IL TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA DI TRENTO 
                           (Sezione Unica) 
 
    Ha pronunciato la presente  
 
                              Ordinanza 
 
    Nel giudizio introdotto con  il  ricorso  n.  212/2014,  proposto
dall'Associazione  protezione  animali  natura  -  ente   provinciale
protezione animali e ambiente (P.A.N.  -  E.P.P.A.A.)  e  dalla  Lega
italiana protezione  uccelli  -  Onlus  (L.i.p.u.),  in  persona  dei
rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e  difesi
dall'avv. F.S. Dalba, con domicilio presso  il  T.R.G.A.  -  sede  di
Trento ex art. 25 c.p.a.; 
    Contro la Provincia autonoma di Trento in persona del  presidente
pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Pedrazzoli,  Cattoni
e Dalla Serra, con domicilio eletto presso  l'Avvocatura  provinciale
in Trento, piazza Dante 15; 
    Nei confronti di l'Associazione cacciatori trentini,  in  persona
del legale rappresentante pro tempore, assistita e  difesa  dall'avv.
F. M. Bonazza, con domicilio eletto presso il suo studio  in  Trento,
piazza Mosna 8; 
 
                         Per l'annullamento 
 
    Della  deliberazione  16  aprile  2014,  n.  647,  del   Comitato
faunistico provinciale della Provincia autonoma di Trento,  avente  a
oggetto «Art. 29, commi 7 e 9, l.p. 24/1991 e s.m. - Approvazione del
testo definitivo delle prescrizioni tecniche  per  l'esercizio  della
caccia in Provincia di Trento nella stagione 2014-2015»,  comprensiva
delle allegate prescrizioni tecniche, pubblicata all'albo provinciale
sino al 30 aprile 2014; 
    Di ogni altro atto presupposto, premesso, successivo, connesso  o
consequenziale. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  della  Provincia
autonoma di Trento e dell'Associazione cacciatori trentini; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  4  dicembre  2014  il
cons. avv. A. Gabbricci  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. 
    1.1. L'art. 29 della l.p. 9 dicembre 1991, n. 24, intitolato alle
specie cacciabili e ai  periodi  di  caccia,  fissa  al  I  comma  il
principio per  cui  «e'  vietato  abbattere,  catturare,  detenere  o
commerciare qualsiasi specie di mammiferi e uccelli appartenenti alla
fauna selvatica», salvo «quanto previsto  dalla  presente  legge»,  e
cosi' dalle  disposizioni  di  cui  al  II  comma,  il  quale  elenca
dettagliatamente le specie  cacciabili  con  i  relativi  periodi  di
caccia, mentre il IV comma specifica i giorni settimanali e gli orari
della caccia. 
    1.2.  Il  seguente  VII  comma,  poi,  dispone  che  il  comitato
faunistico   provinciale   -   sentiti   l'Osservatorio   faunistico,
l'Istituto nazionale per la fauna selvatica e l'ente gestore, che  si
esprime nel termine di quindici giorni dalla  richiesta  -  delibera,
tra l'altro, «il numero massimo di  capi  da  abbattere  per  ciascun
cacciatore e per ciascuna  giornata  di  caccia  per  i  prelievi  di
selvaggina non disciplinati dai programmi di  prelievo»,  di  cui  al
precedente art. 28: in difetto di  tali  deliberazioni,  «il  singolo
cacciatore non puo' abbattere per ciascuna specie piu'  di  due  capi
per giornata di caccia». 
    Inoltre (IX  comma),  il  comitato  faunistico  provinciale  puo'
deliberare annualmente: «a) limitazioni  rispetto  ai  periodi,  alle
giornate di caccia ed alle specie cacciabili previsti dalla  presente
legge,  tenuto  conto  in  particolare  delle  fasi  biologiche   che
caratterizzano le varie specie; b)  la  disciplina  della  caccia  da
appostamento alla selvaggina migratoria, nel periodo compreso tra  il
1° ottobre e il 30 novembre, anche in  deroga  al  limite  delle  tre
giornate di caccia settimanali di cui al comma, 4, fermo restando  il
silenzio venatorio nei giorni di martedi' e venerdi'; c)  ogni  altra
eventuale prescrizione riguardante l'esercizio della caccia». 
    2.1. L'Associazione protezione animali natura - ente  provinciale
protezione animali  e  ambiente  (P.A.N.  -  E.P.P.A.A.)  e  la  Lega
italiana protezione uccelli - Onlus (L.i.p.u.) hanno  impugnato,  con
il ricorso in epigrafe, la deliberazione 16 aprile 2014, n. 647,  del
Comitato faunistico provinciale di Trento, con cui e' stato approvato
il testo definitivo delle prescrizioni tecniche per l'esercizio della
caccia nel territorio provinciale, durante la stagione 2014-2015,  ex
art. 29, commi VII e IX cit., sollevando anche, con l'impugnazione di
alcune   specifiche   previsioni,   tre   distinti    questioni    di
costituzionalita', riguardanti le norme su cui queste si fondano. 
    2.2.1. La disamina della  prima  questione  di  costituzionalita'
proposta impone, anzitutto, di ricordare che, ex art.  29,  II  comma
cit., si possono cacciare, «sulla  base  dei  programmi  di  prelievo
selettivi previsti dall'art. 28, distinti per sesso e per  classi  di
eta'», il capriolo e il cervo dal 1° maggio al  30  giugno,  e  dalla
prima domenica di settembre al 31 dicembre,  nonche'  il  camoscio  e
muflone nell'intervallo tra  il  16  agosto  e  il  15  dicembre;  in
mancanza di tali programmi la caccia a tali specie «e' consentita dal
1° ottobre al 30 novembre» (comma 2-bis). 
    L'art. 28 della stessa l.p. n. 24/1991 dispone  poi,  in  termini
generali, che, sulla  base  delle  indicazioni  contenute  nel  piano
faunistico o, in mancanza dello  stesso,  delle  indicazioni  fornite
dall'Osservatorio faunistico provinciale, «sono  condotti  censimenti
faunistici e sono predisposti programmi  di  prelievo  riferiti  alle
specie previste dal piano medesimo». 
    2.2.2. Orbene, l'art. 1 delle  prescrizioni  tecniche  2014/2015,
intitolato ai periodi di caccia, stabilisce -  essendo  appunto  tali
specie sottoposte a prelievi selettivi - per il cervo e  il  capriolo
un periodo di caccia primaverile - estiva dal 1° maggio al 30 giugno,
e uno di caccia autunnale  compreso  tra  il  7  settembre  e  il  31
dicembre, con alcune distinzioni qui irrilevanti; per il  camoscio  e
il muflone l'intervallo va dal 16 agosto al 15 dicembre. 
    2.2.3. Si tratta, pertanto, di periodi di durata variabile tra  i
cento e i centoventi giorni  circa,  e  che  superano,  pertanto,  il
limite di sessantuno. giorni che, ad avviso dei  ricorrenti,  sarebbe
stabilito per tali specie nel resto d'Italia, ex art. 18,  II  comma,
della l. 11 febbraio 1992, n. 157. 
    2.2.4.  Tali  periodi,  riconoscono  i  ricorrenti,  sono  bensi'
conformi all'art. 29, II comma, cit.; ma, essi soggiungono, la  Corte
costituzionale, con la sentenza 4 luglio 2003,  n.  227,  aveva  gia'
dichiarato incostituzionali i commi 2, 4, 7 e 9 dello stesso art. 29,
nel testo allora vigente, dove  questo  prevedeva  specie  cacciabili
diverse e periodi venatori piu' ampi di quelli previsti dall'art.  18
cit. 
    2.2.5. Peraltro, come gli  stessi  ricorrenti  ammettono,  e'  in
seguito intervenuto l'art. 11-quaterdecies,  V  comma,  del  d.l.  30
settembre 2005, n. 203, convertito in l. 2 dicembre 2005, n. 248, per
il quale «Le regioni e le province autonome di Trento e  di  Bolzano,
sentito il parere dell'Istituto nazionale per la fauna  selvatica  o,
se istituiti,  degli  istituti  regionali,  possono,  sulla  base  di
adeguati piani di abbattimento selettivi, distinti per sesso e classi
di eta',  regolamentare  il  prelievo  di  selezione  degli  ungulati
appartenenti alle specie cacciabili anche al di fuori dei  periodi  e
degli orari di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157». 
    2.3. Secondo quanto e' dato comprendere - le  argomentazioni  dei
ricorrenti, osservano solo  parzialmente  l'obbligo  di  chiarezza  e
sinteticita', di cui all'art. 3, II comma, c.p.a. -  tale  previsione
sarebbe incostituzionale, e lo sarebbero egualmente  le  disposizioni
sulla caccia agli ungulati di cui all'art. 29, II comma, cit. 
    L'una e le altre, infatti, si  porrebbero  in  contrasto  con  le
puntuali disposizioni di cui all'art. 18 della  l.  n.  157/1992,  le
quali  stabilirebbero  livelli  minimi  e  uniformi,  in  materia  di
ambiente, secondo il disposto di cui all'art. 117, II comma,  lettera
s), su tutto il territorio nazionale, come tali non derogabili  dalle
leggi provinciali: si violerebbero appunto tali  livelli,  ammettendo
la caccia con  piano  di  abbattimento  per  un  periodo  piu'  lungo
rispetto a quello consentito a livello nazionale. 
    2.4.1. La  questione  di  costituzionalita'  cosi'  proposta  e',
tuttavia, manifestamente infondata. 
    Invero,  l'art.  117,  II  comma,  stabilisce  che  lo  Stato  ha
legislazione esclusiva nelle materie elencate: tra queste, ex lettera
s), la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. 
    2.4.2. Ora, non e' revocabile  in  dubbio  che  «La  potesta'  di
disciplinare l'ambiente nella sua interezza  e'  stata  affidata,  in
riferimento al riparto delle competenze tra Stato e regioni,  in  via
esclusiva allo Stato, dall'art. 117 comma  2,  lettera  s)  Cost.,  e
percio', pur se l'ambiente costituisce  una  materia  trasversale,  e
cioe' una materia nella quale insistono interessi  diversi  -  quello
alla  conservazione  dell'ambiente  e  quelli   inerenti   alle   sue
utilizzazioni  -,  la  disciplina  unitaria  del   bene   complessivo
ambiente, rimessa in via esclusiva  allo  Stato,  prevale  su  quella
dettata dalle regioni  o  dalle  province  autonome,  in  materie  di
competenza propria, ed in riferimento ad  altri  interessi,  operando
come un limite alla disciplina regionale o provinciale che  non  puo'
in alcun modo derogare o peggiorare il livello di  tutela  ambientale
stabilito dallo Stato» (C. cost. 14 novembre 2007, n. 378). 
    2.4.3. Ebbene, la previsione, di cui  al  ripetuto  art.  29,  II
comma, disciplina evidentemente la materia «caccia»; per la quale  la
Provincia autonoma di Trento ha competenza, ex art.  8,  n.  15,  del
d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, ad emanare norme primarie, in  armonia
con la Costituzione e i  principi  dell'ordinamento  giuridico  della
Repubblica. 
    2.4.4. Peraltro, il contenuto della stessa previsione non  e'  in
conflitto con norme e  principi  vigenti,  in  materie  di  esclusiva
competenza statale: secondo  quanto  gia'.  esposto,  e'  proprio  il
legislatore nazionale a escludere - ex art. 11-quaterdecies, V comma,
cit. - che l'arco temporale, generalmente stabilito dall'art. 18  per
le attivita' venatorie, si applichi al prelievo  di  selezione  degli
ungulati,  ed  in   tal   modo,   egli   l'ha   escluso   dall'ambito
dell'accennato limite di valore ambientale, inderogabile e prevalente
sulla competenza regionale e provinciale in materia di caccia. 
    3.1 Si puo' ora procedere all'esame: della seconda  questione  di
costituzionalita'  sollevata,  la  quale  procede  da  alcune   delle
prescrizioni tecniche contenute, nel provvedimento impugnato e cioe': 
        l'art. 4, § 4.2. per cui «Dal 21  settembre  al  15  dicembre
2014, la caccia alla  selvaggina  migratoria  e'  consentita  sia  da
appostamento fisso, nel rispetto dei requisiti di legge, in localita'
precedentemente indicate dal cacciatore sul tesserino di caccia (art.
8) sia in forma vagante»; 
        lo stesso art. 4, § 4.4. che  consente  la  caccia  al  tordo
sassello e alla cesena dal 17 dicembre 2014 fino al 19 gennaio  2015,
unicamente da appostamento fisso: e poiche' la caccia  a  questi  due
uccelli si apre la terza settimana di  settembre,  ne  consegue  che,
fuori dall'intervallo prima indicato, questa e' consentita  anche  in
forma vagante; 
        l'art. 4, § 4.5., il quale  stabilisce  che  la  caccia  agli
uccelli acquatici si svolge sia da appostamento sia in forma vagante,
in una serie di localita' di seguito elencate (fiumi, laghi bacini  e
fosse) nell'intervallo dal 17 dicembre 2014 fino al 15 gennaio 2015. 
    3.2. Tali previsioni applicano l'art. 24, I comma, della ripetuta
l.p. n. 24/91, per il  quale  «In  conformita'  alle  consuetudini  e
tradizioni   locali,   l'esercizio   della   caccia   e'   consentito
congiuntamente in forma vagante e mediante  appostamento  fisso,  nel
rispetto delle modalita' e dei limiti stabiliti dalla presente  legge
e in quanto non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna
selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole e al
patrimonio forestale». 
    3.3: Lo stesso art. 24, I comma, non e' peraltro coerente con  il
disposto dell'art. 12, V comma, della ripetuta l. n. 157/92, per  cui
l'esercizio venatorio puo' essere praticato in via esclusiva  in  una
delle seguenti forme: «a) vagante in zona Alpi;  b)  da  appostamento
fisso; c) nell'insieme  delle  altre  forme  di  attivita'  venatoria
consentite dalla presente legge e praticate nel rimanente  territorio
destinato all'attivita' venatoria programmata». 
    3.4. Ora, si e' poco sopra considerato il tema del  rapporto  tra
la  legislazione  statale  d'immediata  rilevanza  ambientale,  e  la
normativa provinciale primaria: e se prima si e' appurata la coerenza
del sistema, in questo caso la conclusione e' affatto opposta,  tanto
piu' che la Corte costituzionale ha gia' dichiarato  illegittime  due
disposizioni, le quali appaiono sostanzialmente analoghe all'art. 24,
I comma. 
    3.5.1. Invero, la Corte costituzionale, nella recente sentenza 12
dicembre 2012, n. 278, ha dichiarato costituzionalmente  illegittimo,
per violazione dell'art. 117, II comma, lett. s), Cost., l'art. 13, I
comma, della l.p. Bolzano n. 14/1987, come sostituito dall'art. 2,  V
comma,  della  l.p.  n.  14/2011,  il  quale   consentiva   anch'esso
l'esercizio  dell'attivita'  venatoria  sia  in  forma  vagante   sia
mediante appostamento fisso. 
    3.5.2. La norma, secondo la Corte, contrastava con  il  principio
della caccia di specializzazione sancito dal citato art. 12, V comma:
questo,  essendo  rivolto  ad  assicurare  la  sopravvivenza   e   la
riproduzione delle specie cacciabili, concorre alla  definizione  del
nucleo minimo di salvaguardia della fauna  selvatica  e  si  inquadra
nella materia della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, riservata
alla potesta'  legislativa  esclusiva  statale:  questa  puo'  essere
modificata dalle Regioni e dalle  Province  autonome,  nell'esercizio
della loro potesta' legislativa in materia di caccia,  esclusivamente
nella direzione dell'innalzamento circa il livello di tutela. 
    3.5.3. Per ragioni sostanzialmente analoghe,  la  Corte,  con  la
sentenza 10 maggio 2012, n.  116,  ha  dichiarato  costituzionalmente
illegittimo l'art. 22, I comma, della l.r. 18  luglio  2011,  n.  15,
della Regione Marche, che pure aveva  introdotto  alcune  deroghe  al
criterio di esclusivita'. 
    3.6.1. Per vero, sia la Provincia di  Trento  sia  l'Associazione
controinteressata hanno tentato di dimostrare che l'art. 24, I comma,
della l.p. n. 24/91  non  sarebbe  sovrapponibile  alle  disposizioni
annullate. 
    3.6.2. Tuttavia, le corrispondenze sono sufficienti ad  affermare
che anche quest'ultima norma, consentendo l'esercizio  dell'attivita'
venatoria, tanto in forma vagante quanto mediante appostamento fisso,
presenta profili d'incostituzionalita', per violazione dell'art. 117,
II comma, lettera s), Cost., in relazione all'art, 12, V comma, della
l. n. 157/92. 
    3.6.3. Tanto e' sufficiente, ad avviso  di  questo  giudice,  per
rimettere la questione al  Giudice  delle  leggi,  cui  spettera'  di
verificare eventuali peculiarita'  della  disciplina  in  esame,  che
possano  giustificare  una  decisione  non  conforme  ai  precedenti,
apparentemente  del  tutto   sovrapponibili:   segnatamente,   quello
relativo alla legislazione della  provincia  di  Bolzano,  territorio
accomunato a Trento da connotati geografici e da un retaggio  storico
parzialmente comune, e, dunque, da «consuetudini e tradizioni locali»
non dissimili. 
    3.6.4. E' poi pressoche' superfluo sottolineare che la  questione
e' rilevante in causa, essendo state impugnate,  come  gia'  esposto,
ben  tre  previsioni,  contenute  nell'art.  4   delle   disposizioni
tecniche, e che consentono  entrambe  le  forme  di  caccia,  la  cui
legittimita' evidentemente discende da quella dell'art. 24 cit. 
    4.1. Con la terza questione di  costituzionalita',  i  ricorrenti
denunciano, in sintesi, come la legislazione provinciale  in  materia
di  caccia  ne  consentirebbe  l'esercizio  all'interno  dei   parchi
naturali, in contrasto con le  norme  statali  che  la  escludono  e,
dunque, ancora una volta, con  l'art.  117,  II  comma,  lettera  s),
Cost., in quanto tale  divieto  concorrerebbe  alla  definizione  del
nucleo  minimo  di  salvaguardia  della   fauna   selvatica,   e   si
inquadrerebbe   nella   materia   della   tutela   dell'ambiente    e
dell'ecosistema,  riservata  alla  potesta'   legislativa   esclusiva
statale. 
    4.2.1. Piu' in dettaglio, l'art. 8, I comma, della l.p. n.  24/91
stabilisce che la pianificazione faunistica e il  prelievo  venatorio
nei parchi naturali provinciali, anche con  riferimento  all'art.  22
della  legge  6  dicembre  1991,  n.  394,  «rimangono   disciplinati
dall'art. 28 della legge provinciale 6 maggio 1988, n. 18». 
    4.2.2. Quest'ultimo, tuttavia, e' stato in seguito abrogato, ma i
suoi contenuti sono stati sostanzialmente recepiti nell'art. 44 della
l.p. 23 maggio 2007, n. 11, il cui I comma stabilisce che «nei parchi
la caccia e' esercitata  dagli  aventi  diritto  nel  rispetto  della
normativa provinciale in materia di fauna selvatica, delle previsioni
del  piano  del   parco   e   del   piano   faunistico   provinciale,
compatibilmente con la conservazione delle  specie,  fatte  salve  le
seguenti prescrizioni: a) nelle riserve integrali  l'esercizio  della
caccia e' consentito solo per la selezione degli ungulati diretta  al
controllo delle popolazioni o per esigenze zoosanitarie.... b)  nelle
riserve speciali il piano del parco puo' disporre il divieto assoluto
oppure limitazioni specifiche all'esercizio della caccia; .... e) nei
parchi, fermo restando quanto disposto da questo comma, sono  vietati
la cattura, l'uccisione, il danneggiamento e il disturbo della fauna,
salvo quanto espressamente autorizzato dai parchi per fini di ricerca
e di studio; f) nel territorio del parco coincidente con quello delle
foreste  demaniali  disciplinate  dal  titolo  VII   la   cattura   e
l'abbattimento di fauna  selvatica  sono  ammessi  per  attivita'  di
ricerca scientifica nonche' per esigenze zoosanitarie o di  controllo
delle popolazioni». 
    4.2.3. La norma nazionale corrispondente e' contenuta nel  citato
art. 22, VI comma, della 1. n.  394/1991  (legge  quadro  sulle  aree
protette), il quale prevede che  «Nei  parchi  naturali  regionali  e
nelle riserve naturali regionali l'attivita'  venatoria  e'  vietata,
salvo  eventuali  prelievi  faunistici  ed   abbattimenti   selettivi
necessari per  ricomporre  squilibri  ecologici.  Detti  prelievi  ed
abbattimenti devono avvenire in conformita' al regolamento del  parco
o, qualora non esista, alle  direttive  regionali  per  iniziativa  e
sotto la diretta responsabilita'  e  sorveglianza  dell'organismo  di
gestione del parco e devono essere  attuati  dal  personale  da  esso
dipendente o da persone da esso autorizzate». 
    4.4.1. Orbene, pare  al  Collegio  che  le  previsioni  contenute
nell'art. 44  non  attuino  nel  territorio  provinciale  il  divieto
pressoche' integrale fissato dall'art. 22,  VI  comma,  della  l.  n.
394/1991, ne' innalzino il livello di tutela ambientale. 
    4.4.2. Se, infatti, l'art. 22 consente  «prelievi  faunistici  ed
abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici»,
l'art. 44, all'opposto, fissa il principio che «nei parchi la  caccia
e' esercitata dagli aventi diritto». 
    E' poi vero che alla lett. e) si vieta, sempre  nei  parchi,  «la
cattura, l'uccisione; il danneggiamento e il disturbo  della  fauna»,
ma cio' «fermo restando quanto disposto da questo  comma»,  il  quale
include il principio, appena citato, sull'esercizio della  caccia  da
parte degli aventi diritto. 
    4.4.3. Questi ultimi, tuttavia, non sono chiaramente individuati,
e cio' determina una previsione ambigua, e,  gia'  solo  per  questo,
confliggente con l'univoco divieto stabilito dalla legge statale. 
    4.4.4. Tale contrasto e'  poi  accresciuto  dalla  previsione  di
abbattimenti «per fini di ricerca e di studio», locuzione assai  piu'
ampia della «ricomposizione di squilibri ecologici», cui si riferisce
la norma statale: e cio' senza dire delle  possibilita'  di  prelievo
venatorio quasi illimitate nell'ambito delle riserve, sempre  secondo
la legge provinciale. 
    4.4.5. Infine, il ripetuto l'art. 8, V comma, della l.p. n. 24/91
specifica che «Nei  territori  compresi  nel  Parco  nazionale  dello
Stelvio resta fermo il  divieto  dell'esercizio  venatorio  ai  sensi
dell'art. 21, comma 1, lettera b), della legge dell'11 febbraio 1992,
n. 157»: il quale vieta a chiunque «l'esercizio venatorio nei  parchi
nazionali, nei parchi naturali regionali  e  nelle  riserve  naturali
conformemente alla legislazione nazionale  in  materia  di  parchi  e
riserve naturali». 
    E' evidente che una simile previsione sarebbe affatto  superflua,
se la  disciplina  provinciale  fin  qui  considerata  contenesse  un
generalizzato divieto di caccia all'interno dei parchi;  nazionali  o
provinciali che siano. 
    4.4.6.  A  questo  punto,  il  Collegio   deve   dubitare   della
Costituzionalita' del combinato disposto dell'art. 8, I comma,  della
l.p. n. 24/1991 e dell'art. 44, I comma, della l.p. dell'11/2007, per
contrasto con l'art. 117, II comma, lett. s) della  Costituzione,  in
riferimento all'ambito d'irriducibile tutela per la fauna  selvatica,
quale fissato per il divieto di caccia all'interno dei parchi,  anche
provinciali, giusta art. 21, I comma, lettera b), l. n.  157/1992,  e
art. 22, VI comma, della l. n.  394/1991  (sull'affermazione  che  il
divieto di caccia nelle aree protette debba egualmente applicarsi  in
tutto il territorio nazionale si rinvia  a  Corte  costituzionale  22
ottobre 1999, n. 389). 
    5.1. Tuttavia, per poter  sollevare  la  relativa  questione,  e'
evidentemente necessario che la norma, la quale dovrebbe  costituirne
oggetto, sia rilevante  in  causa,  ne  dipenda  cioe'  la  decisione
parziale o totale della controversia: in specie, se in  relazione  ad
essa, debbano essere accolte  specifiche  censure  sollevate  con  il
ricorso in esame. 
    5.2.1. Orbene, in tale senso il ricorso rileva  l'illegittimita',
derivata  dall'incostituzionalita'  delle  disposizioni   provinciali
prima citate, di alcune disposizioni contenute  nel  terzo  paragrafo
dell'art. 3 delle prescrizioni tecniche impugnate, dove,  nell'ambito
delle limitazioni alle specie cacciabili, si prevede: «Fermo restando
quanto  previsto  dalla  normativa  vigente,  in   conformita'   agli
indirizzi del Piano Faunistico Provinciale, dei Piani  faunistici  di
ciascun  Parco  e  alle  previsioni  delle  rispettive  delibere   di
approvazione, si  riporta  a  titolo  ricognitorio  quanto  segue:  -
nell'ambito del territorio del Parco naturale Paneveggio Pale di  San
Martino non e' consentito l'esercizio  venatorio  alla  lepre  comune
(...) e alla lepre bianca (...) e a tutte le specie dell'avifauna;  -
nell'ambito del territorio del Parco naturale Adamello Brenta non  e'
consentito l'esercizio venatorio alla lepre comune (...) e alla lepre
bianca (...), all'allodola (...), al tordo bottaccio (...), al  tordo
sassello (...), alla cesena (...), al merlo (...)  e  alla  coturnice
(...)». 
    5.2.2. Ebbene, anche ad avviso del Collegio, in  questo  modo  la
disposizione consente a contrario la  caccia  all'interno  di  quegli
stessi parchi delle specie diverse da quelle escluse, e cio'  appunto
sul   fondamento   della   legislazione   provinciale,   della    cui
costituzionalita' si dubita: sicche' la questione e' anche rilevante. 
    6.1.  In  conclusione,   vanno   dichiarate   rilevanti   e   non
manifestamente infondate per contrasto  con  l'art.  117,  II  comma,
lettera  s),  della  Costituzione  le   questioni   di   legittimita'
costituzionale: 
        dell'art. 24, I comma, della l.p. 9 dicembre 1991, n.  24,  -
del combinato disposto dell'art. 8, I comma,  della  stessa  l.p.  n.
24/1991 e dell'art. 44, I comma, della l.p. 23 maggio 2007, n. 11. 
    6.2. Il giudizio va pertanto sospeso sino  alla  pronuncia  della
Corte costituzionale sulle questioni di costituzionalita' sollevate. 
    6.3. Spese al definitivo.