Ricorso nell'interesse del Presidente del Consiglio dei ministri,
codice fiscale n. 80188230587, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
Generale  dello  Stato,  codice  fiscale  n.  88224030587,   per   il
ricevimento degli atti Fax 06/96514000 e PEC (Posta Elettr.  Certif.)
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it, presso i cui Uffici si  domicilia
ope legis in Roma, alla via dei Portoghesi n.  12  nei  confronti  di
Provincia Autonoma di Bolzano - Alto Adige, in persona del Presidente
della Giunta Provinciale e legale rappresentante pro tempore, per  la
carica domiciliato in Bolzano, Palazzo 1, piazza Silvius  Magnago  n.
1,  per  la  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale   degli
articoli 8, comma 4, e  12,  comma  2,  della  legge  provinciale  23
ottobre 2014, n. 10, pubblicata nel Bollettino Ufficiale n. 43 del 28
ottobre 2014, recante «Modifiche di leggi provinciali in  materia  di
urbanistica, tutela del paesaggio, foreste, acque pubbliche, energia,
aria, protezione civile e agricoltura», giusta delibera del Consiglio
dei ministri del giorno 24 dicembre 2014. 
    La legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 10/2014,  recante
«Modifiche di leggi provinciali in materia di urbanistica, tutela del
paesaggio, foreste, acque pubbliche, energia, aria, protezione civile
e agricoltura» presenta evidenti profili  di  incostituzionalita'  ed
eccede quindi  dalle  competenze  statutarie,  con  riferimento  alle
disposizioni contenute negli articoli 8, comma 4, e 12,  che  qui  si
impugnano ai sensi dell'art. 127, comma 1, della Costituzione  per  i
motivi di seguito specificati. 
1) Sull'articolo 8, comma 4, della legge provinciale n. 10 del 2014. 
    L'articolo 8, comma 4 della legge provinciale n. 10  del  2014  -
che modifica l'articolo 44, comma 4, della legge provinciale n. 13/97
- introduce vincoli e contingentamenti all'apertura di nuovi esercizi
commerciali,  tali  da  determinare  una  drastica  riduzione   della
possibilita' di esercizio  del  commercio  al  dettaglio  nelle  zone
produttive, ponendosi in contrasto con l'articolo 31,  comma  2,  del
decreto-legge n. 201/2011 (c.d. Salva-Italia), convertito in legge n.
214/2011. 
    Tale disposizione, secondo cui  «costituisce  principio  generale
dell'ordinamento nazionale la liberta' di apertura di nuovi  esercizi
commerciali sul territorio senza contingenti, limiti  territoriali  o
altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla
tutela della  salute,  dei  lavoratori,  dell'ambiente,  ivi  incluso
l'ambiente urbano,  e  dei  beni  culturali»,  e'  espressione  della
potesta' legislativa statale esclusiva in  materia  di  tutela  della
concorrenza (art. 117, comma 2, lett. e) e, come chiarito dalla Corte
Costituzionale nella sentenza n. 38/2013 (punto 2.3  del  Considerato
in diritto) e' «norma in presenza della quale i titoli  competenziali
delle Regioni, anche a statuto speciale, in materia di commercio e di
governo del territorio non sono idonei ad impedire l'esercizio  della
detta competenza statale (ex multis: sentenza n. 299 del 2012,  punto
6.1.  del  Considerato  in  diritto),  che  assume  quindi  carattere
prevalente». 
    Difatti, ai sensi dell'art. 8 dello Statuto di autonomia (decreto
del Presidente della Repubblica  31  agosto  1972,  n.  670,  recante
«Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali  concernenti
lo statuto speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige»),  la  competenza
primaria della Provincia  in  tema  di  tutela  e  conservazione  del
patrimonio storico, artistico e  popolare,  di  urbanistica  e  piani
regolatori, nonche'  di  tutela  del  paesaggio,  va  esercitata  «in
armonia con la Costituzione e i principi  dell'ordinamento  giuridico
della Repubblica e con il rispetto degli  obblighi  internazionali  e
degli interessi nazionali  (...)  nonche'  delle  norme  fondamentali
delle riforme economico-sociali della Repubblica». 
    In particolare, la disposizione censurata consente  il  commercio
al  dettaglio  soltanto  in  zone   appositamente   individuate   con
regolamento di esecuzione della Giunta provinciale,  nonche'  con  un
piano di attuazione che ne rechera' l'apposita disciplina (cfr. commi
1, 2 e 3, art. 44, l.p. 13/1997, come modificato  dalla  disposizione
in discorso). 
    In dette zone «puo' essere destinato ad attivita' di  prestazione
di servizi e/o di commercio al dettaglio complessivamente il  25  per
cento della cubatura ammissibile della zona,  rispettivamente  il  40
per cento nei comuni  con  piu'  di  30.000  abitanti.  Il  piano  di
attuazione  puo'  prevedere   una   percentuale   inferiore   o   una
concentrazione della quota disponibile su singoli lotti». 
    In sede  di  prima  applicazione  di  dette  percentuali,  «visto
l'elevato grado di utilizzo per le attivita' diverse dal commercio al
dettaglio nelle zone per insediamenti produttivi esistenti», la norma
prescrive  che  almeno  il  90%  sia  riservato  alle  attivita'   di
prestazione di servizi. 
    Tale percentuale e' soggetta a verifica e  a  eventuale  modifica
entro 12 mesi dall'entrata in vigore della nuova norma.  In  esito  a
detta verifica, il limite  del  90%  previsto  per  le  attivita'  di
prestazione di servizi puo' essere abbassato sino al 75%. 
    La destinazione  ad  attivita'  di  prestazione  di  servizi  e/o
commercio al dettaglio del 25% della cubatura ammissibile della  zona
(del  40%  nei  comuni  con   piu'   di   30.000   abitanti)   appare
discriminatoria e sproporzionata, nella misura in cui solo il 10  per
cento  (di  questo  25  per  cento)  e'  riservato  all'attivita'  di
commercio al  dettaglio,  in  considerazione  dell'elevato  grado  di
utilizzo per le attivita' diverse dal commercio  al  dettaglio  nelle
zone per insediamenti produttivi esistenti. 
    La ripartizione della cubatura complessiva ammissibile  per  zona
tra attivita' di commercio  al  dettaglio  e  servizi  operata  dalla
disposizione  impugnata  non  appare  giustificata  da  alcuno  degli
interessi  generali  indicati  dall'articolo   31,   comma   2,   del
decreto-legge  c.d.  Salva-Italia,  ne'   da   esigenze   di   tutela
dell'ambiente e dell'ambiente urbano,  nonche'  di  salvaguardia  del
territorio  montano  e  di  contenimento  del  consumo  di  suolo,  a
differenza di quanto indicato tra i fini dell'art. 44, comma 4, della
legge provinciale n. 13/1997. 
    La circostanza per cui vi sia «un elevato grado di  utilizzo  per
attivita'  diverse  dal  commercio  al  dettaglio  nelle   zone   per
insediamenti produttivi esistenti» discende da un  assetto  normativo
volto  a  restringere  l'attivita'  di  commercio  al  dettaglio  nel
territorio  della  Provincia,  come   dimostrato   dalla   disciplina
introdotta con l'art. 5 della legge provinciale n. 7/2012, dichiarato
illegittimo costituzionalmente  dalla  Corte  Costituzionale  con  la
sentenza n. 38/2013. 
    La  disposizione   censurata,   inoltre,   prevede   che   «nella
determinazione della quota disponibile per il commercio al  dettaglio
si tiene conto anche  delle  attivita'  gia'  esistenti  in  base  al
previgente art. 44-ter, comma 3» e che le disposizioni dell'art.  44,
comma 4, l.p. 13/97 si applicano anche alle strutture di vendita che,
alla  data  di  entrata  in  vigore  della  legge,  sono  gia'  state
autorizzate o hanno legittimamente  iniziato  la  propria  attivita',
«qualora intendano destinare la propria superficie di vendita a merci
diverse da quelle ammesse nelle zone produttive  ai  sensi  dell'art.
44-ter,  comma  3,  come  definite  dalla   delibera   della   Giunta
provinciale n. 1895 del 9 dicembre 2012». 
    L'applicazione dei limiti di cubatura ammissibile alle  strutture
di vendita gia' esistenti che intendano vendere merci diverse, appare
restringere ulteriormente la possibilita' di ingresso nel mercato  di
cui trattasi, in contrasto con l'articolo 31, comma  2,  del  decreto
legge n. 201/2011. 
    Inoltre, la disposizione  introduce  un  consistente  vincolo  al
libero svolgimento dell'attivita' di  commercio  al  dettaglio  nelle
zone produttive, in quanto opera una sorta  di  «congelamento»  delle
attivita' in corso, andando ad incidere sulle prospettive di sviluppo
delle imprese commerciali, che trovano un limite alla possibilita' di
adeguare le proprie aziende alle esigenze del mercato. 
    La  disposizione  censurata,  infine,  ammette  nelle  zone   per
insediamenti produttivi il commercio al dettaglio  senza  limitazioni
di  superficie  per  le  merci  che,  per  volume  e  ingombro,   per
difficolta' connesse alla loro movimentazione,  nonche'  a  causa  di
eventuali limitazioni al traffico,  non  possono  essere  offerte  in
misura sufficiente a soddisfare la richiesta ed il  fabbisogno  nelle
zone residenziali (cfr. comma 5, art. 44, l.p. 13/1997). 
    La disposizione sostanzialmente riproduce l'articolo 5, comma  2,
della  legge  provinciale  n.  7/2012,  dichiarato  illegittimo   con
sentenza n. 38/2013,  gia' reiterato  dalla  Provincia  con  l.p.  n.
3/2013 e, di nuovo, oggetto di impugnativa da parte  dello  Stato  ai
sensi dell'articolo 127 della Costituzione. 
2) Sull'art. 12, comma 2, della legge provinciale n. 10 del 2014. 
    L'articolo 12, comma 2 - nel sostituire il comma 1  dell'articolo
14 della legge provinciale  21  ottobre  1996,  n.  21  e  successive
modifiche - dispone, tra l'altro,  che  la  decisione  dell'autorita'
forestale in ordine al  taglio  del  legname  sostituisce  «qualsiasi
altra autorizzazione prevista dalla legge provinciale 25 luglio 1970,
n. 16» («Tutela del paesaggio»). Poiche' gli articoli  8  e  9  della
1.p, 16/1970 disciplinano l'autorizzazione paesaggistica, per effetto
della disposizione impugnata la  decisione  dell'autorita'  forestale
sostituisce anche l'autorizzazione paesaggistica, ove richiesta. 
    Dal tenore letterale della norma  si  evince,  quindi,  che  tale
disposizione  si  applica  anche  a  ipotesi  diverse  da  quelle  di
esclusione dell'autorizzazione paesaggistica previste dall'art.  149,
decreto legislativo n. 42/2004 e in particolare, ai terreni  boschivi
protetti da vincolo paesaggistico. 
    Pertanto, la norma contrasta con l'art. 117, comma 2 lettera  s),
della Costituzione, e con l'art. 142, comma 1,  lettera  g),  decreto
legislativo n. 42/2004 - che  sottopone  a  vincolo  paesaggistico  i
territori coperti da foreste e da boschi, come definiti dall'articolo
2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18  maggio  2001,  n.  227  -
nonche' con l'art. 146, decreto legislativo n. 42/2004,  che  prevede
l'autorizzazione  paesaggistica  per  i  beni  soggetti   a   vincolo
paesaggistico. 
    Le disposizioni nazionali appena richiamate  vincolano  anche  la
Provincia autonoma di Bolzano che, ai sensi dell'art. 8 dello Statuto
di autonomia (decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972,
n.  670,  recante  «Approvazione  del   testo   unico   delle   leggi
costituzionali concernenti lo statuto speciale per  il  Trentino-Alto
Adige»), ha competenza primaria in tema di tutela e conservazione del
patrimonio storico, artistico e  popolare,  di  urbanistica  e  piani
regolatori,  nonche'  di  tutela  del  paesaggio.  Tale   competenza,
infatti, va esercitata «in armonia con la Costituzione e  i  principi
dell'ordinamento giuridico della Repubblica e con il  rispetto  degli
obblighi internazionali e degli  interessi  nazionali  (...)  nonche'
delle  norme  fondamentali  delle  riforme  economico-sociali   della
Repubblica». 
    Tra queste ultime, devono essere ricompresi l'art. 142, comma  1,
lettera g) e l'art.  146  del  decreto  legislativo  n.  42/2004,  in
quanto,   come   chiarito   dalla    giurisprudenza    della    Corte
costituzionale, si tratta di norme volte a stabilire standard  minimi
di tutela del paesaggio valevoli su tutto  il  territorio  nazionale,
sussistendo esigenze di  uniformita'  della  disciplina  in  tema  di
autorizzazione paesaggistica (Corte costituzionale, sentenze  n.  164
del 2009, n. 101 del 2010 e n. 164  del  2012;  sul  punto  anche  la
sentenza  n.  238   del   2013,   con   cui   e'   stata   dichiarata
l'illegittimita' costituzionale di alcune  disposizioni  della  legge
regionale n. 27/2012 della Valle d'Aosta, che  ampliavano  il  numero
degli interventi per  i  quali  non  era  richiesta  l'autorizzazione
paesaggistica,  in  quanto  tali  interventi  non  rientravano  nella
tipologia stabilita  dal  legislatore  statale  con  l'art.  149  del
Codice. 
    In quest'ultima pronuncia la  Corte  costituzionale  ha  ribadito
«che il legislatore statale,  tramite  l'emanazione  di  tali  norme,
conserva il potere... di vincolare la potesta'  legislativa  primaria
delle Regioni a statuto speciale, cosi' che  le  norme  qualificabili
come «riforme  economico-sociali»  si  impongono  al  legislatore  di
queste ultime»). 
    Donde la illegittimita' costituzionale anche dell'art.  12  della
legge provinciale impugnata. 
    Da quanto sin  qui  argomentato  e  dedotto  affiora  la  patente
incostituzionalita' delle norme denunciate, onde