Proposto dalla regione Veneto (codice fiscale n. 80007580279 - partita IVA n. 02392630279), in persona del Presidente della giunta regionale dott. Luca Zaia (codice fiscale ZAILCU68C27C957O), autorizzato con delibera della giunta regionale n. 1157 dell'8 settembre 2015 (allegato 1), rappresentato e difeso, per mandato a margine del presente atto, tanto unitamente quanto disgiuntamente, dagli avvocati Ezio Zanon (codice fiscale ZNNZEI57L07B563K) coordinatore dell'Avvocatura regionale e Luigi Manzi (codice fiscale MNZLGU34E15H501V) del Foro di Roma, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Confalonieri n. 5 (per eventuali comunicazioni: fax 06/3211370, posta elettronica certificata luigimanzi@ordineavvocatiroma.org), contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 44, 47, lettera f), 66, 180 e 181, della legge 13 luglio 2015, n. 107, recante «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti» (in Gazzetta Ufficiale 15 luglio 2015, n. 162). Motivi 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 44, della legge 13 luglio 2015, n. 107, recante «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti» per violazione degli articoli 97, 117, commi 2, 3 e 4, 118 e 120 della Costituzione della Repubblica italiana. L'art. 1, comma 44, della legge 13 luglio 2015, n. 107, recante «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti», statuisce che, «nell'ambito del sistema nazionale di istruzione e formazione e nel rispetto delle competenze delle regioni, al potenziamento e alla valorizzazione delle conoscenze e delle competenze degli studenti del secondo ciclo nonche' alla trasparenza e alla qualita' dei relativi servizi possono concorrere anche le istituzioni formative accreditate dalle regioni per la realizzazione di percorsi di istruzione e formazione professionale, finalizzati all'assolvimento del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione. L'offerta formativa dei percorsi di cui al presente comma e' definita, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, dal Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'art. 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Al fine di garantire agli allievi iscritti ai percorsi di cui al presente comma pari opportunita' rispetto agli studenti delle scuole statali di istruzione secondaria di secondo grado, si tiene conto, nel rispetto delle competenze delle regioni, delle disposizioni di cui alla presente legge. All'attuazione del presente comma si provvede nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente e della dotazione organica dell'autonomia e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.». Onde giudicare della legittimita' costituzionale di tale disposizione occorre in via prodromica ricostruire il complesso quadro delle competenze legislative disegnato dalla Carta costituzionale in ordine alle materie istruzione e formazione professionale. L'art. 117, comma 2, lettera n), della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la peculiare materia «norme generali sull'istruzione». Il successivo comma 3, inserisce, invece, tra le materie di competenza concorrente, «l'istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale». Ne emerge un complesso e sovrapposto quadro di competenze, che esige, al fine di delimitare reciprocamente le attribuzioni statali e regionali e definire la rispettiva interferenza, di sciogliere le difficolta' esegetiche connesse alla determinazione del significato e della portata dell'espressione «norme generali sull'istruzione» di cui all'art. 117, comma 2, lettera n), Cost., e del rapporto-differenziazione di queste rispetto ai principi fondamentali dell'istruzione di cui all'art. 117, comma 3, Cost. A tal riguardo la Corte costituzionale ha avuto modo di affermare che: «le norme generali in materia di istruzione sono quelle sorrette, in relazione al loro contenuto, da esigenze unitarie e, quindi, applicabili indistintamente al di la' dell'ambito propriamente regionale. Le norme generali cosi' intese si differenziano, nell'ambito della stessa materia, dai principi fondamentali i quali, pur sorretti da esigenze unitarie, non esauriscono in se stessi la loro operativita', ma informano, diversamente dalle prime, altre norme, piu' o meno numerose» (sentenza n. 279/2005). Pare, dunque, che il discrimine tra norme generali e principi fondamentali vada rinvenuto nella «dimensione» teleologica e precettiva delle disposizioni. Ossia, ove sottese alle norme vi siano «esigenze unitarie» che prescindano e travalichino le peculiarita' territoriali, si avra' una «norma generale», mentre, laddove la disposizione esigera' un'attuazione «territoriale», ci si trovera' innanzi a meri principi fondamentali. Tale criterio e' stato ulteriormente specificato e chiarito nella fondamentale decisione n. 200 del 2009 della Corte costituzionale, che costituisce uno snodo esegetico imprescindibile nel fissare una precisa linea di demarcazione tra le competenze legislative statali e regionali in materia di istruzione e formazione. In essa i giudici di codesta ecc.ma Corte hanno ritenuto essere «norme generali sull'istruzione (...) quelle disposizioni statali che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario ed uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parita' di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio dell'istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonche' la liberta' di istituire scuole e la parita' tra le scuole statali e non statali in possesso dei requisiti richiesti dalla legge». Si specifica, poi, che tali «norme generali», devono essere suscettibili di «disciplinare un dato settore ordinamentale con piena idoneita' normativa dal punto di vista verticale (dall'alto verso il basso, o meglio dal soggetto regolatore ai soggetti regolati)» e devono essere «funzionali, anche nei loro profili di rilevanza organizzativa, ad assicurare, mediante la previsione di una offerta formativa sostanzialmente uniforme sull'intero territorio nazionale, l'identita' culturale del Paese, nel rispetto della liberta' di insegnamento di cui all'art. 33, primo comma, Cost.». Cio' che, dunque, caratterizza le norme generali sull'istruzione e' la loro «infrazionabilita'» e autosufficienza precettiva, che ne espande necessariamente la portata sull'intero territorio nazionale, sia sotto un profilo regolamentare che organizzatorio. Il che giustifica, se non impone, il riconoscimento di una competenza legislativa esclusiva in capo allo Stato. I principi fondamentali dell'«istruzione», invece, a differenza delle norme generali, portano con se' l'idea del limite dell'esercizio della potesta' statale e, secondo codesta ecc.ma Corte, conglobano in se' «quelle norme che, nel fissare criteri, obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad assicurare la esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalita' di fruizione del servizio dell'istruzione, da un lato, non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema d'istruzione che caratterizza le norme generali sull'istruzione, dall'altro, necessitano, per la loro attuazione (e non gia' per la loro semplice esecuzione) dell'intervento del legislatore regionale il quale deve conformare la sua azione all'osservanza dei principi fondamentali stessi» (sentenza n. 200/2009). Peraltro, ad avviso di codesto ecc.mo Giudice, «lo svolgimento attuativo dei predetti principi e' necessario quando si tratta di disciplinare situazioni legate a valutazioni coinvolgenti le specifiche realta' territoriali delle regioni, anche sotto il profilo socio-economico». Ossia «la funzione dei principi fondamentali e' quella di costituire un punto di riferimento in grado di orientare l'esercizio del potere legislativo regionale (...) Cio' implica, nella concreta attuazione, che i principi fondamentali della materia, operando sostanzialmente da raccordo tra le «norme generali» e quelle di competenza regionale in tema di istruzione, passano attraverso il termine medio della legislazione delle regioni, adottata nell'ambito di scelte riservate all'autonomia del legislatore regionale». «In questa prospettiva, dunque, la legislazione di principio svolge una funzione di coordinamento e collegamento tra il sistema scolastico nazionale, nella sua essenza strutturale, e gli ambiti di disciplina, connessi alle specificita' territoriali, demandati alla competenza delle regioni» (sentenza n. 200/2009). In tale quadro prospettico, l'elemento definitorio che conforma e demarca lo spazio d'intervento riservato al legislatore regionale e' allora il criterio della «specificita' territoriale», il quale «affiora principalmente nel settore della programmazione scolastica regionale e in quello inerente al dimensionamento sul territorio della rete scolastica» (sentenza n. 200/2009), ove non e' legittima, dunque, alcuna indebita compressione della potesta' regionale. Tale ricostruzione esegetica necessita pero' di un'ulteriore specificazione. Infatti, l'art. 117, comma 3, Cost., nel ricomprendere la materia «istruzione» tra quelle di competenza concorrente tra Stato e regioni, prevede espressamente due eccezioni, la prima, con riguardo alla «autonomia delle istituzioni scolastiche» e la seconda con riferimento alla «istruzione e formazione professionale». Ora, l'autonomia delle istituzioni scolastiche e' ritenuta essere una «non materia», ovvero un mero ambito di azione amministrativa, organizzatoria e didattica, che deve essere lasciato al libero esercizio delle istituzioni, fermo restando che tale autonomia «non puo' in ogni caso risolversi nella incondizionata liberta' di autodeterminazione, ma esige soltanto che a tali istituzioni siano lasciati adeguati spazi che le leggi statali e quelle regionali, nell'esercizio della potesta' legislativa concorrente, non possono pregiudicare» (sentenza n. 37/2005). Invece, la «istruzione e formazione professionale» e' da considerare una materia a pieno titolo, da far rientrare, per effetto e nei limiti del silenzio dei commi 2 e 3 dell'art. 117 Cost., nella competenza esclusiva delle regioni (decisioni n. 253/2006 e n. 287/2012). A tal riguardo, pero', occorre rilevare che l'espressione in parola non e' considerata nella giurisprudenza costituzionale un'endiadi, che circoscriva un unitario ambito di competenza legislativa. Occorre, cioe', distinguere gli aspetti relativi all'istruzione, i quali soggiaceranno ai «limiti delle norme generali sull'istruzione», dando vita cosi' a quella che e' definita una competenza residuale regionale, da quelli afferenti la sola formazione professionale. La quale deve ritenersi sussumibile in toto nella competenza legislativa esclusiva delle regioni, soggiacendo percio' ai soli limiti «esterni» derivanti dall'eventuale interferenza con altre materie di competenza statale. Si puo' cosi' rilevare come il comma 44 dell'art. 1 della legge in questa sede impugnata, nell'affidare al Ministero dell'istruzione il compito di definire l'offerta formativa dei percorsi di istruzione e formazione professionale, viola il combinato disposto dei commi 3 e 4 dell'art. 117 Cost., nella parte in cui viene attribuita alla competenza esclusiva delle regioni la materia «istruzione e formazione professionale». E non e' sufficiente a sanare tale illegittima compressione della competenza legislativa regionale da parte dello Stato la mera previsione di una concertazione, sotto forma di intesa, con la Conferenza Stato-regioni. Cio' in quanto il raccordo in sede di conferenze intergovernative, quale strumento di leale collaborazione, puo' servire a raccordare i vari livelli territoriali di governo della Repubblica, in caso di concorrenza di materie, rispetto alle quali non sia possibile stabilire una prevalenza dell'una sull'altra, ovvero puo' servire a giustificare una «attrazione» di competenze a favore dello Stato, ove sia necessario soddisfare esigenze unitarie, altrimenti esposte a pregiudizio. Ma non puo' in nessun caso costituire un grimaldello per scardinare il riparto di competenze, sovvertendo l'ordine delle stesse, come pare avvenuto nel caso di specie, in cui si elide o, meglio, si espropria la competenza regionale in materia di formazione professionale senza che sussista e senza che sia menzionata alcuna ragione a giustificazione di cio'. Si determina, per effetto di cio', anche una lesione dell'art. 120 Cost. per effetto dell'utilizzo discorsivo delle forme in cui ordinariamente si attua il principio di leale collaborazione. D'altronde, il ripetuto utilizzo nel testo della legge statale impugnata della formula di stile «nel rispetto delle competenze delle regioni» lascia intendere che lo stesso legislatore statale abbia avuto presente il problema dell'interferenza e forse anche della «invasione» dell'ambito di competenza regionale per effetto della disposizione in parola, senza peraltro che, a parte una generica formula di salvaguardia, abbia inteso giustificare la stessa in alcun modo, se non facendo un vago richiamo al «sistema nazionale di istruzione e formazione» e alle esigenze di «potenziare e valorizzare le conoscenze e le competenze degli studenti del secondo ciclo nonche' la trasparenza e la qualita' dei relativi servizi». Esigenze le quali non costituiscono un valido fondamento per la violazione della competenza regionale e per la attribuzione a un organo statale della competenza a definire l'offerta formativa dei percorsi di istruzione e formazione professionale, non facendo transitare esse la norma in parola nell'ambito delle norme generali sull'istruzione, che ricomprendono unicamente le disposizioni dirette a definire la struttura portante del sistema nazionale di istruzione, ove sia necessaria una applicazione unitaria e uniforme sull'intero territorio nazionale, secondo l'insegnamento della Corte costituzionale. Infatti, per effetto del combinato disposto dei commi 2, 3 e 4 dell'art. 117 Cost., si deve ritenere che la competenza in materia di «istruzione e formazione professionale» appartenga alle regioni, con la conseguenza che il riconoscere al Ministero dell'istruzione il compito di definire la relativa offerta formativa determina una illegittima lesione delle competenze legislative riconosciute dalla Carta costituzionale alle regioni. Le quali vedono cosi' marginalizzato se non eliso il loro ruolo decisorio, potendo unicamente esprimere le loro valutazioni in sede di Conferenza Stato-regioni sotto forma di intesa. Peraltro surrogabile secondo il meccanismo di cui all'art. 3 del decreto legislativo n. 281/1997, espressamente richiamato dal comma 44 dell'art. 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107. In questo modo, la disposizione qui impugnata determina anche una lesione degli articoli 97 e 118 della Costituzione, in quanto viola l'autonomia amministrativa riconosciuta alle regioni dalla Carta costituzionale, senza che ricorrano ne' siano menzionate le ragioni giustificative di una attrazione in sussidiarieta', oltreche' il canone di buon andamento dell'agire pubblico. Il demandare, infatti, la puntuale definizione dell'offerta formativa alle strutture ministeriali determina la materiale impossibilita' di tener conto delle peculiarita' e delle variegate realta' territoriali disseminate sul territorio nazionale, sotto un profilo socio-geografico-economico, con conseguente pregiudizio dell'efficienza e del buon andamento dell'agire pubblico, cui viene reso difficile soddisfare l'interesse pubblico sotteso ad un sistema di formazione che garantisca, a fini di efficienza, il necessario riconoscimento delle peculiarita' locali. 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 47, della legge 13 luglio 2015, n. 107, recante «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti» per violazione degli articoli 97, 117, commi 2, 3 e 4, 118 e 120 della Costituzione della Repubblica italiana. L'art. 1, comma 47, della legge 13 luglio 2015, n. 107, recante «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti» statuisce che: «per favorire le misure di semplificazione e di promozione degli istituti tecnici superiori, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'art. 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono emanate le linee guida per conseguire i seguenti obiettivi, a sostegno delle politiche di istruzione e formazione sul territorio e dello sviluppo dell'occupazione dei giovani: (omissis); f) prevedere che le fondazioni esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge possano attivare nel territorio provinciale altri percorsi di formazione anche in filiere diverse, fermo restando il rispetto dell'iter di autorizzazione e nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente. In questo caso gli istituti tecnici superiori devono essere dotati di un patrimonio non inferiore a 100.000 euro.». Tale norma, nel quadro esegetico esplicitato in precedenza, esorbita dalla competenza statale in materia di «norme generali sull'istruzione» di cui all'art. 117, comma 2, lettera n), Cost. nonche' dall'ambito dei principi fondamentali in materia di «istruzione» di cui all'art. 117, comma 3 Cost. Essa, infatti, dispone esclusivamente in materia di formazione e non di istruzione, invadendo e ledendo percio' la potesta' legislativa regionale esclusiva in materia di «istruzione e formazione professionale». E cio' avviene in modo particolarmente invasivo, in quanto si consente alle fondazioni di partecipazione cui fanno capo gli istituti tecnici superiori di attivare altri percorsi formativi nel territorio provinciale, ove invece la definizione dell'offerta dei percorsi realizzati da istituzioni formative dovrebbe ricadere nella esclusiva competenza regionale. In tal modo determinando non solo una elisione delle attribuzioni riconosciute alle regioni, sotto forma di lesione della competenza legislativa e amministrativa regionale, ma ingenerando pur anche la possibilita' di sovrapposizioni e discordanze nella programmazione formativa territoriale complessiva e locale, con conseguente ulteriore lesione del canone di buon andamento di cui all'art. 97 Cost. Come rilevato nel precedente motivo di impugnazione, anche per questo profilo, il legislatore statale utilizza il mezzo dell'intesa in seno alle conferenze intergovernative come strumento di elusione del dettato costituzionale o, meglio, come grimaldello atto a creare una apparente giustificazione della lesione delle competenze regionali. Infatti l'intesa nella Conferenza unificata non puo' costituire valido titolo legittimante l'espropriazione della competenza regionale esclusiva in materia di formazione, ne' puo' sanare la conseguente illegittimita' costituzionale in assenza dei presupposti delineati dalla giurisprudenza costituzionale, ossia in assenza di ragioni unitarie imprescindibili che giustifichino un accentramento delle competenze legislative e amministrative. Ove, invece, la leale collaborazione serve a controbilanciare fenomeni «centripeti» e non a giustificare e legittimare gli stessi. Ne deriva percio' una violazione anche dell'art. 120 Cost. sotto forma di elusione o, rectius, di una distorta applicazione del canone di leale collaborazione. 3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 66, della legge 13 luglio 2015, n. 107, recante «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti» per violazione degli articoli 97, 117, commi 2, 3 e 4, 118 e 120 della Costituzione della Repubblica italiana. L'art. 1, comma 66, della legge 13 luglio 2015, n. 107, recante «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti», statuisce che: «A decorrere dall'anno scolastico 2016/2017 i ruoli del personale docente sono regionali, articolati in ambiti territoriali, suddivisi in sezioni separate per gradi di istruzione, classi di concorso e tipologie di posto. Entro il 30 giugno 2016 gli uffici scolastici regionali, su indicazione del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, sentiti le regioni e gli enti locali, definiscono l'ampiezza degli ambiti territoriali, inferiore alla provincia o alla citta' metropolitana, considerando: a) la popolazione scolastica; b) la prossimita' delle istituzioni scolastiche; c) le caratteristiche del territorio, tenendo anche conto delle specificita' delle aree interne, montane e delle piccole isole, della presenza di scuole nelle carceri, nonche' di ulteriori situazioni o esperienze territoriali gia' in atto.». Codesta ecc.ma Corte, a tal riguardo, ha gia' affermato che, «nel complesso intrecciarsi in una stessa materia (istruzione) di norme generali, principi fondamentali, leggi regionali e determinazioni autonome delle istituzioni scolastiche, si puo' assumere per certo che il prescritto ambito di legislazione regionale sta proprio nella programmazione delle rete scolastica» (sentenza n. 13/2004). E, conseguentemente, con specifico riferimento alla distribuzione del personale tra le istituzioni scolastiche, ha dichiarato, sempre nella medesima decisione, che «la competenza statale non possa esercitarsi altro che con la determinazione dei principi organizzativi che spetta alle regioni svolgere con una propria disciplina». Conferma di tali assunti si rinviene in una recente pronuncia di codesta ecc.ma Corte, ove si afferma che la «rete scolastica e il dimensionamento degli istituti» e' materia che «non puo' ricondursi nell'ambito delle norme generali sull'istruzione e va, invece, ricompresa nella competenza concorrente relativa all'istruzione» (sentenza n. 147/2012). Cio' in quanto il dimensionamento della rete scolastica ha una diretta e immediata incidenza su situazioni strettamente legate alle varie realta' territoriali e alle esigenze socio-economiche di un territorio (sentenza n. 200/2009). In un caso specifico si e', poi, sostenuto che «la distribuzione del personale all'interno delle istituzioni scolastiche sulla base di scelte programmatiche e gestionali che rilevano solamente all'interno della regione e' da ritenere appartenente alla competenza legislativa dell'ente territoriale» (sentenza n. 235/2010). Tale esegesi ricostruttiva trova inoltre un diretto addentellato nella legislazione ordinaria precedente la riforma costituzionale del 2001, che, nell'art. 138 del decreto legislativo n. 112/1998, delega alle regioni la programmazione dell'offerta formativa e della rete scolastica. Disposizione piu' volte riconosciuta da codesta ecc.ma Corte, quale parametro esegetico della portata precettiva da riconoscere all'art. 117 Cost. in materia di istruzione e formazione professionale (decisioni n. 13/2004 e n. 200/2009). Ne consegue che, secondo i criteri elaborati dalla Corte costituzionale, la definizione degli ambiti territoriali dei ruoli del personale docente, in un dimensionamento inferiore alla provincia o alla citta' metropolitana, deve ritenersi di competenza regionale e non puo' essere affidato ad organi statali, quali sono gli uffici scolastici regionali. Tale attribuzione a organi periferici dello Stato della competenza a definire l'ampiezza degli ambiti territoriali, dunque, lede la competenza legislativa e amministrativa regionale in materia di istruzione, in quanto la norma impugnata non si limita a prevedere principi fondamentali cui la regione debba attenersi nell'esercizio della propria potesta' legislativa. Ma, invece, prescrive una disciplina attributiva di una competenza amministrativa e organizzatoria puntuale, che non lascia alcun spazio decisorio alle regioni, ne' alcun margine di esercizio dei poteri amministrativi che competono loro. E non vale a sanare tale illegittimita' la previsione della mera consultazione delle regioni e degli enti locali, incapace di garantire il rispetto dell'architettura delle competenze delineate dalla Carta costituzionale. Si determina, percio', una lesione della competenza regionale cosi' come delineata dai commi 2, 3 e 4, dell'art. 117 Cost., nonche' degli articoli 118 e 120 Cost. sotto forma di lesione/elusione del canone di leale collaborazione. Si puo', con questo, prospettare una correlata lesione dell'art. 97 Cost., essendo ben possibile immaginare una sovrapposizione tra gli ambiti individuati dalla regione nel dimensionamento della rete scolastica regionale e gli ambiti di cui al comma 66 dell'art. 1 della legge in questa sede impugnata. Con conseguente lesione del buon andamento e dell'efficienza dell'agire pubblico per effetto della sovrapposta e scoordinata attribuzione di competenze derivante dall'interferenza della disposizione impugnata con il quadro normativo costituzionale e legislativo vigente. 4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 180 e 181, della legge 13 luglio 2015, n. 107, recante «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti» per violazione degli articoli 97, 117, commi 2, 3 e 4, 118 e 120 della Costituzione della Repubblica italiana. Al fine di permettere una compiuta contestualizzazione del quarto motivo di impugnazione appare opportuno esporre il complessivo e articolato quadro normativo tracciato dai commi 180 e 181 dell'art. 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107. Il comma 180 statuisce che «Il Governo e' delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti legislativi al fine di provvedere al riordino, alla semplificazione e alla codificazione delle disposizioni legislative in materia di istruzione, anche in coordinamento con le disposizioni di cui alla presente legge». Il successivo art. 181 prevede, tra i principi ed i criteri direttivi, il «riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria, in modo da renderlo funzionale alla valorizzazione sociale e culturale della professione, mediante: 1) l'introduzione di un sistema unitario e coordinato che comprenda sia la formazione iniziale dei docenti sia le procedure per l'accesso alla professione, affidando i diversi momenti e percorsi formativi alle universita' o alle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica e alle istituzioni scolastiche statali, con una chiara distinzione dei rispettivi ruoli e competenze in un quadro di collaborazione strutturata; 2) l'avvio di un sistema regolare di concorsi nazionali per l'assunzione, con contratto retribuito a tempo determinato di durata triennale di tirocinio, di docenti nella scuola secondaria statale. L'accesso al concorso e' riservato a coloro che sono in possesso di un diploma di laurea magistrale o di un diploma accademico di secondo livello per le discipline artistiche e musicali, coerente con la classe disciplinare di concorso. I vincitori sono assegnati a un'istituzione scolastica o a una rete tra istituzioni scolastiche. A questo fine sono previsti: 2.1) la determinazione di requisiti per l'accesso al concorso nazionale, anche in base al numero di crediti formativi universitari acquisiti nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e in quelle concernenti le metodologie e le tecnologie didattiche, comunque con il limite minimo di ventiquattro crediti conseguibili sia come crediti curricolari che come crediti aggiuntivi; 2.2) la disciplina relativa al trattamento economico durante il periodo di tirocinio, tenuto anche conto della graduale assunzione della funzione di docente; 3) il completamento della formazione iniziale dei docenti assunti secondo le procedure di cui al numero 2) tramite: 3.1) il conseguimento, nel corso del primo anno di contratto, di un diploma di specializzazione per l'insegnamento secondario al termine di un corso annuale istituito, anche in convenzione con istituzioni scolastiche o loro reti, dalle universita' o dalle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, destinato a completare la preparazione degli iscritti nel campo della didattica delle discipline afferenti alla classe concorsuale di appartenenza, della pedagogia, della psicologia e della normativa scolastica; 3.2) la determinazione degli standard nazionali per la valutazione finalizzata al conseguimento del diploma di specializzazione, nonche' del periodo di apprendistato; 3.3) per i vincitori dei concorsi nazionali, l'effettuazione, nei due anni successivi al conseguimento del diploma, di tirocini formativi e la graduale assunzione della funzione docente, anche in sostituzione di docenti assenti, presso l'istituzione scolastica o presso la rete tra istituzioni scolastiche di assegnazione; 3.4) la possibilita', per coloro che non hanno partecipato o non sono risultati vincitori nei concorsi nazionali di cui al numero 2), di iscriversi a proprie spese ai percorsi di specializzazione per l'insegnamento secondario di cui al numero 3.1); 4) la sottoscrizione del contratto di lavoro a tempo indeterminato, all'esito di positiva conclusione e valutazione del periodo di tirocinio, secondo la disciplina di cui ai commi da 63 a 85 del presente articolo; 5) la previsione che il percorso di cui al numero 2) divenga gradualmente l'unico per accedere all'insegnamento nella scuola secondaria statale, anche per l'effettuazione delle supplenze; l'introduzione di una disciplina transitoria in relazione ai vigenti percorsi formativi e abilitanti e al reclutamento dei docenti nonche' in merito alla valutazione della competenza e della professionalita' per coloro che hanno conseguito l'abilitazione prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui alla presente lettera; 6) il riordino delle classi disciplinari di afferenza dei docenti e delle classi di laurea magistrale, in modo da assicurarne la coerenza ai fini dei concorsi di cui al numero 2), nonche' delle norme di attribuzione degli insegnamenti nell'ambito della classe disciplinare di afferenza secondo principi di semplificazione e di flessibilita', fermo restando l'accertamento della competenza nelle discipline insegnate; 7) la previsione dell'istituzione di percorsi di formazione in servizio, che integrino le competenze disciplinari e pedagogiche dei docenti, consentendo, secondo principi di flessibilita' e di valorizzazione, l'attribuzione di insegnamenti anche in classi disciplinari affini; 8) la previsione che il conseguimento del diploma di specializzazione di cui al numero 3.1) costituisca il titolo necessario per l'insegnamento nelle scuole paritarie; c) promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilita' e riconoscimento delle differenti modalita' di comunicazione attraverso: 1) la ridefinizione del ruolo del personale docente di sostegno al fine di favorire l'inclusione scolastica degli studenti con disabilita', anche attraverso l'istituzione di appositi percorsi di formazione universitaria; 2) la revisione dei criteri di inserimento nei ruoli per il sostegno didattico, al fine di garantire la continuita' del diritto allo studio degli alunni con disabilita', in modo da rendere possibile allo studente di fruire dello stesso insegnante di sostegno per l'intero ordine o grado di istruzione; 3) l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni scolastiche, sanitarie e sociali, tenuto conto dei diversi livelli di competenza istituzionale; 4) la previsione di indicatori per l'autovalutazione e la valutazione dell'inclusione scolastica; 5) la revisione delle modalita' e dei criteri relativi alla certificazione, che deve essere volta a individuare le abilita' residue al fine di poterle sviluppare attraverso percorsi individuati di concerto con tutti gli specialisti di strutture pubbliche, private o convenzionate che seguono gli alunni riconosciuti disabili ai sensi degli articoli 3 e 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e della legge 8 ottobre 2010, n. 170, che partecipano ai gruppi di lavoro per l'integrazione e l'inclusione o agli incontri informali; 6) la revisione e la razionalizzazione degli organismi operanti a livello territoriale per il supporto all'inclusione; 7) la previsione dell'obbligo di formazione iniziale e in servizio per i dirigenti scolastici e per i docenti sugli aspetti pedagogico-didattici e organizzativi dell'integrazione scolastica; 8) la previsione dell'obbligo di formazione in servizio per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario, rispetto alle specifiche competenze, sull'assistenza di base e sugli aspetti organizzativi ed educativo-relazionali relativi al processo di integrazione scolastica; 9) la previsione della garanzia dell'istruzione domiciliare per gli alunni che si trovano nelle condizioni di cui all'art. 12, comma 9, della legge 5 febbraio 1992, n. 104; d) revisione dei percorsi dell'istruzione professionale, nel rispetto dell'art. 117 della Costituzione, nonche' raccordo con i percorsi dell'istruzione e formazione professionale, attraverso: 1) la ridefinizione degli indirizzi, delle articolazioni e delle opzioni dell'istruzione professionale; 2) il potenziamento delle attivita' didattiche laboratoriali anche attraverso una rimodulazione, a parita' di tempo scolastico, dei quadri orari degli indirizzi, con particolare riferimento al primo biennio; e) istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni, costituito dai servizi educativi per l'infanzia e dalle scuole dell'infanzia, al fine di garantire ai bambini e alle bambine pari opportunita' di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali, nonche' ai fini della conciliazione tra tempi di vita, di cura e di lavoro dei genitori, della promozione della qualita' dell'offerta educativa e della continuita' tra i vari servizi educativi e scolastici e la partecipazione delle famiglie, attraverso: 1) la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni della scuola dell'infanzia e dei servizi educativi per l'infanzia previsti dal Nomenclatore interregionale degli interventi e dei servizi sociali, sentita la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, prevedendo: 1.1) la generalizzazione della scuola dell'infanzia; 1.2) la qualificazione universitaria e la formazione continua del personale dei servizi educativi per l'infanzia e della scuola dell'infanzia; 1.3) gli standard strutturali, organizzativi e qualitativi dei servizi educativi per l'infanzia e della scuola dell'infanzia, diversificati in base alla tipologia, all'eta' dei bambini e agli orari di servizio, prevedendo tempi di compresenza del personale dei servizi educativi per l'infanzia e dei docenti di scuola dell'infanzia, nonche' il coordinamento pedagogico territoriale e il riferimento alle indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, adottate con il regolamento di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca 16 novembre 2012, n. 254; 2) la definizione delle funzioni e dei compiti delle regioni e degli enti locali al fine di potenziare la ricettivita' dei servizi educativi per l'infanzia e la qualificazione del sistema integrato di cui alla presente lettera; 3) l'esclusione dei servizi educativi per l'infanzia e delle scuole dell'infanzia dai servizi a domanda individuale; 4) l'istituzione di una quota capitaria per il raggiungimento dei livelli essenziali, prevedendo il cofinanziamento dei costi di gestione, da parte dello Stato con trasferimenti diretti o con la gestione diretta delle scuole dell'infanzia e da parte delle regioni e degli enti locali al netto delle entrate da compartecipazione delle famiglie utenti del servizio; 5) l'approvazione e il finanziamento di un piano di azione nazionale per la promozione del sistema integrato di cui alla presente lettera, finalizzato al raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni; 6) la copertura dei posti della scuola dell'infanzia per l'attuazione del piano di azione nazionale per la promozione del sistema integrato anche avvalendosi della graduatoria a esaurimento per il medesimo grado di istruzione come risultante alla data di entrata in vigore della presente legge; 7) la promozione della costituzione di poli per l'infanzia per bambini di eta' fino a sei anni, anche aggregati a scuole primarie e istituti comprensivi; 8) l'istituzione, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, di un'apposita commissione con compiti consultivi e propositivi, composta da esperti nominati dal Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, dalle regioni e dagli enti locali; f) garanzia dell'effettivita' del diritto allo studio su tutto il territorio nazionale, nel rispetto delle competenze delle regioni in tale materia, attraverso la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, sia in relazione ai servizi alla persona, con particolare riferimento alle condizioni di disagio, sia in relazione ai servizi strumentali; potenziamento della Carta dello studente, tenuto conto del sistema pubblico per la gestione dell'identita' digitale, al fine di attestare attraverso la stessa lo status di studente e rendere possibile l'accesso a programmi relativi a beni e servizi di natura culturale, a servizi per la mobilita' nazionale e internazionale, ad ausili di natura tecnologica per lo studio e per l'acquisto di materiale scolastico, nonche' possibilita' di associare funzionalita' aggiuntive per strumenti di pagamento attraverso borsellino elettronico; g) promozione e diffusione della cultura umanistica, valorizzazione del patrimonio e della produzione culturali, musicali, teatrali, coreutici e cinematografici e sostegno della creativita' connessa alla sfera estetica, attraverso: 1) l'accesso, nelle sue varie espressioni amatoriali e professionali, alla formazione artistica, consistente nell'acquisizione di conoscenze e nel contestuale esercizio di pratiche connesse alle forme artistiche, musicali, coreutiche e teatrali, mediante: 1.1) il potenziamento della formazione nel settore delle arti nel curricolo delle scuole di ogni ordine e grado, compresa la prima infanzia, nonche' la realizzazione di un sistema formativo della professionalita' degli educatori e dei docenti in possesso di specifiche abilitazioni e di specifiche competenze artistico-musicali e didattico-metodologiche; 1.2) l'attivazione, da parte di scuole o reti di scuole di ogni ordine e grado, di accordi e collaborazioni anche con soggetti terzi, accreditati dal Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca e dal Ministero dei beni e delle attivita' culturali e del turismo ovvero dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano anche mediante accordi quadro tra le istituzioni interessate; 1.3) il potenziamento e il coordinamento dell'offerta formativa extrascolastica e integrata negli ambiti artistico, musicale, coreutico e teatrale anche in funzione dell'educazione permanente; 2) il riequilibrio territoriale e il potenziamento delle scuole secondarie di primo grado a indirizzo musicale nonche' l'aggiornamento dell'offerta formativa anche ad altri settori artistici nella scuola secondaria di primo grado e l'avvio di poli, nel primo ciclo di istruzione, a orientamento artistico e performativo; 3) la presenza e il rafforzamento delle arti nell'offerta formativa delle scuole secondarie di secondo grado; 4) il potenziamento dei licei musicali, coreutici e artistici promuovendo progettualita' e scambi con gli altri Paesi europei; 5) l'armonizzazione dei percorsi formativi di tutta la filiera del settore artistico-musicale, con particolare attenzione al percorso pre-accademico dei giovani talenti musicali, anche ai fini dell'accesso all'alta formazione artistica, musicale e coreutica e all'universita'; 6) l'incentivazione delle sinergie tra i linguaggi artistici e le nuove tecnologie valorizzando le esperienze di ricerca e innovazione; 7) il supporto degli scambi e delle collaborazioni artistico-musicali tra le diverse istituzioni formative sia italiane che straniere, finalizzati anche alla valorizzazione di giovani talenti; 8) la sinergia e l'unitarieta' degli obiettivi nell'attivita' dei soggetti preposti alla promozione della cultura italiana all'estero; h) revisione, riordino e adeguamento della normativa in materia di istituzioni e iniziative scolastiche italiane all'estero al fine di realizzare un effettivo e sinergico coordinamento tra il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e il Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca nella gestione della rete scolastica e della promozione della lingua italiana all'estero attraverso: 1) la definizione dei criteri e delle modalita' di selezione, destinazione e permanenza in sede del personale docente e amministrativo; 2) la revisione del trattamento economico del personale docente e amministrativo; 3) la previsione della disciplina delle sezioni italiane all'interno di scuole straniere o internazionali; 4) la revisione della disciplina dell'insegnamento di materie obbligatorie secondo la legislazione locale o l'ordinamento scolastico italiano da affidare a insegnanti a contratto locale; i) adeguamento della normativa in materia di valutazione e certificazione delle competenze degli studenti, nonche' degli esami di Stato, anche in raccordo con la normativa vigente in materia di certificazione delle competenze, attraverso: 1) la revisione delle modalita' di valutazione e certificazione delle competenze degli studenti del primo ciclo di istruzione, mettendo in rilievo la funzione formativa e di orientamento della valutazione, e delle modalita' di svolgimento dell'esame di Stato conclusivo del primo ciclo; 2) la revisione delle modalita' di svolgimento degli esami di Stato relativi ai percorsi di studio della scuola secondaria di secondo grado in coerenza con quanto previsto dai regolamenti di cui ai decreti del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, nn. 87, 88 e 89.». Il complesso delle enunciate disposizioni determina una fitta rete di interferenze con la competenza esclusiva regionale in materia di istruzione e formazione professionale e potenzialmente attribuisce allo Stato competenza ad adottare non solo norme di principio ma anche disposizioni di dettaglio in materia di istruzione, al di la' dei limiti delle norme generali sull'istruzione. In particolare, paiono lesive del riparto di competenze, come delineato da codesta ecc.ma Corte, le disposizioni che affidano al legislatore delegato il compito di definire, e in modo dettagliato, il sistema di formazione iniziale e il suo completamento, nonche' l'istituzione di percorsi di formazione che integrano le competenze disciplinari e pedagogiche dei docenti, senza prevedere, peraltro in alcun modo, la partecipazione regionale nella relativa definizione. Cio' lede, in primo luogo, la competenza esclusiva regionale in materia di «istruzione e formazione professionale» e, altresi', consente al legislatore delegato di delineare un sistema formativo dei docenti che, anche ove lo si volesse far rientrare nella materia «istruzione», comunque dovrebbe lasciare al legislatore regionale margini di attuazione. Analogamente, la successiva previsione di un sistema formativo della professionalita' degli educatori e dei docenti in possesso di specifiche abilitazioni e di specifiche competenze artistico-musicali e didattico-metodologiche, il potenziamento e il coordinamento dell'offerta formativa extrascolastica e integrata negli ambiti artistico, musicale, coreutico e teatrale e similari disposizioni disseminate nel corpo del comma impugnato, determinano, in assenza di un necessario coinvolgimento decisorio delle regioni, una elisione o, rectius, l'illegittima compressione della competenza legislativa e amministrativa regionale in materia di istruzione e formazione professionale nonche' una lesione del canone di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost., mancando ogni riferimento al limite derivante dalle competenze riservate alle regioni; con cio' quindi abilitando il legislatore delegato ad invadere le potesta' decisorie delle regioni. Si determina percio' una lesione del quadro di competenze cosi' come delineato dai commi 2, 3 e 4 dell'art. 117 Cost. nonche' dagli articoli 118 e 120 Cost. che induce a chiedere la declaratoria di illegittimita' costituzionale del combinato disposto dei commi 180 e 181, nelle parti in cui gli stessi determinano una indebita compressione delle competenze regionali.