverebbe ad applicare. La questione di costituzionalita', dunque, mantiene tutta la sua rilevanza, non solo perche' l'imputato e' stato in primo grado condannato e la questione di costituzionalita' e' stata riproposta nell'atto d'appello della difesa, ma soprattutto perche' permangono, nel presente procedimento di secondo grado, tutte le conseguenze derivanti dalla norma applicata dal primo giudice. E' ben vero che, in una remota sentenza, la Corte di Cassazione aveva affermato che «l'imputato, non essendo legittimato a chiamare in giudizio il responsabile civile, in quanto non titolare di un diritto giuridicamente tutelato, non puo' opporsi all'estromissione del detto responsabile dal processo» (cosi' Cass. pen. sez. IV, 11 marzo 1994, n. 6904, mass. 198666); nel caso di cui oggi si discute, pero', la citazione del responsabile civile era stata richiesta all'udienza del 22 gennaio 2013 dalla parte civile Chierzi Giorgio. Quand'anche si voglia considerare che quest'ultimo non e' oggi appellante, sono tuttora appellanti altre parti civili, rispetto alle quali la posizione del responsabile civile e' del tutto identica a quella che esso ha nei confronti di C., trattandosi della stessa compagnia assicuratrice della vettura condotta dal soggetto in primo grado condannato anche per l'omicidio colposo di C. C., figlio delle parti civili C. S. e S. M. e fratello della parte civile C. M. Per di piu', la questione della legittimazione dell'imputato a chiamare in giudizio il responsabile civile sara' riconsiderata al termine della presente ordinanza, traendo spunto da una quanto mai pertinente sentenza della Corte costituzionale. In ordine alla non manifesta infondatezza della questione, si rileva che la disposizione dell'art. 87 III comma c.p.p. era del tutto logica e coerente con l'impostazione del giudizio abbreviato data dal codice appena nato, che all'art. 438 c.p.p., in tre brevissimi commi, consentiva all'imputato di chiedere, con il consenso del pubblico ministero, che il processo fosse definito nell'udienza preliminare, e che all'art. 440 c.p.p. stabiliva che su tale richiesta il giudice potesse provvedere favorevolmente, ove ritenesse il processo definibile allo stato degli atti. Gia' dieci anni dopo, pero', la legge 16 dicembre 1999, n. 479, ridisegnava l'istituto, eliminando il consenso del pubblico ministero ed introducendo la facolta' per l'imputato di subordinare la richiesta ad una integrazione probatoria necessaria ai fini della decisione (art. 438 V comma) e la possibilita' per il giudice di assumere anche d'ufficio gli elementi necessari per lo stesso fine (art. 441 V comma c.p.p.). I numerosi interventi del legislatore e della Corte costituzionale succedutisi nel tempo portano, oggi, ad un giudizio abbreviato estremamente diverso e molto piu' composito rispetto a quello in origine previsto; fa specie, dunque, e stride in maniera irragionevole con il sistema nel tempo costruito, la circostanza che il responsabile civile continui ad essere rigidamente escluso una volta che il giudizio abbreviato sia ammesso. E' significativo che la stessa dottrina, nell'interpretare la disposizione, l'avesse ricondotta alle esigenze di celerita' proprie e caratteristiche dell'istituto; ma - si ripete - se cio' poteva valere secondo la formulazione originaria del codice di rito, non puo' piu' valere oggi, quando le possibilita' di integrazione probatoria, di rinnovazione della richiesta sino alla dichiarazione di apertura del dibattimento (come stabilito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 169 del 23 maggio 2003), di revoca da parte dell'imputato dell'originaria richiesta in caso di nuove contestazioni (come disposto dall'art. 441-bis c.p.p.), i numerosi interventi sui rigorosi limiti all'appello previsti dall'art. 443 c.p.p., hanno profondamente modificato l'istituto. Come si e' visto, una delle obiezioni alla questione concerne la posizione della parte civile, nei cui confronti l'Avvocatura dello Stato, nel precedente procedimento tenutosi davanti al Giudice delle leggi, considerava comunque la possibilita' di svolgere l'azione in sede civile e la possibilita' di ottenere la sospensione di quel giudizio fino all'irrevocabilita' della sentenza penale. Ma non puo' non considerarsi che quando - come nel caso in esame - la responsabilita' civile deriva dall'assicurazione obbligatoria prevista dalla legge n. 990/1969, l'assicuratore puo' essere citato nel processo penale anche a richiesta dell'imputato: l'affermazione e' stata svolta dalla stessa Corte Costituzionale con sentenza n. 112 del 16 aprile 1998, con la quale e' stata dichiarata, sul punto, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 83 c.p.p. Rilevava allora la Corte costituzionale: «Se e' fuori discussione la chiamata in garanzia dell'assicuratore da parte dell'assicurato convenuto in un giudizio civile per il risarcimento del danno provocato con la circolazione di autoveicoli sottoposti alle norme della legge per l'assicurazione obbligatoria della responsabilita' civile, diviene fondato domandarsi perche' analogo potere non sia attribuito all'imputato nel processo penale. La posizione del convenuto chiamato a rispondere del proprio fatto illecito in autonomo giudizio civile e quella dell'imputato per il quale, in relazione allo stesso tipo di illecito, vi sia stata costituzione di parte civile del danneggiato nel processo penale sono assolutamente identiche: con la conseguenza che il principio costituzionale di eguaglianza e' violato da un sistema come quello degli articoli 83 e seguenti del codice di procedura penale, per effetto del quale l'assicuratore, quando sia responsabile civile a sensi di legge, puo' entrare nel processo solo in forza di citazione della parte civile (o del pubblico ministero nel caso previsto dall'art. 77, numero 4) o in forza del proprio intervento volontario. Ne' si puo' trascurare di considerare che un sistema nel quale il danneggiato, costituendosi parte civile, diviene il dominus dell'estensione soggettiva degli effetti civili della sentenza penale, oltre ad apparire inadeguato rispetto ai ricordati strumenti di accesso del responsabile civile nel processo penale, risulta ben poco coerente rispetto al modello prefigurato dall'art. 651 del codice di procedura penale in ordine agli effetti di natura extra penale del giudicato penale, potendo tali effetti realizzarsi nei confronti del responsabile civile solo nel caso in cui egli sia stato citato o sia intervenuto volontariamente nel processo penale. Cosi' da comprovare, ancora una volta, l'irrazionalita' di una disciplina legislativa che, deviando - senza alcun plausibile motivo - dallo schema del rapporto processuale civile, priva l'imputato di ogni possibilita' di coinvolgere nella pretesa di danno avanzata dalla parte civile il civilmente responsabile». Alla stregua di queste considerazioni, perfettamente sovrapponibili alla presente vicenda, si ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 87 III comma c.p.p., per contrasto con gli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione e per l'effetto la si rimette alla Corte costituzionale. (1) Il GUP osservava testualmente: che in relazione al reato [di cui all'art. 589 c.p.] la parte civile intende conseguire l'integrale risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniale alla stessa arrecati in conseguenza dei fatti contestati nella richiesta di rinvio a giudizio, gia' notificata alle parti; che pacificamente ammissibile e' la citazione quale responsabile civile di' una societa' di assicurazione, per il caso di contratto stipulato a mente della legge 24 dicembre 1969, n. 990.