CORTE D'APPELLO DI FIRENZE Sezione seconda civile La Consigliera Carla Santese, designata ai sensi dell'art. 3 comma 4 legge n. 89/01 con provvedimento in data 10 aprile 2014 nel procedimento iscritto a ruolo il 19 marzo 2014 al n. 159/14 V.G. Promosso da Matta Gian Paolo, Sticco Domenico, Ballarin Pietro, Conte Raffaele, Mangiola Nunzio e Castronuovo Gennaro, tutti elettivamente domiciliati in Firenze, via XX Settembre n. 60, presso lo studio dell'Avv. Andrea Ghelli, rappresentati e difesi dagli Avv.ti Salvatore Coronas ed Umberto Coronas in forza di procura speciale in calce al ricorso ex art. 3 legge n. 89/2001, Ricorrenti; Contro Ministero della Giustizia. Ha emesso la seguente ordinanza Rilevato che: la parte istante ha chiesto equa riparazione ex art. 2 della L. 24 marzo 2001 per violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali firmata il 4 novembre 1950, per non essere stato rispettato il termine ragionevole di cui all'ad. 6 paragrafo 1 della Convenzione stessa; l'istanza di equa riparazione e' stata avanzata in relazione ad altro ricorso per equa riparazione proposto dapprima alla Corte di Appello di Roma con ricorso n. 6837/08 r.g.v.g. del 23.5.2008 e, successivamente, a seguito dell'emissione del decreto di incompetenza del 20.92010, riassunto innanzi alla Corte di Appello di Perugia con ricorso depositato in data 26.10.2010 ed iscritto al n. 4032/10 r.g.v.g., definito da detta Corte con decreto di accoglimento n. 426/13, emesso in data 12.3.2013 e depositato in data 12.3.2013; avverso detto decreto non e' stato proposto ricorso per cassazione; a fondamento dell'istanza, i ricorrenti hanno dedotto l'irragionevole durata del giudizio di equa riparazione svoltosi presso le Corti di Appello di Roma e di Perugia (quattro anni, otto mesi e 15 giorni), ritenendo che la durata "ragionevole" di un procedimento instaurato ai sensi della c.d. Legge Pinto non avrebbe dovuto eccedere il termine di "due anni" per la durata complessiva nei due gradi presso la Corte di Appello e in Cassazione; i ricorrenti, precisando che, nel caso in esame (procedimento che si era articolato in un solo grado di giudizio), poteva considerarsi "ragionevole" un lasso di tempo di circa 12 mesi, ha dedotto una protrazione "irragionevole" dello stesso pari a 3 anni ed 8 mesi, chiedendo, di conseguenza, il pagamento a loro favore della somma di euro 3.250,00 ovvero altro importo maggiore o minore ritenuto di giustizia e liquidato in via equitativa a titolo di equa riparazione, nonche', in subordine, la rimessione degli atti alla Corte costituzionale per contrasto dell'art. 2 comma 2-ter della Legge 89/2001 con l'art. 117 Cost e con l'art. 6 par.1 CEDU nonche' con gli artt. 111 comma 2 , 3 comma 1 e 10 Cost, rilevando che l'art. 2, comma 2-ter, della citata legge n. 89 (introdotto dal D.L. 83/12 conv. in legge 134/12), considera comunque rispettato il termine ragionevole se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo «non superiore a sei anni»; a quest'ultimo riguardo, i ricorrenti, ritenendo che tale criterio si ponga in contrasto con la giurisprudenza della CEDU e della Corte di Cassazione, formatasi anteriormente all'entrata in vigore del D.L. 83/12 (che ha ravvisato in soli "due anni" il termine ragionevole per i procedimenti ex lege n. 89), hanno sostenuto che tale interpretazione debba sopravvivere anche alla "novella" del 2012, in quanto ogni diversa interpretazione contrasterebbe con gli artt. 117 e 111 Cost, e con il principio del "giusto processo" ivi stabilito, per contrasto con l'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali ed hanno ricordato che questa stessa Corte, adita in analogo giudizio (r.g.v.g. n. 17672013), aveva gia' sollevato questione di legittimita' costituzionale, evidenziando la possibilita' di sollevare la prospettata questione di costituzionalita' anche in sede monitoria (Corte Cost 30 aprile 2008 n. 128); Atteso che: il comma 2-ter dell'art. 2 della legge n. 89/2001, stabilisce che " si considera comunque rispettato il termine ragionevole, se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni"; l'osservanza di tale termine sessennale rende, quindi, irrilevante il superamento dei tempi di ciascuna singola fase (di cui all'art. 2, comma 2-bis) e si applica ad ogni procedimento civile; Ritenuto che: risulta non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della normativa applicabile al caso di specie, perche' l'individuazione del principio costituzionale della "ragionevole durata" di cui all'art. 111 secondo comma Cost. deve essere correlata alla "natura" del procedimento e la sua durata " ragionevole" deve essere vagliata in ragione della sua maggiore o minore complessita'; in relazione ad un procedimento per equa riparazione, la previsione di una "ragionevole" durata di "sei anni" puo' risultare lesiva sia dell'art. 111 secondo comma Cost,, che dell'art. 117 primo comma, per violazione degli obblighi internazionali derivanti all'Italia dall'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (V. sentenze Corte Cost. n. 348/2007 e 349/2007), che stabilisce l'analogo principio del "termine ragionevole", oltre che dell'art. 3 comma 1 Cost per uniforme trattamento di situazioni diverse. deve, infatti, tenersi presente che: a) il procedimento di cui alla L.89/2001 consta della mera produzione di atti processuali; b) non era e non e' previsto un doppio grado di merito; c) lo stesso ha la finalita' di indennizzare la violazione di un diritto fondamentale leso proprio dalla "irragionevole" durata; nell'ambito di una lettura sistematica dell'art. 2 e ponendo in correlazione il comma 2-ter (della cui legittimita' costituzionale si dubita) con il comma 2, deve osservarsi che tale precedente statuizione fa riferimento alla "complessita' del caso" (inesistente in queste ipotesi in cui il procedimento ha natura meramente "documentale") e che proprio il D.L. 83/12 conv. nella L. 134, ha fissato un termine estremamente contenuto (trenta giorni) per l'emissione del decreto nella fase "monitoria" (art. 3 c. 4 legge 89 come modificata), mantenendo il termine di quattro mesi per la eventuale fase di opposizione (art. 5-ter comma 5), con cio' palesando che di per se' la durata di un procedimento di cui alla e.d, Legge Pinto deve essere di assai breve durata; come, inoltre, ritenuto anche dalla precedente ordinanza di questa Corte, con cui e' stata sollevata l'analoga questione di legittimita' costituzionale, nemmeno potrebbe dirsi irrilevante un'insufficiente riparazione ai sensi della legge 89/01, ai fini della lesione dei diritti costituzionalmente garantiti sopra richiamati, solo perche' esiste la possibilita' di ottenere una "equa soddisfazione" dalla CEDU, ai sensi dell'ad. 41 della Convenzione citata, anche oltre i rimedi apprestati dall'ordinamento interno, in quanto, da un lato, la mancata sanzione (anche se solo sul piano dell'ordinamento interno) del superamento della ragionevole durata di determinati procedimenti, una volta che sia invece previsto, in via generale, uno strumento volto ad indennizzare tale superamento, indebolisce la tutela del diritto in relazione a quegli specifici procedimenti e, dall'altro, la necessita' di adire la CEDU rappresenta un onere ben maggiore di quello rappresentato dal ricorso al giudice nazionale, per cui la differente tutela (conseguente all'incongrua equiparazione delle "durate ragionevoli" di procedimenti diversi nella loro natura) integrerebbe comunque una disparita' di trattamento irragionevole; a riprova della necessita' di un ricorso davanti al Giudice nazionale, si deve anche menzionare l'art. 13 della Convenzione citata " Diritto a un ricorso effettivo" che testualmente stabilisce che: "Ogni persona i cui diritti e le cui liberta' riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davanti a un'istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell'esercizio delle loro finzioni ufficiali"; la questione si ritiene pertanto "rilevante", posto che, ove si dovesse ritenere conforme a Costituzione e, conseguentemente, applicare la normativa vigente, il ricorso dovrebbe essere immediatamente rigettato, stante la previsione di cui all'art. 2 comma 2-ter relativa al termine di " sei anni", mentre, se fosse accolta la questione di legittimita' costituzionale, l'invocato decreto ingiuntivo potrebbe essere concesso; la questione deve investire l'art. 2 comma 2-ter della legge n. 89, nella parte in cui si applica anche ai procedimenti previsti dalla stessa legge n. 89 e, dunque, riguardare il termine di " sei anni" complessivo del procedimento, ma va estesa anche ai termini di cui al comma 2-bis (tre anni per il primo grado, e un anno per il giudizio di legittimita': manca nella fattispecie un secondo grado di merito), che si renderebbero applicabili in mancanza del predetto termine complessivo; anche tali termini, che nel caso specifico sommano complessivamente a quattro anni, risulterebbero infatti notevolmente superiori al termine complessivo di due anni individuato dalla citata giurisprudenza come limite di ragionevole durata di un procedimento per equa riparazione.