TRIBUNALE DI MACERATA 
 
    Ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale 
    Il tribunale penale di Macerata, nella persona del dott. Giovanni
M. Manzoni 
Premesso che 
    - In data 23.5.2012 M.M. e M.H. venivano rinviati a giudizio  per
il reato di cui all'art.  73  DPR  309/90,  loro  contestate  plurime
cessioni di hashish a V. C. 
    - veniva espletata istruttoria dibattimentale, con audizione  dei
testi di accusa e G. F. e V., imputato per reato connesso assolto con
sentenza irrevocabile "perche' il fatto non  sussiste",  non  essendo
provato che la droga da lui acquistata non fosse stata presa per  uso
personale (v. sentenza irrevocabile acquisita ) 
    - all'udienza del 22.5.2015 le parti concludevano chiedendo il PM
pronuncia di sentenza di condanna  e  la  difesa  assoluzione  ed  il
Tribunale si ritirava in camera di' consiglio per decidere 
 
                               Osserva 
 
    Alla luce della espletata istruttoria e' emerso che la ipotesi di
accusa poggia in maniera determinante sulle dichiarazioni  del  teste
V. C., acquirente della droga la cessione della quale  e'  contestata
agli  odierni  imputati,  che  ha  riferito  di   tale   acquisto   e
riconosciuto in foto gli odierni imputati  come  i  cessionari  della
droga poi rinvenuta in sua disponibilita' dalla PG . 
    L'operante G., infatti, ha solo potuto riferire sul  rinvenimento
della droga in disponibilita' del V., dopo che questi si  era  recato
presso il megacondominio Hotel  House  (notorio  luogo  di  spaccio);
fatto del tutto neutro rispetto alla riconducibilita' della  cessioni
agli attuali imputati 
    Il V. e' stato pero' imputato in reato connesso ex art. 371 c.  2
lett. B) cpp, essendogli stata contestata la detenzione  ai  fini  di
spaccio dello stupefacente  acquistato  dagli  odierni  imputati  (la
prova in ordine alla natura della sostanza riverbera i  suoi  effetti
in entrambi i processi; la prova  in  ordine  alla  detenzione  della
droga da parte del V. costituisce indizio a suo  carico  e  a  carico
degli odierni imputati) talche' la deposizione dello stesso  dovrebbe
essere valutata secondo i canoni di giudizio di cui all'art. 192 c. 3
cpp. talche' sarebbe idonea a fornire piena prova solo in presenza di
"altri elementi di prova" 
    Elementi che non emergono in atti. 
    Tanto premesso  dubita  questo  giudice  della  costituzionalita'
degli artt. 197-bis c. 3 e 6 e 192 c. 3 cpp, in relazione all'art.  3
della Costituzione, nella parte in cui prevedono la necessita'  della
assistenza di  difensore  e  la  applicazione  del  disposto  di  cui
all'art. 192 c. 3 cpp anche per  le  dichiarazioni  rese  da  persone
giudicate  in  procedimento  connesso  o  per  reato  collegato   nei
confronti delle quali sia stata pronunziata sentenza  di  assoluzione
"perche' il fatto non sussiste". 
    Al riguardo si evidenzia che la situazione appare  ad  avviso  di
chi scrive del tutto analoga a quella gia' decisa con sentenza 381/06
della Corte Costituzionale, atteso che il fatto che  sia  intervenuta
una sentenza di assoluzione piena "perche' il  fatto  non  sussiste",
nei confronti del soggetto gia' coimputato, e' circostanza idonea  ad
eliminare qualsiasi "stato di relazione" di quel dichiarante rispetto
ai  fatti  oggetto  del   procedimento;   e   poiche'   l'estraneita'
dell'imputato  e'  stata  accertata  in   modo   irrevocabile,   tale
situazione  deve  essere,  almeno  giuridicamente,  assimilata   alla
situazione di indifferenza del teste ordinario. 
    Stigmatizzata l'implicazione negativa  del  meccanismo  normativo
oggetto di censura - che assegna all'esercizio di una azione  penale,
risultata totalmente ingiusta, un «marchio indelebile» nei  confronti
di un soggetto - si evidenzia che la disciplina  censurata,  oltre  a
violare la ragionevolezza intrinseca, risulta  in  contrasto  con  il
principio  di  eguaglianza.  Infatti,  tale  disciplina  parifica  la
posizione  dell'imputato  in  procedimento  connesso   o   di   reato
collegato, assolto con sentenza irrevocabile, a quella della  persona
dichiarante ai sensi dell'art. 210 cod. proc. pen.; e, per  converso,
la diversifica profondamente da quella del testimone ordinario, tanto
sotto il profilo dell'obbligo di assistenza difensiva,  quanto  sotto
quello della limitazione probatoria delle  dichiarazioni.  Ma  se  il
dichiarante ai sensi dell'art. 210 cod. proc.  pen.  e'  fondatamente
considerato  suspectus  -  non  avendo  definito  ancora  la  propria
posizione, e risultando in stretta relazione con il reato per cui  si
procede - cio' non puo' valere per la persona giudicata innocente  in
via definitiva, che del  tutto  irragionevolmente  si  presume  possa
mentire, a  dispetto  della  sentenza  assolutoria  irrevocabile.  Il
legislatore ha in tal modo  sovrapposto  e  confuso  la  sfera  della
limitata capacita' testimoniale  con  quella  dell'attendibilita'  in
concreto, che attiene  al  principio  del  libero  convincimento  del
giudice: anche la persona offesa dal reato  o  i  prossimi  congiunti
dell'imputato  possono  porre  seri  problemi  di  attendibilita'  e,
nondimeno, rispetto a costoro non  esiste  alcuna  capitis  deminutio
testimoniale,  che  invece  persiste,   irragionevolmente,   rispetto
all'assolto (espressioni che si riprendono pianamente dalla  sentenza
381/06 della Corte adita, stante la  ritenuta  assoluta  analogia  di
situazioni) 
    Si evidenzia poi che questione analoga a quella  oggi  sottoposta
alla Corte adita e' stata oggetto della  ordinanza  115/2009,  ma  la
Corte si e' fermata a una pronunzia di inammissibilita'  per  mancata
dimostrazione della sua rilevanza nel giudizio a quo. 
    Nel caso di specie la  applicabilita'  o  meno  delle  regola  di
giudizio di cui all'art. 192 c. 3 e' profilo chiaramente rilevante  ,
atteso che la  deposizione  del  coimputato  per  reato  connesso  e'
l'elemento portante della ipotesi  di  accusa  e  la  valutazione  in
ordine alla necessita'  o  meno  di  riscontri  alle  sue  asserzioni
(riscontri  che  non  si  rinvengono  in  atti)  puo'  comportare  la
differenza tra affermazione di penale responsabilita' degli  imputati
o loro assoluzione. 
    Quanto alla necessita'  o  meno  della  assistenza  di  difensore
durante la audizione del teste non ci si nasconde che tale profilo e'
gia' stato superato (il teste e' gia' stato sentito con difensore  in
ossequio  alla  legge),  ma  si  ritiene  auspicabile  una   unitaria
pronunzia  della  Corte  che  assimili  in  tutto  la  posizione  del
coimputato per reato connesso assolto "perche' il fatto non sussiste"
al coimputato per reato connesso assolto "per non  aver  commesso  il
fatto"  (cfr  sentenza  381/06)   ,   senza   necessita'   di   adire
ulteriormente questa Corte per tale profilo.