IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TOSCANA 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 1856 del 2012, proposto da: 
    Marina Cala  de'  Medici  s.p.a.,  Cala  de'  Medici  Immobiliare
s.r.l., Cala de' Medici Servizi  s.r.l.,  Cala  de'  Medici  Cantiere
s.r.l.,   in   persona   dei   rispettivi   legali    rappresentanti,
rappresentate e difese dagli avv. Flavia Pozzolini e Giovanni Calugi,
con domicilio eletto presso Giovanni  Calugi  in  Firenze,  via  Gino
Capponi, 26; 
    Contro Comune di Rosignano Marittimo, in persona del  Sindaco  in
carica, n.c.; Regione Toscana, in persona del Presidente  in  carica,
Ministero delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,  in  persona  del
Ministro in carica, Capitaneria di  Porto  di  Livorno,  Agenzia  del
Demanio, Agenzia del  Demanio  -  Filiale  Toscana,  rappresentati  e
difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze,
ivi domiciliataria in via degli Arazzieri, 4; 
    Sul ricorso numero di registro generale 813  del  2013,  proposto
da: Marina Cala  de'  Medici  s.p.a.,  Cala  de'  Medici  Immobiliare
s.r.l., Cala de' Medici Servizi  s.r.l.,  Cala  de'  Medici  Cantiere
s.r.l.,   in   persona   dei   rispettivi,   legali   rappresentanti,
rappresentate e difese dagli avv. Flavia Pozzolini e Giovanni Calugi,
con domicilio eletto presso Giovanni  Calugi  in  Firenze,  via  Gino
Capponi, 26; 
    Contro Comune di Rosignano Marittimo, in persona del  Sindaco  in
carica, n.c.; Regione Toscana, in persona del Presidente  in  carica,
Ministero delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,  in  persona  del
Ministro in carica, Capitaneria di  Porto  di  Livorno,  Agenzia  del
Demanio, Agenzia del  Demanio  -  Filiale  Toscana,  rappresentati  e
difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze,
ivi domiciliataria in via degli Arazzieri, 4; 
    Sul ricorso numero di registro generale 753  del  2014,  proposto
da: Marina Cala  de'  Medici  s.p.a.,  Cala  de'  Medici  Immobiliare
s.r.l., Cala de' Medici Cantiere s.r.l., in  persona  dei  rispettivi
legali rappresentanti, rappresentate e  difese  dagli  avv.  Giovanni
Calugi e Flavia  Pozzolini,  con  domicilio  eletto  presso  Giovanni
Calugi in Firenze, via Gino Capponi, 26; 
    Contro Comune di Rosignano Marittimo, in persona del  Sindaco  in
carica; Regione Toscana, in persona del Presidente in carica, Agenzia
del Demanio - Filiale Toscana; Ministero delle infrastrutture  e  dei
trasporti, in persona del Ministro in carica, Capitaneria di Porto di
Livorno, Agenzia  del  Demanio,  rappresentati  e  difesi  per  legge
dall'Avvocatura   Distrettuale   dello   Stato   di   Firenze,    ivi
domiciliataria in via degli Arazzieri, 4; 
    Per l'annullamento quanto al ricorso n. 1856 del 2012: 
        dell'atto del 27 luglio 2012, prot. n. 0026196 del 30  luglio
2012, comunicato alle ricorrenti il 2 agosto 2012, avente ad  oggetto
«Concessione demaniale n. 145 del 23 marzo 1999. Richiesta  pagamento
canone demaniale anno 2012 e conguaglio  canoni  demaniali  dall'anno
2007   all'anno   2011»,   con   cui,   il   Responsabile   dell'U.O.
Pianificazione del Comune di Rosignano Marittimo  ha  determinato  il
canone per la concessione demaniale n. 145/99, di cui  le  ricorrenti
sono titolari nell'importo di  euro  186.145,95  per  il  2007,  euro
190.892,67 per il 2008, 201.391,76 per il 2009, euro 194.544  per  il
2010 ed euro 199.991,69 per il 2011 ed euro 207.491,38 per 11 2012; 
        dell'atto del 29 agosto 2012, prot. n. 0029429 del 30  agosto
2012, comunicato alle ricorrenti  il  6  settembre  2012,  avente  ad
oggetto «Concessione demaniale marittima n. 145 del  23  marzo  1999.
Pagamento conguaglio canoni demaniali dall'anno 2007 all'anno  2012»,
con cui  il  Responsabile  dell'U.O.  Pianificazione  del  Comune  di
Rosignano Marittimo ha preso  atto  dei  pagamenti  effettuati  dalle
societa' concessionarie e ha confermato gli importi dei  canoni  come
stabiliti 
        nell'atto del  30  luglio  2012,  correggendo  «l'importo  da
conguagliare»;  nonche'   di   ogni   atto   ad   essi   presupposto,
consequenziale o comunque connesso; 
    quanto al ricorso n. 813 del 2013: 
        dell'atto datato 18 marzo 2013, prot. n. 0014586 del 20 marzo
2013, comunicato alle ricorrerti il 26 marzo 2013, avente ad  oggetto
«Concessione demaniale n. 145 del 23 marzo 1999. Richiesta  pagamento
canone demaniale  anno  2013»,  con  cui  il  Responsabile  dell'U.O.
Pianificazione del Comune di Rosignano Marittimo  ha  determinato  il
canone per la concessione demaniale n. 145/99, di cui  le  ricorrenti
sono titolari, nell'importo di lire 213.404,88 per il  2013;  nonche'
di ogni atto ad esso presupposto, consequenziale o comunque connesso; 
    quanto al ricorso n. 753 del 2014: 
        dell'atto prot. n. 0005965 dello 6 febbraio 2014,  comunicato
a  Marina  Cala  de'  Medici  Immobiliare  l'11   febbraio   2014   e
successivamente alle altre ricorrenti, avente ad oggetto «Concessione
demaniale marittima  n.  145/99  Capitaneria  di  Porto  di  Livorno.
Richiesta  pagamento  canone  demaniale  anno  2014»,  con   cui   il
Responsabile  dell'U.O.  Pianificazione  del  Comune   di   Rosignano
Marittimo ha determinato il canone per  la  concessone  demaniale  n.
145/99, di cui le  ricorrenti  sono  titolari  nell'importo  di  euro
212.337,86 per il 2014 ed ha  chiesto  il  pagamento  del  conguaglio
(rispetto a quanto gia' corrisposto) di euro 110,773,26;  nonche'  di
ogni atto ad esso presupposto, consequenziale o comunque connesso; 
    Visti i ricorsi e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio  del  Ministero  delle
infrastrutture  e  dei  trasporti,  della  Capitaneria  di  Porto  di
Livorno, dell'Agenzia del Demanio, dell'Agenzia del Demanio - Filiale
Toscana; 
    Relatore nell'udienza  pubblica  del  giorno  8  aprile  2015  la
dott.ssa Rosalia Messina e udid per le parti i difensori avvocati  M.
Dell'Anno, delegata dall'avv. G. Calugi, e P. Pirollo, avvocato dello
Stato; 
    1. - Premesse di fatto. 
    I ricorsi in epigrafe devono essere  riuniti,  attesa  l'evidente
connessione fra essi. 
    Con il ricorso n. 185672012 R.G.  le  societa'  Marina  Cala  de'
Medici s.p.a., Cala de' Medici Immobiliare s.r.l.,  Cala  de'  Medici
Servizi  s.r.l.  e  Cala,  de'  Medici   Cantiere   s.r.l.   chiedono
l'annullamento del provvedimento, di estremi specificati in epigrafe,
con il quale il Comune  di  Rosignano  Marittimo  ha  determinato  il
canone per la concessione demaniale  n.  145  del  1999,  di  cui  le
ricorrenti sono titolari, stabilendo gli importi dovuti per gli  anni
dal 2007 al 2012; hanno chiesto altresi' l'annullamento dell'atto con
il quale il medesimo Comune ha preso atto  dei  pagamenti  effettuati
dalla societa' concessionaria, confermando  gli  importi  dei  canoni
come stabiliti con il primo degli atti impugnati. 
    Di contenuto analogo sono i ricorsi n. 813 del 2013 e n. 753/2014
R.G. (in  quest'ultimo,  pero',  fra  le  ricorrenti  non  figura  la
societa' Cala de' Medici Cantiere  s.r.l.,  la  quale,  come  risulta
dagli atti di causa, ha rinunciato all'autorizzazione al  subingresso
mediante cointestazione della  concessione  demaniale  n.  145/1999).
Detti ricorsi hanno per oggetto, rispettivamente, l'annullamento  del
provvedimento, di estremi specificati in epigrafe, con  il  quale  il
Comune di Rosignano Marittimo ha determinato  il  canone  concessorio
dovuto per l'anno 2013 e l'annullamento del provvedimento, di estremi
pure specificati in epigrafe, con il quale il Comune  ha  determinato
il canone per l'anno 2014,  chiedendo  il  conguaglio  rispetto  agli
importi gia' versati. 
    Originariamente, titolare della concessione avente per oggetto la
temporanea occupazione e l'uso di un'area demaniale  marittima  della
superficie complessiva di  174.966  m2  (tra  terraferma  e  specchio
acqueo) era la  societa'  Marina  Cala  de'  Medici  Circolo  nautico
s.p.a., la quale si era impegnata  a  costruire  un  porto  turistico
costituito da opere a mare e  opere  a  terra,  secondo  un  progetto
allegato alla concessione, la cui durata veniva stabilita in 50 anni. 
    Dal 2003, a seguito di apposita istanza della predetta  societa',
veniva autorizzata la cointestazione  della  concessione  anche  alle
altre societa' sopra indicate, solidalmente obbligate  nei  confronti
dell'amministrazione,  sebbene  la  ripartizione  del  pagamento  del
canone non e' stabilita in parti uguali fra loro. 
    Il  canone  annuo   veniva   stabilito   nell'importo   di   lire
176.698.000, pari a  €  91.256,91,  secondo  la  normativa  all'epoca
vigente. 
    Con la legge numero 449 del 1997 veniva riordinata la materia dei
canoni concessori e venivano  stabiliti  criteri  di  favore  per  le
strutture destinate alla nautica da diporto. 
    L'aggiornamento annuale del canone e' avvenuto secondo gli indici
Istat fino alla legge finanziaria 2007 (legge numero 296  del  2006),
che  ha  disciplinato  la  materia  dei  canoni  per  le  concessioni
demaniali con i commi 251  e  252  dell'art.  1  (il  comma  252,  in
particolare, riguarda le concessioni finalizzate  alla  realizzazione
delle infrastrutture per la nautica da diporto e la gestione di  tali
infrastrutture) e ha altresi' abrogato con il comma 256 del  medesimo
art. 1, la normativa speciale di favore  del  1997  (si  veda  infra,
paragrafo 4). 
    I canoni sono quindi aumentati  notevolmente  (secondo  le  parti
ricorrenti, nel loro caso del 180%  rispetto  al  canone  determinato
nell'atto concessorio e poi successivamente aggiornato). 
    Con il ricorso numero 1979 del  2009  R.G.  le  societa'  odierne
ricorrenti   avevano   impugnato   il   provvedimento   comunale   di
determinazione del canone demaniale per gli anni 2007, 2008  e  2009,
con il quale era stata applicata la nuova normativa. 
    Con sentenza numero 852 del 13  maggio  2011  questa  Sezione  ha
definito il predetto ricorso, statuendo come di seguito indicato: 
        ha ritenuto applicabile la legge finanziaria  del  2007  alle
concessioni demaniali marittime rilasciate prima della sua entrata in
vigore per la costruzione gestione di porti turistici; 
        ha ritenuto il provvedimento impugnato viziato da carenza  di
istruttoria,  non  essendo  stata  sufficientemente  considerata   la
distinzione tra opere  di  facile  rimozione  e  opere  di  difficile
rimozione; 
        ha ritenuto che gli importi  unitari  stabiliti  dalla  legge
finanziaria del 2007 si applicano alle concessioni relative ai  porti
turistici ma senza rivalutazione sulla  base  degli  indici  Istat  a
partire dal 1° gennaio 1998; 
        ha, per il resto, respinto il ricorso. 
    Detta sentenza e' stata appellata; presso la  sesta  Sezione  del
Consiglio di Stato pende il ricorso n. 10512/2011. 
    Con atto numero 10713 del 19  aprile  2011  il  canone  e'  stato
rideterminato con riferimento agli anni dal 2007 al 2011; anche  tale
atto e' stato impugnato  con  ricorso  numero  1456  del  2011.  Tale
giudizio e' stato definito con sentenza di questa Sezione numero  251
del  2013,  in  cui  e'  stato  stabilito  che   «Alla   luce   delle
sopravvenienze fattuali,  respinta  la  domanda  di  sospensione  del
presente giudizio, va dichiarata  la  cessazione  della  materia  del
contendere, per quanto attiene alla rivalutazione non retroattiva dei
canoni, disposta ora dall'Amministrazione col nuovo atto n. 26196 del
30 luglio 2012, come richiesto dalle predette Societa' nel ricorso e,
per la restante parte, dell'impugnativa per sopravvenuta  carenza  di
interesse, atteso che l'atto gravato n. 10713 del 19 aprile  2011  e'
stato espressamente annullato e sostituito dal nuovo  atto  n.  26196
del 30 luglio 2012 (cfr. all. 13 e 27 al ricorso).». 
    Una terza rideterminazione del canone relativo  alla  concessione
demaniale n. 145/1999 per gli anni 2007-2012, adottata dal Comune  di
Rosignano Marittimo in data 30 luglio 2012, viene  impugnata  con  il
ricorso in esame,  insieme  alla  successiva  determinazione  del  30
agosto 2012,  con  la  quale  si  e'  tenuto  conto  degli  ulteriori
pagamenti non conteggiati nel provvedimento di luglio, che  e'  stato
per il resto confermato. 
    Il ricorso in epigrafe ricalca doglianze  e  argomentazioni  gia'
espresse nei precedenti ricorsi. 
    L'Agenzia del  Demanio,  cosdtuitasi  in  resistenza  tramite  la
difesa erariale, ha contestato le tesi delle ricorrenti,  richiamando
le statuizioni di questa Sezione (sentenza n. 852/2011). 
    Nelle more del giudizio la sesta Sezione del Consiglio  di  Stato
ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1,
comma 252, della legge n. 296 del 2006, nella parte in cui si applica
alle  concessioni  per  la  realizzazione  e  per  la   gestione   di
infrastrutture destinate alla nautica da diporto gia' rilasciate alla
data dell'entrata in vigore di detta  disciplina.  Con  ordinanza  n.
2810/2012 la predetta Sezione ha rimesso alla Corte costituzionale la
valutazione della conformita' della disposizione su  menzionata  agli
artt. 3 e 41 della Carta, sotto i profili: a) dell'eccesso di  potere
legislativo consistente  nella  lesione  dell'affidamento  ingenerato
dalla previgente disciplina nei titolari di  rapporti  concessori  in
corso; b) della irragionevolezza del'equiparazione delle  concessioni
in corso alle nuove; c) della  lesione  della  libera  di  iniziativa
economica, dovuta  alla  frustrazione  delle  scelte  imprenditoriali
anteriori alla legge sopravvenuta. 
    In sede di appello dell'ordinanza cautelare di reiezione resa  in
prime cure da questa Sezione (ord. n. 830/2012,  con  cui  era  stato
confermato l'orientamento espresso con la piu' volte citata decisione
n. 852/2011), la medesima sesta Sezione del  Consiglio  di  Stato  ha
accolto l'istanza di  sospensione  degli  effetti  dei  provvedimenti
impugnati fino alla data della nuova udienza di merito da  fissare  a
seguito della definizione dell'incidente di costituzionalita'. 
    La  Corte  costituzionale  ha  dichiarato   inammissibile   detta
questione per difetto di prova della rilevanza  nel  giudizio  a  quo
(sentenza n. 128/2014). 
    Le cause in epigrafe tornano quindi all'attenzione del  Collegio,
essendo state trattenute in decisione alla  pubblica  udienza  dell'8
aprile 2015. 
    2. - Le precedenti pronunce della Corte costituzionale in materia
di canoni di concessione dei beni pubblici. 
    Nel 2010 la Corte costituzionale,  con  sentenza  n.  302,  aveva
dichiarato l'infondatezza della questione di legittimita' della norma
della finanziaria del 2006 sollevata dal  Tribunale  di  Sanremo  con
ordinanza del 5 gennaio 2009 in relazione agli artt. 3, 53 e 97 della
Costituzione;  la  fattispecie  esaminata  riguardava  le  cosiddette
pertinenze demaniali. 
    La Corte  aveva  richiamato  il  proprio  orientamento  circa  la
lesione dell'affidamento dei privati nei  rapporti  di  durata,  gia'
espresso con sentenza n. 264 del 2005 (in senso conforme, tra  molte,
le sentenze n. 236 e n. 206 del 2009), in cui  si  era  statuito  che
«nel nostro sistema  costituzionale  non  e'  affatto  interdetto  al
legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare  in
senso sfavorevole per i beneficiari la  disciplina  dei  rapporti  di
durata, anche se  l'oggetto  di  questi  sia  costituito  da  diritti
soggettivi perfetti (salvo, ovviamente, in caso di norme retroattive,
il limite imposto in materia  penale  dall'art.  25,  secondo  comma,
della  Costituzione).  Unica  condizione  essenziale  e'   che   tali
disposizioni  non   trasmodino   in   un   regolamento   irrazionale,
frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi
precedenti, l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da
intendersi quale elemento fondamentale dello stato di diritto.». 
    La Corte ha quindi proseguito affermando che «la  variazione  dei
criteri di calcolo  dei  canoni  dovuti  dai  concessionari  di  beni
demaniali, in particolare di beni appartenenti al demanio  marittimo,
non  e'  frutto  di  una  decisione  improvvisa  ed  arbitraria   del
legislatore, ma si inserisce in una  precisa  linea  evolutiva  della
disciplina  dell'utilizzazione  dei  beni  demaniali.  Alla   vecchia
concezione, statica e legata ad una valutazione tabellare e  astratta
del valore del bene,  si  e'  progressivamente  sostituita  un'altra,
tendente ad avvicinare i valori di tali beni  a  quelli  di  mercato,
sulla base cioe' delle potenzialita' degli stessi di produrle reddito
in un contesto specifico.». 
    La Corte ha precisato che tale processo evolutivo «e' in corso da
diversi decenni ed ha indotto  questa  Corte  ad  osservare  che  gli
interventi legislativi, volti ad adeguare i canoni di  godimento  dei
beni pubblici, hanno lo scopo, conforme agli artt. 3 e 97  Cost.,  di
consentire allo Stato una maggiorazione delle entrate e di rendere  i
canoni piu'  equilibrati  rispetto  a  quelli  pagati  in  favore  di
locatoli privati (sentenza n. 88 del 1997). 
    Del resto, un consistente aumento dei  canoni  in  questione  era
gia'  stato  disposto  dall'art.  32,  commi  21,  22   e   23,   del
decreto-legge 30 settembre 2003, n.  269  (Disposizioni  ingenti  per
favorire lo sviluppo e per la  correzione  dell'andamento  dei  conti
pubblici), convertito in legge, con modficazioni, dall'art.  1  della
legge 24 novembre  2003,  n.  326.  La  concreta  applicazione  degli
aumenti disposti dalle norme citate e' stata successivamente rinviata
sino a quando la legge finanziaria del 2007 (art. 1,  comma  256)  ha
disposto la loro abrogazione, mentre  contestualmente  introduceva  i
nuovi criteri di calcolo. Questi ultimi hanno sostituito gli  aumenti
generalizzati dei canoni annui per concessioni  demaniali  marittime,
disposti con il citato d.l. n. 269 del 2003, con un nuovo meccanismo,
che incide soprattutto sulle aree maggiormente produttive di reddito,
cioe' quelle su  cui  insistono  pertinenze  destinate  ad  attivita'
commerciali, terziario -  direzionali  e  di  produzione  di  beni  e
servizi. 
    Non si puo' dire pertanto  che  l'aumento  dei  canoni,  disposto
dalla  previsione  legislativa  censurata,  sia  giunto  inaspettato,
giacche' esso si e' sostituito ad un precedente aumento, di  notevole
entita', non applicato per effetto di successive proroghe, ma rimasto
tuttavia in vigore  sino  ad  essere  rimosso,  a  favore  di  quello
vigente, dalla norma oggetto di censura. Ne' l'incremento puo' essere
considerato frutto di irragionevole arbitrio del legislatore, tale da
indurre questa Corte a sindacare una scelta di indirizzo  politico  -
economico, che  sfugge,  in  via  generale,  ad  una  valutazione  di
legittimita' costituzionale.  Si  tratta  infatti  di  una  linea  di
valorizzazione dei beni pubblici,  che  mira  ad  una  loro  maggiore
redditivita' per lo  Stato,  vale  a  dire  per  la  generalita'  dei
cittadini,  diminuendo  proporzionalmente  i  vantaggi  dei  soggetti
particolari che assumono la veste di concessionari. 
    Si deve ricordare in proposito la giurisprudenza della  Corte  di
giustizia dell'Unione europea, laddove sottolinea che  una  mutazione
dei rapporti di durata deve ritenersi illegittima quando incide sugli
stessi «in modo improvviso  e  imprevedibile»,  senza  che  lo  scopo
perseguito dal legislatore ne  imponesse  l'intervento  (sentenza  29
aprile 2004, in cause C-487/01 e C-7/02).  Per  i  motivi  illustrati
sopra, l'intervento del legislatore non e'  stato  ne'  improvviso  e
imprevedibile, ne' ingiustificato rispetto allo scopo  perseguito  di
assicurare maggiori entrate all'erario e di perequare  le  situazioni
dei soggetti che svolgono attivita' commerciali, avvalendosi di  beni
pubblici, e quelle  di  altri  soggetti  che  svolgono  le  identiche
attivita',  ma   assoggettati   ai   prezzi   di   mercato   relativi
all'utilizzazione di beni di proprieta' privata.». 
    Con riguardo alla discriminazione tra utilizzatori di  pertinenze
demaniali marittime e soggetti locatari di aree di proprieta' privata
la Corte ha ritenuto che non  solo  non  vi  e'  discriminazione  nel
tendenziale avvicinamento delle due situazioni, dal  punto  di  vista
del  costo  dell'utilizzazione,   «ma   si   deve   riconoscere   che
l'intervenuto aumento dei canoni riduce l'ingiustificata posizione di
vantaggio di chi possa, nel medesimo contesto territoriale, usufruire
di concessioni demaniali rispetto a  chi,  invece,  sia  costretto  a
rivolgersi al mercato immobiliare.». 
    La Corte sminuisce anche l'argomentazione che sul  concessionario
pesano alcuni oneri che non gravano sui locatari  privati,  rilevando
che la norma censurata prevede un metodo di calcolo  dei  canoni  che
non fa coincidere, puramente e semplicemente, i  canoni  stessi  e  i
prezzi praticati nel mercato. Infatti - osserva la Corte - il  canone
e' determinato moltiplicando la superficie complessiva del  manufatto
per la media dei valori mensili unitari  minimi  e  massimi  indicati
dall'Osservatorio del mercato immobiliare per la zona di riferimento,
concludendo: «L'importo ottenuto e' moltiplicato per un  coefficiente
pari a 6,5. Il canone annuo cosi' ottenuto e'  ulteriormente  ridotto
in misura inversamente proporzionale alla superficie  del  manufatto.
Le due situazioni sono da ritenersi pertanto equilibrate; anzi,  puo'
dirsi che viene posto rimedio  ad  un  precedente  squilibrio,  senza
tuttavia arrivare ad una completa parificazione.». 
    Infine,   la   Corte   ha   respinto   ulteriori    profili    di
incostituzionalita', cosi' motivando: 
    «3.3. - Non e' condivisibile  neppure  l'osservazione,  formulata
dal  rimettente  e  dalla  parte  privata,   che   vi   sarebbe   una
discriminazione tra concessionari di pertinenze  demaniali  marittime
destinate  ad  attivita'  commerciali,  terziario-direzionali  e   di
produzione di beni e servizi e concessionari di beni  pubblici  dello
stesso tipo destinati ad altre utilizzazioni, ad esempio abitative. 
    La differenza di trattamento trova giustificazione nella  diversa
attitudine dei beni pubblici a produrre reddito per i  concessionari,
che certamente e' maggiore  se  gli  stessi  vengono  destinati  alle
attivita'  considerate  dalla  norma  censurata,  piuttosto   che   a
destinazioni diverse, che ne implicano il mero  godimento,  senza  un
attivo sfruttamento economico. 
    3.4. - Occorre infine rimarcare che la determinazione del  canone
per  le  pertinenze  demaniali  marittime  e'  affidata  alle   stime
dell'Osservatorio del mercato immobiliare, organismo tecnico, gestito
dall'Agenzia del territorio, ai sensi  dell'art.  64,  comma  3,  del
decreto   legislativo   30   luglio    1999,    n.    300    (Riforma
dell'organizzazione del Governo, a norma dell'art. 11 della legge  15
marzo 1997, n. 59), che offre le necessarie garanzie di obiettivita'. 
    4. -  La  censura  riferita  all'art.  53  Cost.,  contenuta  sia
nell'atto introduttivo del giudizio, sia nella  memoria  della  parte
privata interveniente, e'  del  tutto  inondata,  giacche'  i  canoni
demaniali  marittimi   non   hanno   natura   tributaria,   ma   sono
corrispettivi dell'uso  di  un  bene  di  proprieta'  dello  Stato  e
costituiscono quindi un prezzo pubblico calcolato in base  a  criteri
stabiliti dalla legge (ex plurimis, sentenze n. 174 del 1998 e n. 311
del 1995).». 
    Ma  tutte  le  predette   considerazioni   non   possono   essere
automaticamente applicate a qualsivoglia tipo di concessione di  beni
demaniali. Come meglio si dira' in seguito,  lo  stesso  legislatore,
prima della legge finanziaria del 2007, aveva sempre differenziato il
regime  delle  concessioni   di   beni   demaniali   destinate   alla
realizzazione e gestione  delle  infrastrutture  per  la  nautica  da
diporto. 
    In  ragione   delle   peculiari   caratteristiche   di   siffatte
concessioni,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale   della
normativa del 2006 era gia'  stata  proposta,  come  s'e'  accennato,
dalla sesta Sezione del Consiglio di Stato e, come pure  si  e'  gia'
detto,  essa   e'   stata   dichiarata   inammissibile   per   omessa
dimostrazione della specifica  rilevanza  della  questione  nel  caso
concreto. 
    La questione e' stata di recente riproposta dalla medesima  sesta
Sezione, con ordinanza n. 454 del 30 gennaio  2015,  nell'ambito  del
giudizio d'appello proposto  da  una  societa'  nei  confronti  della
sentenza di questo TAR n. 3856/2009, in relazione alla determinazione
dei canoni relativi a una  concessione  demaniale  marittima  per  la
costruzione e la gestione per cinquant'anni di un porto turistico. 
    La predetta decisione di prime cure aveva ritenuto  infondato  il
ricorso  sulla  base  della  natura   vincolata   del   provvedimento
impugnato,  applicativo  della  normativa  vigente,   giudicata   non
illegittima  costituzionalmente  in  quanto  la  determinazione   dei
parametri  di  calcolo  dei  canoni  concessori,  rientrerebbe  nella
discrezionalita' del legislatore e tale discrezionalita' nella specie
sarebbe stata esercitata in modo non irragionevole. 
    Sospesa in appello l'esecutivita' della sentenza  su  menzionata,
la sesta Sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto rilevante  e  non
manifestamente infondata la questione  di  costituzionalita'  dedotta
dall'appellante. 
    Sotto il primo profilo, l'ordinanza n. 454 del 30 gennaio 2015 ha
accertato che l'aumento degli importi  dei  canoni,  applicato  negli
anni 2007-2048, renderebbe il margine negativo, pari a  €  8.124.134,
che, dato il conseguente aumento dell'imposta regionale, risulterebbe
pari a € 12.578.872. 
    Sotto il secondo profilo, la sesta Sezione del Consiglio di Stato
ha  richiamato  la  precedente  ordinanza  n.  2810  del  2012  e  le
argomentazioni in essa contenute, riguardanti: 
        la sostanziale diversita' fra le concessioni di cui al  comma
251  dell'art.  1  della  legge   n.   296/2006,   aventi   finalita'
turistico-ricreative, e quelle di cui al successivo  comma  252,  con
finalita' di realizzazione e gestione di strutture per la nautica  da
diporto; in particolare, e'  stato  posto  l'accento  sulla  modestia
degli investimenti richiesti dalle  prime,  a  fronte  degli  ingenti
investimenti  richiesti  dalle  seconde,  caratterizzate   anche   da
notevole impegno  gestionale  e  dalla  necessita'  di  un  piano  di
equilibrio economico-finanziario di lungo  periodo,  nell'ambito  del
quale  l'importo  del   canone,   come   individuato   nell'atto   di
concessione, costituisce elemento determinante definito alla  stregua
della rilevanza degli investimenti; 
        la violazione, sulla  base  delle  premesse  appena  esposte,
dell'art. 3 della Costituzione, sia sotto il profilo del  trattamento
uguale di situazioni diseguali, sia sotto il  profilo  della  lesione
del legittimo affidamento delle imprese; 
        la normativa previgente, ispirata a  un  chiaro  favore,  per
ragioni  di  incentivazione,  nei  confronti  del  secondo  tipo   di
concessioni (quelle di cui al comma 252 gia' richiamato); 
        l'affidamento ingenerato nei concessionari  sulla  stabilita'
dell'equilibrio economico-finanziario di lungo periodo  impostato  da
tempo per le concessioni di cui trattasi, tenuto conto del fatto  che
l'aumento dei canoni disposto con i commi 21, 22 e  23  del  d.l.  n.
69/2003, convertito in legge n. 326/2003 e rinviato  fino  alla  piu'
volte citata legge finanziaria del 2007, era stato disposto solo  nei
confronti delle concessioni con finalita' turistico-ricreative; 
        l'analogia  con  la  pur  diversa  materia  dei  compensi  da
corrispondere ai  custodi  dei  veicoli  sequestrati,  oggetto  della
pronuncia della Corte costituzionale n. 92/2013, che ha  riconosciuto
la lesione del principio di affidamento «in un fascio  di  situazioni
(giuridiche ed economiche) iscritte in  un  rapporto  convenzionale»;
l'ordinanza  n.  454/2015  sottolinea  l'analogia  della  fattispecie
oggetto di  detta  decisione  della  Corte  con  il  regolamento  dei
rapporti concessori di beni pubblici,  improntato  alla  paritarieta'
delle posizioni del privato e del potere pubblico, salva l'autotutela
spettante alla p.a.; 
        la violazione dell'art. 41  della  Cost.,  sotto  il  profilo
dell'irragionevole   frustrazione   delle   scelte    imprenditoriali
attraverso la modificazione degli elementi costitutivi  dei  rapporti
contrattuali gia' costituiti. 
    3. - Esame della rilevanza, nella  fattispecie  in  esame,  della
questione di costituzionalita' dell'art. 1, comma 252, della legge n.
2961 2006, in relazione agli artt. 3 e 41 Cost. 
    Dall'esame degli atti di  causa  emerge  che  la  concessione  n.
145/1999, rilasciata alla societa' Marina Cala de' Medici,  prevedeva
da parte della concessionaria il pagamento di una somma di  €  45.629
annui  durante  il  periodo  di  durata  dei  lavori  necessari  alla
realizzazione del porto turistico e di € 91.256,91 annui  dalla  fine
di detti  lavori  alla  scadenza  della  concessione  (in  totale,  €
4.334.703), oltre al versamento di una cauzione di lire  354.000.000.
Tutte  tali  somme  erano  soggette  ad  aggiornamento  annuale;   in
particolare, la  cauzione  avrebbe  subito  un  adeguamento  tale  da
garantire che  l'importo  della  stessa  non  sarebbe  mai  risultato
inferiore a due annualita' del canone. 
    Oggetto della concessione e' un'area demaniale comprendente  aree
di terra e aree di specchio acqueo, per un'estensione complessiva  di
157.000  mq,  per  la  durata  di  cinquant'anni;  lo   scopo   della
concessione e', per la societa', quello di  costruire  e  gestire  un
porto turistico che, a realizzazione avvenuta, avrebbe le  dimensioni
di 81.700 mq a terra e 93.300 mq di specchio  acqueo  (art.  1  della
convenzione facente parte integrante della concessione). 
    Il canone sopra indicato e' stato determinato in base al D.  Min.
Trasporti e Navigazione n. 343 del 30 luglio 1998 e  della  circolare
del medesimo Ministero - Direzione generale del Demanio  marittimo  e
dei Porti n. 77 del 17 dicembre 1998 (art. 4 della convenzione). 
    All'art. 10 della convenzione e' previsto che, alla scadenza  del
rapporto ovvero in caso di decadenza ai sensi dell'art. 47 del codice
della navigazione o di rinuncia da parte del concessionario, le opere
realizzate, con accessori  e  pertinenze,  resteranno  in  proprieta'
assoluta  dello  Stato;  al  concessionario  nulla  sara'  dovuto   e
l'amministrazione potra' decidere di demolire le opere e rimettere in
pristino stato i luoghi a cura e spese del concessionario  senza  per
cio' corrispondergli alcunche',  mentre,  in  caso  di  revoca  della
concessione, e' riconosciuto un indennizzo al concessionario  secondo
i criteri stabiliti nel medesimo articolo;  infine,  le  inadempienze
espongono il concessionario alla rivalsa sulla somma versata a titolo
di cauzione o su  quella  da  corrispondersi  per  indennizzo,  senza
intermediazione di provvedimenti giurisdizionali. 
    Le ricorrenti hanno depositato il computo metrico delle  opere  e
degli impianti previsti nel progetto allegato all'atto di concessione
e  il  piano   economico-finanziario.   Hanno   altresi'   depositato
un'analisi   economico-finanziaria   delle   conseguenze    derivanti
dall'aumento del  canone  demaniale,  concludendo  che  tale  aumento
produrrebbe un incremento dei costi, rispetto alle  previsioni  fatte
al momento della concessione, di € 5.381.003 durante tutto l'arco  di
durata  dell'investimento.  Tale  aggravio  contabile  imprevisto   e
imprevedibile ha mutato radicalmente la situazione di  cui  l'impresa
aveva tenuto  conto  nel  determinarsi  all'investimento,  producendo
l'effetto che i flussi  finanziari  negativi  attualizzati  sarebbero
superiori ai flussi positivi attualizzati. 
    Su tali aspetti non vi sono state contestazioni  da  parte  delle
amministrazioni resistenti. 
    Pertanto, il Collegio  ritiene  rilevante  nella  fattispecie  in
esame la questione di costituzionalita' dell'art. 1, comma 252, della
legge n. 296/2006, in relazione agli artt. 3 e 41 Cost., nella  parte
in cui si applica alle concessioni per la realizzazione e la gestione
delle infrastrutture per la nautica da diporto gia'  rilasciate  alla
data della sua entrata in vigore. 
    4.  -  Le   concessioni   di   beni   demaniali   con   finalita'
turistico-ricreative e le concessioni di beni  demaniali  finalizzate
alla realizzazione e gestione di infrasfrutture  per  la  nautica  da
diporto: differenze e dubbi di costituzionalita'. 
    Sotto il profilo che qui interessa, ovvero l'incidenza del canone
concessorio e la, diversa misura che finora tali canoni hanno  avuto,
i due tipi di concessione di beni  demaniali  (quelle  con  finalita'
turistico-ricreative e quelle destinate alla realizzazione e gestione
di infrastrutture  per  la  nautica  da  diporto)  presentano  alcune
rilevanti  differenze,  che  con  la  gia'  richiamata  ordinanza  n.
454/2015 la sesta Sezione del Consiglio  di  Stato  ha  rilevato:  le
prime sono  caratterizzate  dall'immediata  redditivita'  dei  minori
investimenti richiesti rispetto al piu'  complesso  quadro  di  lungo
periodo per il  calcolo  di  convenienza  finanziaria  proprio  delle
seconde, destinate a durare decenni, non solo per la rilevanza  degli
investimenti ma, anche per l'impegno gestionale, sicche'  le  imprese
devono approntare un quadro economico-finanziario «nel cui ambito  il
criterio di fissazione dell'importo del canone, individuato  all'atto
della concessione, e' elemento determinante  definito  tenendo  conto
della rilevanza degli investimenti.». 
    Ma un'ulteriore considerazione va fatta. Evitare che  le  imprese
concessionarie di beni demaniali per la realizzazione e  gestione  di
infrastrutture per la nautica da diporto  operino  in  condizioni  di
sofferenza economico-finanziaria risponde pure a importanti  esigenze
di rilievo pubblicistico, poiche' esse devono anche affrontare  spese
rilevanti di manutenzione, e  cio'  a  salvaguardia  della  sicurezza
della navigazione e  dell'incolumita'  pubblica.  Per  altro,  a  ben
guardare, in questo tipo di concessione le finalita' imprenditoriali,
che restano ovviamente  sul  piano  individuale  e  privatistico,  si
intrecciano alla soddisfazione  di  esigenze  e  interessi  pubblici,
atteso che, se non vi fossero soggetti privati disposti  a  investire
nei porti turistici, questo genere  di  infrastrutture  difficilmente
potrebbe essere realizzata dai soggetti pubblici, attesa la scarsita'
di risorse finanziarie pubbliche da destinare,  prioritariamente,  ad
altro tipo di opere. L'importanza delle infrastrutture destinate alla
nautica  da  diporto  per  il  rilancio  del  turismo  e  quindi  per
l'economia  e'  di  tutta  evidenza,  sicche'  in  tal  senso  ne  va
apprezzata la rispondenza anche al pubblico interesse. 
    A tale logica complessiva, che teneva in adeguata  considerazione
le su rilevate peculiarita' delle concessioni di beni pubblici per la
realizzazione e la gestione dei  porti  turistici,  era  ispirata  la
disciplina dei canoni concessori anteriore alla legge finanziaria del
2007; la  minore  entita'  dei  canoni  per  le  concessioni  di  cui
trattasi, lungi dal costituire un ingiustificato  regime  di  favore,
consentiva la realizzazione di opere che comportano investimenti  per
la realizzazione di opere di difficile rimozione, con fissazione  del
canone a metro quadrato in misura  inversa  alla  maggiore  rilevanza
delle opere stesse (art. 10, comma quarto, della  legge  n.  449  del
1997, e art. 1, commi primo e terzo, del D.M. n. 343 del 1998). Nella
disciplina introdotta con la legge n. 296 del 2006 la tendenza si  e'
invertita, con previsione di una maggiore misura del  canone  per  le
opere di  difficile  rimozione,  proprie  delle  concessioni  per  la
nautica   da   diporto   piu'   che   di   quelle    per    finalita'
turistico-ricreative. 
    Cio', come rilevato gia' dalla sesta  Sezione  del  Consiglio  di
Stato, in violazione dell'art.  3  della  Costituzione,  innanzitutto
sotto il profilo dell'uguale irragionevole trattamento di situazioni,
come si e' detto, diseguali;  l'irragionevolezza  e'  accentuata  dal
fatto che  la  nuova  disciplina  non  prevede  alcun  meccanismo  di
gradualita' atto  a  salvaguardare,  in  rapporto  agli  investimenti
fatti, l'equilibrio economico-finanziario dell'impresa. 
    Ma l'art. 3 della Carta costituzionale appare violato anche sotto
il profilo del principio della  sicurezza  giuridica  costitutivo  di
legittimo  affidamento,  proprio  per  l'imprevista  e  imprevedibile
inversione  di  tendenza  della  normativa  in  materia   di   canoni
concessori, prima, come s'e'  appena  detto,  ispirata  da  finalita'
incentivanti per le imprese operanti nel  settore  della  nautica  da
diporto, mentre con la legge finanziaria del 2007  i  canoni  vennero
d'improvviso notevolmente aumentati e  per  di  piu'  applicati  alle
concessioni demaniali gia' in essere. Cio' veniva  a  sconvolgere  le
previsioni  di   stabilita'   dell'equilibrio   economico-finanziario
pianificato anticipatamente e per il lungo periodo nella giustificata
aspettativa  di  un   appropriato   tempo   di   ammortamento   degli
investimenti effettuati; come osservato  dall'ordinanza  n.  454/2015
condivisa dal Collegio, «questo equilibrio e' infatti sostanzialmente
modificato nel momento in cui la nuova normativa viene ad incidere su
concessioni gia' rilasciate, in corso e di lunga durata  nel  futuro,
disponendo il rilevante e repentino aumento dell'importo  dei  canoni
(l'aumento dei canoni disposto nel frattempo con i commi 21, 22 e  23
del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito in  legge  n.  326  del
2003, rinviato fino alla legge finanziaria 2007, aveva riguardato  le
concessioni per  finalita'  turistico-ricreative),  nonche'  la  loro
maggiore misura per le opere di difficile rimozione.». 
    Nel condurre gli  accordi  che  accompagnano  la  concessione  il
privato ha  tenuto  conto  di  una  certa  situazione  di  equilibrio
economico-finanziario  e,  alla  luce  di  essa,  ha  aderito  a  una
regolamentazione  convenzionale  dei  propri  diritti  e  dei  propri
obblighi; l'irragionevole equiparazione delle  concessioni  in  corso
alle nuove espone dunque repentinamente  i  titolari  di  concessioni
rilasciate in epoca anteriore al 2007 agli effetti di  una  normativa
fortemente incidente sui calcoli di convenienza calibrati,  all'epoca
del rilascio, su  una  diversa  disciplina  dei  canoni,  mentre  gli
imprenditori  richiedenti  concessioni  dopo  il  2007  possono,   al
contrario, adeguatamente ponderare tali effetti. 
    La normativa considerata, come gia'  ritenuto  dal  Consiglio  di
Stato con  la  citata  ordinanza  n.  454/2015  (e  ancor  prima  con
l'ordinanza n. 2810/2012), appare altresi' contrastante con l'art. 41
Cost. e con il principio di libera iniziativa economica, poiche',  in
quanto applicata alle concessioni rilasciate prima del 2007,  produce
l'effetto  irragionevole  di  frustrare  le  scelte   imprenditoriali
modificando  gli   elementi   costitutivi   dei   relativi   rapporti
contrattuali in essere. 
    Tutto quanto sopra considerato  induce,  pertanto,  il  Collegio,
piu'  approfonditamente  valutata  come   sopra   la   questione   di
costituzionalita'  di  che  trattasi  a  superamento  del  precedente
orientamento assunto da questa Sezione con la sentenza n.  3856/2009,
a ritenere rilevanti per il giudizio in esame  e  non  manifestamente
infondati i dubbi di costituzionalita' relativi all'applicazione  del
comma 252 dell'art. 1 della legge n. 296 del  2006  alle  concessioni
demaniali per la realizzazione e  la  gestione  delle  infrastrutture
destinate alla nautica da diporto in corso alla data  di  entrata  in
vigore della legge e di sospendere  il  giudizio  per  la  rimessione
della questione di costituzionalita' sopra illustrata all'esame della
Corte costituzionale disponendo che, a  cura  della  Segreteria,  sia
trasmessa alla Corte la presente ordinanza unitamente  agli  atti  di
causa e che la medesima ordinanza  venga  notificata  alle  parti  in
causa e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche'  comunicata
ai  Presidenti  della  Camera  dei  Deputati  e  del   Senato   della
Repubblica. 
    Ogni decisione in rito, in merito e sulle spese e' riservata alla
decisione definitiva, che sara' assunta a  seguito  della  fissazione
dell'udienza di trattazione successivamente alla pubblicazione  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana  della  decisione  della
Corte costituzionale sulla predetta questione di costituzionalita'.