IL TRIBUNALE DI MILANO Sezione specializzata in materia di impresa Nella persona del giudice Guido Vannicelli ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile di I° grado iscritta al n. 18936/2012 R.g. promossa da Marco Milana (c.f.MLNMRC76A05F205B), Nunzio Antonio Mentino (c.f. MNTNZNC54C09I293K), Daniela Baldan (C.F. BLDDNL57L57L41L736), Maria Scipioni (C.F. SCPMRA55M60H501W), Domenico Canale (C.F. CNLDNC45S11B403N) e Giuseppe Viterale (C.F. VTRGPP61M11H485D), elettivamente domiciliati in Milano, via della Commenda 35, presso il procuratore e difensore avv. Marcello Pistilli attori; contro Banca d'Italia (C.F. 00997670583), rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco Mancini, Adriana Pavesi e Giovanni Lupi ed elettivamente domiciliata presso la sede dell'Istituto in Milano, via Cordusio 5 convenuta; e nei confronti di Ministero dell'economia e delle finanze (C.F. 80207790587), rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Distrettuale di Stato di Milano, via Freguglia 1 terzo chiamato 1. Marco Milana, Nunzio Antonio Mentino, Daniela Baldan, Maria Scipioni, Domenico Canale, Giuseppe Viterale hanno convenuto in giudizio la Banca d'Italia per sentirla condannare al pagamento di € 27.543,67, quale controvalore delle banconote in lire presentate per la conversione in euro entro il termine del 28 febbraio 2012. A sostegno della propria domanda gli attori hanno allegato di essersi recati presso varie filiali della Banca d'Italia, obbligate ai sensi dell'art. 87 L. 289/2002 ad effettuare la conversione da lire in euro di tutte le banconote fuori corso legale presentate entro il termine del 28 febbraio 2012 ma di avere ottenuto un diniego, giustificato in base all'art. 26 del D.L. 6 dicembre 2011 n. 121, pubblicato nella G.U. del 6 dicembre 2011 e convertito nella L. 22 dicembre 2011, n. 201, a tenore del quale "in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 3, commi 1 ed 1 bis, della legge 7 aprile 1997, n. 96, e all'articolo 52-ter, commi 1 ed 1 bis, del decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213, le banconote, i biglietti e le monete in lire ancora in circolazione si prescrivono a favore dell'Erario con decorrenza immediata ed il relativo controvalore e' versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato". 1).1 Gli attori hanno preliminarmente lamentato l'illegittimita' costituzionale del citato art. 26 del. D.L. 201/2011, sostenendo che tale disposizione viola il principio del legittimo affidamento e il principio di certezza giuridica desumibili dagli artt. 3 e 24 Cost., laddove introduce - in contrasto con essi e sostituendo il termine prescrizionale del 28 febbraio 2012 originariamente previsto dall'art. 87 della L. 289/2002 (1) - l'immediata estinzione del diritto dei detentori di banconote e monete in Lire di convertire presso le filiali della Banca d'Italia la valuta ormai fuori corso. 1).2 In tesi attorea, Part. 26 del D.L. 201/2011 violerebbe anche gli artt. 2, 24 e 117, comma 1 Cost., con riferimento agli artt. 17, 36, 38 e 54, nonche' l'art. 1 del Protocollo n. 1 CEDU, cosi' come. interpretato dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. In particolare, l'art. 1 del Protocollo addizionale CEDU contempla un equo contemperamento fra le esigenze di tutela dell'interesse pubblico e le istanze di protezione dei diritti individuali fondamentali; tale per cui, a parere della Corte EDU, ciascuno Stato aderente gode si' di un certo margine di discrezionalita' nella scelta degli strumenti di attuazione dei provvedimenti ma l'interesse pubblico, che costituisce lo scopo ultimo del legislatore, non puo' essere perseguito in base a scelte prive di ragionevole fondamento. 1).3 Da ultimo - secondo gli attori - si ravviserebbe anche la violazione degli artt. 3 e 97 Cost. nella parte in cui non e' stato previsto alcun termine di vacatio legis, ma la decorrenza dell'effetto legale estintivo del diritto alla conversione e' stata immediata ed istantanea. In via principale, parte attrice ha lamentato l'inadempimento dell'obbligazione ex lege da parte di Banca d'Italia che si era rifiutata di convertire le monete e le banconote in Lire, nonostante le richieste degli attori fossero intervenute entro il 28 febbraio 2012, termine previsto dall'art. 87 della L. 289/2002. Sulla base di tale inadempimento ha chiesto il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, oltre alla condanna della convenuta al pagamento di € 27.543,67 quale controvalore della valuta presentata per la conversione. 2. Ai fini della miglior comprensione dei termini della controversia e della rilevanza, per la sua risoluzione, del sindacato che si richiede a codesta Alta Corte in ordine alla legittimita' costituzionale dell'art. 26 del D.L. 6 dicembre 2011 n. 121, si procede di seguito a ritrascrivere parzialmente la motivazione e - interamente - il dispositivo della sentenza emessa da questo Tribunale in data odierna: " (...) Gli attori hanno quindi lamentato, in via principale, l'inadempimento da parte della Banca d'Italia dell'obbligazione su di essa incombente ex lege di convertire in euro correnti le monete e le banconote in Lire ancora in circolazione, nonostante le richieste degli attori fossero intervenute entro il termine a tal fine previsto dall'art. 87 della L. 289/2002. Hanno percio' chiesto la condanna dell'Istituto di emissione sia al pagamento di € 27.543,67 quale controvalore della valuta presentata per la conversione, sia al risarcimento del danno - patrimoniale e non - arrecato loro da tale inadempimento. B. La Banca d'Italia ha eccepito in via pregiudiziale: a) la carenza di giurisdizione del giudice ordinario a favore della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; b) il proprio difetto di legittimazione passiva, dovendosi ritenere per contro legittimato il Ministero dell'economia e delle finanze. In subordine, ha contestato nel merito la fondatezza delle domande di parte attrice per essersi essa limitata ad adempiere ad obblighi impostile ex lege; onde ha concluso per il loro rigetto e chiesto la chiamata in causa del terzo Ministero dell'economia e delle finanze per essere da esso manlevato in caso di condanna. C. Il terzo chiamato s'e' costituito associandosi all'eccezione pregiudiziale di difetto di giurisdizione del giudice ordinario; e contestando nel merito la fondatezza sia delle domande attoree che della domanda di manleva svolta nei suoi confronti dalla convenuta. D. All'esito delle memorie ex art. 183 comma 6° c.p.c. il giudice istruttore ha ritenuto la causa matura per la decisione. All'udienza dei 28 febbraio 2014 le parti hanno precisato le conclusioni richiamando quelle articolate negli atti introduttivi e la causa, spirati il 22 aprile 2014 i termini ex art. 190 c.p.c., e' passata in decisione. E. La convenuta ha eccepito il difetto di giurisdizione a favore della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in base al combinato disposto degli artt. 133, lett. v) C.P.A. e 81 del D.P.R. n. 398/2003, in quanto i biglietti e le monete fuori corso legale non piu' convertibili - integrando un credito al portatore assimilabile al credito portato dai titoli del debito pubblico prescritti - rientrerebbero "tra le controversie sul debito pubblico". Ritiene in proposito il Tribunale di dover invece condividere la diversa qualificazione della fattispecie offerta dagli attori, allorche' hanno sottolineato come il "debito pubblico" sia costituito dalle passivita' delle amministrazioni pubbliche riconducibili (secondo la definizione rinvenibile nel SEC 95) a "biglietti, monete e depositi, titoli a breve termine nonche' altri crediti a medio e lungo termine"; mentre i biglietti e le monete fuori corso legale non costituiscono debito pubblico, in quanto inserite nel bilancio d'esercizio dell'anno 2003 della Banca d'Italia sotto la voce "altre passivita'" (2) . Ne consegue, coerentemente, l'esclusione dalle controversie in materia di "debito pubblico" devolute alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo della fattispecie per cui e' causa. F. La Banca d'Italia ha altresi' eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva in quanto i fondi corrispondenti alle lire non convertite, stante l'anticipazione della prescrizione, sono confluiti nel Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato senza in alcun modo tramutarsi per esso in utili. Premesso che gli attori, richiamando tal quali le domande contenute in citazione, non hanno inteso estenderle all'amministrazione dello Stato terza chiamata, rileva il Tribunale che l'art. 87 L. 289/2002 ha conferito alla Banca d'Italia un vero e proprio mandato ex lege. Cio' ha comportato per la stessa, quale mandataria del Ministero dell'economia e delle finanze, la titolarita' sotto il lato passivo di un autonomo obbligo di effettuare la conversione in euro delle vecchie lire e trasferire ai terzi l'importo convertito; a nulla rilevando nel rapporto con i presentatori dei biglietti di banca fuori corso legale il fatto che il beneficiario delle Somme derivanti dalle monete non convertite fosse il M.E.F., atteso anche che il corrispondente valore nominale e' stato definitivamente collocato a garanzia del Fondo ammortamento dei titoli di Stato. G. Cio' precisato in via pregiudiziale, Ritiene questo Giudice che il merito della domanda non possa essere affrontato senza preliminarmente risolvere la questione di costituzionalita' sollevata dagli attori in relazione all'art. 26 del D.L. 6 dicembre 2011 n. 121, pubblicato nella G. U. del 6 dicembre 2011 e' convertito nella L. 22 dicembre 2011, n. 201. Trattandosi, come si andra' ad esporre in separata ordinanza, di dubbio di legittimita' costituzionale non manifestamente infondato, il Tribunale non puo' esimersi dal sollevare la questione innanzi alla Corte Costituzionale, organo deputato in via esclusiva al sindacato di costituzionalita' delle leggi; sospendendo il giudizio in attesa del responso del Giudice delle Leggi. (1) Secondo cui, peraltro, «ove l'andamento delle conversioni eccedesse quello stimato, la Banca procedera' al regolamento del relativo importo con addebito nei confronti dell'erario.» (2) Doc. 10 parte attrice.