CORTE D'APPELLO DI FIRENZE 
                       Seconda Sezione Civile 
 
    Il Consigliere designato dotto. Marco Modena, ha  pronunciato  la
seguente 
    ordinanza  nella  causa  civile  iscritta  al  n.  658/2014  V.G.
promossa da Delle Ville Maria Luisa, rappresentata e difesa dall'avv.
Francesco Improta, ricorrente, 
    Contro Ministero della Giustizia, non costituito. 
    Letto il ricorso ex art. 3  legge  n.  89/2001,  come  modificata
dalla legge n.  134/2012,  depositato  il  13  novembre  2014,  e  la
documentazione allegata; 
    Rilevato che: 
        1) Delle Ville Maria Luisa ha chiesto equa riparazione per la
eccessiva durata del procedimento (anch'esso  per  equa  riparazione)
promosso  dinanzi  alla  Corte  d'Appello  di  Perugia,  con  ricorso
iscritto a ruolo il  10  giugno  2010,  e  definito  con  decreto  di
accoglimento n. 1787 del 30 settembre 2013,  durato  complessivamente
anni 3, mesi 3 e giorni 20; 
        2) secondo l'art. 2, comma 2-ter, della citata  legge  n.  89
(introdotto dal d.l. n. 83/2012 convertito in  legge  n.  134712)  si
considera comunque rispettato il termine ragionevole se  il  giudizio
viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore  a  sei
anni; facendo applicazione di tale  criterio,  pertanto,  il  ricorso
andrebbe respinto; 
        3) la  legge  da  applicarsi  non  puo'  essere  interpretata
diversamente: l'indicazione, da parte  della  legge,  di  termini  di
durata per ciascun tipo di procedimento giudiziario, civile o penale,
ivi  compreso  quelli  di  esecuzione   forzata,   e   le   procedure
concorsuali, rappresenta un sistema «chiuso», che non  lascia  spazio
alcuno all'ipotesi che la  individuazione  della  ragionevole  durata
possa,  per  altri  procedimenti,  essere  lasciata   alla   liberta'
dell'interprete, e cio' anche peri motivi di contenimento della spesa
pubblica,  che  palesemente  sottostanno   (insieme   a   quelli   di
accelerazione dei procedimenti) alla novella del 2012; 
        4) tuttavia la normativa sopravvenuta si  pone  in  contrasto
con la giurisprudenza, sia della CEDU (in particolare la decisione in
causa CE.DI.SA.  Fortore  s.n.c.  Diagnostica  Medica  Chirurgica  c.
Italia 27.9.11) che della Corte  di  Cassazione  (in  particolare  le
sentenze numeri 4914/12, 6824/12, e 8283/12), formatasi anteriormente
all'entrata in vigore del d.l. n. 83/2012 (ma anche successiva,  come
la recente sentenza n. 2929/14, citata dalla ricorrente, la quale non
ha dovuto  applicare  la  normativa  sopravvenuta,  stante  la  norma
transitoria di cui all'art. 55, comma 2, d.l. n.  83/2012  convertito
in legge n.  134/2012),  che  ravvisava  in  soli  due  anni  (per  i
procedimenti che si svolgessero in due gradi di giudizio) il  termine
ragionevole per procedimenti ex lege n. 89; 
        5) risulta pertanto non manifestamente infondata la questione
di legittimita' costituzionale della normativa applicabile al caso di
specie;   l'individuazione   del   principio   costituzionale   della
«ragionevole durata» di cui all'art. 111,  secondo  comma  Cost.  non
puo' essere infatti avulsa dalla natura del  procedimento  stesso,  e
dalla sua «naturale» durata, che dipende in  primo  luogo  dalla  sua
maggiore o minore complessita'; in questo quadro, il procedimento per
equa riparazione e' per sua natura destinato a durare assai  meno  di
un giudizio ordinario  di  cognizione  (ma  anche  di  una  procedura
esecutiva,  articolata  in  piu'  fasi:   pignoramento,   vendita   o
assegnazione, riparto e distribuzione, etc.) data la semplicita'  dei
fatti che deve accertare (la durata di un procedimento, e le  ragioni
della sua protrazione, di regola  evincibili  dalla  mera  produzione
degli atti processuali), e le finalita' cui  tende  (indennizzare  la
violazione di un diritto fondamentale leso proprio da una  precedente
eccessiva durata), oltre che per la mancanza di un  doppio  grado  di
merito; la previsione di una sua «ragionevole durata» pari a sei anni
risulta pertanto incongrua, e lesiva del predetto art.  111,  secondo
comma Cost., oltre che dell'art. 117,  primo  comma,  per  violazione
degli obblighi internazionali derivanti all'Italia dall'art. 6 (e 13,
come meglio si specifichera' in seguito) della  predetta  Convenzione
(la cui violazione comporta lesione dell'art. 117, primo comma Cost.,
come modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, secondo  le
sentenze della Corte costituzionale numeri 348 e 349 del  2007  e  la
successiva giurisprudenza ad esse conforme), che stabilisce l'analogo
principio del «tempo ragionevole», e infine dell'art. 3, primo  comma
Cost. per uniforme trattamento di situazioni diverse; 
        6) non per  caso,  quindi,  il  «diritto  vivente»  (uniforme
interpretazione  di  CEDU  e  Corte  di  Cassazione  Italiana,   come
recentemente  consolidatasi)  alla  vigilia  del  d.l.   n.   83/2012
affermava che la durata ragionevole di un procedimento ex lege n.  89
non dovesse superare i due anni (quando articolatosi in due gradi); e
tale  interpretazione  puo'  trarre  conforto  dagli  stessi  termini
ordinatori piu' brevi indicati dalla legge fin dalla  sua  originaria
formulazione per lo svolgimento della procedura di  equa  riparazione
(nel  senso  che,  in  presenza  di  tali,  piu'   ridotti   termini,
difficilmente sarebbe risultato giustificabile un termine ancor  piu'
ampio di quello ravvisato dalla giurisprudenza), che oggi,  peraltro,
proprio il  d.l.  n.  83/2012  convertito  nella  legge  n.  134,  ha
ribadito, fissando un termine ancora piu' breve (trenta  giorni)  per
l'emissione del decreto nella fase  «monitoria»  (art.  3,  comma  4,
legge n. 89 come modificata), e mantenendo il termine di quattro mesi
per la eventuale fase di opposizione (art. 5-ter comma 5); 
        7)   ne'   potrebbe   dirsi   irrilevante    un'insufficiente
riparazione ai sensi della legge n. 89/2001, ai  fini  della  lesione
dei  diritti  costituzionalmente  garantiti  sopra  richiamati,   sol
perche' esiste la possibilita' di ottenere una  «equa  soddisfazione»
dalla CEDU, ai sensi dell'art. 41  della  Convenzione  citata,  anche
oltre i rimedi apprestati dall'ordinamento interno; e cio' in  quanto
l'art. 13 della Convenzione impone comunque agli Stati di predisporre
un rimedio interno davanti ad un giudice nazionale per la  violazione
dei diritti dalla stessa garantiti; 
        8)  in  ordine  alla  rilevanza,  si  richiama  quanto  sopra
esposto, ai punti 1 e 2, da cui consegue che, ove si dovesse ritenere
conforme a Costituzione, e conseguentemente applicare,  la  normativa
vigente, ricorso andrebbe respinto, risultando rispettato il  termine
ragionevole di sei anni complessivi ex art. 2, comma 2-ter, legge  n.
89/2001 nel testo  vigente;  mentre  invece,  ove  fosse  accolta  la
questione  di  legittimita'   costituzionale,   nei   termini   sopra
prospettati e che si vanno  a  precisare  ulteriormente,  il  ricorso
dovrebbe essere accolto, in quanto  la  durata  del  procedimento  ha
superato i due anni, pur essendosi svolto in unico grado; 
        9) la questione deve investire l'art. 2,  comma  2-ter  della
legge n. 89, nella parte in cui  si  applica  anche  ai  procedimenti
previsti dalla stessa legge n. 89, e  dunque  riguardare  il  termine
sessennale complessivo del procedimento, di cui ha fatto applicazione
questa Corte nel decreto opposto; ma va estesa anche  al  termine  di
cui al comma 2-bis (tre anni per il primo grado), che  si  renderebbe
applicabile in mancanza del predetto termine complessivo; anche  tale
termine (superato, nel caso di specie, nella sola misura di mesi 3  e
giorni 20, e quindi non  indennizzabile,  ex  art.  2-bis,  legge  n.
89/2001, poiche' frazione di anno inferiore a sei mesi)  risulterebbe
infatti superiore a quello individuato  dalla  citata  giurisprudenza
come limite  di  ragionevole  durata  di  un  procedimento  per  equa
riparazione;