R.g. 22/2014 R.g. 650/12 Il Giudice di Pace, Giorgia Damiani, sentiti i procuratori delle parti ed il PM a scioglimento della riserva della precedente udienza del 12 dicembre 2014. Ha emesso la seguente ordinanza Con decreto di citazione a giudizio l'imputato G. P., nato a .... il .... e residente a .... assistito e difeso dall'avv. Aurelio Anselmo, veniva citato in giudizio davanti al giudice di pace di Termini Imerese per rispondere del reato di cui all'art. 590 c.p. in danno del minore R. F. G. Alla prima udienza di trattazione il procuratore dell'imputato chiedeva l'applicazione della pena a norma dell'art. 444 c.p.p., previa eccezione di incostituzionalita' dell'art. 2 del decreto legislativo n. 274/2000, per violazione dei principi costituzionali di cui agli artt. 3 e 24 Cost.; (norme parametro), nella parte in cui esclude nel procedimento penale davanti al giudice di pace la possibilita' dell'applicazione della pena su richiesta delle parti. Ritiene questo giudice che la sollevata eccezione di incostituzionalita' sia rilevante e non manifestamente infondata. Quanto alla rilevanza va' osservato che nella fattispecie, se non fosse sussistito il divieto (previsto dall'art. 2 del decreto legislativo n. 274/2000, di applicazione della pena su richiesta delle parti nel procedimento penale davanti al giudice di pace), esistevano tutte le condizioni per valutare positivamente detta richiesta. Quanto alla non manifesta infondatezza, va rilevato che i lavori preparatori, che hanno dato vita all'introduzione dei riti alternativi nel processo penale, muovevano principalmente da ragioni di praticita' ed economia processuale, oltre che dalla necessita' di deflazionare i procedimenti penali. Necessita' che troverebbe una sua ratio anche nell'ambito dell'Ufficio del Giudice di Pace. Del resto il procedimento penale davanti al giudice di pace e' disciplinato, tenendo conto delle norme del libro ottavo del codice di procedura penale riguardanti il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, con le massime semplificazioni rese necessarie dalla competenza dello stesso giudice». Non viene indicato alcun principio o criterio direttivo per la non utilizzabilita' in questo procedimento del rito c.d. del «patteggiamento» che di per se' e' di facile esperibilita' ed evita l'instaurazione della fase dibattimentale. Inoltre, ad avviso di questo rimettente e' evidente l'irragionevolezza della disciplina e la lesione del principio di eguaglianza nei casi in cui reati di competenza del giudice di pace sono giudicati dal tribunale per connessione e risultano pertanto applicabili il patteggiamento e gli altri riti alternativi, «con tutti i relativi benefici per l'imputato sul piano sanzionatorio», con la conseguenza che per fatti piu' gravi un soggetto puo' ottenere una pena molto piu' lieve, ritenuto altresi' che il procedimento innanzi al Giudice di Pace e' caratterizzato dalla «effettivita'», in quanto non e' ammessa la sospensione condizionale della pena, beneficio a cui invece possono accedere gli imputati innanzi al Tribunale, realizzandosi anche sotto tale profilo una ulteriore violazione dell'art. 3 della Costituzione. Queste ultime considerazioni portano a ritenere anche violato l'art. 24 Cost. Infatti, pur rimanendo identici gli elementi sia soggettivi che oggettivi del reato, il diritto di difesa dell'imputato, nella parte che attiene alla scelta del rito di cui all'art. 444 c.p.p., risulta menomato dal fatto che quel reatoe' sottoposto alla giurisdizione del giudice di pace, in luogo di quella del Giudice monocratico, ritenendo altresi' che «non e' possibile sottrarre all'imputato il suo fondamentale diritto alla difesa».