IL TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA DI TRENTO (Sezione Unica) Ha pronunciato la presente Ordinanza Nel giudizio introdotto con il ricorso n. 212/2014, proposto dall'Associazione protezione animali natura - ente provinciale protezione animali e ambiente (P.A.N. - E.P.P.A.A.) e dalla Lega italiana protezione uccelli - Onlus (L.i.p.u.), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avv. F.S. Dalba, con domicilio presso il T.R.G.A. - sede di Trento ex art. 25 c.p.a.; Contro la Provincia autonoma di Trento in persona del presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Pedrazzoli, Cattoni e Dalla Serra, con domicilio eletto presso l'Avvocatura provinciale in Trento, piazza Dante 15; Nei confronti di l'Associazione cacciatori trentini, in persona del legale rappresentante pro tempore, assistita e difesa dall'avv. F. M. Bonazza, con domicilio eletto presso il suo studio in Trento, piazza Mosna 8; Per l'annullamento Della deliberazione 16 aprile 2014, n. 647, del Comitato faunistico provinciale della Provincia autonoma di Trento, avente a oggetto «Art. 29, commi 7 e 9, l.p. 24/1991 e s.m. - Approvazione del testo definitivo delle prescrizioni tecniche per l'esercizio della caccia in Provincia di Trento nella stagione 2014-2015», comprensiva delle allegate prescrizioni tecniche, pubblicata all'albo provinciale sino al 30 aprile 2014; Di ogni altro atto presupposto, premesso, successivo, connesso o consequenziale. Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia autonoma di Trento e dell'Associazione cacciatori trentini; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2014 il cons. avv. A. Gabbricci e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. 1.1. L'art. 29 della l.p. 9 dicembre 1991, n. 24, intitolato alle specie cacciabili e ai periodi di caccia, fissa al I comma il principio per cui «e' vietato abbattere, catturare, detenere o commerciare qualsiasi specie di mammiferi e uccelli appartenenti alla fauna selvatica», salvo «quanto previsto dalla presente legge», e cosi' dalle disposizioni di cui al II comma, il quale elenca dettagliatamente le specie cacciabili con i relativi periodi di caccia, mentre il IV comma specifica i giorni settimanali e gli orari della caccia. 1.2. Il seguente VII comma, poi, dispone che il comitato faunistico provinciale - sentiti l'Osservatorio faunistico, l'Istituto nazionale per la fauna selvatica e l'ente gestore, che si esprime nel termine di quindici giorni dalla richiesta - delibera, tra l'altro, «il numero massimo di capi da abbattere per ciascun cacciatore e per ciascuna giornata di caccia per i prelievi di selvaggina non disciplinati dai programmi di prelievo», di cui al precedente art. 28: in difetto di tali deliberazioni, «il singolo cacciatore non puo' abbattere per ciascuna specie piu' di due capi per giornata di caccia». Inoltre (IX comma), il comitato faunistico provinciale puo' deliberare annualmente: «a) limitazioni rispetto ai periodi, alle giornate di caccia ed alle specie cacciabili previsti dalla presente legge, tenuto conto in particolare delle fasi biologiche che caratterizzano le varie specie; b) la disciplina della caccia da appostamento alla selvaggina migratoria, nel periodo compreso tra il 1° ottobre e il 30 novembre, anche in deroga al limite delle tre giornate di caccia settimanali di cui al comma, 4, fermo restando il silenzio venatorio nei giorni di martedi' e venerdi'; c) ogni altra eventuale prescrizione riguardante l'esercizio della caccia». 2.1. L'Associazione protezione animali natura - ente provinciale protezione animali e ambiente (P.A.N. - E.P.P.A.A.) e la Lega italiana protezione uccelli - Onlus (L.i.p.u.) hanno impugnato, con il ricorso in epigrafe, la deliberazione 16 aprile 2014, n. 647, del Comitato faunistico provinciale di Trento, con cui e' stato approvato il testo definitivo delle prescrizioni tecniche per l'esercizio della caccia nel territorio provinciale, durante la stagione 2014-2015, ex art. 29, commi VII e IX cit., sollevando anche, con l'impugnazione di alcune specifiche previsioni, tre distinti questioni di costituzionalita', riguardanti le norme su cui queste si fondano. 2.2.1. La disamina della prima questione di costituzionalita' proposta impone, anzitutto, di ricordare che, ex art. 29, II comma cit., si possono cacciare, «sulla base dei programmi di prelievo selettivi previsti dall'art. 28, distinti per sesso e per classi di eta'», il capriolo e il cervo dal 1° maggio al 30 giugno, e dalla prima domenica di settembre al 31 dicembre, nonche' il camoscio e muflone nell'intervallo tra il 16 agosto e il 15 dicembre; in mancanza di tali programmi la caccia a tali specie «e' consentita dal 1° ottobre al 30 novembre» (comma 2-bis). L'art. 28 della stessa l.p. n. 24/1991 dispone poi, in termini generali, che, sulla base delle indicazioni contenute nel piano faunistico o, in mancanza dello stesso, delle indicazioni fornite dall'Osservatorio faunistico provinciale, «sono condotti censimenti faunistici e sono predisposti programmi di prelievo riferiti alle specie previste dal piano medesimo». 2.2.2. Orbene, l'art. 1 delle prescrizioni tecniche 2014/2015, intitolato ai periodi di caccia, stabilisce - essendo appunto tali specie sottoposte a prelievi selettivi - per il cervo e il capriolo un periodo di caccia primaverile - estiva dal 1° maggio al 30 giugno, e uno di caccia autunnale compreso tra il 7 settembre e il 31 dicembre, con alcune distinzioni qui irrilevanti; per il camoscio e il muflone l'intervallo va dal 16 agosto al 15 dicembre. 2.2.3. Si tratta, pertanto, di periodi di durata variabile tra i cento e i centoventi giorni circa, e che superano, pertanto, il limite di sessantuno. giorni che, ad avviso dei ricorrenti, sarebbe stabilito per tali specie nel resto d'Italia, ex art. 18, II comma, della l. 11 febbraio 1992, n. 157. 2.2.4. Tali periodi, riconoscono i ricorrenti, sono bensi' conformi all'art. 29, II comma, cit.; ma, essi soggiungono, la Corte costituzionale, con la sentenza 4 luglio 2003, n. 227, aveva gia' dichiarato incostituzionali i commi 2, 4, 7 e 9 dello stesso art. 29, nel testo allora vigente, dove questo prevedeva specie cacciabili diverse e periodi venatori piu' ampi di quelli previsti dall'art. 18 cit. 2.2.5. Peraltro, come gli stessi ricorrenti ammettono, e' in seguito intervenuto l'art. 11-quaterdecies, V comma, del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito in l. 2 dicembre 2005, n. 248, per il quale «Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentito il parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica o, se istituiti, degli istituti regionali, possono, sulla base di adeguati piani di abbattimento selettivi, distinti per sesso e classi di eta', regolamentare il prelievo di selezione degli ungulati appartenenti alle specie cacciabili anche al di fuori dei periodi e degli orari di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157». 2.3. Secondo quanto e' dato comprendere - le argomentazioni dei ricorrenti, osservano solo parzialmente l'obbligo di chiarezza e sinteticita', di cui all'art. 3, II comma, c.p.a. - tale previsione sarebbe incostituzionale, e lo sarebbero egualmente le disposizioni sulla caccia agli ungulati di cui all'art. 29, II comma, cit. L'una e le altre, infatti, si porrebbero in contrasto con le puntuali disposizioni di cui all'art. 18 della l. n. 157/1992, le quali stabilirebbero livelli minimi e uniformi, in materia di ambiente, secondo il disposto di cui all'art. 117, II comma, lettera s), su tutto il territorio nazionale, come tali non derogabili dalle leggi provinciali: si violerebbero appunto tali livelli, ammettendo la caccia con piano di abbattimento per un periodo piu' lungo rispetto a quello consentito a livello nazionale. 2.4.1. La questione di costituzionalita' cosi' proposta e', tuttavia, manifestamente infondata. Invero, l'art. 117, II comma, stabilisce che lo Stato ha legislazione esclusiva nelle materie elencate: tra queste, ex lettera s), la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. 2.4.2. Ora, non e' revocabile in dubbio che «La potesta' di disciplinare l'ambiente nella sua interezza e' stata affidata, in riferimento al riparto delle competenze tra Stato e regioni, in via esclusiva allo Stato, dall'art. 117 comma 2, lettera s) Cost., e percio', pur se l'ambiente costituisce una materia trasversale, e cioe' una materia nella quale insistono interessi diversi - quello alla conservazione dell'ambiente e quelli inerenti alle sue utilizzazioni -, la disciplina unitaria del bene complessivo ambiente, rimessa in via esclusiva allo Stato, prevale su quella dettata dalle regioni o dalle province autonome, in materie di competenza propria, ed in riferimento ad altri interessi, operando come un limite alla disciplina regionale o provinciale che non puo' in alcun modo derogare o peggiorare il livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato» (C. cost. 14 novembre 2007, n. 378). 2.4.3. Ebbene, la previsione, di cui al ripetuto art. 29, II comma, disciplina evidentemente la materia «caccia»; per la quale la Provincia autonoma di Trento ha competenza, ex art. 8, n. 15, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, ad emanare norme primarie, in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica. 2.4.4. Peraltro, il contenuto della stessa previsione non e' in conflitto con norme e principi vigenti, in materie di esclusiva competenza statale: secondo quanto gia'. esposto, e' proprio il legislatore nazionale a escludere - ex art. 11-quaterdecies, V comma, cit. - che l'arco temporale, generalmente stabilito dall'art. 18 per le attivita' venatorie, si applichi al prelievo di selezione degli ungulati, ed in tal modo, egli l'ha escluso dall'ambito dell'accennato limite di valore ambientale, inderogabile e prevalente sulla competenza regionale e provinciale in materia di caccia. 3.1 Si puo' ora procedere all'esame: della seconda questione di costituzionalita' sollevata, la quale procede da alcune delle prescrizioni tecniche contenute, nel provvedimento impugnato e cioe': l'art. 4, § 4.2. per cui «Dal 21 settembre al 15 dicembre 2014, la caccia alla selvaggina migratoria e' consentita sia da appostamento fisso, nel rispetto dei requisiti di legge, in localita' precedentemente indicate dal cacciatore sul tesserino di caccia (art. 8) sia in forma vagante»; lo stesso art. 4, § 4.4. che consente la caccia al tordo sassello e alla cesena dal 17 dicembre 2014 fino al 19 gennaio 2015, unicamente da appostamento fisso: e poiche' la caccia a questi due uccelli si apre la terza settimana di settembre, ne consegue che, fuori dall'intervallo prima indicato, questa e' consentita anche in forma vagante; l'art. 4, § 4.5., il quale stabilisce che la caccia agli uccelli acquatici si svolge sia da appostamento sia in forma vagante, in una serie di localita' di seguito elencate (fiumi, laghi bacini e fosse) nell'intervallo dal 17 dicembre 2014 fino al 15 gennaio 2015. 3.2. Tali previsioni applicano l'art. 24, I comma, della ripetuta l.p. n. 24/91, per il quale «In conformita' alle consuetudini e tradizioni locali, l'esercizio della caccia e' consentito congiuntamente in forma vagante e mediante appostamento fisso, nel rispetto delle modalita' e dei limiti stabiliti dalla presente legge e in quanto non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole e al patrimonio forestale». 3.3: Lo stesso art. 24, I comma, non e' peraltro coerente con il disposto dell'art. 12, V comma, della ripetuta l. n. 157/92, per cui l'esercizio venatorio puo' essere praticato in via esclusiva in una delle seguenti forme: «a) vagante in zona Alpi; b) da appostamento fisso; c) nell'insieme delle altre forme di attivita' venatoria consentite dalla presente legge e praticate nel rimanente territorio destinato all'attivita' venatoria programmata». 3.4. Ora, si e' poco sopra considerato il tema del rapporto tra la legislazione statale d'immediata rilevanza ambientale, e la normativa provinciale primaria: e se prima si e' appurata la coerenza del sistema, in questo caso la conclusione e' affatto opposta, tanto piu' che la Corte costituzionale ha gia' dichiarato illegittime due disposizioni, le quali appaiono sostanzialmente analoghe all'art. 24, I comma. 3.5.1. Invero, la Corte costituzionale, nella recente sentenza 12 dicembre 2012, n. 278, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 117, II comma, lett. s), Cost., l'art. 13, I comma, della l.p. Bolzano n. 14/1987, come sostituito dall'art. 2, V comma, della l.p. n. 14/2011, il quale consentiva anch'esso l'esercizio dell'attivita' venatoria sia in forma vagante sia mediante appostamento fisso. 3.5.2. La norma, secondo la Corte, contrastava con il principio della caccia di specializzazione sancito dal citato art. 12, V comma: questo, essendo rivolto ad assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili, concorre alla definizione del nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica e si inquadra nella materia della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, riservata alla potesta' legislativa esclusiva statale: questa puo' essere modificata dalle Regioni e dalle Province autonome, nell'esercizio della loro potesta' legislativa in materia di caccia, esclusivamente nella direzione dell'innalzamento circa il livello di tutela. 3.5.3. Per ragioni sostanzialmente analoghe, la Corte, con la sentenza 10 maggio 2012, n. 116, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 22, I comma, della l.r. 18 luglio 2011, n. 15, della Regione Marche, che pure aveva introdotto alcune deroghe al criterio di esclusivita'. 3.6.1. Per vero, sia la Provincia di Trento sia l'Associazione controinteressata hanno tentato di dimostrare che l'art. 24, I comma, della l.p. n. 24/91 non sarebbe sovrapponibile alle disposizioni annullate. 3.6.2. Tuttavia, le corrispondenze sono sufficienti ad affermare che anche quest'ultima norma, consentendo l'esercizio dell'attivita' venatoria, tanto in forma vagante quanto mediante appostamento fisso, presenta profili d'incostituzionalita', per violazione dell'art. 117, II comma, lettera s), Cost., in relazione all'art, 12, V comma, della l. n. 157/92. 3.6.3. Tanto e' sufficiente, ad avviso di questo giudice, per rimettere la questione al Giudice delle leggi, cui spettera' di verificare eventuali peculiarita' della disciplina in esame, che possano giustificare una decisione non conforme ai precedenti, apparentemente del tutto sovrapponibili: segnatamente, quello relativo alla legislazione della provincia di Bolzano, territorio accomunato a Trento da connotati geografici e da un retaggio storico parzialmente comune, e, dunque, da «consuetudini e tradizioni locali» non dissimili. 3.6.4. E' poi pressoche' superfluo sottolineare che la questione e' rilevante in causa, essendo state impugnate, come gia' esposto, ben tre previsioni, contenute nell'art. 4 delle disposizioni tecniche, e che consentono entrambe le forme di caccia, la cui legittimita' evidentemente discende da quella dell'art. 24 cit. 4.1. Con la terza questione di costituzionalita', i ricorrenti denunciano, in sintesi, come la legislazione provinciale in materia di caccia ne consentirebbe l'esercizio all'interno dei parchi naturali, in contrasto con le norme statali che la escludono e, dunque, ancora una volta, con l'art. 117, II comma, lettera s), Cost., in quanto tale divieto concorrerebbe alla definizione del nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica, e si inquadrerebbe nella materia della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, riservata alla potesta' legislativa esclusiva statale. 4.2.1. Piu' in dettaglio, l'art. 8, I comma, della l.p. n. 24/91 stabilisce che la pianificazione faunistica e il prelievo venatorio nei parchi naturali provinciali, anche con riferimento all'art. 22 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, «rimangono disciplinati dall'art. 28 della legge provinciale 6 maggio 1988, n. 18». 4.2.2. Quest'ultimo, tuttavia, e' stato in seguito abrogato, ma i suoi contenuti sono stati sostanzialmente recepiti nell'art. 44 della l.p. 23 maggio 2007, n. 11, il cui I comma stabilisce che «nei parchi la caccia e' esercitata dagli aventi diritto nel rispetto della normativa provinciale in materia di fauna selvatica, delle previsioni del piano del parco e del piano faunistico provinciale, compatibilmente con la conservazione delle specie, fatte salve le seguenti prescrizioni: a) nelle riserve integrali l'esercizio della caccia e' consentito solo per la selezione degli ungulati diretta al controllo delle popolazioni o per esigenze zoosanitarie.... b) nelle riserve speciali il piano del parco puo' disporre il divieto assoluto oppure limitazioni specifiche all'esercizio della caccia; .... e) nei parchi, fermo restando quanto disposto da questo comma, sono vietati la cattura, l'uccisione, il danneggiamento e il disturbo della fauna, salvo quanto espressamente autorizzato dai parchi per fini di ricerca e di studio; f) nel territorio del parco coincidente con quello delle foreste demaniali disciplinate dal titolo VII la cattura e l'abbattimento di fauna selvatica sono ammessi per attivita' di ricerca scientifica nonche' per esigenze zoosanitarie o di controllo delle popolazioni». 4.2.3. La norma nazionale corrispondente e' contenuta nel citato art. 22, VI comma, della 1. n. 394/1991 (legge quadro sulle aree protette), il quale prevede che «Nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali regionali l'attivita' venatoria e' vietata, salvo eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici. Detti prelievi ed abbattimenti devono avvenire in conformita' al regolamento del parco o, qualora non esista, alle direttive regionali per iniziativa e sotto la diretta responsabilita' e sorveglianza dell'organismo di gestione del parco e devono essere attuati dal personale da esso dipendente o da persone da esso autorizzate». 4.4.1. Orbene, pare al Collegio che le previsioni contenute nell'art. 44 non attuino nel territorio provinciale il divieto pressoche' integrale fissato dall'art. 22, VI comma, della l. n. 394/1991, ne' innalzino il livello di tutela ambientale. 4.4.2. Se, infatti, l'art. 22 consente «prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici», l'art. 44, all'opposto, fissa il principio che «nei parchi la caccia e' esercitata dagli aventi diritto». E' poi vero che alla lett. e) si vieta, sempre nei parchi, «la cattura, l'uccisione; il danneggiamento e il disturbo della fauna», ma cio' «fermo restando quanto disposto da questo comma», il quale include il principio, appena citato, sull'esercizio della caccia da parte degli aventi diritto. 4.4.3. Questi ultimi, tuttavia, non sono chiaramente individuati, e cio' determina una previsione ambigua, e, gia' solo per questo, confliggente con l'univoco divieto stabilito dalla legge statale. 4.4.4. Tale contrasto e' poi accresciuto dalla previsione di abbattimenti «per fini di ricerca e di studio», locuzione assai piu' ampia della «ricomposizione di squilibri ecologici», cui si riferisce la norma statale: e cio' senza dire delle possibilita' di prelievo venatorio quasi illimitate nell'ambito delle riserve, sempre secondo la legge provinciale. 4.4.5. Infine, il ripetuto l'art. 8, V comma, della l.p. n. 24/91 specifica che «Nei territori compresi nel Parco nazionale dello Stelvio resta fermo il divieto dell'esercizio venatorio ai sensi dell'art. 21, comma 1, lettera b), della legge dell'11 febbraio 1992, n. 157»: il quale vieta a chiunque «l'esercizio venatorio nei parchi nazionali, nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali conformemente alla legislazione nazionale in materia di parchi e riserve naturali». E' evidente che una simile previsione sarebbe affatto superflua, se la disciplina provinciale fin qui considerata contenesse un generalizzato divieto di caccia all'interno dei parchi; nazionali o provinciali che siano. 4.4.6. A questo punto, il Collegio deve dubitare della Costituzionalita' del combinato disposto dell'art. 8, I comma, della l.p. n. 24/1991 e dell'art. 44, I comma, della l.p. dell'11/2007, per contrasto con l'art. 117, II comma, lett. s) della Costituzione, in riferimento all'ambito d'irriducibile tutela per la fauna selvatica, quale fissato per il divieto di caccia all'interno dei parchi, anche provinciali, giusta art. 21, I comma, lettera b), l. n. 157/1992, e art. 22, VI comma, della l. n. 394/1991 (sull'affermazione che il divieto di caccia nelle aree protette debba egualmente applicarsi in tutto il territorio nazionale si rinvia a Corte costituzionale 22 ottobre 1999, n. 389). 5.1. Tuttavia, per poter sollevare la relativa questione, e' evidentemente necessario che la norma, la quale dovrebbe costituirne oggetto, sia rilevante in causa, ne dipenda cioe' la decisione parziale o totale della controversia: in specie, se in relazione ad essa, debbano essere accolte specifiche censure sollevate con il ricorso in esame. 5.2.1. Orbene, in tale senso il ricorso rileva l'illegittimita', derivata dall'incostituzionalita' delle disposizioni provinciali prima citate, di alcune disposizioni contenute nel terzo paragrafo dell'art. 3 delle prescrizioni tecniche impugnate, dove, nell'ambito delle limitazioni alle specie cacciabili, si prevede: «Fermo restando quanto previsto dalla normativa vigente, in conformita' agli indirizzi del Piano Faunistico Provinciale, dei Piani faunistici di ciascun Parco e alle previsioni delle rispettive delibere di approvazione, si riporta a titolo ricognitorio quanto segue: - nell'ambito del territorio del Parco naturale Paneveggio Pale di San Martino non e' consentito l'esercizio venatorio alla lepre comune (...) e alla lepre bianca (...) e a tutte le specie dell'avifauna; - nell'ambito del territorio del Parco naturale Adamello Brenta non e' consentito l'esercizio venatorio alla lepre comune (...) e alla lepre bianca (...), all'allodola (...), al tordo bottaccio (...), al tordo sassello (...), alla cesena (...), al merlo (...) e alla coturnice (...)». 5.2.2. Ebbene, anche ad avviso del Collegio, in questo modo la disposizione consente a contrario la caccia all'interno di quegli stessi parchi delle specie diverse da quelle escluse, e cio' appunto sul fondamento della legislazione provinciale, della cui costituzionalita' si dubita: sicche' la questione e' anche rilevante. 6.1. In conclusione, vanno dichiarate rilevanti e non manifestamente infondate per contrasto con l'art. 117, II comma, lettera s), della Costituzione le questioni di legittimita' costituzionale: dell'art. 24, I comma, della l.p. 9 dicembre 1991, n. 24, - del combinato disposto dell'art. 8, I comma, della stessa l.p. n. 24/1991 e dell'art. 44, I comma, della l.p. 23 maggio 2007, n. 11. 6.2. Il giudizio va pertanto sospeso sino alla pronuncia della Corte costituzionale sulle questioni di costituzionalita' sollevate. 6.3. Spese al definitivo.