IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                         (Sezione Terza Ter) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  Ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 13997 del  2014,  proposto  da:  Agricola  Ambiente
Natura s.s., in persona delle titolari e legali rappresentanti  p.t.,
rappresentata  e  difesa  dagli  avv.ti  Marco  Trevisan   e   Andrea
Maffettone, presso lo studio dei quali in Roma, via Ludovisi  n.  35,
hanno eletto domicilio; 
    Contro  Ministero  dello  sviluppo  economico,   Presidenza   del
Consiglio dei Ministri e Cassa conguaglio per il  settore  elettrico,
in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e
difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui  uffici  in
Roma, via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati; GSE -  Gestore  dei
servizi energetici S.p.a., n.c. 
    Sul ricorso numero di registro generale 13998 del 2014,  proposto
da: Eco Energy S.r.l., in persona  dei  legali  rappresentanti  p.t.,
rappresentata  e  difesa  dagli  avv.ti  Marco  Trevisan   e   Andrea
Maffettone, presso lo studio dei quali in Roma, via Ludovisi  n.  35,
hanno eletto domicilio; 
    Contro  Ministero  dello  sviluppo  economico,   Presidenza   del
Consiglio dei Ministri e Cassa conguaglio per il  settore  elettrico,
in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e
difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui  uffici  in
Roma, via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati; GSE -  Gestore  dei
servizi energetici s.p.a., n.c. 
    Sul ricorso numero di registro generale 13999 del 2014,  proposto
da: Finance Energy S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentata  e  difesa  dagli  avv.ti  Marco  Trevisan   e   Andrea
Maffettone, presso lo studio dei quali in Roma, via Ludovisi  n.  35,
hanno eletto domicilio; 
    Contro  Ministero  dello  sviluppo  economico,   Presidenza   del
Consiglio dei Ministri e Cassa conguaglio per il  settore  elettrico,
in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e
difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui  uffici  in
Roma, via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati; GSE -  Gestore  dei
servizi energetici s.p.a., n.c. 
    Sul ricorso numero di registro generale 14000 del 2014,  proposto
da: Rossella Olivieri,  in  proprio  e  quale  titolare  dell'impresa
individuale  Azienda  Agricola  Olivieri  Rossella,  rappresentata  e
difesa dagli avv.ti Marco Trevisan e  Andrea  Maffettone,  presso  lo
studio dei quali in Roma, via Ludovisi n. 35, hanno eletto domicilio; 
    Contro  Ministero  dello  sviluppo  economico,   Presidenza   del
Consiglio dei Ministri e Cassa conguaglio per il  settore  elettrico,
in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e
difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui  uffici  in
Roma, via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati; GSE -  Gestore  dei
servizi energetici s.p.a., n.c. 
    Per l'annullamento: 
      del decreto  del  Ministro  dello  sviluppo  economico  del  17
ottobre 2014, recante le percentuali di rimodulazione degli incentivi
ai sensi dell'art. 26, comma 3, lett. b), d.l. n. 91/2014; 
      delle  "Tabelle  contenenti  i  valori  dei   coefficienti   di
rimodulazione" da moltiplicare ai previgenti incentivi sulla base  di
quanto previsto dall'all. 1 del decreto ministeriale 17 ottobre  2014
nel caso di scelta dell'opzione b), pubblicate dal  GSE  sul  proprio
sito internet in data 27 ottobre 2014; 
      delle "Istruzioni operative per gli  interventi  sulle  tariffe
incentivanti relative agli impianti fotovoltaici, ai sensi  dell'art.
26 della legge n. 116/2014"  pubblicate  dal  GSE  sul  proprio  sito
internet in data 3 novembre 2014. 
    Previo accertamento del diritto a non esercitare alcuna delle tre
opzioni stabilite dall'art. 26, comma 3, ovvero  previo  accertamento
dell'insussistenza del potere del GSE di applicare  l'opzione  c)  in
caso di mancato esercizio dell'opzione entro  il  30  novembre  2014,
nonche' per la condanna al risarcimento dei danni e con richiesta  in
via  preliminare,  di  sollevare  in  via  incidentale  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 26, comma 3, d.l. n. 91/2014. 
    Visti i ricorsi e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate; 
    Relatore nell'udienza pubblica del 19 marzo 2015 il cons. M.A. di
Nezza e uditi i difensori delle parti come da verbale. 
 
                        I) Rilevato in Fatto 
 
    Con distinti ricorsi passati per le notificazioni il 13  novembre
2014 (dep. il 21.11), le aziende in  epigrafe,  deducendo  di  essere
ciascuna titolare di un impianto fotovoltaico  con  potenza  nominale
superiore  a  200  kW,  che  fruisce   delle   tariffe   incentivanti
riconosciute in base agli artt. 7 decreto legislativo n.  387/2003  e
25, comma 10, decreto legislativo n. 28/2011,  con  i  termini  e  le
modalita'  stabilite  in  apposite  convenzioni  di  diritto  privato
stipulate con il GSE per un periodo di  venti  anni  dall'entrata  in
esercizio dell'impianto stesso  (precisamente,  le  convenzioni  sono
state sottoscritte: quanto all'Azienda Agricola  Natura,  cessionaria
della societa' Eco Energy, il 21  aprile  2011,  con  durata  dal  23
dicembre 2010 al 22 dicembre 2030; Eco Energy, il 4 gennaio 2012, con
durata dal 26 agosto 2011 al 25 agosto 2031; Finance  Energy,  il  26
marzo 2011, con durata dal 16 dicembre  2010  al  15  dicembre  2030;
Azienda agricola Olivieri, il  2  aprile  2011,  con  durata  dal  22
novembre  2010  al  21  dicembre  2030),   hanno   chiesto,   "previo
esperimento del giudizio incidentale di  costituzionalita'  dell'art.
26, comma 3, d.l. n.  91/2014,  [di]  sospendere  immediatamente  gli
effetti scaturenti dalla rimodulazione delle tariffe spettanti  [...]
a partire dal 1° gennaio 2015, previo accertamento del diritto  [...]
a non esercitare alcuna delle tre opzioni stabilite  dalla  norma  in
esame, ovvero, previo accertamento dell'insussistenza del potere  del
GSE  di  applicare  l'opzione  c,  in  caso  di   mancato   esercizio
dell'opzione entro il 30 novembre 2014". Esse hanno altresi'  chiesto
l'annullamento dei provvedimenti  indicati  in  epigrafe  e,  in  via
subordinata, la condanna al risarcimento dei danni (cfr.  conclusioni
dei ricorsi). 
    Illustrata la natura provvedimentale e autoapplicativa  dell'art.
26, comma 3, d.l. n.  91/2014,  le  ricorrenti  hanno  prospettato  i
seguenti motivi: 
      1) Illegittimita' costituzionale del comma  3  per  "violazione
dei principi di  legalita',  legittimo  affidamento  e  certezza  del
diritto; violazione degli artt. 3, 41, 77 e 117 della  Costituzione",
alla luce della portata sostanzialmente  retroattiva  dell'intervento
normativo e della precisazione, contenuta nelle  convenzioni  con  il
GSE, secondo cui gli accordi  modificativi  o  integrativi  avrebbero
dovuto essere  "convenuti  per  iscritto  a  pena  di  nullita'";  in
particolare, precisati gli effetti pregiudizievoli di ciascuna  delle
opzioni contemplate dal comma 3, questa norma sarebbe in contrasto: 
        i) con gli artt. 3 e 41 Cost., venendo a ledere il  legittimo
affidamento  degli  investitori  e  determinando  una  disparita'  di
trattamento in relazione agli altri produttori di  energia  da  fonti
rinnovabili  (ne'  essa  troverebbe  giustificazione   nell'interesse
economico dello Stato); 
        ii) con l'art. 77 Cost., alla luce  dell'eterogeneita'  delle
misure previste col d.l. n. 91/2014; 
        iii) con l'art. 117 Cost., tenuto conto dei vincoli derivanti
dall'ordinamento comunitario e degli obblighi internazionali; 
      2) Violazione dell'art. 26, comma 3, lett. b), d.l. n. 91/2014,
nonche' del decreto  ministeriale  17  ottobre  2014;  illegittimita'
delle Tabelle contenenti i valori dei coefficienti di  rimodulazione,
adottate  dal  Gestore  il  27.10.2014;   eccesso   di   potere   per
contraddittorieta',  carenza  di  presupposti,  contrasto  con  altri
provvedimenti, disparita' di trattamento e illogicita' manifesta: 
        anche  a  prescindere  dalla  questione   di   illegittimita'
costituzionale, i provvedimenti  attuativi  dell'art.  26,  comma  3,
lett.  b),  confliggerebbero  con  la  volonta'  del  legislatore  di
garantire il  recupero  delle  riduzioni  applicate  per  il  periodo
2015/2019; in particolare, dalle  Tabelle  adottate  dal  Gestore  si
desumerebbe la natura pregiudizievole del meccanismo  ivi  delineato,
stanti le ulteriori decurtazioni anche successive al 2019 (l'impianto
della ricorrente potrebbe accedere alla tariffa maggiorata  solo  nel
corso del 2024); 
        sotto altro profilo,  le  Tabelle  tratterebbero  in  maniera
identica  situazioni  differenziate,  stanti  i  diversi  livelli  di
incentivazione degli impianti (assoggettati a diversi conti energia),
mentre il  taglio  degli  incentivi  sarebbe  commisurato  unicamente
all'anno di entrata in esercizio (senza cioe' tener conto del diverso
regime di sostegno). 
    Si sono costituite  in  resistenza  le  intimate  amministrazioni
statali. 
    Alla suindicata udienza di merito, in vista della quale la  parte
pubblica ha depositato memorie,  i  giudizi  sono  stati  discussi  e
trattenuti in decisione. 
 
                     II) Considerato in Diritto 
 
    Definite con separata sentenza parziale - decisa in pari  data  e
pubblicata - le questioni in rito (giurisdizione  e  ammissibilita'),
per la soluzione  della  controversia  e'  necessario  sottoporre  al
giudizio della Corte costituzionale, in via pregiudiziale, l'art. 26,
comma 3, d.l. n. 91/2014, secondo quanto si passa a dire (ai nn. da 1
a 3 si dara' conto  del  contesto  di  riferimento,  al  n.  4  della
rilevanza e al n. 5 della non manifesta infondatezza). 
1. Quadro  normativo  relativo  all'incentivazione  della  produzione
elettrica da fonte solare. 
  1.1. Le direttive europee. 
    La produzione  di  energia  elettrica  da  fonti  rinnovabili  e'
obiettivo rilevante delle politiche energetiche e ambientali europee. 
    Essa trova collocazione nel contesto di favore sancito a  livello
internazionale dal Protocollo di Kyoto (Protocollo  alla  Convenzione
quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto  a  Kyoto
l'11 dicembre 1997,  di  cui  e'  stata  autorizzata  la  ratifica  e
disposta l'esecuzione con l. 1° giugno 2002, n. 120; cfr. anche  art.
11, comma 5, decreto legislativo n. 79/1999 nella versione  anteriore
alle modificazioni di cui  al  decreto  legislativo  n.  28/2011;  in
Europa, il protocollo e' stato approvato con decisione del  Consiglio
2002/358/CE del 25 aprile 2002), il cui art. 2,  par.  1,  lett.  a),
impegna  le  parti  contraenti,  "nell'adempiere  agli   impegni   di
limitazione quantificata e di riduzione  delle  emissioni  [...],  al
fine di promuovere lo sviluppo sostenibile", ad applicare o elaborare
"politiche e misure, in conformita' con la sua situazione  nazionale,
come:  [...]   iv)   Ricerca,   promozione,   sviluppo   e   maggiore
utilizzazione di forme energetiche rinnovabili [...]". 
    Con la dir. n.  2001/77/CE  ("promozione  dell'energia  elettrica
prodotta  da  fonti  energetiche  rinnovabili  nel  mercato   interno
dell'elettricita'") il legislatore europeo,  riconosciuta  "[...]  la
necessita' di promuovere in  via  prioritaria  le  fonti  energetiche
rinnovabili,   poiche'   queste   contribuiscono   alla    protezione
dell'ambiente e allo sviluppo sostenibile", potendo  "inoltre  creare
occupazione locale, avere un impatto positivo sulla coesione sociale,
contribuire alla sicurezza degli approvvigionamenti e  permettere  di
conseguire piu' rapidamente gli obiettivi di  Kyoto"  (cons.  1,  che
sottolinea ulteriormente la  necessita'  di  "garantire  un  migliore
sfruttamento di questo potenziale  nell'ambito  del  mercato  interno
dell'elettricita'"), ha  affermato  chiaramente  che  "la  promozione
dell'elettricita' prodotta da fonti  energetiche  rinnovabili  e'  un
obiettivo altamente prioritario  a  livello  della  Comunita'  [...]"
(cons. 2; come tale, essa costituisce "parte importante del pacchetto
di misure necessarie per conformarsi al protocollo di Kyoto [...]") e
ha ritenuto  di  intervenire  attraverso  l'assegnazione  agli  Stati
membri di "obiettivi indicativi nazionali di consumo di  elettricita'
prodotta da fonti energetiche rinnovabili", con riserva  di  proporre
"obiettivi vincolanti" in ragione dell'eventuale  progresso  rispetto
all'"obiettivo indicativo globale" del 12% del consumo interno  lordo
di energia nel 2010 (cons. 7), ferma  la  possibilita'  per  ciascuno
Stato membro di individuare "il  regime  piu'  rispondente  alla  sua
particolare  situazione"  per  il  raggiungimento  degli   "obiettivi
generali dell'intervento" (cons. 23). 
    Cio' al dichiarato fine di "garantire una  maggiore  penetrazione
sul mercato, a medio  termine  dell'elettricita'  prodotta  da  fonti
energetiche rinnovabili" e ribadendo "gli impegni  nazionali  assunti
nel contesto degli  obblighi  in  materia  di  cambiamenti  climatici
contratti dalla Comunita' a titolo del protocollo di  Kyoto"  (conss.
nn. 5 e 6). 
    In coerenza con tali premesse, la  dir.  2001/77  ha  individuato
all'art.  3  i  menzionati  "obiettivi  indicativi  nazionali"  e  ha
conferito agli Stati membri la possibilita'  di  stabilire  specifici
"regimi di sostegno", demandando alla Commissione: 
      par. 1, la valutazione della coerenza di questi  ultimi  con  i
principi in materia di aiuti di Stato (artt. 87  e  88  Trattato  CE,
oggi  artt.  107  e  108  Trattato  UE),  "tenendo  conto  che   essi
contribuiscono a perseguire gli obiettivi stabiliti negli articoli  6
e 174 del  Trattato"  (si  tratta  delle  disposizioni  sulla  tutela
dell'ambiente e sulla politica ambientale; cfr. oggi artt. 11  e  191
Tratt. UE); 
      par. 2, la presentazione di una relazione (entro il 27  ottobre
2005) sull'esperienza maturata (e sul "successo, compreso il rapporto
costo-efficacia, dei regimi  di  sostegno  [...]  nel  promuovere  il
consumo di elettricita' prodotta da fonti energetiche rinnovabili  in
conformita' con  gli  obiettivi  indicativi  nazionali  [...])  e  di
un'eventuale "proposta relativa a un quadro comunitario" per i regimi
di  sostegno  tale  da:  "a)  contribuire  al  raggiungimento   degli
obiettivi indicativi nazionali; b) essere compatibile con i  principi
del  mercato  interno  dell'elettricita';  c)   tener   conto   delle
caratteristiche delle diverse fonti energetiche rinnovabili,  nonche'
delle  diverse  tecnologie  e  delle   differenze   geografiche;   d)
promuovere efficacemente l'uso delle fonti  energetiche  rinnovabili,
essere semplice e al tempo stesso per  quanto  possibile  efficiente,
particolarmente in termini  di  costi;  e)  prevedere  per  i  regimi
nazionali di sostegno periodi di transizione  sufficienti  di  almeno
sette anni e mantenere la fiducia degli investitori". 
    La dir. n. 2009/28/CE ("promozione dell'uso dell'energia da fonti
rinnovabili,  recante  modifica  e   successiva   abrogazione   delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE")  compie  l'annunciato  cambio  di
passo,  avendo  il  legislatore  comunitario  ritenuto  di  procedere
attraverso l'indicazione agli Stati membri  di  "obiettivi  nazionali
obbligatori" per il raggiungimento  di  una  quota  pari  al  20%  di
consumo di energia entro il 2020 (cons. 13);  tali  obiettivi  hanno,
come precisato al cons. 14,  la  "principale  finalita'"  di  "creare
certezza per gli investitori nonche' stimolare lo  sviluppo  costante
di tecnologie capaci di generare energia a partire da  ogni  tipo  di
fonte rinnovabile. [...]". 
    In questa nuova prospettiva - e  ravvisata  la  necessita',  alla
luce delle diverse  condizioni  iniziali,  di  "tradurre  l'obiettivo
complessivo comunitario del 20% in  obiettivi  individuali  per  ogni
Stato membro, procedendo ad  un'allocazione  giusta  e  adeguata  che
tenga conto della diversa situazione di partenza e delle possibilita'
degli Stati membri, ivi compreso il livello attuale  dell'energia  da
fonti rinnovabili e il mix energetico"  (cons.  15)  -  la  direttiva
prende  specificamente  in  considerazione  i  regimi   di   sostegno
nazionali. 
    Segnatamente, il cons. 25 (nel rilevare  che  "gli  Stati  membri
hanno potenziali diversi in materia di energia rinnovabile e  diversi
regimi  di  sostegno  all'energia  da  fonti  rinnovabili  a  livello
nazionale", che la maggioranza di essi "applica  regimi  di  sostegno
che accordano sussidi solo all'energia da fonti rinnovabili  prodotta
sul loro territorio" e che "per il corretto funzionamento dei  regimi
di sostegno nazionali e' essenziale  che  gli  Stati  membri  possano
controllare gli effetti e i costi dei rispettivi regimi  in  funzione
dei loro diversi potenziali") riconosce che "uno strumento importante
per raggiungere l'obiettivo fissato dalla presente direttiva consiste
nel garantire  il  corretto  funzionamento  dei  regimi  di  sostegno
nazionali, come previsto  dalla  direttiva  2001/77/CE,  al  fine  di
mantenere la fiducia degli investitori e permettere agli Stati membri
di elaborare misure nazionali efficaci per  conformarsi  al  suddetto
obiettivo [...]" (cio' anche in vista del coordinamento tra le misure
di "sostegno transfrontaliero all'energia da fonti rinnovabili"  e  i
regimi di sostegno nazionale). 
    L'art.  3  individua  pertanto  gli  "obiettivi  e  [le]   misure
nazionali  generali  obbligatori  per  l'uso  dell'energia  da  fonti
rinnovabili" (quello per l'Italia e' pari al 17%; cfr.  Tabella  All.
I, parte A) e  rimarca  la  possibilita'  per  gli  Stati  membri  di
utilizzare, tra l'altro, i regimi di sostegno (par. 3), definiti  dal
precedente  art.  2,  par.  2,  lett.  k),  nei   seguenti   termini:
"strumento, regime o meccanismo  applicato  da  uno  Stato  membro  o
gruppo di Stati membri, inteso a promuovere l'uso  delle  energie  da
fonti rinnovabili riducendone i costi,  aumentando  i  prezzi  a  cui
possono essere vendute o aumentando, per mezzo di obblighi in materia
di energie rinnovabili o altri mezzi, il volume acquistato  di  dette
energie. Cio' comprende, ma non in via esclusiva, le sovvenzioni agli
investimenti, le esenzioni o  gli  sgravi  fiscali,  le  restituzioni
d'imposta, i regimi di sostegno all'obbligo  in  materia  di  energie
rinnovabili, compresi quelli che usano certificati verdi, e i  regimi
di sostegno diretto dei prezzi, ivi comprese le tariffe di riacquisto
e le sovvenzioni". 
1.2. Il  recepimento  delle  direttive  in  Italia:  i  cc.dd.  conti
energia. 
  1.2.1. La dir. 2001/77 e' stata recepita con il decreto legislativo
29 dicembre 2003, n. 387, che  in  attuazione  della  delega  di  cui
all'art. 43 l. 1° marzo 2002, n. 39 (l. comunitaria 2001), ha offerto
il quadro di riferimento generale  per  la  promozione  delle  "fonti
energetiche rinnovabili o fonti rinnovabili" (art. 1, comma 1,  lett.
a), introducendo varie misure incentivanti. 
    Per quel che oggi rileva, la produzione di energia  elettrica  da
fonte solare e' specificamente presa in  considerazione  dall'art.  7
("disposizioni specifiche per il solare"), che ha demandato a "uno  o
piu'  decreti"  interministeriali  (del  Ministro   delle   attivita'
produttive, d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e d'intesa con la Conferenza unificata) la definizione dei
"criteri" di incentivazione (comma 1). 
    La delega all'autorita' governativa e' stata formulata in termini
assai ampi. 
    La disposizione sancisce infatti (comma 2, lettere da a a g)  che
detti "criteri" stabiliscano ("senza  oneri  per  il  bilancio  dello
Stato e nel rispetto della normativa comunitaria vigente"): 
      a)  "i  requisiti  dei   soggetti   che   possono   beneficiare
dell'incentivazione"; 
      b)  "i  requisiti  tecnici  minimi  dei  componenti   e   degli
impianti"; 
      c) "le condizioni per la cumulabilita' dell'incentivazione  con
altri incentivi"; 
      d)   "le   modalita'   per   la   determinazione   dell'entita'
dell'incentivazione. Per l'elettricita' prodotta mediante conversione
fotovoltaica della  fonte  solare  prevedono  una  specifica  tariffa
incentivante, di importo decrescente e di durata  tali  da  garantire
una equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio"; 
      e) "un obiettivo della potenza nominale da installare"; 
      f) "il limite massimo della  potenza  elettrica  cumulativa  di
tutti gli impianti che possono ottenere l'incentivazione"; 
      g) l'eventuale "utilizzo dei certificati  verdi"  ex  art.  11,
comma 3, decreto legislativo n. 79/1999. 
    I decreti ministeriali adottati in base a detto art. 7 sono  noti
con la denominazione di  "conti  energia"  e  sono  identificati  con
numero ordinale  progressivo  in  relazione  alle  versioni  via  via
succedutesi: 
      I° conto (dd.mm. 28 luglio 2005  e  6  febbraio  2006,  recanti
distinzione delle tariffe in  relazione  alla  potenza  nominale,  se
superiore o non a 20 kW; le "tariffe decrescenti" sono  stabilite  in
dipendenza  dell'anno  in  cui  la  domanda  di   incentivazione   e'
presentata); 
      II° conto (decreto ministeriale 19 febbraio 2007, che introduce
ulteriori    incentivazioni    per     gli     impianti     integrati
architettonicamente  e  un  premio  per  quelli  abbinati  a  un  uso
efficiente dell'energia); 
      III° conto (decreto  ministeriale  6  agosto  2010,  nelle  cui
premesse  si  ravvisa  la  necessita'  di  "intervenire  al  fine  di
aggiornare  le  tariffe  incentivanti,  alla  luce   della   positiva
decrescita dei  costi  della  tecnologia  fotovoltaica,  al  fine  di
rispettare il principio di equa remunerazione dei costi" ex  art.  7,
decreto legislativo n. 387 del 2003 e "di stimolare  l'innovazione  e
l'ulteriore riduzione dei costi", revisione delle tariffe da  attuare
"tramite una progressiva diminuzione [di dette tariffe]  che,  da  un
lato, miri ad un allineamento graduale verso gli attuali costi  delle
tecnologie e che, dall'altro,  mantenga  stabilita'  e  certezza  sul
mercato"). 
    In ciascuno di questi provvedimenti la durata dell'incentivazione
e' stabilita in venti anni,  decorrenti  dalla  data  di  entrata  in
esercizio dell'impianto (cfr. artt. 5, comma 2, e 6,  commi  2  e  3,
decreto ministeriale 28 luglio 2005; art. 6 decreto  ministeriale  19
febbraio 2007, che precisa come il valore della tariffa sia "costante
in moneta corrente" per tutto il periodo ventennale; artt. 8, 12 e 14
decreto ministeriale 6 agosto 2010). 
  1.2.2. La dir. 2009/28 e' stata recepita con il decreto legislativo
3 marzo 2011, n. 28, in attuazione della delega di cui  all'art.  17,
comma 1, l. 4 giugno 2010, n. 96 (l. comunit. 2009). 
    Individuate all'art. 1 le "finalita'" ("il presente  decreto,  in
attuazione della direttiva 2009/28/CE  e  nel  rispetto  dei  criteri
stabiliti dalla legge 4 giugno 2010, n. 96, definisce gli  strumenti,
i meccanismi, gli incentivi e il quadro istituzionale, finanziario  e
giuridico, necessari per il raggiungimento degli  obiettivi  fino  al
2020 in materia di quota complessiva di energia da fonti  rinnovabili
sul consumo finale lordo di energia e di quota di  energia  da  fonti
rinnovabili  nei  trasporti.  [...]"),  l'art.   3   stabilisce   gli
"obiettivi nazionali", prevedendo, per quanto  qui  rileva,  che  "la
quota complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo  finale
lordo di energia da conseguire nel 2020  e'  pari  a  17  per  cento"
(comma 1), obiettivo da perseguire "con  una  progressione  temporale
coerente con le indicazioni dei Piani  di  azione  nazionali  per  le
energie rinnovabili predisposti ai sensi dell'art. 4 della  direttiva
2009/28/CE" (comma 3). 
    Ai regimi di sostegno e' dedicato il Titolo V,  aperto  dall'art.
23 sui "principi generali" - capo I - ai sensi del quale: 
      "1. Il presente Titolo ridefinisce la disciplina dei regimi  di
sostegno  applicati  all'energia  prodotta  da  fonti  rinnovabili  e
all'efficienza energetica attraverso il riordino ed il  potenziamento
dei vigenti sistemi di incentivazione. La nuova disciplina stabilisce
un quadro generale volto alla promozione della produzione di  energia
da fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica in misura  adeguata
al raggiungimento degli obiettivi di cui all'art.  3,  attraverso  la
predisposizione di criteri e strumenti  che  promuovano  l'efficacia,
l'efficienza, la  semplificazione  e  la  stabilita'  nel  tempo  dei
sistemi di incentivazione, perseguendo nel contempo  l'armonizzazione
con altri strumenti di analoga finalita' e la riduzione  degli  oneri
di sostegno specifici in capo ai consumatori; 
      2. Costituiscono ulteriori principi generali dell'intervento di
riordino  e  di  potenziamento  dei  sistemi  di  incentivazioni   la
gradualita'  di  intervento   a   salvaguardia   degli   investimenti
effettuati  e  la  proporzionalita'  agli   obiettivi,   nonche'   la
flessibilita' della struttura dei regimi  di  sostegno,  al  fine  di
tener conto  dei  meccanismi  del  mercato  e  dell'evoluzione  delle
tecnologie delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica.". 
    Il Capo  II  (artt.  da  24  a  26)  concerne  specificamente  la
produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. 
    L'art. 24  delinea  i  "meccanismi  di  incentivazione"  per  gli
impianti che entrino in esercizio dopo il 31 dicembre 2012 (comma 1),
individuando  al  comma  2,  tra  gli  altri,  i  seguenti   "criteri
generali": "a)  l'incentivo  ha  lo  scopo  di  assicurare  una  equa
remunerazione dei costi di investimento ed esercizio; b)  il  periodo
di diritto all'incentivo e' pari alla vita media utile  convenzionale
delle specifiche tipologie  di  impianto  e  decorre  dalla  data  di
entrata in esercizio dello stesso; c) l'incentivo resta costante  per
tutto il periodo di diritto e puo' tener conto del  valore  economico
dell'energia  prodotta;  d)  gli  incentivi  sono  assegnati  tramite
contratti di diritto privato fra il GSE e  il  soggetto  responsabile
dell'impianto,   sulla   base   di   un    contratto-tipo    definito
dall'Autorita' per l'energia elettrica e il gas, entro tre mesi dalla
data di entrata in vigore del primo dei decreti di cui  al  comma  5;
[...]". 
    L'art. 25 reca la disciplina transitoria, sancendo al comma 1 che
la produzione da impianti entrati in esercizio entro il  31  dicembre
2012 e' "incentivata con i meccanismi vigenti alla data di entrata in
vigore del presente  decreto,  con  i  correttivi  di  cui  ai  commi
successivi". 
    I commi 9 e 10 dettano i "correttivi" per gli impianti  da  fonte
solare, mentre il successivo  comma  11,  lett.  b),  n.  3,  dispone
l'abrogazione, a far tempo dal 1° gennaio 2013, dell'art.  7  decreto
legislativo n. 387/03 cit. "fatti salvi i diritti acquisiti". 
    In particolare: 
      il comma 9 sancisce l'applicabilita' del  III°  conto  (decreto
ministeriale 6 agosto 2010  cit.)  "alla  produzione  degli  impianti
fotovoltaici "che entrino in esercizio entro il 31 maggio 2011"; 
      il comma 10, per gli impianti con data di entrata in  esercizio
successiva al 1° giugno 2011 - e fatte salve le previsioni  dell'art.
2-sexies d.l. 25 gennaio 2010, n. 3 (conv., con modif., dalla  l.  22
marzo 2010, n. 41), che ha esteso l'operativita' del II°  Conto  agli
impianti ultimati entro  il  31  dicembre  2010  purche'  entrati  in
esercizio entro il 30 giugno 2011 - ha demandato  la  disciplina  del
regime incentivante  a  un  decreto  interministeriale  (emanato  dal
Ministro dello  sviluppo  economico,  di  concerto  con  il  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare,  sentita  la
Conferenza unificata), da adottare sulla base dei seguenti  principi:
"a)  determinazione  di  un  limite  annuale  di  potenza   elettrica
cumulativa  degli  impianti  fotovoltaici  che  possono  ottenere  le
tariffe incentivanti; b) determinazione  delle  tariffe  incentivanti
tenuto conto della riduzione dei costi delle tecnologie e  dei  costi
di  impianto  e  degli  incentivi  applicati   negli   Stati   membri
dell'Unione europea; c) previsione di tariffe incentivanti e di quote
differenziate  sulla  base  della  natura  dell'area  di  sedime;  d)
applicazione delle disposizioni dell'art. 7, del decreto  legislativo
29 dicembre 2003, n. 387, in quanto compatibili [...]". 
    In attuazione del comma 10 cit. sono stati  adottati  gli  ultimi
due conti energia: 
      IV° conto (decreto ministeriale 5 maggio 2011),  di  cui  giova
richiamare: l'art. 1, comma 2, secondo cui "[...] il presente decreto
si applica agli impianti fotovoltaici che  entrano  in  esercizio  in
data successiva al 31 maggio 2011 e fino al 31 dicembre 2016, per  un
obiettivo indicativo di potenza installata  a  livello  nazionale  di
circa 23.000 MW, corrispondente ad un costo indicativo cumulato annuo
degli incentivi stimabile tra 6 e 7 miliardi di euro"; nonche' l'art.
2, comma 3:  "al  raggiungimento  del  minore  dei  valori  di  costo
indicativo cumulato annuo di cui all'art. 1, comma 2, con decreto del
Ministro  dello  sviluppo  economico  di  concerto  con  il  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare,  sentita  la
Conferenza  unificata,  possono  essere  riviste  le   modalita'   di
incentivazione di cui al presente decreto,  favorendo  in  ogni  caso
l'ulteriore sviluppo del settore"; 
      V° conto (decreto ministeriale 5 luglio 2012), il  cui  art.  1
prevede: 
        comma 1: che, in attuazione dell'art. 25, comma 10,  cit.  (e
alla luce di quanto stabilito dal IV°  conto  all'art.  2,  comma  3,
cit.), esso disciplina le modalita' di incentivazione "da  applicarsi
successivamente al raggiungimento di  un  costo  indicativo  cumulato
annuo degli incentivi di 6 miliardi di euro"; 
        comma 2: che l'Autorita' per l'energia elettrica e il gas (di
seguito, Aeeg o anche Aeegsi) "[...] individua  la  data  in  cui  il
costo indicativo cumulato annuo degli incentivi  [...]  raggiunge  il
valore di 6 miliardi di euro l'anno"; 
        comma  5:  che  lo  stesso  decreto  ministeriale  "cessa  di
applicarsi, in ogni caso, decorsi trenta giorni solari dalla data  di
raggiungimento di un costo indicativo cumulato  di  6,7  miliardi  di
euro l'anno" (data parimenti individuata dall'Aeeg). 
    L'Aeeg ha da ultimo dato atto del raggiungimento di  tale  "costo
indicativo cumulato annuo degli incentivi": 
      al 12 luglio 2012, quanto al  valore  di  6  miliardi  di  euro
l'anno, con conseguente applicazione delle modalita' incentivanti del
V° conto a decorrere dal 27 agosto 2012" (delib. 12 luglio  2012,  n.
292/2012/R/EFR, pubbl. in pari data nel sito internet Aeeg); 
      al 6 giugno 2013, quanto al valore  di  6,7  miliardi  di  euro
l'anno, con conseguente cessazione degli effetti del V°  conto  al  6
luglio 2013 (delib. 6 giugno 2013, n. 250/2013/R/EFR (pubbl. in  pari
data nel sito Internet Aeeg). 
    Ne segue che non sono piu' incentivati gli impianti  aventi  data
di entrata in esercizio successiva al 7 luglio 2013. 
    Giova  infine  precisare  che  anche  il  IV°  e  il  V°   conto,
analogamente ai tre precedenti, stabiliscono in venti anni la  durata
dell'incentivazione (artt. 12, 16 e 18 decreto ministeriale 5  maggio
2011; art. 5 decreto ministeriale 5 luglio 2012). 
    In relazione alla data di entrata in esercizio degli impianti,  i
vari conti energia hanno operato per i seguenti periodi: I° conto: 19
settembre 2005 - 30 giugno 2006; II°  conto:  13  aprile  2007  -  31
dicembre 2010 (ma v. anche il cit. art.  2-sexies  d.l.  n.  3/2010);
III° Conto: 1° gennaio 2011 - 31 maggio 2011 (cinque mesi anziche'  i
3 anni originariamente previsti, ossia fino a tutto il 2013,  sebbene
con tariffe inferiori a seconda dell'annualita' di riferimento;  cfr.
artt. 1 e 8 decreto ministeriale 6 agosto 2010 e art.  25,  comma  9,
decreto legislativo n. 28/2011); IV°  conto:  1°  giugno  2011  -  26
agosto 2012; V° conto: 27 agosto 2012 - 6 luglio 2013. 
    Dal quadro normativo innanzi riportato si desume,  per  quel  che
rileva, che tutte le  incentivazioni  concesse  ai  sensi  dei  conti
energia hanno durata  ventennale  e  sono  di  importo  proporzionale
all'energia prodotta. 
  1.2.3.  Quanto  allo  strumento  giuridico  per  l'erogazione   dei
benefici, l'art. 24,  comma  2,  lett.  d),  decreto  legislativo  n.
28/2011 cit.,  ha  stabilito,  come  si  e'  visto,  che  le  tariffe
incentivanti siano assegnate "tramite contratti  di  diritto  privato
fra il GSE e il soggetto  responsabile  dell'impianto  [...]",  sulla
base  di  un  "contratto-tipo"  definito  dall'Aeeg  (gli  schemi  di
"contratti-tipo" predisposti dal GSE per l'erogazione degli incentivi
previsti  per  gli  impianti  fotovoltaici   sono   stati   approvati
dall'Autorita' con delib. 6 dicembre 2012, n. 516/2012/R/EFR,  pubbl.
in pari data nel relativo sito internet). 
    La disposizione, direttamente riferibile al IV° e al V° conto, ha
portata ricognitiva della situazione venutasi a  determinare  durante
la vigenza dei primi tre conti, in relazione ai quali il  Gestore  ha
proceduto attraverso la stipulazione di "convenzioni" con  i  singoli
fruitori (cfr. in proposito, con riferimento al  III°  conto,  l'art.
13, all. A, delib. Aeeg ARG/elt n.  181/2010  del  20  ottobre  2010,
pubbl. sul sito Aeeg il 25 ottobre  2010,  recante  previsione  della
redazione di uno schema tipo di convenzione; v. anche,  nello  stesso
senso, i richiami alle convenzioni dei primi tre conti  presenti  nel
"Manuale utente per la richiesta di trasferimento di titolarita'" del
novembre 2014, pubblicato nel sito internet del GSE). 
    Si tratta di atti aventi la medesima natura. 
    Tanto la "convenzione" quanto il  "contratto"  hanno  infatti  lo
scopo di regolamentare il rapporto giuridico tra il GSE e il soggetto
responsabile dell'impianto, secondo il consueto modello dei  rapporti
concessori,  nei  quali  accanto  al  provvedimento  di   concessione
l'amministrazione concedente e il privato  concessionario  concludono
un contratto (c.d. accessivo)  per  la  disciplina  delle  rispettive
obbligazioni. 
  1.3. Il contenzioso relativo al passaggio dal III° al IV° e dal IV°
al V° conto. 
    L'entrata  in  vigore  dell'art.  25,  commi  9  e  10,   decreto
legislativo n.  28/2011  e  l'introduzione  del  IV°  conto  per  gli
impianti aventi data di entrata in esercizio successiva al 31  maggio
2011 ha dato origine a una serie di controversie aventi a oggetto, in
estrema sintesi,  l'anticipata  cessazione  degli  effetti  del  III°
conto. 
    A) Con piu' pronunce di questa Sezione i ricorsi  proposti  dagli
interessati sono stati respinti, poiche', per quanto oggi rileva,  le
contestate innovazioni riguardavano impianti non  ancora  entrati  in
esercizio, cio' avendo  consentito  di  escludere  una  posizione  di
affidamento tutelabile (v., tra le altre, sentt. 13 febbraio 2013, n.
1578, conf. in appello, 26 marzo 2013, nn. 3134,  3139,  3141,  3142,
3144; 2 aprile 2013, nn. 3274 e 3276, confermate da Cons. Stato, sez.
VI, 8 agosto 2014, n. 4233, e, rispettivamente, n. 4234). 
    Piu' precisamente, e'  stata  esclusa  l'"efficacia  retroattiva"
della  nuova  disciplina,  diretta  a  "regolamentare  l'accesso   ai
relativi incentivi soltanto rispetto agli impianti che ancora non  ne
fruiscano": cio' in quanto "l'ammissione al regime  di  sostegno  non
sortisce  dal  possesso  del  titolo   amministrativo   idoneo   alla
realizzazione dell'impianto (titolo che pure costituisce un requisito
essenziale a questo fine), ma dall'entrata in esercizio dell'impianto
medesimo, vale a dire dalla sua effettiva realizzazione  e  messa  in
opera". 
    Si e' in particolare affermato che  "il  decreto  legislativo  n.
28/2011  dispone  per  l'avvenire,   individuando   quale   discrimen
temporale  per  l'applicazione  delle  nuove  regole   l'entrata   in
esercizio al 31 maggio 2011 e disciplinando il  passaggio  al  Quarto
conto attraverso la previsione di tre periodi", il  primo,  inteso  a
consentire l'accesso agli incentivi di tutti gli impianti entrati  in
esercizio entro il 31 agosto 2011, al fine di tutelare  l'affidamento
degli operatori che avessero quasi ultimato  la  realizzazione  degli
impianti sotto  il  vigore  del  Terzo  conto;  il  secondo,  dal  1°
settembre  2011  al  31  dicembre  2012,  in  cui  l'accesso  avviene
attraverso l'iscrizione nei registri; il terzo, a  regime,  dal  2013
sino alla cessazione del Quarto conto. 
    Sicche', muovendo dalla considerazione che  la  peculiare  natura
dell'azione  pubblica  volta  alla  promozione,  per   finalita'   di
carattere generale, di uno specifico settore economico attraverso  la
destinazione di risorse pubbliche, non esclude di per se' che vi  sia
"un momento nel  quale  l'aspettativa  del  privato  si  consolida  e
acquisisce consistenza giuridica" e che tale momento vada individuato
"sulla  base  di  elementi  dotati  di  apprezzabile  certezza,  pena
l'indeterminatezza delle situazioni e la perpetrazione  di  possibili
discriminazioni",    e'    stata    riconosciuta    la    correttezza
dell'individuazione di un "discrimen ancorato alla data di entrata in
esercizio dell'impianto", scelta da ritenere giustificata  alla  luce
delle caratteristiche del sistema  incentivante  in  esame,  "fondato
sulla distinzione tra la  (pur  complessa)  fase  di  predisposizione
dell'intervento impiantistico  e  quella  (altrettanto  se  non  piu'
complessa) di sua messa in opera. Ed  e'  a  questo  secondo  momento
(l'entrata in esercizio, appunto) che occorre rivolgere  l'attenzione
per individuare il fatto costitutivo del diritto alla percezione  dei
benefici, cio' che si spiega alla luce della generale  finalita'  del
regime di sostegno (produzione di energia  da  fonte  rinnovabile)  e
dell'esigenza,  a  tale  scopo   strumentale,   che   le   iniziative
imprenditoriali si traducano in azioni concrete ed effettive". 
    E' stato pertanto rilevato come  in  quelle  ipotesi  venisse  in
esame la posizione di soggetti che  intendevano  tutelare  "piu'  che
l'interesse alla conservazione di un assetto che ha prodotto  effetti
giuridicamente rilevanti [...], scelte imprenditoriali effettuate  in
un momento nel  quale  le  stesse,  a  loro  giudizio,  si  sarebbero
rivelate foriere di flussi reddituali positivi",  non  risultando  in
concreto   ravvisabili   elementi   tali   da   deporre   nel   senso
dell'immutabilita'   del   contributo   pubblico   al   settore    in
considerazione. 
    E'  stata  inoltre  affrontata  la  questione,  dedotta  in  quei
giudizi, della lesione del principio del legittimo affidamento  e  di
quello, a esso sotteso, della certezza del diritto. 
    A questo proposito, e' stata richiamata la sentenza  della  Corte
di  giustizia  10  settembre  2009,  in  causa  C-201/08,  Plantanol,
concernente l'abolizione anticipata di un regime di esenzione fiscale
per un biocarburante, nella quale il Giudice comunitario ha chiarito:
per un verso, che il principio di certezza del  diritto  non  postula
l'"assenza di modifiche legislative", richiedendo "piuttosto  che  il
legislatore tenga conto delle situazioni particolari degli  operatori
economici  e  preveda,  eventualmente,  adattamenti  all'applicazione
delle nuove norme giuridiche" (punto 49); e, per altro verso, che  la
possibilita' di far valere la tutela  del  legittimo  affidamento  e'
bensi' "prevista per ogni operatore economico nel quale  un'autorita'
nazionale abbia fatto sorgere fondate aspettative", ma  non  "qualora
un operatore economico prudente ed accorto sia in grado di  prevedere
l'adozione di un provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi" (nel
caso in cui il provvedimento venga adottato);  in  tale  prospettiva,
inoltre, "gli operatori economici  non  possono  fare  legittimamente
affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che  puo'
essere  modificata  nell'ambito  del   potere   discrezionale   delle
autorita' nazionali" (punto 53), spettando al giudice  nazionale,  in
una valutazione globale e in concreto  delle  pertinenti  circostanze
fattuali,  stabilire  se  l'impresa   ricorrente   disponesse   "come
operatore prudente e  accorto,  [...]  di  elementi  sufficienti  per
consentirle di aspettarsi che il regime di esenzione fiscale  di  cui
trattasi fosse abolito prima della data iniziale prevista per la  sua
scadenza" (non sussistendo in  quella  ipotesi  -  giova  ribadire  -
preclusioni derivanti dai canoni della certezza del diritto  e  della
tutela del legittimo affidamento; punti 67 e 68). 
    Sicche', in riferimento alle controversie in argomento, e'  stata
esclusa la lesione degli anzidetti  principi  generali,  non  potendo
"dubitarsi della circostanza che il settore  del  fotovoltaico  abbia
subito negli anni piu' recenti notevoli modifiche  in  ragione  cosi'
dell'andamento  dei  costi  delle   componenti   impiantistiche   (in
particolare, per effetto della forte riduzione del costo dei pannelli
solari)  come  dell'aumento  progressivo  delle  potenze   installate
(elementi che  le  deduzioni  di  parte  ricorrente  non  riescono  a
confutare)". 
    Si e' cioe' ritenuto, alla luce degli elementi fattuali  relativi
all'evoluzione del comparto, che "un operatore 'prudente  e  accorto'
fosse ben consapevole,  oltre  che  dell'intrinseca  mutevolezza  dei
regimi di  sostegno,  delle  modalita'  con  cui  questi  sono  stati
declinati dalle autorita' pubbliche nazionali sin  dal  Primo  conto,
vale a dire: a) con un orizzonte temporale assai limitato (tanto  che
da taluni e' stata lamentata questa eccessiva  brevita'  rispetto  al
termine di sette anni contenuto nella direttiva 2001/77/CE; cfr.  16°
consid. e art. 4, par. 2, lett. e);  b)  con  ripetuti  interventi  a
breve distanza di tempo (quattro in soli cinque anni, dal luglio 2005
all'agosto 2010). 
    Con la finale  affermazione  che  "un  operatore  avveduto  fosse
senz'altro in grado di percepire le mutazioni del contesto  economico
di riferimento nonche' il prossimo raggiungimento della  grid  parity
degli impianti fotovoltaici rispetto a quelli convenzionali". 
    B)  Il  Consiglio  di  Stato  ha  condiviso  tale   impostazione,
riconoscendo che "la tutela del legittimo  affidamento  e'  principio
connaturato allo Stato di diritto sicche', regolamentando  contro  di
esso, il legislatore statale viola i  limiti  della  discrezionalita'
legislativa (Corte Cost., sentenze 9 luglio 2009, n. 206, e 8  maggio
2007, n. 156)", e negando  in  particolare  che  nella  specie  fosse
ravvisabile un "legittimo affidamento tutelabile", posto che  non  si
controverteva  su  "provvedimenti  e  diritti   gia'   legittimamente
acquisiti sulla base della normativa anteriore" e non  era  risultato
che  l'amministrazione  pubblica  avesse   "orientato   le   societa'
ricorrenti verso comportamenti negoziali che altrimenti non avrebbero
tenuto". 
    Ne' e' stata  riscontrata  la  sussistenza  di  "un  investimento
meritevole  di  essere   salvaguardato   perche'   la   rimodulazione
legislativa non e' stata affatto incerta o improvvisa  ma  conosciuta
dagli operatori (accorti) del  settore  come  in  itinere  (la  nuova
direttiva comunitaria e' infatti del 2009)". 
    Su tali basi, il Giudice d'appello ha ritenuto che mancassero  "i
fondamentali causali di un legittimo e ragionevole  affidamento,  non
essendo infatti intervenuta [...] nessuna inosservanza da parte della
pubblica  amministrazione  statale  della  disciplina  comunitaria  e
nazionale  ovvero  alcuna  condotta,  omissiva   o   commissiva,   in
violazione di una specifica norma dalla  materia  di  settore  posta,
oppure trasgressione ai principi generali di prudenza, di diligenza e
di proporzionalita', nel concretizzare in modo conforme  la  volonta'
di legge" (cosi' Cons. Stato, sez. V,  8  agosto  2014,  nn.  4233  e
4234). 
    Sempre  sulla  medesima  questione,  il  Consiglio  di  Stato   -
osservato che "l'incentivo sulla produzione ha il fine  di  stimolare
la  installazione  di  impianti  fotovoltaici  con  l'effetto  e   il
vantaggio di garantire, assieme alla copertura parallela (parziale  o
totale) dei propri consumi elettrici  e  alla  vendita  di  eventuali
surplus energetici prodotti da parte dell'impianto stesso, un  minore
tempo di recupero dei costi di impianto iniziale  di  investimento  e
successivo maggiore  guadagno  (specifica  tariffa  incentivante,  di
importo  decrescente  e  di  durata  tali  da  garantire   una   equa
remunerazione dei costi di  investimento  e  di  esercizio  ai  sensi
dell'art. 7 del decreto legislativo n. 387 del 2003 su menzionato)" -
ha disatteso la prospettazione degli operatori sulla  portata  lesiva
delle innovazioni - in quanto "foriere di  effetti  deleteri  per  la
tutela degli investimenti gia'  programmati  sulla  base  del  quadro
normativo previgente (terzo conto  energia),  che  doveva  estendersi
fino a  tutto  il  2012"  -  reputando  manifestamente  infondate  le
questioni di legittimita' costituzionale relative alle inerenti norme
del decreto  legislativo  n.  28/2011,  "dovendosi  ritenere  che  la
violazione del diritto alla  iniziativa  economica,  cosi'  come  dei
principi di buon andamento e di parita' di trattamento, si concretino
solo allorquando la  nuova  norma  incida  in  modo  peggiorativo  su
aspettative qualificate, gia' pervenute,  pero',  ad  un  livello  di
consolidamento   cosi'   elevato    da    creare    un    affidamento
costituzionalmente protetto alla conservazione di  quel  trattamento,
tale da prevalere su vincoli di bilancio e di buona amministrazione o
sulla  revisione  prevista   di   precedenti   politiche   economiche
pubbliche". 
    Cio' sul rilievo che la disciplina del IV° conto  "non  tocca  le
iniziative gia' avviate (quelle per cui gli impianti sono entrati  in
esercizio al 31 maggio 2011) e introduce una ragionevole  distinzione
tra le diverse situazioni di fatto, operando  una  distinzione  sulla
base della data di entrata in esercizio degli impianti [...]" (cosi',
da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 3 marzo 2015, n. 1043). 
    C) Giova anche ricordare  che  sulla  base  di  un'analoga  linea
argomentativa sono state respinte le  domande  di  alcuni  operatori,
destinatari  degli  incentivi  del  V°  conto,  dirette  a   ottenere
l'applicazione del IV°, con le precisazioni ulteriori: 
      dell'impossibilita' di invocare le tutela dei "diritti quesiti"
accordata dall'art. 25, comma 11, decreto legislativo n. 28/2011, sul
rilievo (tra l'altro) della circostanza concreta che  "nella  specie,
il diritto non era sorto" (pur essendo  "comprensibile  il  rammarico
del soggetto  che,  avviata  un'attivita'  imprenditoriale,  si  veda
modificato  il  quadro  delle  agevolazioni  su  cui  faceva  conto",
risultato tuttavia dipendente "dalla  restrizione  strutturale  delle
risorse  disponibili"  e  che  "non  essendo  ne'  irragionevole  ne'
imprevedibile alla luce della normativa [...], rappresenta un  evento
che va riportato al rischio di impresa, nel momento in cui  il  'boom
del  fotovoltaico'  si  e'  espresso  in  un  numero  di   iniziative
verosimilmente superiore a quello previsto dai  soggetti  pubblici  e
dagli stessi operatori privati del settore"); 
      dell'infondatezza    della    doglianza     prospettante     la
"retroattivita' della imposizione patrimoniale introdotta con  l'art.
10, comma 4, del decreto ministeriale 5 luglio 2012" a far tempo  dal
1° gennaio 2011 e a carico di  tutti  i  soggetti  beneficiari  delle
incentivazioni (ai fini della "copertura  degli  oneri  di  gestione,
verifica e controllo in capo al GSE"), in quanto "l'impianto era gia'
entrato in esercizio, ma esso non godeva ancora di  alcun  incentivo,
cosicche' sarebbe improprio dire che la norma vada  a  modificare  in
peggio una situazione giuridica consolidata" (cosi',  tra  le  altre,
Cons. Stato, sez, IV, 29 gennaio 2015,  n.  420,  confermativa  della
sentenza di questa Sezione 14 novembre 2013, n. 9749). 
  2. I successivi interventi del legislatore nazionale. 
    Sulla  situazione  dei  conti  energia   innanzi   descritta   e'
successivamente intervenuto il legislatore  nazionale,  dapprima  col
d.l. n. 145/2013 e poi col d.l. oggi in esame. 
  2.1. Il d.l. n. 145/2013: lo "spalma-incentivi volontario". 
    Il d.l. 23 dicembre 2013,  n.  145,  c.d.  "Destinazione  Italia"
("Interventi urgenti di avvio del piano 'Destinazione Italia', per il
contenimento   delle   tariffe   elettriche   e    del    gas,    per
l'internazionalizzazione, lo sviluppo  e  la  digitalizzazione  delle
imprese, nonche' misure per la realizzazione di  opere  pubbliche  ed
EXPO 2015"), convertito in legge,  con  modificazioni,  dalla  l.  21
febbraio 2014, n. 9, all'art. 1, recante (tra l'altro)  "disposizioni
per la riduzione dei costi gravanti sulle tariffe elettriche  [...]",
introduce - oltre alla  misura  relativa  ai  cc.dd.  "prezzi  minimi
garantiti" (comma 2) per gli impianti che possono accedere al  regime
del c.d. ritiro dedicato (consistente  nell'obbligo  del  gestore  di
rete di ritirare a prezzo amministrato l'energia prodotta  e  immessa
in rete, regime  riservato,  tra  gli  altri,  all'energia  elettrica
prodotta da impianti alimentati a fonte solare), ivi  inclusi  quelli
fotovoltaici incentivati con i conti energia dal I° al  IV°  (se  non
accedano,  quanto   a   questi   ultimi,   al   regime   di   tariffa
onnicomprensiva) - un meccanismo di rimodulazione degli incentivi "al
fine di contenere l'onere annuo sui prezzi e sulle tariffe elettriche
degli incentivi alle energie  rinnovabili  e  massimizzare  l'apporto
produttivo nel medio-lungo termine dagli esistenti  impianti"  (commi
da 3 a 5), tale che "i  produttori  di  energia  elettrica  da  fonti
rinnovabili titolari di impianti che beneficiano di  incentivi  sotto
la forma di certificati verdi, tariffe omnicomprensive ovvero tariffe
premio possono, per i medesimi impianti, in  misura  alternativa:  a)
continuare a godere del regime incentivante spettante per il  periodo
di  diritto  residuo  [...];  b)   optare   per   una   rimodulazione
dell'incentivo spettante, volta a  valorizzare  l'intera  vita  utile
dell'impianto" e con un incremento del periodo dell'incentivazione di
7 anni. 
    Si tratta del c.d. "spalma-incentivi volontario". 
  2.2. Il d.l. n. 91/2014: lo "spalma-incentivi obbligatorio". 
    Da ultimo e' stato adottato il d.l. 24 giugno 2014, n.  91,  c.d.
"decreto  Competitivita'",  recante  "Disposizioni  urgenti  per   il
settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico
dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e  lo  sviluppo
delle imprese, il  contenimento  dei  costi  gravanti  sulle  tariffe
elettriche, nonche'  per  la  definizione  immediata  di  adempimenti
derivanti dalla normativa europea" (pubbl. nella G.U. n. 144  del  24
giugno 2014, in vigore dal 25 giugno 2014), convertito in legge,  con
modificazioni, dalla l. 11 agosto 2014, n.  116  (in  vigore  dal  21
agosto 2014). 
    L'art.  26  concerne  "interventi  sulle   tariffe   incentivanti
dell'elettricita'   prodotta   da    impianti    fotovoltaici"    (la
disposizione,  introdotta  con  il  d.l.,  e'   stata   profondamente
modificata nel corso dell'iter di conversione). 
    Ai fini di un piu' agevole esame, esso puo' essere  suddiviso  in
quattro parti. 
A) Ambito applicativo e finalita' (comma 1). 
    "1. Al fine di ottimizzare la gestione dei tempi di  raccolta  ed
erogazione degli incentivi e  favorire  una  migliore  sostenibilita'
nella politica di  supporto  alle  energie  rinnovabili,  le  tariffe
incentivanti  sull'energia  elettrica  prodotta  da  impianti  solari
fotovoltaici,  riconosciute  in  base   all'art.   7,   del   decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e all'art. 25,  comma  10,  del
decreto legislativo 3 marzo 2011, n.  28,  sono  erogate  secondo  le
modalita' previste dal presente articolo." 
    L'intervento e' pertanto ispirato a due finalita' -  "ottimizzare
la gestione dei tempi di raccolta ed erogazione  degli  incentivi"  e
"favorire una migliore sostenibilita' nella politica di supporto alle
energie rinnovabili" - e si rivolge ai soggetti che beneficiano delle
tariffe incentivanti riconosciute in base ai conti energia. 
B) Modalita' di erogazione (comma 2). 
    "2. A decorrere dal secondo semestre 2014, il Gestore dei servizi
energetici S.p.A. eroga le tariffe incentivanti di cui  al  comma  1,
con rate mensili costanti, in misura  pari  al  90  per  cento  della
producibilita' media annua stimata  di  ciascun  impianto,  nell'anno
solare di produzione ed effettua il  conguaglio,  in  relazione  alla
produzione effettiva, entro il 30  giugno  dell'anno  successivo.  Le
modalita' operative sono definite dal GSE entro quindici giorni dalla
pubblicazione del  presente  decreto  e  approvate  con  decreto  del
Ministro dello sviluppo economico.". 
    La norma introduce, a decorrere dal 1° luglio 2014, un sistema di
erogazione  delle  tariffe   incentivanti   secondo   il   meccanismo
acconti-conguaglio (acconto pari al 90% della  "producibilita'  media
annua stimata  di  ciascun  impianto"  nell'anno  di  produzione,  da
versare in "rate mensili costanti", e in un "conguaglio" basato sulla
"produzione effettiva" da operare entro il 30.6 dell'anno  successivo
a quello di produzione). 
    Al meccanismo e' stata data attuazione col  decreto  ministeriale
16 ottobre 2014 (pubbl. nella G.U. n. 248 del 24 ottobre 2014). 
C) Rimodulazione (comma 3). 
    "3. A decorrere dal 1° gennaio 2015, la tariffa incentivante  per
l'energia prodotta dagli impianti di potenza nominale superiore a 200
kW e' rimodulata, a scelta dell'operatore, sulla base  di  una  delle
seguenti opzioni da comunicare al GSE entro il 30 novembre 2014: 
      a) la tariffa e' erogata per un periodo di 24 anni,  decorrente
dall'entrata in esercizio  degli  impianti,  ed  e'  conseguentemente
ricalcolata  secondo  la  percentuale  di  riduzione  indicata  nella
tabella di cui all'allegato 2 al presente decreto; 
      b) fermo restando  il  periodo  di  erogazione  ventennale,  la
tariffa e' rimodulata prevedendo un primo periodo di fruizione di  un
incentivo ridotto  rispetto  all'attuale  e  un  secondo  periodo  di
fruizione  di  un  incentivo  incrementato  in   ugual   misura.   Le
percentuali di rimodulazione sono stabilite con decreto del  Ministro
dello  sviluppo  economico,   sentita   l'Autorita'   per   l'energia
elettrica, il gas e il sistema idrico, da emanare entro il 1° ottobre
2014 in modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli  aventi
titolo all'opzione, un  risparmio  di  almeno  600  milioni  di  euro
all'anno per il periodo 2015/2019, rispetto  all'erogazione  prevista
con le tariffe vigenti; (116) 
      c) fermo restando  il  periodo  di  erogazione  ventennale,  la
tariffa  e'  ridotta  di   una   quota   percentuale   dell'incentivo
riconosciuto alla data di entrata in vigore del presente decreto, per
la durata residua del periodo di incentivazione, secondo le  seguenti
quantita': 
        1) 6 per cento  per  gli  impianti  aventi  potenza  nominale
superiore a 200 kW e fino alla potenza nominale di 500 kW; 
        2) 7 per cento  per  gli  impianti  aventi  potenza  nominale
superiore a 500 kW e fino alla potenza nominale di 900 kW; 
        3) 8 per cento  per  gli  impianti  aventi  potenza  nominale
superiore a 900 kW. 
    In assenza  di  comunicazione  da  parte  dell'operatore  il  GSE
applica l'opzione di cui alla lettera c)." 
    Il comma 3 delinea la disciplina sostanziale della  rimodulazione
(operativa dal 1° gennaio 2015). 
    L'ambito di applicazione e' piu' ristretto di quello  contemplato
dal comma 1. 
    Sono infatti presi in considerazione i soli "impianti di  potenza
nominale superiore a 200 kW". 
    L'art. 22-bis, comma 1, d.l. 12 settembre 2014,  n.  133  (conv.,
con modif., dalla l. 11 novembre 2014, n. 164), ha in seguito operato
un'ulteriore restrizione, prevedendo che "le disposizioni di  cui  ai
commi da 3 a 6" dell'art. 26 "non si applicano agli  impianti  i  cui
soggetti responsabili erano [alla data di  entrata  in  vigore  della
legge di conversione del d.l. 91/2014] enti locali o scuole". 
    La norma concede agli operatori la possibilita' di  optare  entro
il 30 novembre 2014 fra tre modalita' alternative di rimodulazione: 
      lett. a): estendere la durata  dell'incentivazione  sino  a  24
anni, decorrenti dalla data di entrata in esercizio dell'impianto. 
    In tal caso si applicano  le  riduzioni  indicate  nella  tabella
allegata al d.l. n. 91/2014 (all. 2), formulata  sulla  base  di  una
proporzione inversa tra  "periodo  residuo"  (dell'incentivazione)  e
"percentuale di riduzione"; essa e' suddivisa in 8 scaglioni annuali,
a partire da "12 anni", cui corrisponde una riduzione del 25%, sino a
"19 anni e oltre", cui corrisponde una riduzione del 17%. 
    L'art. 26, comma 4, chiarisce che le riduzioni in questione,  ove
riferite alle c.d. "tariffe onnicomprensive" erogate ai sensi del IV°
e del V°  conto  "si  applicano  alla  sola  componente  incentivante
[...]". 
    Lett.  b):  ferma  la  durata  dell'incentivazione   (20   anni),
suddividerla in due "periodi": "un primo periodo di fruizione  di  un
incentivo ridotto rispetto all'attuale"  e  "un  secondo  periodo  di
fruizione di un incentivo incrementato in ugual misura". 
    Secondo   la   disposizione,   le   relative   percentuali    (di
rimodulazione) avrebbero dovuto essere emanate entro  il  1°  ottobre
2014 "in modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli aventi
titolo all'opzione, un  risparmio  di  almeno  600  milioni  di  euro
all'anno per il periodo 2015/2019, rispetto  all'erogazione  prevista
con le tariffe vigenti". 
    A tale  previsione  e'  stata  data  attuazione  con  il  decreto
ministeriale 17 ottobre 2014 (pubbl. nella G.U. n. 248 del 24 ottobre
2014, entrato in vigore il 25.10; cfr. art. 2),  che  all'all.  1  ha
delineato il procedimento matematico per  stabilire  l'entita'  della
rimodulazione ("riducendo e poi incrementando gli incentivi  vigenti,
comprensivi di eventuali premi" ex art. 1, comma 1, e  disponendo  la
pubblicazione sul sito internet del GSE delle  "tabelle  dei  fattori
moltiplicativi da applicare ai previgenti incentivi  per  il  calcolo
dell'incentivo rimodulato, in funzione del periodo residuo di diritto
agli incentivi, espresso in anni e mesi"; art. 1, comma 3). 
    Lett.  c):  ferma  la  durata  dell'incentivazione   (20   anni),
applicare una riduzione "dell'incentivo  riconosciuto  alla  data  di
entrata in vigore del presente decreto, per  la  durata  residua  del
periodo  di  incentivazione",  secondo  percentuali  determinate   in
relazione alla potenza (6% per  gli  impianti  con  potenza  nominale
maggiore di 200 e inferiore a 500  kW;  7%  per  quelli  con  potenza
superiore a 500 e inferiore a 900 kW; 8% per gli impianti con potenza
superiore a 900 kW). 
    In caso di mancato esercizio della  scelta,  la  legge  prescrive
l'applicazione   di   questa   terza   modalita'   (riduzione   secca
dell'incentivo). 
D) Misure di "accompagnamento" (commi 5-12). 
    Un altro  blocco  di  disposizioni  introduce  alcune  misure  di
"accompagnamento": 
  D.1) finanziamenti bancari (comma 5): 
    il "beneficiario della tariffa incentivante di cui ai commi 3 e 4
puo' accedere a finanziamenti bancari per  un  importo  massimo  pari
alla differenza tra l'incentivo gia' spettante al 31 dicembre 2014  e
l'incentivo rimodulato"; 
    tali  finanziamenti  "possono  beneficiare,   cumulativamente   o
alternativamente, sulla base di apposite convenzioni con  il  sistema
bancario, di provvista dedicata o di garanzia  concessa  dalla  Cassa
depositi e prestiti S.p.A. (Cdp)"; 
    a sua volta, "l'esposizione di Cdp e' garantita dallo Stato [...]
secondo criteri e modalita'  stabiliti  con  decreto  di  natura  non
regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze." 
    A quest'ultima disposizione e' stata data attuazione col  decreto
ministeriale 29 dicembre 2014 (pubbl. nella G.U. 22 gennaio 2015,  n.
17). 
    Questo decreto, richiamate  le  comunicazioni  della  Commissione
europea sugli aiuti di Stato (con particolare  riferimento  a  quello
concessi sotto forma di garanzie), stabilisce, tra l'altro,  che  "e'
garantita dallo Stato l'esposizione" di Cdp "rappresentata da crediti
connessi ad operazioni di provvista dedicata o  di  garanzia,  per  i
finanziamenti  bancari  a  favore  dei  beneficiari   della   tariffa
incentivante" ai sensi del menzionato art. 26, comma 5 (art. 1, comma
1) e che la garanzia dello Stato, "concessa a  titolo  oneroso  [...]
diretta, incondizionata, irrevocabile e a prima richiesta"  (art.  1,
comma 2), copre fino all'80% dell'ammontare: 
      "di ciascuna operazione finanziaria di provvista effettuata  da
CDP a favore di banche, economicamente e finanziariamente  sane,  per
l'erogazione dei finanziamenti [...]. Entro tale  limite  massimo  di
copertura,  la  garanzia  dello  Stato  copre  fino  all'80  percento
dell'ammontare dell'esposizione creditizia, comprensiva di capitale e
interessi, di CDP nei confronti della banca" (comma 3); 
      "di  ciascuna  garanzia  concessa   da   CDP   a   banche   sui
finanziamenti a favore di soggetti, economicamente e finanziariamente
sani, beneficiari della tariffa incentivante, di cui al  citato  art.
26, comma 5, del decreto-legge  24  giugno  2014,  n.  91.  Entro  il
predetto limite, la garanzia dello Stato copre fino  all'80  percento
della somma liquidata da CDP alla banca garantita" (comma 4). 
    L'art. 2 concerne la remunerazione della garanzia e  prevede  che
Cdp effettui la  "valutazione  del  merito  di  credito  di  ciascuna
esposizione  garantita  dallo  Stato",  mentre  l'art.  3  detta   le
procedure per l'escussione della garanzia e il recupero delle somme. 
  D.2) Adeguamento della durata dei titoli (comma 6): 
    per il solo caso di scelta dell'opzione sub lett. a), "Le regioni
e gli enti locali adeguano, ciascuno per la parte di competenza e ove
necessario, alla durata  dell'incentivo  come  rimodulata  [...],  la
validita' temporale dei permessi rilasciati, comunque denominati, per
la costruzione e l'esercizio degli  impianti  fotovoltaici  ricadenti
nel campo di applicazione del presente articolo". 
  D.3) "Acquirente selezionato" (commi da 7 a 10, 12 e 13): 
    la misura concerne tutti "i beneficiari di incentivi pluriennali,
comunque denominati, per la produzione di energia elettrica da  fonti
rinnovabili" - non solo, dunque, i produttori da energia solare  -  i
quali "possono cedere una  quota  di  detti  incentivi,  fino  ad  un
massimo dell'80 per cento, ad un acquirente selezionato tra i primari
operatori finanziari europei" (comma 7). 
    L'"acquirente selezionato" subentra ai beneficiari "nei diritti a
percepire gli  incentivi",  "salva  la  prerogativa"  di  Aeggsi  "di
esercitare annualmente [...] l'opzione di acquisire tali diritti" per
un importo definito dalla stessa disposizione  (comma  8:  "a  fronte
della corresponsione di un importo pari alla rata  annuale  costante,
calcolata sulla base di  un  tasso  di  interesse  T,  corrispondente
all'ammortamento finanziario del costo sostenuto per  l'acquisto  dei
diritti di un arco temporale analogo a  quello  riconosciuto  per  la
percezione degli incentivi"). 
    La norma demanda poi all'Aeegsi:  la  definizione  (entro  il  19
novembre 2014) delle  inerenti  modalita'  attuative,  attraverso  un
complesso sistema per gli acquisti e la cessione delle  quote  (comma
9); la destinazione "a riduzione della componente A3 degli  oneri  di
sistema", "nel rispetto di specifici indirizzi" dettati  con  decreto
del Ministro dello sviluppo economico, dell'"eventuale differenza tra
il  costo  annuale  degli   incentivi"   acquistati   dall'acquirente
selezionato e l'importo annuale determinato ai sensi del comma 8. 
    L'art. 26 prevede ancora: 
      al comma 12, che "alle quote di incentivi cedute ai sensi delle
disposizioni di cui al comma 9 non si applicano,  a  decorrere  dalla
data di cessione, le misure di rimodulazione di cui al comma 3"; 
      al comma 13, che "l'efficacia  delle  disposizioni  di  cui  ai
commi da 7 a 12 e' subordinata alla verifica da parte  del  Ministero
dell'economia e delle  finanze  della  compatibilita'  degli  effetti
delle operazioni sottostanti sui saldi di finanza  pubblica  ai  fini
del rispetto degli impegni assunti in sede europea". 
  D.4) Infine, il comma 11 incarica  il  Governo  di  "assumere  ogni
iniziativa utile  a  dare  piena  esecuzione  alle  disposizioni  del
presente articolo, inclusi eventuali accordi con il sistema  bancario
per  semplificare  il  recesso  totale  o   parziale   dei   soggetti
beneficiari di incentivi pluriennali dai contratti  di  finanziamento
stipulati". 
    Da ultimo, giova dare atto che il GSE ha pubblicato  nel  proprio
sito istituzionale le "Istruzioni operative per gli interventi  sulle
tariffe incentivanti relative agli impianti fotovoltaici" (con data 3
novembre 2014), recanti precisazioni sulle modalita' di  applicazione
del nuovo meccanismo. 
    3. Gli effetti dell'art. 26, comma 3, d.l. n. 91/2014. 
    Le previsioni dell'art. 26, comma  3,  incidono  sugli  incentivi
percepiti dai titolari degli  impianti  fotovoltaici  aventi  potenza
superiore a 200 kW in base alle convenzioni stipulate con il  GSE  in
attuazione dei vari conti energia. 
    Quanto al campo applicativo soggettivo, la platea dei destinatari
della  norma  costituisce  una  percentuale  ridotta   dei   soggetti
percettori dei benefici (cfr. i dati pubblicati dal GSE  nel  proprio
sito  istituzionale  nonche',  in  riferimento  all'anno   2013,   il
"rapporto relativo all'attivita' svolta e ai risultati conseguiti"  a
seguito dell'applicazione dei conti energia, redatto e pubblicato  ai
sensi dell'art. 14, comma 1, decreto ministeriale 5 luglio 2012). 
    Sotto il profilo oggettivo, occorre precisare che ciascuna  delle
opzioni del comma 3 impatta in  senso  peggiorativo  sulla  posizione
degli  operatori  siccome   cristallizzata   nelle   convenzioni   di
incentivazione stipulate con il GSE, esplicando un  effetto  novativo
sugli elementi della durata o dell'importo delle tariffe incentivanti
o su entrambi, e tanto anche a non voler tener  conto  dei  costi  di
transazione derivanti dalla necessita' di  adeguare  gli  assetti  in
essere alla nuova situazione. 
    A parte la riduzione secca delle tariffe di cui  alla  lett.  c),
avente chiaro impatto negativo: 
      la    lett.    a)    opera    un'estensione    della     durata
dell'incentivazione, portata a 24 anni, con  proporzionale  riduzione
delle quote annuali. 
    In questa ipotesi e' evidente  che  l'allungamento  del  periodo,
oltre a comportare una differita percezione degli incentivi,  di  per
se'  (notoriamente)  pregiudizievole,  non  puo'  non  incidere   sui
parametri iniziali dell'investimento, impattando anche sui costi  dei
fattori produttivi (durata degli eventuali finanziamenti bancari, dei
contratti stipulati per la disponibilita' delle aree,  assicurazioni,
ecc.), ferma la necessita' del parallelo  adeguamento  dei  necessari
titoli amministrativi (cfr. comma 6). 
    La  lett.  b)  determina  una  riduzione  degli  importi  per  il
quadriennio 2015/2019 (tale da generare un risparmio di  "almeno  600
milioni" di euro per l'ipotesi di adesione di tutti  gli  interessati
all'opzione)  e  un  incremento  nel  periodo   successivo   (secondo
l'algoritmo definito col decreto ministeriale 17 ottobre 2014). 
    La soluzione non tiene pero' conto del fisiologico invecchiamento
degli impianti, assoggettati nel corso del tempo a una diminuzione di
produttivita', sicche', venendo l'incentivo determinato  in  funzione
della produzione, la  riduzione  che  intervenga  in  un  periodo  di
maggiore efficienza degli impianti  stessi  (2015/2019),  non  potra'
essere compensata con gli  incrementi  delle  tariffe  riferibili  al
periodo successivo  (nel  quale  gli  impianti  stessi  hanno  minore
efficienza). 
  4. Rilevanza. 
    In ordine alla rilevanza, l'art. 26, comma 3,  d.l.  n.  91/2014,
della cui legittimita' si dubita, e' parametro normativo  necessario,
stante il tenore dei motivi di ricorso,  ai  fini  della  valutazione
della fondatezza delle domande proposte dalla parte ricorrente,  alla
luce della (incontestata) titolarita' di impianti  di  produzione  di
energia  di  potenza  superiore  a  200  kW  che  usufruiscono  degli
incentivi previsti dagli artt. 7 decreto legislativo n. 387/2003 e 25
decreto legislativo n. 28/2011, oggetto di convenzioni stipulate  con
il GSE. 
    Le domande formulate nel giudizio hanno infatti a oggetto: 
      l'accertamento del  diritto  del  diritto  di  "non  esercitare
alcuna delle tre opzioni" stabilite dall'art.  26,  comma  3,  ovvero
dell'insussistenza del potere  del  Gestore  di  applicare  l'opzione
prevista dall'art. 26,  comma  3,  lett.  c),  nel  caso  di  mancato
esercizio dell'opzione entro il 30 novembre 2014; 
      l'annullamento  del  decreto  ministeriale  17  ottobre   2014,
emanato in applicazione dell'art. 26, comma 3, lett.  b),  recante  i
criteri e le percentuali di rimodulazione  degli  incentivi,  nonche'
delle "Tabelle" sui coefficienti di rimodulazione (pubbl. dal GSE  il
27 ottobre 2014) e delle inerenti "Istruzioni operative" (pubbl.  dal
GSE il 3 novembre 2014). 
    Precisato che i motivi di illegittimita' avanzati in via autonoma
sono  logicamente  subordinati  rispetto  a  quelli  poggianti  sugli
aspetti di dedotta incostituzionalita' dell'art. 26, i  quali  devono
essere percio' affrontati in via prioritaria, ritiene il Collegio che
la relativa questione  sia  rilevante  in  relazione  a  entrambe  le
domande,  atteso  che  gli  atti  impugnati  sono  stati  emanati  in
dichiarata attuazione dell'art. 26, comma 3, d.l. n. 91/2014 (che  e'
la norma di provvista) e  che  con  la  domanda  di  accertamento  si
chiede, in sostanza, di affermare il diritto di  parte  ricorrente  a
mantenere  invariate  le  condizioni  contrattualmente  pattuite  col
Gestore. 
    In  ordine   all'ammissibilita'   della   predetta   domanda   di
accertamento, la stessa e' stata dal Tribunale  riconosciuta  con  la
menzionata  sentenza  non  definitiva,  sulla  base  delle   seguenti
argomentazioni: 
      a) l'ammissibilita' consegue alla natura di diritto  soggettivo
della  situazione  giuridica   azionata   dalla   parte   ricorrente,
identificabile nella  pretesa  all'incentivo  come  quantificato  nei
"contratti di diritto privato" espressamente menzionati dall'art. 24,
comma 2, lett. b), decreto legislativo n.  28/2011  (si  rinvia  alle
precedenti considerazioni  sull'omogeneita'  della  natura  giuridica
delle  convenzioni  e  dei  contratti;  v.  sopra,  par.  1.2.3):  la
qualificazione in termini di  diritto  soggettivo  della  pretesa  al
mantenimento dell'incentivo e', pertanto, desumibile dalla natura "di
diritto  privato"  dell'atto  da  cui  promana   la   quantificazione
dell'incentivo stesso; 
      b) anche a volere qualificare la posizione vantata dalla  parte
ricorrente  in  termini   di   interesse   legittimo,   l'azione   di
accertamento  deve  ritenersi  comunque  ammissibile  (come  ritenuto
dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di  Stato  in  riferimento  alle
ipotesi in  cui  "detta  tecnica  di  tutela  sia  l'unica  idonea  a
garantire  una  protezione  adeguata  ed   immediata   dell'interesse
legittimo", a nulla rilevando l'assenza di una previsione legislativa
espressa;   impostazione   che   trova   "fondamento   nelle    norme
immediatamente precettive dettate dalla Carta fondamentale al fine di
garantire la piena e completa protezione  dell'interesse  legittimo",
quali gli artt. 24, 103 e 113; A.P. n. 15/2011); 
      c)  l'esistenza  in  concreto  delle  condizioni   legittimanti
l'esperibilita' dell'azione in argomento deriva dalla circostanza che
la parte ricorrente, sin dal momento dell'entrata in vigore dell'art.
26, d.l. n. 91/2014, ha subito una lesione diretta e immediata  della
sua situazione giuridica soggettiva, identificabile nella pretesa  al
mantenimento dell'incentivo "convenzionato", per effetto  del  regime
introdotto dalla disposizione in esame; pregiudizio  ravvisabile,  in
particolare, nell'immediata operativita' dell'obbligo di scelta -  da
esercitare entro il 30 novembre 2014 - di una delle  tre  opzioni  di
rimodulazione degli incentivi previste dall'art. 26, d. l. n. 91/2014
(v. par. 3 sull'impatto peggiorativo del comma 3); in questa  ottica,
e' stato puntualizzato  il  carattere  autoapplicativo  della  norma,
essendo  l'intervento  del  GSE   (da   essa   divisato)   unicamente
preordinato  a  quantificare  in  concreto,   in   riferimento   alle
percentuali  previste,  la  riduzione  dell'incentivo   riconducibile
all'opzione di cui alla lett. c), applicata in via  imperativa  dalla
legge; in altri  termini,  l'esistenza  di  una  modificazione  della
realta' giuridica, peggiorativa di quella  preesistente,  conseguente
all'introduzione  dell'obbligo  vigente  di  scegliere  entro  il  30
novembre 2014 una delle opzioni previste dal comma 3,  qualifica,  in
capo alla parte ricorrente, l'interesse ad agire  in  relazione  alla
proposta azione di accertamento; 
      d) in una fattispecie simile a quella oggetto di causa la Corte
di cassazione (ord. n. 12060/2013), nel  sollevare  la  questione  di
legittimita' costituzionale di norme elettorali  (poi  accolta  dalla
Corte costituzionale con la sentenza n. 1/2014),  ha  avuto  modo  di
affermare che "ci si allontana dall'archetipo delle  azioni  di  mero
accertamento per avvicinarsi a quello delle azioni costitutive  o  di
accertamento-costitutive"  allorche'  (come  nell'ipotesi  in  esame)
l'interesse "e' quello di rimuovere un pregiudizio che invero non  e'
dato da una mera situazione di incertezza ma da una  (gia'  avvenuta)
modificazione della realta' giuridica che postula di  essere  rimossa
mediante un'attivita' ulteriore, giuridica e materiale". 
    Nell'occasione la stessa Corte, con un  ragionamento  estensibile
anche alla presente fattispecie, ha avuto modo di precisare che  "una
interpretazione  della  normativa  elettorale  che,  valorizzando  la
tipicita' delle azioni previste in materia (di  tipo  impugnatorio  o
concernenti l'ineleggibilita', la decadenza o l'incompatibilita'  dei
candidati),   escludesse   in   radice   ovvero   condizionasse    la
proponibilita' di azioni come quella  qui  proposta  al  maturare  di
tempi indefiniti o al verificarsi di condizioni  non  previste  dalla
legge (come, ad esempio,  la  convocazione  dei  comizi  elettorali),
entrerebbe in conflitto con i parametri costituzionali  (art.  24,  e
art. 113, comma 2) della effettivita' e  tempestivita'  della  tutela
giurisdizionale" aggiungendo che "ci sono leggi che creano in maniera
immediata restrizioni dei poteri  o  doveri  in  capo  a  determinati
soggetti, i quali nel momento stesso in cui la legge entra in  vigore
si trovano gia' pregiudicati da esse, senza bisogno dell'avverarsi di
un fatto che trasformi l'ipotesi legislativa in un concreto  comando.
In tali casi l'azione  di  accertamento  puo'  rappresentare  l'unica
strada  percorribile  per  la  tutela  giurisdizionale   di   diritti
fondamentali di cui, altrimenti, non  sarebbe  possibile  una  tutela
ugualmente efficace e diretta"; 
      e) in relazione a tale ultimo  profilo,  si  e'  precisato  che
nella fattispecie in esame l'esigenza di  tutela  giurisdizionale  e'
qualificata dal fatto che la posizione della parte istante e'  incisa
da   una    "legge-provvedimento";    secondo    la    giurisprudenza
costituzionale,  sono  leggi-provvedimento  "quelle  che  «contengono
disposizioni  dirette  a  destinatari  determinati»   [...],   ovvero
«incidono su un numero determinato e limitato di destinatari»  [...],
che hanno «contenuto particolare e concreto» [...], «anche in  quanto
ispirate  da  particolari   esigenze»   [...],   e   che   comportano
l'attrazione alla sfera legislativa «della disciplina  di  oggetti  o
materie normalmente affidati all'autorita' amministrativa»" (cosi' C.
cost. n. 275/2013, e giurispr. ivi richiamata; sempre secondo  questa
decisione, dette leggi, anche se compatibili con l'assetto dei poteri
stabilito dalla  Costituzione,  "devono  soggiacere  ad  un  rigoroso
scrutinio  di  legittimita'  costituzionale  per   il   pericolo   di
disparita' di trattamento insito in previsioni di tipo particolare  e
derogatorio [...], con l'ulteriore precisazione che  «tale  sindacato
deve essere tanto piu' rigoroso quanto  piu'  marcata  sia  [...]  la
natura   provvedimentale   dell'atto   legislativo    sottoposto    a
controllo"); 
      f) detta qualificazione e' stata  desunta  non  soltanto  dalla
finalita' dell'intervento ("ottimizzare  la  gestione  dei  tempi  di
raccolta ed  erogazione  degli  incentivi  e  favorire  una  migliore
sostenibilita' nella politica di supporto alle energie  rinnovabili")
ma, soprattutto, dal meccanismo di operativita' della  rimodulazione,
atteso che la norma: ha un ambito  applicativo  limitato,  in  quanto
concerne i soli titolari di impianti fotovoltaici di potenza nominale
superiore a 200 kW che hanno stipulato  con  il  GSE  convenzioni  in
corso di esecuzione  per  l'erogazione  degli  incentivi;  disciplina
puntualmente l'entita' della rimodulazione degli incentivi e  per  la
sua   applicazione   non   necessita   dell'esercizio   del    potere
amministrativo, almeno per quanto concerne le  opzioni  di  cui  alle
lettere a) e c); disciplina direttamente le  modalita'  di  esercizio
dell'opzione  e  la  conseguenza  riferibile  al  mancato   esercizio
dell'opzione; con l'ulteriore rilievo che l'art. 26, comma 3, d.l. n.
91/2014  non  si  limita  a  fissare  un  obiettivo,  ma   disciplina
specificamente  le  modalita'   e   l'entita'   delle   rimodulazioni
(l'autorita'  amministrativa  non   e'   chiamata   ad   attuare   la
disposizione, se non limitatamente all'opzione di cui alla lett. b). 
    La qualificazione in termini di legge-provvedimento dell'art. 26,
comma   3,   cit.   costituisce   ulteriore   argomento    ai    fini
dell'ammissibilita' (dell'azione di  accertamento)  sia  perche'  gli
obblighi  lesivi  per   la   parte   ricorrente   sono   direttamente
riconducibili alla norma primaria sia perche' questo tipo  di  azione
costituisce il necessario strumento per potere accedere alla  tecnica
di tutela tipica (sindacato di legittimita' costituzionale) dell'atto
(legge-provvedimento) pregiudizievole per il destinatario. 
    Sempre in relazione alla rilevanza, il Tribunale osserva  che  la
norma in esame, per il suo contenuto univoco, non si presta in  alcun
modo a una interpretazione costituzionalmente orientata, imponendo la
rimessione della questione alla  Corte  costituzionale  in  relazione
agli aspetti di seguito evidenziati. 
5. Profili di non manifesta infondatezza. 
  5.1.  Violazione  degli  artt.  3  e  41  Cost.:  irragionevolezza,
sproporzione e violazione del principio del legittimo affidamento. 
    Il comma 3, dell'art. 26, d.l. n.  91/2014  presenta  profili  di
irragionevolezza e risulta  di  possibile  incompatibilita'  con  gli
artt.  3  e  41  Cost.,  poiche'  incide  ingiustificatamente   sulle
posizioni  di  vantaggio  consolidate,  riconosciute  da  negozi  "di
diritto privato", e sul  legittimo  affidamento  dei  fruitori  degli
incentivi. 
  5.1.1. La questione rientra nel tema dei limiti costituzionali alle
leggi  di  modificazione  dei  rapporti  di  durata  (e  della   c.d.
retroattivita' impropria,  quale  attributo  delle  disposizioni  che
introducono  "per  il  futuro  una  modificazione  peggiorativa   del
rapporto di durata", con riflessi negativi "sulla posizione giuridica
gia' acquisita dall'interessato"; C. cost. sent. n. 236/2009). 
    La Corte  costituzionale  ha  piu'  volte  ricordato  come  nella
propria  giurisprudenza  sia  ormai  "consolidato  il  principio  del
legittimo affidamento  nella  sicurezza  giuridica,  che  costituisce
elemento fondamentale dello Stato di diritto e non puo'  essere  leso
da  disposizioni   retroattive,   che   trasmodino   in   regolamento
irrazionale   di   situazioni   sostanziali    fondate    su    leggi
anteriori"(sent. n. 236/2009 cit. e giurispr. ivi richiamata). 
    Piu' precisamente, il Giudice delle leggi ha precisato  che  "nel
nostro  sistema  costituzionale  non   e'   affatto   interdetto   al
legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare  in
senso sfavorevole per i beneficiari la  disciplina  dei  rapporti  di
durata, anche se  l'oggetto  di  questi  sia  costituito  da  diritti
soggettivi perfetti (salvo, ovviamente, in caso di norme retroattive,
il limite imposto in materia  penale  dall'art.  25,  secondo  comma,
della  Costituzione).  Unica  condizione  essenziale  e'   che   tali
disposizioni  non   trasmodino   in   un   regolamento   irrazionale,
frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi
precedenti, l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, da
intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto" (sent.
n. 64/2014, che cita  testualmente  la  sent.  n.  264  del  2005,  e
richiama, in senso conforme, le sentt. n. 236 e n. 206 del  2009).  E
ha  in  proposito  richiamato  "la  giurisprudenza  della  Corte   di
giustizia dell'Unione europea, che ha sottolineato che una  mutazione
dei rapporti di durata deve ritenersi illegittima quando incide sugli
stessi in modo  «improvviso  e  imprevedibile»  senza  che  lo  scopo
perseguito dal legislatore  imponga  l'intervento  (sentenza  del  29
aprile 2004, in cause C-487/01 e C-7/02)"  (cosi'  sent.  n.  64/2014
cit.). 
    In applicazione di tali principi la  Corte  ha,  a  es.,  escluso
l'incostituzionalita'  di  un  intervento   legislativo   teso   alla
"variazione  dei  criteri  di   calcolo   dei   canoni   dovuti   dai
concessionari di beni  demaniali"  volto  ad  adeguare  i  canoni  di
godimento di beni pubblici con lo scopo di consentire allo Stato  una
maggiorazione delle entrate e di rendere i  canoni  piu'  equilibrati
rispetto a quelli pagati a favore di locatori  privati,  sul  rilievo
che tale effetto non era  "frutto  di  una  decisione  improvvisa  ed
arbitraria del legislatore", ma si inseriva  "in  una  precisa  linea
evolutiva nella disciplina  dell'utilizzazione  dei  beni  demaniali"
(sent. n. 302/2010; v. anche  sent.  n.  64/2014,  in  cui  e'  stata
giudicata "non irragionevole l'opzione normativa di  rideterminazione
del canone sulla base di fasce di  utenza  commisurate  alla  potenza
nominale degli impianti di derivazione idroelettrica, sulla quale  si
e' assestato nel tempo  il  legislatore  provinciale  allo  scopo  di
attuare un maggiore prelievo al progredire  della  risorsa  sottratta
all'uso  della   collettivita',   nell'ottica   della   piu'   idonea
preservazione delle risorse idriche", alla  luce,  tra  l'altro,  del
"dato storico della reiterazione nel tempo dell'intervento  normativo
sospettato di illegittimita' costituzionale"). 
    Al  contrario,  ha  ritenuto  non  conforme  a  Costituzione   la
disposizione  introduttiva  della   graduale   riduzione   e   finale
abolizione del periodo di fuori ruolo del docenti universitari  (art.
2,  comma  434,  l.  n.  244/07),  ravvisandone   l'irragionevolezza,
all'esito del "necessario bilanciamento" tra il  perseguimento  della
finalita' avuta di mira dalla norma "e la tutela  da  riconoscere  al
legittimo affidamento nella sicurezza giuridica, nutrito  da  quanti,
sulla  base  della  normativa  previgente,   hanno   conseguito   una
situazione sostanziale consolidata" (cio' alla luce di una  serie  di
elementi  fattuali,  quali  le  caratteristiche  di  detta  posizione
giuridica, "concentrata nell'arco di un triennio", interessante  "una
categoria di docenti  numericamente  ristretta",  non  produttiva  di
"significative ricadute  sulla  finanza  pubblica",  non  rispondente
"allo scopo di salvaguardare equilibri di bilancio o altri aspetti di
pubblico  interesse"  e  neppure   potendosi   definire   "funzionale
all'esigenza di ricambio generazionale dei docenti universitari", con
sacrificio  pertanto   "ingiustificato   e   percio'   irragionevole,
traducendosi nella violazione del legittimo affidamento  -  derivante
da  un  formale  provvedimento   amministrativo   -   riposto   nella
possibilita' di portare a termine, nel tempo stabilito  dalla  legge,
le  funzioni  loro  conferite  e,  quindi,  nella  stabilita'   della
posizione giuridica acquisita"). 
    Piu' in  generale,  sul  tema  dell'efficacia  retroattiva  delle
leggi,  la  Corte  ha  piu'  volte  affermato  che  il   divieto   di
retroattivita' delle leggi  non  riceve  nell'ordinamento  la  tutela
privilegiata di cui all'art. 25 Cost.,  ben  potendo  il  legislatore
emanare norme retroattive "purche' la retroattivita'  trovi  adeguata
giustificazione nell'esigenza di tutelare principi, diritti e beni di
rilievo  costituzionale,  che   costituiscono   altrettanti   «motivi
imperativi di interesse generale», ai sensi della Convenzione europea
dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU)" e con una
serie di limiti generali, "attinenti alla salvaguardia, oltre che dei
principi costituzionali, di altri  fondamentali  valori  di  civilta'
giuridica, posti a tutela dei destinatari della norma e dello  stesso
ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto  del  principio
generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre
ingiustificate disparita' di trattamento; la tutela  dell'affidamento
legittimamente sorto nei soggetti quale  principio  connaturato  allo
Stato  di  diritto;  la  coerenza  e  la  certezza   dell'ordinamento
giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al
potere giudiziario" (sentt. 160/2013 e 209/2010). 
    Tali conclusioni non si discostano  (e  anzi  sembrano  permeate)
dagli esiti raggiunti dalla giurisprudenza della Corte  di  giustizia
UE sull'operativita' del principio di legittimo affidamento  (cui  e'
sotteso quello della certezza del diritto)  nel  campo  dei  rapporti
economici, in relazione al  quale  e'  stato  elaborato  il  criterio
dell'operatore economico "prudente e accorto"  (o  dell'"applicazione
prevedibile"): la possibilita' di far valere la tutela del  legittimo
affidamento e' bensi' "prevista  per  ogni  operatore  economico  nel
quale   un'autorita'   nazionale   abbia   fatto   sorgere    fondate
aspettative", ma non "qualora  un  operatore  economico  prudente  ed
accorto sia in grado di  prevedere  l'adozione  di  un  provvedimento
idoneo a ledere i suoi interessi" (nel caso in cui  il  provvedimento
venga adottato); in tale prospettiva, "gli  operatori  economici  non
possono fare legittimamente affidamento sulla  conservazione  di  una
situazione esistente  che  puo'  essere  modificata  nell'ambito  del
potere discrezionale delle autorita' nazionali" (cfr. punto 53  della
menzionata sent. C. giust. 10  settembre  2009,  in  causa  C-201/08,
Plantanol). 
    Per completezza, si puo' sottolineare come nel campo dei rapporti
tra  privati  e  pubblica  amministrazione  lo   stesso   legislatore
nazionale abbia conferito valenza pregnante all'affidamento. 
    Si considerino le rilevanti innovazioni apportate alla  legge  n.
241/90 dal d.l. 12 settembre 2014, n. 133 (conv. in  l.  con  modif.,
dalla l. 11 novembre 2014,  n.  164),  recante  "Misure  urgenti  per
l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere  pubbliche,  la
digitalizzazione   del   Paese,   la   semplificazione   burocratica,
l'emergenza  del  dissesto  idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle
attivita' produttive". 
    Con l'art. 25, comma 1, lett.  b-ter),  di  detto  d.l.  (lettera
aggiunta dalla legge di  conversione)  e'  stato  infatti  modificato
l'art. 21-quinquies, comma 1, l. n. 241/90 cit.,  sulla  "revoca  del
provvedimento", nel duplice senso: a) di circoscrivere il presupposto
del  "mutamento  della  situazione  di  fatto",  che  per  la   nuova
disposizione deve essere "non prevedibile  al  momento  dell'adozione
del  provvedimento";  b)  di  precludere,  nell'ipotesi   di   "nuova
valutazione  dell'interesse  pubblico  originario",  la  revoca   dei
provvedimenti  "autorizzazione  o   di   attribuzione   di   vantaggi
economici" (a efficacia durevole). 
    Cio'  che  costituisce  un  ulteriore   e   significativo   passo
nell'articolato processo di emersione della centralita' del principio
di sicurezza giuridica. 
  5.1.2. Tanto premesso, ritiene il Collegio che in capo ai  soggetti
titolari  di   impianti   fotovoltaici,   fruitori   delle   relative
incentivazioni pubbliche in forza di "contratto di  diritto  privato"
(ex art. 24, decreto legislativo n. 28/2011) o convenzione (avente la
medesima natura, come gia' precisato) stipulati col GSE, sussista una
posizione di legittimo affidamento nei sensi innanzi  precisati,  non
essendo mai emersi nel corso del  tempo  elementi  alla  stregua  dei
quali un operatore "prudente e accorto" avrebbe potuto prevedere  (al
momento di chiedere gli incentivi, di  decidere  se  far  entrare  in
esercizio il proprio impianto  e  di  stipulare  con  il  Gestore  il
negozio che disciplina l'erogazione degli  incentivi)  l'adozione  da
parte delle autorita' pubbliche di misure  lesive  del  diritto  agli
incentivi stessi. 
    La ratio dell'intervento  pubblico  nel  settore  e'  chiaramente
desumibile dalla rassegna normativa innanzi riportata: attraverso  il
meccanismo dei conti energia il legislatore  nazionale,  in  adesione
alle indicazioni di matrice  europea,  ha  consentito  la  nascita  e
favorito lo sviluppo di un settore di  attivita'  economica  ritenuto
particolarmente importante e, quel che piu' rileva, lo ha  presentato
sin  dalla  sua  genesi  con  caratteristiche  di  "stabilita'"   con
specifico riferimento (non gia' all'accesso agli incentivi, ma)  alla
circostanza che gli stessi, una volta riconosciuti, sarebbero rimasti
invariati per l'intera durata del rapporto. 
    Cio' si desume anzitutto dal contesto  internazionale  di  favore
per la produzione di energia da  fonti  rinnovabili,  tale  da  avere
determinato a  livello  europeo  l'introduzione  di  obiettivi  prima
soltanto indicativi (dir. 2011/77) e poi divenuti  obbligatori  (dir.
2009/28) e l'individuazione  di  specifici  regimi  di  sostegno  per
ovviare all'assenza di iniziativa da parte del mercato. 
    In secondo luogo, il legislatore nazionale ha mostrato una  piena
e  convinta  adesione  agli  indirizzi  sovranazionali  di   politica
energetica  e  in  particolare  all'obiettivo  di  promozione   della
produzione energetica da fonti rinnovabili. 
    Sin dal decreto  legislativo  n.  387/03,  e  nonostante  la  non
obbligatorieta' dell'obiettivo  nazionale,  e'  stato  introdotto  un
regime di sostegno con incentivi che avrebbero dovuto,  tra  l'altro,
"garantire una equa remunerazione dei  costi  di  investimento  e  di
esercizio" (art. 7, comma 2, lett. d), tanto che i  primi  tre  conti
energia hanno chiaramente  enucleato  l'immutabilita'  per  vent'anni
dell'incentivazione riconosciuta al singolo operatore. 
    All'indomani  della  determinante  connotazione  degli  obiettivi
nazionali in termini di vincolativita',  il  decreto  legislativo  n.
28/2011 ha amplificato la percezione di "stabilita'", individuando: 
      a) all'art. 23,  tra  i  "principi  generali"  dei  "regimi  di
sostegno applicati all'energia prodotta  da  fonti  rinnovabili":  la
predisposizione di criteri e strumenti che promuovano,  tra  l'altro,
"la stabilita' nel tempo dei sistemi di  incentivazione"  (comma  1);
"la gradualita'  di  intervento  a  salvaguardia  degli  investimenti
effettuati [...]" (comma 2); 
      b) all'art.  24,  tra  gli  specifici  "criteri  generali"  dei
meccanismi di incentivazione, quelli indicati al comma 2, lettere b),
c) e  d),  secondo  cui,  rispettivamente,  "il  periodo  di  diritto
all'incentivo e' pari  alla  vita  media  utile  convenzionale  delle
specifiche tipologie di impianto" (il principio si collega  a  quello
dell'"equa remunerazione dei costi di investimento e  di  esercizio",
confermato dalla precedente lettera a), "l'incentivo  resta  costante
per tutto il periodo di diritto"  e  "gli  incentivi  sono  assegnati
tramite contratti di  diritto  privato  fra  il  GSE  e  il  soggetto
responsabile dell'impianto"; 
      c) all'art. 25, comma 11, la clausola di salvezza dei  "diritti
acquisiti". 
    Ed  e'  significativo  che  il  legislatore   delegato   utilizzi
ripetutamente i termini "diritto" (all'incentivo) o "diritti". 
    In  terzo  luogo,  il  d.l.  n.  145/2013  ha  rafforzato  questo
convincimento,   essendo   stato   adottato   successivamente    alla
conclusione del sistema dei conti energia e dunque in un contesto nel
quale il  novero  dei  destinatari  delle  incentivazioni  era  ormai
definito (o in via di definizione). 
    Tale provvedimento, pur muovendo  dalla  ritenuta  "straordinaria
necessita' ed urgenza di emanare  misure"  (tra  le  altre)  "per  il
contenimento delle tariffe elettriche [...], quali fattori essenziali
di progresso e opportunita' di arricchimento economico,  culturale  e
civile e,  nel  contempo,  di  rilancio  della  competitivita'  delle
imprese" (v. preambolo), e al dichiarato duplice fine  di  "contenere
l'onere annuo sui prezzi e sulle tariffe elettriche  degli  incentivi
alle energie rinnovabili  e  massimizzare  l'apporto  produttivo  nel
medio/lungo  termine  dagli  esistenti   impianti",   ha,   tuttavia,
introdotto   meccanismi   di   tipo   facoltativo   e   dunque    non
pregiudizievoli per i fruitori degli incentivi. 
    In questa prospettiva, sia gli interventi divisati  ex  ante,  in
corso di vigenza  dei  conti  energia,  dal  decreto  legislativo  n.
28/2011,  quali  l'anticipata  cessazione  del  III°   conto   e   la
connotazione di immanente temporaneita' dei due conti successivi  (la
cui  operativita'  e'  stata  collegata,  come  si   e'   visto,   al
raggiungimento  di  specifici  obiettivi  indicati   negli   inerenti
provvedimenti), sia quelli previsti dal d.l.  n.  145/2013  ex  post,
ossia dopo la chiusura del regime di  sostegno,  dimostrano  come  lo
stesso legislatore abbia  comunque  preservato  il  "sinallagma"  tra
incentivi e iniziative imprenditoriali in corso. 
    E infatti, l'incontestato "boom del  fotovoltaico"  sotteso  alle
inerenti  determinazioni  delle  autorita'  pubbliche,   puntualmente
elevato dall'art. 23, comma  2,  decreto  legislativo  n.  28/2011  a
parametro di esercizio della  discrezionalita'  nella  parte  in  cui
individua la finalita' di "tener conto dei meccanismi del  mercato  e
dell'evoluzione delle tecnologie delle fonti rinnovabili",  e'  stato
affrontato con misure operanti  pro  futuro,  perche'  applicabili  a
impianti non  ancora  entrati  in  esercizio  (come  attestato  dalle
riferite vicende giudiziali relative al passaggio  dal  III°  al  IV°
conto),  mentre  sono  state  accuratamente  evitate  scelte   aventi
efficacia pro praeterito tempore. 
    In altri termini, anche l'anticipata cessazione del  III°  conto,
ancorche'  abbia  prodotto  effetti  negativi  nei  confronti   degli
investitori  che  avessero  intrapreso  attivita'  preliminari   allo
svolgimento della  propria  iniziativa,  non  ha  tuttavia  messo  in
discussione il "patto" stipulato con gli interessati,  consentendo  a
ciascun  operatore  non  ancora  "contrattualizzato"   di   ponderare
consapevolmente e adeguatamente il  merito  economico  della  propria
iniziativa e di assumere le conseguenti determinazioni. 
    E' pertanto possibile ravvisare il vulnus arrecato dall'art.  26,
comma 3, in esame al  "diritto  all'incentivo"  e  al  principio  del
legittimo affidamento, stante  l'imprevedibilita',  da  parte  di  un
soggetto "prudente e accorto", titolare di un incentivo ventennale  a
seguito dell'adesione a uno dei conti energia, delle modificazioni in
pejus del rapporto. 
  5.1.3. Le  precedenti  considerazioni  non  paiono  superate  dagli
elementi addotti dalla parte pubblica al fine di escludere che l'art.
26 abbia dato  vita  a  un  "regolamento  irrazionale  di  situazioni
sostanziali fondate su leggi anteriori"  (quale  aspetto  sintomatico
dell'incostituzionalita' della disposizione), potendo dubitarsi della
ragionevolezza e proporzionalita' dell'intervento. 
    L'art. 23, d.l. n. 91/2014, rubricato "Riduzione  delle  bollette
elettriche a favore dei clienti forniti in media e  bassa  tensione",
prevede quanto segue: 
      "1. Al fine di pervenire a una piu'  equa  distribuzione  degli
oneri tariffari fra le diverse categorie di consumatori elettrici,  i
minori oneri per l'utenza derivanti dagli articoli da  24  a  30  del
presente  decreto-legge,  laddove  abbiano  effetti   su   specifiche
componenti tariffarie, sono destinati alla  riduzione  delle  tariffe
elettriche dei clienti di energia elettrica in media  tensione  e  di
quelli in bassa tensione con potenza disponibile superiore a 16,5 kW,
diversi dai clienti residenziali e dall'illuminazione pubblica; 
      2.  Alla  stessa  finalita'  sono  destinati  i  minori   oneri
tariffari conseguenti dall'attuazione dell'art. 1, commi da  3  a  5,
del  decreto-legge  23  dicembre  2013  n.   145,   convertito,   con
modificazioni, in legge 21 febbraio 2014 n. 9; 
      3. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore  della
legge di conversione  del  presente  decreto-legge,  l'Autorita'  per
l'energia  elettrica,  il  gas  e  il   sistema   idrico   adotta   i
provvedimenti necessari ai fini dell'applicazione dei commi  1  e  2,
garantendo  che  i  medesimi  benefici  siano   ripartiti   in   modo
proporzionale tra i soggetti che ne hanno diritto e assicurando che i
benefici previsti agli stessi commi 1 e  2  non  siano  cumulabili  a
regime con le agevolazioni in materia di oneri generali  di  sistema,
di  cui  all'art.  39  del  decreto-legge  22  giugno  2012,  n.  83,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134.". 
    Ora, non sono certo contestabili gli scopi complessivi  avuti  di
mira  dal  legislatore,  che  intende  "pervenire  a  una  piu'  equa
distribuzione degli oneri  tariffari  fra  le  diverse  categorie  di
consumatori elettrici", distribuendo tra costoro "i minori oneri  per
l'utenza" derivanti, tra le altre, dalle misure dell'art.  26  e,  in
ultima analisi, alleggerendo i costi  dell'energia  elettrica  per  i
"clienti [...] in media  tensione  e  [...]  in  bassa  tensione  con
potenza  disponibile  superiore  a  16,5  kW,  diversi  dai   clienti
residenziali e dall'illuminazione pubblica". 
    Sennonche', tale obiettivo -  oltre  a  non  sembrare  del  tutto
consonante con la finalita'  specificamente  declinata  dal  comma  1
dell'art. 26, nel senso  di  "favorire  una  migliore  sostenibilita'
nella politica di supporto alle energie rinnovabili", non  risultando
in particolare chiaro il nesso tra la "migliore sostenibilita'  nella
politica di supporto  alle  energie  rinnovabili"  e  la  "piu'  equa
distribuzione degli oneri tariffari" tra gli utenti -  e'  perseguito
attraverso una "leva" che appare irragionevole e sproporzionata. 
    Il reperimento delle necessarie risorse  finanziarie  e'  infatti
attuato attraverso una modificazione unilaterale e  autoritativa  dei
rapporti in essere, di cui e' dubbia di per se'  la  proporzionalita'
rispetto all'obiettivo avuto di mira, tenuto conto del rango e  della
natura  degli  scopi  del  regime  di  sostegno  (basti   por   mente
all'evocazione, da parte della dir. 2001/77, delle norme del Trattato
UE sulla tutela dell'ambiente), e che comunque non appare  bilanciata
da adeguate misure  compensative  (art.  26,  commi  5  e  ss.),  con
ulteriore profilo di irragionevolezza. 
    Quanto ai  "finanziamenti  bancari"  (comma  5),  e'  sufficiente
rilevare - in disparte gli aspetti  collegati  all'onerosita'  per  i
beneficiari dei meccanismi  ipotizzati  e  ai  costi  di  transazione
comunque derivanti dall'impalcatura giuridico - finanziaria dei nuovi
contratti - che la garanzia dello Stato non  copre  l'intero  importo
dell'eventuale operazione finanziaria  (sino  all'80%  dell'ammontare
dell'"esposizione creditizia [...] di CDP nei confronti della  banca"
o della "somma liquidata da CDP alla banca garantita") e che comunque
si tratta di "finanziamenti" non automatici (residuando uno spazio di
apprezzamento circa i requisiti dei beneficiari finali, che devono  a
es. essere soggetti "economicamente e finanziariamente sani", e circa
il "merito di credito"; cfr. artt. 1  e  2  decreto  ministeriale  29
dicembre 2014). 
    Ne' presenta natura compensativa l'adeguamento della  durata  dei
titoli  autorizzatori  (comma  6),  che  costituisce  piuttosto   una
conseguenza necessitata - peraltro,  non  priva,  in  se',  di  costi
aggiuntivi - della protrazione del periodo di incentivazione oltre  i
venti anni nel caso di scelta dell'opzione di cui al comma  3,  lett.
a). 
    Quanto  all'"acquirente  selezionato"  (commi  da  7  a  12),  va
osservato come lo stesso legislatore  sia  consapevole  della  natura
solo eventuale della misura, tenuto conto dell'art. 26, comma 13, che
ne subordina  l'efficacia  "alla  verifica  da  parte  del  Ministero
dell'economia e delle  finanze  della  compatibilita'  degli  effetti
delle operazioni sottostanti sui saldi di finanza  pubblica  ai  fini
del rispetto degli impegni assunti in sede europea". 
    Verifica tanto piu' stringente alla luce del relativo  ambito  di
applicazione, non riservato ai soli produttori da  fonte  solare,  ma
esteso a tutti i percettori di incentivi per la produzione di energia
da fonti rinnovabili. 
    In ogni caso, ferma l'impossibilita' di apprezzarne compiutamente
il contenuto in assenza delle necessarie disposizioni  attuative  (si
pensi, a es., al comma 9,  lett.  d,  che  demanda  all'Autorita'  di
"stabilire i criteri e le procedure per determinare la quota  annuale
costante di incentivi pluriennali che puo' essere oggetto di cessione
da parte di ciascun soggetto beneficiario, tenendo conto anche  della
tipologia e della localizzazione degli impianti"), anche qui e' posto
un limite quantitativo agli  incentivi  cedibili  (80%),  mentre  non
paiono disciplinate le  conseguenze  sui  rapporti  di  finanziamento
eventualmente accesi dai produttori di energia (i  quali,  attraverso
la cessione, intendano monetizzare immediatamente l'incentivo). 
    La possibilita' di  un  recesso  anticipato  del  produttore  dal
contratto di finanziamento sembra in effetti presa in  considerazione
dal comma 11, che reca pero' un impegno per il Governo  assolutamente
generico ("assumere ogni iniziativa utile  a  dare  piena  esecuzione
alle disposizioni del presente articolo,  inclusi  eventuali  accordi
con il sistema bancario per semplificare il recesso totale o parziale
dei soggetti beneficiari di incentivi pluriennali  dai  contratti  di
finanziamento stipulati"). 
  5.1.4.  In  considerazione  di  quanto  detto,  e   all'esito   del
bilanciamento tra l'interesse perseguito dal legislatore e la lesione
dei diritti dei fruitori  delle  agevolazioni,  emerge  la  possibile
irragionevolezza e la possibile assenza di proporzionalita', ai sensi
dell'art. 3 Cost., delle norme dell'art. 26, comma 3, d.l. n. 91/2014
(come convertito dalla l. n. 116/2014),  apparendo  altresi'  violato
anche l'art. 41 Cost., alla  luce  dell'irragionevole  effetto  della
frustrazione delle scelte imprenditoriali attraverso la modificazione
degli   elementi   costitutivi   dei   rapporti   in   essere    come
contrattualizzati o, comunque, gia' negoziati. 
    Cio' in quanto, e riassuntivamente: il  sistema  degli  incentivi
perde la sua stabilita' nel tempo nonostante lo stesso sia stato gia'
individuato e  predeterminato  in  una  convenzione  o  contratto  di
diritto privato; gli investimenti effettuati non sono  salvaguardati;
viene meno l'equa remunerazione  degli  investimenti  effettuati;  il
periodo di tempo per la percezione  dell'incentivo,  invariato  nella
misura complessiva, viene  prolungato  indipendentemente  dalla  vita
media convenzionale degli impianti (lett. a); l'incentivo non e' piu'
costante per tutto il periodo di diritto, ma si  riduce  in  assoluto
per tutto il  periodo  residuo  (lett.  c)  o  varia  in  diminuzione
nell'ambito del ventennio  originario  di  durata  della  convenzione
(lett. a) o per cinque anni (lett. b). 
  5.2. Violazione degli artt. 11 e 117, 1° comma, Cost. in  relazione
all'art. 1, Protocollo addizionale  n.  1  alla  Convenzione  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle  liberta'  fondamentali  e
all'art. 6, par. 3, Trattato UE. 
    Il comma 3, dell'art. 26, d.l. n. 91/2014 si pone in rapporto  di
possibile incompatibilita' anche con gli artt. 11  e  117,  comma  1,
Cost. in relazione, quali norme interposte,  all'art.  1,  Protocollo
addizionale n. 1, alla Convenzione per la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (di cui e' stata  autorizzata
la ratifica e disposta l'esecuzione con l. 4 agosto 1955, n.  848)  e
all'art.  6,  par.  3,  Trattato  UE,  che  introduce   nel   diritto
dell'Unione "in quanto principi generali", i  "diritti  fondamentali"
garantiti dall'anzidetta Convenzione. 
    Secondo  la  giurisprudenza  della  Corte  europea  dei   diritti
dell'uomo detto art. 1 - che  afferma  il  principio  di  "protezione
della proprieta'", ammettendo al  contempo  l'adozione  delle  misure
legislative "ritenute necessarie per disciplinare l'uso dei  beni  in
modo conforme all'interesse generale" - conferisce  protezione  anche
ai diritti di credito (e alle aspettative legittime; si veda, tra  le
altre, Maurice c. Francia [GC], del  6  ottobre  2005,  n.  11810/03,
parr. 63 e ss.), reputando ammissibili le "interferenze"  (ingerenze)
da parte  della  pubblica  autorita'  in  presenza  di  un  interesse
generale (cfr. Arras e altri c. Italia, n. 17972/07, 14 febbraio 2012
e 14 maggio 2012, final, parr. 77-79). 
    In questa prospettiva, l'ingerenza costituita  dalla  sottrazione
di parte dei crediti spettanti ai  produttori  di  energia  in  forza
delle convenzioni stipulate con il GSE non appare giustificata ed  e'
in contrasto con il principio  di  proporzionalita',  non  risultando
l'intervento ablatorio adeguatamente bilanciato  dalla  finalita'  di
diminuire le tariffe elettriche in  favore  di  alcune  categorie  di
consumatori. 
  5.3. Ulteriore violazione degli artt. 3 e 41 Cost.:  disparita'  di
trattamento ed ulteriori profili di irragionevolezza e sproporzione. 
    E' dubbia la costituzionalita' dell'art. 26,  comma  3,  d.l.  n.
91/2014, rispetto all'art. 3 Cost., eventualmente anche in  relazione
all'art. 41 Cost., nella parte in cui prevede che la rimodulazione si
applichi soltanto agli "impianti di potenza nominale superiore a  200
kW"  (recte:  ai  soggetti  fruitori  di  tariffe  incentivanti   per
l'energia elettrica prodotta da tali impianti). 
  5.3.1.  Tale  restrizione  del  campo   applicativo   comporta   la
creazione, nell'insieme  dei  titolari  degli  impianti  fotovoltaici
incentivati, di due sotto-insiemi di imprese distinte  in  base  alla
"potenza nominale" (dell'impianto), destinatarie  di  un  trattamento
differenziato. 
    A dire della parte pubblica le ragioni di tale  scelta  sarebbero
da ricondurre essenzialmente alla circostanza che i  soggetti  incisi
dalla rimodulazione, pur costituendo un'esigua percentuale  (4%)  del
totale di quelli agevolati, fruirebbero di benefici pari alla maggior
parte della spesa totale per l'incentivazione. 
    In disparte l'esattezza del dato numerico, questa  considerazione
non integra, tuttavia, un profilo idoneo a sorreggere  la  contestata
differenziazione di  trattamento  e,  in  particolare,  la  deteriore
disciplina riservata a  quelli  di  maggiori  dimensioni,  occorrendo
tener  conto  delle  modalita'   di   funzionamento   delle   tariffe
incentivanti. 
    La relativa entita' dipende infatti dalla  quantita'  di  energia
prodotta, sicche' e'  evenienza  del  tutto  normale,  e  insita  nel
sistema, che i soggetti dotati di piu' elevata capacita'  produttiva,
fruendo di incentivi proporzionati, possano assorbire un ammontare di
benefici piu' che proporzionale rispetto al relativo numero. 
    In altri termini, nel regime  di  sostegno  delineato  dai  conti
energia rileva la quantita' dell'energia prodotta, non gia' il numero
dei produttori, con la  conseguenza  che  misure  dirette  a  colpire
soltanto alcuni di  costoro  sortiscono  l'effetto  di  differenziare
posizioni giuridiche omogenee. 
    Le precedenti considerazioni dimostrano al contempo un  ulteriore
aspetto di possibile  irragionevolezza  delle  misure  in  argomento,
foriere di un  trattamento  peggiorativo  per  alcuni  produttori  in
assenza di adeguata causa giustificativa, non risultando  percepibili
le ragioni di interesse pubblico poste a base della distinzione. 
    La  sussistenza  dei  vizi  innanzi  indicati   pare   avvalorata
dall'ulteriore esonero disposto dall'art. 22-bis, comma  1,  d.l.  n.
133/14 cit. in favore degli  impianti  i  cui  soggetti  responsabili
erano, alla data di entrata in vigore della legge di conversione  del
d.l. 91/2014, "enti locali o  scuole":  la  norma  opera  infatti  un
distinguo  fondato  sulla  peculiare  qualita'  dei  percettori   dei
benefici, indipendentemente dalla quantita' di energia prodotta. 
  5.3.2. Altro profilo di discriminazione si desume  dal  trattamento
degli  impianti  di  produzione  di  energia   elettrica   da   fonti
rinnovabili diverse dal solare. 
    Nell'ambito dell'art. 26 il legislatore prende in  considerazione
anche tali soggetti nella parte relativa all'"acquirente selezionato"
(commi 7 e ss.). 
    Sennonche',  non  si  comprendono  le   ragioni   del   deteriore
trattamento dei  produttori  da  fonte  solare  rispetto  agli  altri
percettori di incentivi, parimenti finanziati dagli utenti attraverso
i cc.dd. oneri generali di sistema (e dunque con il versamento  delle
componenti della bolletta elettrica A3 o assimilate). 
  5.3.3. La creazione di categorie differenziate  sembra  determinare
anche un vulnus alla concorrenza e  una  lesione  della  liberta'  di
iniziativa economica ex art.  41  Cost.  dei  produttori  di  energia
elettrica destinatari dell'art. 26, comma 3, i quali, ancorche' in un
contesto  economico   connotato   dal   sostegno   pubblico,   vedono
pregiudicata la possibilita' di operare  sul  mercato  a  parita'  di
condizioni con gli altri produttori  da  fonte  solare  e,  piu',  in
generale, di energia rinnovabile. 
    Sotto questo profilo risultano pertanto lesi gli  artt.  3  e  41
Cost.. 
  5.4. Violazione dell'art. 77 Cost. 
    Secondo  la  Corte  costituzionale  "la   preesistenza   di   una
situazione  di  fatto  comportante  la  necessita'  e  l'urgenza   di
provvedere tramite  l'utilizzazione  di  uno  strumento  eccezionale,
quale  il  decreto-legge,  costituisce  un  requisito  di   validita'
dell'adozione di tale atto, la cui mancanza  configura  un  vizio  di
legittimita' costituzionale del medesimo, che  non  e'  sanato  dalla
legge di conversione" (sent. n. 93 del 2011). 
    Essa precisa anche che il relativo sindacato "va  [...]  limitato
ai casi di  «evidente  mancanza»  dei  presupposti  di  straordinaria
necessita' e urgenza richiesti dall'art. 77, secondo comma,  Cost.  o
di  «manifesta  irragionevolezza  o  arbitrarieta'   della   relativa
valutazione»" (v., tra le altre, sent. n. 10/2015). 
    Ai  fini  della  relativa  indagine  la  Corte  ha  rimarcato  la
centralita' dell'elemento  dell'"evidente  estraneita'"  della  norma
censurata rispetto alla materia disciplinata  da  altre  disposizioni
del  decreto-legge  in  cui  e'  inserita,  dovendo   risultare   una
"intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o dal
punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale
e finalistico. La urgente necessita' del provvedere  puo'  riguardare
una pluralita'  di  norme  accomunate  dalla  natura  unitaria  delle
fattispecie disciplinate, ovvero anche dall'intento  di  fronteggiare
situazioni  straordinarie  complesse  e  variegate,  che   richiedono
interventi oggettivamente  eterogenei,  afferenti  quindi  a  materie
diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi  urgenti
a situazioni straordinarie venutesi a determinare" (sent. n.  22/2012
nonche' sentt. nn. 128/2008 e 171/2007). 
    Cio' in quanto "l'inserimento di norme eterogenee  all'oggetto  o
alla finalita' del decreto spezza il legame logico-giuridico  tra  la
valutazione fatta dal  Governo  dell'urgenza  del  provvedere  ed  «i
provvedimenti provvisori con forza di  legge»"  di  cui  all'art.  77
Cost., con l'ulteriore precisazione che "il  presupposto  del  «caso»
straordinario di necessita' e urgenza inerisce sempre e  soltanto  al
provvedimento inteso come un tutto unitario, atto  normativo  fornito
di intrinseca coerenza, anche se articolato e  differenziato  al  suo
interno" e ponendosi "la scomposizione atomistica della condizione di
validita' prescritta dalla Costituzione [...]  in  contrasto  con  il
necessario legame tra il  provvedimento  legislativo  urgente  ed  il
«caso» che lo ha reso necessario, trasformando  il  decreto-legge  in
una  congerie  di  norme  assemblate  soltanto  da  mera   casualita'
temporale". 
    In tale ottica, la Corte ha conferito rilievo anche all'art.  15,
comma 3, l. 23 agosto 1988, n. 400, che "pur non avendo, in se' e per
se', rango costituzionale, e non potendo quindi assurgere a parametro
di legittimita' in un giudizio davanti a  questa  Corte,  costituisce
esplicitazione della ratio implicita nel secondo comma  dell'art.  77
Cost., il quale impone il collegamento dell'intero  decreto-legge  al
caso straordinario di necessita' e urgenza, che ha indotto il Governo
ad  avvalersi  dell'eccezionale  potere  di  esercitare  la  funzione
legislativa senza previa delegazione da parte del Parlamento"  (sent.
n. 22/2012 cit.,  in  cui  e'  preso  in  esame  anche  il  preambolo
dell'atto sottoposto a scrutinio). 
    Ora, premesso che ai sensi dell'art. 15, comma 1,  l.  n.  400/88
cit.  i  decreti-legge  sono   presentati   per   l'emanazione   "con
l'indicazione, nel  preambolo,  delle  circostanze  straordinarie  di
necessita' e di urgenza che ne giustificano  l'adozione",  mentre  il
comma 3 sancisce che "i decreti devono contenere misure di  immediata
applicazione e il loro contenuto deve essere  specifico,  omogeneo  e
corrispondente al titolo", il dubbio di  costituzionalita'  dell'art.
26, comma 3, d.l. n. 91/2014 insorge con riferimento alla circostanza
che, pur rinvenendosi nel titolo del d.l. n. 91/2014  il  riferimento
al "rilancio e [al]lo sviluppo delle imprese" e al "contenimento  dei
costi  gravanti  sulle  tariffe  elettriche",   nel   preambolo   del
provvedimento non si rinviene tuttavia esplicitazione di tali punti. 
    Risulta infatti presa in considerazione unicamente (con  riguardo
alla materia in esame) "la  straordinaria  necessita'  e  urgenza  di
adottare disposizioni volte a superare alcune criticita'  ambientali,
alla  immediata  mitigazione  del  rischio   idrogeologico   e   alla
salvaguardia  degli  ecosistemi,  intervenendo  con   semplificazioni
procedurali, promuovendo  interventi  di  incremento  dell'efficienza
energetica negli usi  finali  dell'energia  nel  settore  pubblico  e
razionalizzando le procedure in materia di impatto  ambientale"  (gli
altri enunciati del preambolo riguardano la straordinaria  necessita'
e urgenza di  adottare  "disposizioni  finalizzate  a  coordinare  il
sistema   dei   controlli   e   a   semplificare    i    procedimenti
amministrativi",  di   "prevedere   disposizioni   finalizzate   alla
sicurezza alimentare dei cittadini", di  adottare  "disposizioni  per
rilanciare il comparto agricolo, quale parte trainante  dell'economia
nazionale, e  la  competitivita'  del  medesimo  settore  [...]";  di
adottare  "disposizioni  per  semplificare  i  procedimenti  per   la
bonifica e la messa in  sicurezza  dei  siti  contaminati  e  per  il
sistema di  tracciabilita'  dei  rifiuti,  per  superare  eccezionali
situazioni di crisi connesse alla gestione dei rifiuti solidi urbani,
nonche' di adeguare l'ordinamento interno agli obblighi derivanti, in
materia   ambientale,   dall'appartenenza   dell'Italia    all'Unione
europea"). 
    Il testo e' poi articolato in un titolo unico (tit. I "misure per
la crescita economica") e in 3 capi  ("disposizioni  urgenti  per  il
rilancio del settore agricolo"; "disposizioni urgenti per l'efficacia
dell'azione pubblica di tutela ambientale, per la semplificazione  di
procedimenti in materia ambientale e per l'adempimento degli obblighi
derivanti  dall'appartenenza   all'unione   europea";   "disposizioni
urgenti per le imprese"). 
    L'art. 26 e' contenuto nel capo III, "disposizioni urgenti per le
imprese", insieme a una serie di articoli  omogenei  (da  23  a  30),
effettivamente attinenti al tema della "piu' equa distribuzione degli
oneri tariffari fra le diverse categorie  di  consumatori  elettrici"
(cosi' l'art. 23 cit., che individua gli  artt.  da  24  a  30  quali
generatori di "minori oneri per l'utenza"),  ma  in  un  contesto  di
norme del tutto eterogenee (cfr. artt. 18 ss). 
    Appare  dunque  carente  l'elemento  finalistico,  non  sembrando
ravvisabile  "l'intento  di  fronteggiare  situazioni   straordinarie
complesse  e  variegate,  che  richiedono  interventi  oggettivamente
eterogenei,  afferenti  quindi  a  materie  diverse,  ma  indirizzati
all'unico  scopo  di   approntare   rimedi   urgenti   a   situazioni
straordinarie venutesi a determinare". 
    Sotto altro profilo, esso contiene anche misure che non sono  "di
immediata applicazione", come sancito dall'art. 15, comma  3,  l.  n.
400/88,  essendo  sufficiente   considerare   le   menzionate   norme
sull'"acquirente  selezionato"  e  sul  recesso  dai   contratti   di
finanziamento (commi da 7 a 12). 
III). 
    Tanto   premesso,   il   Collegio   ritiene   rilevanti   e   non
manifestamente infondate le esposte questioni di costituzionalita' e,
per l'effetto, sospende il  giudizio,  mandando  alla  Segreteria  di
trasmettere alla Corte la presente ordinanza, unitamente a copia  del
ricorso, di notificarla alle parti  in  causa  e  al  Presidente  del
Consiglio dei Ministri nonche' di  comunicarla  ai  Presidenti  della
Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.