IL GIUDICE DI PACE DI MATERA 
 
    Ordinanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale Art.
134 Costituzione e 23, co. 2° Legge 11 marzo 1953 n. 87. 
    Il  Giudice  dott.  Pietro  Santoro,  chiamato  a  decidere   per
competenza in ordine al procedimento penale iscritto al n. 36/10 RG a
carico di B.R. nt. l'11 dicembre 1950, imputata dei reati di cui agli
art. 81 cpv 612 e 582 cp.; 
    Rilevato che  nel  nostro  Ordinamento  e'  stato  introdotto  il
decreto  legislativo  16  marzo  2015,  pubblicato   nella   Gazzetta
Ufficiale n. 64 del 18 marzo 2015 - Disposizioni in  materia  di  non
punibilita' per particolare tenuita' del fatto, a norma dell'art.  1,
co. 1, lettera m) della legge 28 aprile 2014, n. 67; 
    Rilevato che detto ultimo articolo ha conferito delega al Governo
per «escludere la punibilita' di condotte sanzionate con la sola pena
pecuniaria o con pene detentive non superiori nel  massimo  a  cinque
anni, quando risulti la particolare tenuita'  dell'offesa  e  la  non
punibilita' del  comportamento,  senza  pregiudizio  per  l'esercizio
dell'azione civile per il  risarcimento  del  danno  e  adeguando  la
relativa normativa processuale penale»; 
    Rilevato ancora che  la  norma  fondamentale  di  riferimento  e'
quella contenuta nell'art. 131-bis del Cp, introdotta con il  decreto
succitato che, in ossequio alle indicazioni di delega,  configura  la
possibilita' di definire il procedimento con la declaratoria  di  non
punibilita' per particolare tenuita' del fatto relativamente ai reati
per cui e' prevista la pena detentiva non  superiore  nel  massimo  a
cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o  congiunta  alla  pena
detentiva; 
    Rilevato  inoltre  che  ai  fini  della   declaratoria   di   non
punibilita' assumono rilievo gli indici-criteri (secondo  la  nozione
datane  nella  Relazione  di  accompagnamento)   della   «particolare
tenuita' dell'offesa», a sua volta desumibile dalle «modalita'  della
condotta» e dalla «esiguita' del danno  del  pericolo»  derivato  dal
reato, e dalla «non abitualita' del comportamento» rilevato  altresi'
che il reato per cui questo Giudice e' chiamato  a  decidere  rientra
astrattamente  m  quelli  previsti  dall'art.  131-bis  Cp,  per  cui
dovrebbe (o  potrebbe  trovare)  applicazione  «declaratoria  di  non
punibilita', 
 
                               Osserva 
 
    Questo Giudice non ignora le finalita' di deflazione  processuale
perseguite dal Legislatore con l'introduzione della  nuova  normativa
introdotta; 
    Dal punto di vista procedurale l'art. 131-bis Cp e' la  norma  di
riferimento, presa in esame in questa fase di  giudizio,  allorquando
la  declaratoria  intervenga  dopo  l'esercizio  dell'azione  penale-
sebbene la causa di  non  punibilita'  puo'  essere  applicata  anche
durante la fase dell'indagini preliminari in  quanto  l'art.  411-bis
Cpp prevede che possa essere disposta l'archiviazione per particolare
tenuita' del fatto ed in quest'ultimo caso la peculiarieta', rispetto
alla  applicazione  successiva  all'esercizio   dell'azione   penale,
consiste in un meccanismo di  interlocuzione  dell'indagato  e  della
della persona offesa, che possono censurare nel merito  la  richiesta
di archiviazione formulata dal Pubblico Ministero. 
    Orbene, al di la' delle condivisibili  finalita'  perseguite  dal
Legislatore, non puo' sfuggire all'operatore del diritto chiamato  ad
applicare la  norma  indicata  (art.  131-bis  Cp),  che  il  sistema
normativo introdotto con il decreto legislativo 16 marzo 2015  n.  28
si pone in contrasto con principi e valori  di  rango  costituzionale
quali, per l'imputato: 
        il diritto alla difesa (art. 24 Cost),  inviolabile  in  ogni
stato e grado del procedimento, il  diritto  ad  un  giusto  processo
(art. 111 Cost.) nella misura in cui non viene consentito 1)  che  il
processo si svolga nel contraddittorio tra le parti, 2) di esercitare
la facolta', davanti al Giudice di interrogare o far  interrogare  le
persone che rendono  dichiarazioni  a  suo  carico,  di  ottenere  la
convocazione e l'interrogatorio di persone a sua difesa nelle  stesse
condizioni dell'accusa e l'aquisizione di ogni altro mezzo di prova a
suo favore, 3) che il processo penale sia  retto  dal  principio  del
contraddittorio nella formazione della prova; 
    Viene altresi' leso il diritto a non essere considerato colpevole
fino alla sentenza definitiva di condanna  (cd.  Presunzione  di  non
colpevolezza - art. 27 Cost.  e  art.  48  della  Carta  dei  diritti
fondamentali dell'Unione Europea)  nonche'  il  diritto  alla  tutela
della propria onorabilita' e reputazione (art. 2 e 3 Cost. ed art.  3
della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea). 
    E neppure si puo' sottacere che il decreto legislativo  16  marzo
2015 n. 98, introduce degli aspetti di inquisitorieta' che si pongono
in aperto  ed  irragionevole  contrasto  con  l'impianto  del  nostro
sistema  penale,  riformato  in  questo  senso  nell'anno   1992   ed
improntato al principio accusatorio nell'ambito del quale  la  prova,
specie quella orale, si forma in  dibattimento,  nel  contraddittorio
nelle parti salvo specifiche  eccezioni  espressamente  regolamentate
dalla legge. 
    Orbene,  l'art.  132-bis  Cp  prevede   che,   dopo   l'esercizio
dell'azione penale, la definizione del giudizio  possa  avvenire  con
sentenza  anche  prima  del  dibattimento,   nella   ricorrenza   dei
presupposti di cui all'art. 469 Cp,  ovvero  all'esito  del  giudizio
(ergo, in esito all'udienza preliminare o in esito al dibattimento). 
    Proprio tale fattispecie - sentenza prima del dibattimento  -  e'
quella che manifesta le  maggiori  criticita'  di  contrasto  con  il
dettato costituzionale. 
    Difatti il Giudice, anziche' accertare il fatto in tutti  i  suoi
elementi essenziali attraverso il ricorso al dibattimento, si ritrova
a dover verificare, pre-dibattimentalmente (quindi attraverso l'esame
dei soli documenti contenuti  nel  fascicolo  del  dibattimento  -  e
pertanto attraverso l'esame del capo  di  imputazione  contenuto  nel
decreto di  citazione  a  giudizio,  il  certificato  del  Casellario
giudiziale ed eventuali atti dal contenuto irripetibile) soltanto  la
particolare tenuita' dell'offesa, le  modalita'  della  condotta,  la
esiguita' del danno o del  pericolo  derivato  dal  reato  e  la  non
abitualita' del comportamento. E' di tutta evidenza, che il  Giudice,
non  inoltrandosi  nel  merito,  e'  costretto  ad   abdigare -   con
svilimento della funzione - dalle sue  prerogative  di  accertare  il
fatto  in  posizione  di  estraneita',  e  quindi  di  terzieta'   ed
imparzialita',   che   costituiscono   la   essenza   stessa    della
Giurisdizione, (art. 111 Cost. co. 2). Difatti, il giudizio  (rectius
la valutazione) del Giudice rimane vincolato  irragionevolmente  alle
valutazioni finali dell'Organo dell'accusa che raccolto il  materiale
probatorio nel segreto istruttorio, unilateralmente, nel corso  delle
indagini  preliminari;  valutazioni,  inoltre,  basate  per  dato  di
esperienza su atti provenienti dalla  persona  offesa  (es:  querele,
dichiarazioni o produzioni) parte interessata per antonomasia. 
    Ebbene, il Giudice, viene cosi' spogliato delle  sue  prerogative
e, quasi fosse un mero organo rogante, e' chiamato ad avallare, senza
contraddittorio, le prospettazioni e valutazioni del  PM.  Il  tutto,
sacrificando anche il principio del proprio libero convincimento. 
    Grazie a questo meccanismo, introdotto dal decreto legislativo de
quo, l'imputato - magari innocente - senza  alcun  contraddittorio  e
senza la benche' minima possibilta' di difendersi,  potrebbe  vedersi
attinto da sentenza di non doversi procedere ex art. 131-bis Cp., per
il solo fatto di essere stato rinviato a  giudizio,  (l'inconveniente
e' particolarmente avvertito nel procedimento innanzi al Giudice Pace
disciplinato dal decreto legislativo n.  274/2000,  che  non  prevede
l'istituto della chiusura delle indagini e la facolta' per l'indagato
nei 20 giorni successivi di esercitare le facolta' difensive  di  cui
all'art. 415 Cpp. e nel quale non di rado, l'imputato viene  rinviato
a giudizio  sulla  base  della  sola  querela  sporta  dalla  persona
offesa). 
    Ed a nulla varrebbe  una  manifestazione  di  volonta'  contraria
dell'imputato - diretta a voler sostenere il processo per  dimostrare
la propria innocenza - poiche' il Decreto Legislativo 16  marzo  2015
n. 28 non prevede che quest'ultimo possa dissentire  da  un'eventuale
sentenza di non doversi procedere per particolare tenuita'. 
    Orbene, si osserva che il meccanismo  adottato  dal  Legislatore,
come detto  finalizzato  alla  deflazione  processuale  non  porrebbe
problemi  di  sorta  circa  il  rispetto  dei   valori   lesi   della
Costituzione se  la  emissione  della  sentenza  di  declaratoria  di
improcedibilita'  non  avesse  ripercussioni  negative  sulla   sfera
giuridica dell'imputato (che, come si e' visto, nulla puo'  fare  per
opporsi alla declaratoria di non punibilita') 
    Ed invece, a ben vedere  proprio  tale  declaratoria,  quando  e'
emessa dopo l'esercizio dell'azione penale ma prima del dibattimento,
incide  negativamente  sugli  interessi   giuridici   della   persona
sottoposta a processo. 
    Difatti, l'art. 4 del decreto legislativo  16  marzo  2015  rende
possibile l'iscrizione nel Casellario giudiziale dei provvedimenti in
materia di particolare tenuita' del fatto. 
    Cio' comporta che: 
        1) restera' traccia nel  casellario  giudiziale  al  fine  di
evitare che l'iscritto, in caso di nuovo  procedimento  possa  essere
considerato un soggetto non abituale; 
        2) l'iscrizione  finisce  per  ledere,  indubitabilmente,  il
diritto   all'onorabilita'   dell'imputa    o    che    si    ritrova
nell'impossibilita' di difendere il suo buon nome. 
    Si avra' la indefettibile  conseguenza  che  l'imputato,  pur  se
innocente del reato ascrittogli, a causa dell'iscrizione intervenuta,
si'  trovera'  nelle  condizioni  di  non  poter  usufruire  di   una
declaratoria di improcedibilita' qualora dovesse  davvero  commettere
un fatto rilevante penalmente che  rientrasse  nelle  previsioni  del
decreto legislativo. 
    Ma, ancor piu' grave e' la lesione della sua onorabilita' poiche'
si troverebbe, ingiustamente, soltanto perche' querelato a ritrovarsi
una iscrizione penale nel casellario giudiziale. 
    E' allora evidente che  la  norma  di  cui  all'art.  131-bis  Cp
(derivante dall'art. 1 decreto legislativo n. 28/2015)  e  quella  di
cui all'art. 4 del suddetto decreto (che ha modificato il decreto del
Presidente  della  Repubblica  14  novernbre  2012  n.  313   recante
disposizioni legislative e regolamentari  in  materia  di  casellario
giudiziale, di anagrafe delle sanzioni ammninistrative dipendenti  da
reato e dei relativi  carichi  pendenti)  risultano  incostituzionali
nella parte in cui  statuiscono  che  il  giudice,  dopo  l'esercizio
dell'azione  penale,  senza  alcun  approfondimento   dibattimentale,
emetta sentenza declaratofia di non punibilita' che dara' luogo  alla
relativa iscrizione nel casellario giudiziale;  l'incostituzionalita'
di dette  norme  e'  pertanto  legata  alla  mancata  previsione  che
l'imputato possa esprimere al  Giudice,  in  maniera  vincolante,  il
proprio dissenso in ordine alla definizione del giudizio con sentenza
di improcedibilita' per lieve entita',  in  maniera,  tale  che,  una
volta  manifestato   tale   volonta'   negativa,   debba   procedersi
all'accertamento del fatto, dibattimentalmente e  solo  all'esito  in
mancanza  di  presupposti  per  l'assoluzione,   procedere   con   la
declaratoria di improcedibilita'). 
    Il  Giudice,  ritenuta  pertanto  la  rilevanza  ai  fini   della
decisione  e  la  non  manifesta  infondatezza  della  questione   di
legittimita' costituzionale degli art. 131-bis Cp e dell'art.  4  del
decreto legislativo n. 29/2015 in riferimento ai  principi  di  rango
costituzionale di seguito indicati: il diritto alla difesa  (art.  24
Cost), il diritto ad un giusto processo (art. 111 Cost) nella  misura
in cui non  viene  consentito  1)  che  il  processo  si  svolga  nel
contraddittorio tra le parti, 2) di esercitare la  facolta',  davanti
al Giudice, di interrogare o far interrogare le persone  che  rendono
dichiarazioni  a  suo  carico,  di   ottenere   la   convocazione   e
l'interrogatorio di persone a  sua  difesa  nelle  stesse  condizioni
dell'accusa e l'acquisizione di ogni  altro  mezzo  di  prova  a  suo
favore, 3) che  il  processo  penale  sia  retto  dal  principio  del
contraddittorio nella formazione della prova, il diritto a non essere
considerato colpevole fino alla sentenza definitiva di condanna  (cd.
Presunzione di non colpevolezza - art. 27 Cost e art. 48 della  Carta
dei diritti fondamentali dell'Unione  Europea)  ed  il  diritto  alla
tutela della propria onorabilita' e reputazione (art. 2 e 3 Cost.  ed
art. 3 della Carta dei  diritti  fondamentali  dell'Unione  Europea),
principio di ragionevolezza in quanto il Giudice irragionevolmente e'
chiamato ad esprimere, una valutazione  in  ordine  alla  gravita'  o
tenuita' del fatto rimanendo tuttavia vincolato in maniera  esclusiva
alle  valutazioni  espresse  dal  P.M.  A  seguito   delle   indagini
preliminari, letti ed applicati gli artt. 134 della Costituzione e 23
c. 2° Legge 11 marzo 1953 n. 87.