LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                        Sezioni Unite civili 
 
    Composta dagli Ill.mi sigg.ri magistrati: 
    Dott. Federico Roselli - Primo Pres.te f.f.; 
    Dott. Renato Rordorf - Presidente Sezione; 
    Dott. Renato Bernabai - Consigliere; 
    Dott. Aurelio Cappabianca - Rel. Consigliere; 
    Dott. Gianfranco Bandini - Consigliere; 
    Dott. Vittorio Nobile - Consigliere; 
    Dott. Angelo Spirito - Consigliere; 
    Dott. Pietro Curzio - Consigliere; 
    Dott. Adelaide Amendola - Consigliere; 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
27377-2008 proposto da: 
    Agenzia del Territorio, in persona  del  Direttore  Generale  pro
tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via  Dei  Portoghesi  12,
presso l'Avvocatura  Generale  dello  Stato,  che  la  rappresenta  e
difende ope legis; ricorrente; 
    Agenzia  nazionale  per  l'attrazione  degli  investimenti  e  lo
sviluppo d'impresa S.p.a. (gia' Sviluppo Italia S.p.a.),  in  persona
dell'Amministratore delegato pro tempore,  elettivamente  domiciliata
in Roma, Via Marocco 18, presso lo  studio  dell'avvocato  Alessandro
Trivoli, che la  rappresenta  e  difende,  per  delega  in  calce  al
controricorso e ricorso incidentale;  controricorrente  e  ricorrente
incidentale; 
    Contro Agenzia del Territorio, intimata; 
    Avverso la sentenza n.  36/4/2007  della  Commissione  tributaria
regionale del Molise, depositata il 2 settembre 2007; 
    udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza  del
24 marzo 2015 dal Consigliere Dott. Aurelio Cappabianca; 
    udito l'Avvocato Alessandro Trivoli; 
    udito il pubblico ministero  in  persona  dell'Avvocato  Generale
Dott. Umberto Apice, che ha concluso per il rigetto del ricorso. 
 
                      Svolgimento del processo 
 
    In relazione  alle  formalita'  di  cancellazione  di  ipoteca  e
privilegio speciale, oggetto di atto notarile 30.9.2003,  concernenti
mutuo agevolato in precedenza  erogato  e  gestito  da  societa'  poi
incorporata, Sviluppo  Italia  s.p.a.  -  societa'  d'intermediazione
finanziaria  -  usufrui   dell'esenzione   dall'imposta   ipotecaria,
prevista dall'art. 15 decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
601/1973 per le operazioni di finanziamento a medio e lungo tempo  (e
per tutti gli atti e le formalita' connesse) effettuate da aziende ed
istituti di credito. 
    Riscontrata l'assenza del requisito soggettivo  prescritto  dalla
norma agevolatrice (la qualita' di "azienda" o "istituto di  credito"
ovvero di relativa "sezione o  gestione"  del  soggetto  erogante  il
finanziamento),  l'Agenzia  del  Territorio  provvide   al   recupero
dell'imposta, con due distinti avvisi di liquidazione. 
    Avverso tali avvisi, la societa'  contribuente  propose  ricorso,
assumendo di avere  diritto  all'agevolazione,  quale  "intermediario
finanziario" iscritto nell'elenco contemplato dall'art. 107, comma 1,
decreto legislativo n. 385/1993 e, quindi, abilitato all'attivita' di
concessione di finanziamenti. 
    L'adita Commissione provinciale accolse il ricorso, con  sentenza
che,  in  esito  all'appello  dell'Agenzia,   fu   confermata   dalla
Commissione regionale. 
    Ad avviso dei giudici di merito, le  innovazioni  normative,  che
hanno  determinato  la  sopravvenuta  inclusione  degli  intermediari
finanziari (rispondenti  a  determinati  requisiti)  nel  novero  dei
soggetti  abilitati  ad  operare  nel  settore  dell'erogazione   del
credito, comportano necessariamente che a tali soggetti  si  applichi
integralmente la normativa correlativamente predisposta, ivi compreso
il beneficio fiscale di cui all'art. 15 decreto del Presidente  della
Repubblica n. 601/1973. 
    Avverso la pronuncia di  appello,  l'Agenzia  del  Territorio  ha
promosso ricorso per cassazione, in unico motivo. 
    In particolare -  denunciata  "violazione  e  falsa  applicazione
dell'art. 15 decreto del Presidente  della  Repubblica  n.  601/73  e
dell'art. 12 disp. prel.  al  codice  civile  e  del  loro  combinato
disposto (art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c)" - la ricorrente ha censurato
la decisione impugnata per non aver considerato che, in base al  dato
testuale dell'art. 15 decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
601/1973,  il  beneficio  fiscale  ivi  previsto  e'  inequivocamente
applicabile alle sole operazioni  di  finanziamento  riferibili,  dal
punto di vista soggettivo, ad "aziende  e  istituti  di  credito"  (e
"loro sezioni  o  gestioni")  e  non  anche  a  quelle  ricollegabili
all'attivita' di intermediari finanziari, seppur iscritti nell'elenco
di cui all'art. 107, comma 1, decreto legislativo n. 385/1993. 
    La  societa'  intimata  ha  resistito  con  controricorso  ed  ha
proposto  ricorso  incidentale  condizionato,  teso  a   far   valere
l'inammissibilita',  in  varia  prospettiva,  dell'appello   promosso
dall'Agenzia del Territorio;  con  memoria  ex  art.  378  codice  di
procedura civile ha, poi, formulato eccezione di giudicato. 
    In esito  ad  ordinanza  interlocutoria  10066/14  della  Sezione
tributaria - che, disattesa l'eccezione di giudicato, ha riscontrato,
sul punto centrale della controversia, la ricorrenza,  in  seno  alla
Sezione, di orientamenti dissonanti - la causa  e'  stata  rimessa  a
queste Sezioni unite per la composizione  del  contrasto  e,  quindi,
fissata per l'odierna udienza di discussione,  in  prospettiva  della
quale la societa' controricorrente ha  depositato  ulteriore  memoria
conclusionale. 
 
                       Motivi della decisione 
 
I) - La questione rimessa a queste Sezioni unite. 
    Il contrasto rilevato dalla  citata  ordinanza  interlocutoria  e
rimesso al vaglio di queste Sezioni unite investe la questione del se
il beneficio fiscale, previsto dall'art. 15  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 601/1973 in combinato con il successivo  art.  17
per le operazioni di finanziamento a medio e lungo termine effettuate
da "aziende" ed "istituti di credito" e "loro  sezioni  o  gestioni",
sia applicabile anche alle  medesime  operazioni  poste,  invece,  in
essere  da  "intermediari   finanziari"   abilitati   alla   relativa
erogazione in quanto  iscritti  nell'apposito  elenco  speciale  (poi
Albo). 
II) - Il quadro normativa di riferimento. 
    1. -  L'art.  15  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
601/1973  (in  particolare  nella  formulazione  applicabile  ratione
temporis  alla  fattispecie  in  esame)  sancisce  che  sono   esenti
dall'imposta  di  registro,  dall'imposta  di  bollo,  dalle  imposte
ipotecarie  e  catastali  nonche'  dalle  tasse   sulle   concessioni
governative le operazioni (e tutti indistintamente  i  provvedimenti,
atti,  contratti  e  formalita'  ad  esse   inerenti)   relative   ai
finanziamenti a medio e lungo termine (di durata contrattuale, cioe',
superiore a diciotto mesi: v. il comma 3), "effettuate da  aziende  e
istituti di credito e da loro sezioni o gestioni". 
    Il successivo art.  17  dispone,  complementarmente,  che,  nelle
ipotesi di cui all'art. 15, "in luogo delle imposte di  registro,  di
bollo,  ipotecarie  e  catastali  e  delle  tasse  sulle  concessioni
governative", si corrisponde "una imposta sostitutiva". 
    2. - Il tenore delle riportate disposizioni rivela  che,  per  le
ipotesi  considerate  dall'art.  15  decreto  del  Presidente   della
Repubblica n. 601/1973, viene a delinearsi, in relazione alle imposte
richiamate, un regime (agevolato) d'imposizione alternativo  rispetto
a quello  ordinario  (con  decorrenza  dal  23.12.2013,  a  carattere
opzionale,  in  conseguenza  della   modificazioni   apportate   alle
disposizioni sopra menzionate dall'art. 12 decreto-legge n. 145/2013,
convertito in legge n. 9/2014); regime operante sul presupposto della
ricorrenza di due  requisiti:  a)  il  primo,  di  natura  oggettiva,
consistente  nel  compimento  di   operazioni   di   concessione   di
finanziamento a medio e lungo  termine;  b)  il  secondo,  di  natura
soggettiva,  consistente  nella  riferibilita'  di  dette  operazioni
(secondo il testuale  dato  normativo)  ad  "aziende  e  istituti  di
credito" e "loro sezioni o gestioni". 
    3. - Laddove delinea l'ambito di  applicazione  soggettivo  della
disposta agevolazione in riferimento all'attivita'  di  "aziende"  ed
"istituti  di  credito",  l'art.  15  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  n.  601/1973  richiama  ben  specifiche   nozioni,   gia'
contemplate (sulla scia di  ancor  piu'  risalente  impostazione;  v.
r.d.l. n. 1151/1926) dalla legge bancaria vigente all'atto della  sua
emanazione e definite quali figure  in  dicotomica  contrapposizione,
nell'ambito degli enti esercitanti attivita'  bancaria,  in  funzione
della destinazione, rispettivamente, alla raccolta, e all'impiego, di
risparmio "a vista' o a  "breve  termine"  ovvero  alla  raccolta  di
risparmio "a medio o lungo termine" ed al  correlativo  impiego,  con
particolare riguardo al credito "speciale" ed a  quello  "agevolato",
inerente agli interventi dello Stato nell'economia. 
    Essendo progressivamente venuta meno ogni distinzione  funzionale
tra "aziende" ed "Istituti di credito" (come definitivamente  sancito
dal Testo unico sulle leggi in materia bancaria - t.u.l.b. -  di  cui
al  decreto  legislativo  n.  385/1993),  ne  discende  che  elettive
destinatarie del regime fiscale agevolato disposto dagli articoli  15
e 17 decreto del Presidente della Repubblica n.  601/1973  vanno,  in
definitiva,  ritenute  le  "banche"  (anche   "comunitarie"   per   i
finanziamenti direttamente effettuati in  Territorio  italiano:  cfr.
dir. 89/646/Cee); cui, l'art.  10  del  citato  testo  unico  riserva
l'esercizio   del'"l'attivita'   bancaria"   (v.   il    comma    2),
indistintamente definita  come  "la  raccolta  di  risparmio  tra  il
pubblico e l'esercizio del credito", con carattere d'impresa  (v.  il
comma 1). 
    4. - In aderenza all'evoluzione  del  settore  creditizio  e  per
effetto dell'acquisita consapevolezza dell'inadeguatezza di un regime
di finanziamento del sistema produttivo basato sul monopolio bancario
- il t.u.l.b. di cui al decreto legislativo n. 385/1993 (cfr.  l'art.
106, comma l) ha, peraltro, incluso nel novero dei soggetti abilitati
all'attivita' di "concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma"
(previa relativa iscrizione in apposito "elenco speciale"; "Albo",  a
seguito delle innovazioni di cui al decreto legislativo n.  141/2010)
anche  gli  "intermediari  finanziari":   soggetti,   diversi   dalle
"banche",  e,  pur  tuttavia,  qualificati  da   adeguati   requisiti
professionali e patrimoniali nonche' dall'assoggettamento ad incisivi
controlli. 
    Per effetto delle modifiche apportate dalla legge n. 342/1999 (in
particolare: dai relativi articoli 21, comma 1, e 9) al  t.u.l.b.  di
cui al decreto legislativo n. 385/1993 (in  particolare  ai  relativi
articoli 47 e 107), gli intermediari suddetti sono  stati,  altresi',
ammessi  all'esercizio  del  credito   "agevolato"   (in   precedenza
indistintamente aperto a "tutte le banche"). 
    Come emerge  anche  dal  contenuto  del  decreto  legislativo  n.
141/2010, nella parte che ha modificato la disciplina  del  V  titolo
del t.u.l.b., la tendenza evolutiva del  sistema  e',  peraltro,  nel
senso dell'ulteriore liberalizzazione del mercato del credito e della
sua apertura ad altri organismi. 
    5. - Seppur consistentemente assimilate, in  esito  dell'indicata
evoluzione normativa, le sfere operative di "banche" ed "intermediari
finanziari" continuano, tuttavia, a diversificarsi. 
    In forza dell'endiadi, di cui alla previsione del sopra riportato
comma 1  dell'art.  10  decreto  legislativo  n.  385/1993,  e  della
riserva, di cui al comma 2 della  medesima  disposizione  -  soltanto
alle "banche" (o, secondo la  terminologia  comunitaria,  agli  "enti
creditizi")  e',  infatti,  riservato  l'esercizio  di  attivita'  di
raccolta di risparmio tra il pubblico, congiunto  all'esercizio  del,
credito.  Mentre  agli  "intermediari   finanziari"   e'   consentito
esclusivamente l'esercizio del credito  disgiunto  dall'attivita'  di
raccolta di risparmio tra il pubblico. Cio'  almeno  tendenzialmente,
atteso che, per la presenza di  varie  eccezioni  alla  regola  (cfr.
l'art. 11, comma 4 lettere c, d, e, f t.u.l.b.), sempre preclusa agli
"intermediari finanziari" (anche in ossequio a normativa comunitaria:
v. la dir. 89/646/Ce) e' solo  la  raccolta  di  fondi  "a  vista"  o
"rimborsabili";  non  anche  quella  di  fondi   destinati   a   fini
speculativi, soggetti al rischio d'investimento  (cd.  "risparmio  di
rischio"). 
III) -  Gli  opposti  indirizzi  emersi  nella  giurisprudenza  della
Sezione tributaria. 
    1.    -    Come    rilevato    nell'ordinanza     interlocutoria,
nell'interpretare il quadro normativa di riferimento (sopra descritto
nel divenire dei suoi profili qui rilevanti), la  Sezione  tributaria
ha sviluppato due orientamenti inconciliabili. 
    2. - Cassazione n. 5697/14 e ordinanza n.  6234/12  (senza  tener
conto  di  precedente  contrario   e,   dunque,   nella   presumibile
inconsapevolezza del contrasto) nonche' Cassazione 5570/11 negano che
l'agevolazione di  cui  all'art.  15  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  n.  601/1973  possa  essere   riconosciuta   anche   agli
intermediari finanziari. 
    A   tale   conclusione   le   richiamate   decisioni   pervengono
essenzialmente:  a)  in  base  al  rilievo  che  la  disposizione  in
rassegna, non subordinando il  godimento  dell'agevolazione  al  solo
requisito oggettivo del compimento di operazioni di  finanziamento  a
medio  o  lungo  termine,   accorda   il   trattamento   privilegiato
esclusivamente a quelle tra tali operazioni che siano soggettivamente
riferibili ad "aziende  e  istituti  di  credito  o  loro  sezioni  o
gestioni  ..."  e,  dunque,  alle  "banche";  b)   in   forza   della
considerazione  che,  costituisce  principio  generale  del   diritto
tributario che le norme, che (come quella di cui all'art. 15  decreto
del Presidente della Repubblica n. 601/1973) riconoscono agevolazioni
fiscali e benefici in deroga al regime  ordinario,  sono,  in  quanto
eccezioni  all'ordinario  regime   impositivo,   norme   di   stretta
interpretazione ed insuscettibili di applicazione analogica. 
    In tale prospettiva, l'orientamento si salda  a  quello  gia'  in
precedenza espresso da Cassazione 3454/86 e 6183/84, le quali  -  con
riguardo a fattispecie  concernenti  operazioni  di  finanziamento  a
medio o lungo termine eseguite da Cassa  pensione  per  i  dipendenti
degli  enti  locali  e  quelle  poste  in  essere,  quali  forme   di
investimento  dei  propri  mezzi  patrimoniali,  da   enti   comunque
istituiti per finalita' (pur di  rilevanza  pubblica)  diverse  dalla
concessione di finanziamenti - hanno ritenuto ineludibile al fine del
godimento dell'agevolazione di cui all'art. 15 decreto del Presidente
della Repubblica n. 601/1973, cosi' in concreto negando il beneficio,
la qualificazione soggettiva d'impresa bancaria. 
    3. - In consapevole  contrasto  con  l'indirizzo  precedentemente
esposto,  Cassazione  5845/11  (che,  come  rilevato   dall'ordinanza
interlocutoria, e' intervenuta su controversia del tutto analoga  tra
le medesime parti qui coinvolte) ritiene, invece, che, l'agevolazione
fiscale in oggetto deve esser riconosciuta  anche  agli  intermediari
finanziari. 
    Pur dando atto delle indicazioni univocamente contrarie emergenti
dalla lettera della legge (in  particolare  da  quella  dell'art.  15
decreto del Presidente della Repubblica n.  601/1973),  la  decisione
perviene alla conclusione in base ad interpretazione  dichiaratamente
evolutiva e costituzionalmente orientata. 
    La decisione, in  particolare,  ripercorre  l'evoluzione  storica
dell'attivita' creditizia: dapprima,  suddivisa,  in  funzione  della
durata del finanziamento, tra "aziende"  ed  "istituti"  di  credito,
poi, indistintamente riservata a tutte le "banche" (cfr.  l'art.  10,
comma 2,  t.u.l.b.),  anche  con  riguardo  al  settore  del  credito
agevolato (cfr. l'art. 47 t.u.l.b.), e quindi, in ottica di ulteriore
liberalizzazione del settore nel perseguimento dei vantaggi  connessi
al regime di concorrenza, aperta agli intermediari  finanziari  (cfr.
articoli 106 e s. t.u.l.b.). 
    Considera, poi, che, in  conseguenza  delle  modifiche  apportate
dall'art. 21 decreto legislativo  n.  342/1999  alla  disciplina  del
titolo V del t.u.l.b. di cui al decreto legislativo n. 385/1993, agli
intermediari finanziari e' stato dischiuso - attraverso  il  richiamo
all'art. 47 del  citato  d.P.R.,  operato  dall'art.  107,  comma  7,
t.u.l.b., (poi,  dall'art.  110  nella  formulazione  introdotta  dal
decreto legislativo n. 141/2010) - anche il settore del finanziamento
agevolato (in  precedenza  riservato  ad  alcune  banche  e,  quindi,
indifferenziatamente aperto ad esse) e cio'  in  piena  equiparazione
con le banche medesime, anche sul piano della  correlativa  specifica
disciplina fiscale. 
    Ne  inferisce,  quindi,  che  -  pur  restando  gli  intermediari
finanziari soggetti ontologicamente diversi dalle banche ed a  queste
non completamente omologabili  ne'  dal  punto  di  vista  funzionale
(essendo  loro  preclusa  l'attivita'  di  raccolta   del   risparmio
pubblico, costituente uno dei due  termini  dell'endiadi  in  cui  si
compendia l'attivita' bancaria) ne' da quello della regolamentazione,
(differente essendone fonte e contenuti, pur all'interno del medesimo
testo unico) - la piena equiparazione degli  intermediari  finanziari
alle banche, attuata, limitatamente all'erogazione  di  finanziamenti
agevolati, anche con riguardo  ai  relativi  profili  fiscali,  rende
inevitabile riconoscere l'agevolazione di cui all'art. 15 decreto del
Presidente  della  Repubblica  n.  601/1973  anche  all'attivita'  di
finanziamento   posta   in    essere    dagli    intermediari    (che
originariamente, non avendo alcun ruolo nel settore del finanziamento
a medio e lungo termine, non avevano ragione  di  essere  contemplati
dalla norma).  Altrimenti,  sostiene,  si  verrebbero  a  determinare
l'incoerenza nel sistema della disciplina  normativa  del  settore  e
seri  sospetti  d'illegittimita'  costituzionale  della   norma   con
riguardo ai parametri di cui agli articoli 3 e 41 Cost. 
    A tale ultimo riguardo, in particolare, la decisione rivela  che,
non diversamente da quanto avviene per le altre norme, anche  per  le
norme di agevolazione fiscale, ove il relativo tenore letterale porti
a soluzioni incoerenti con l'evoluzione storica  e,  per  effetto  di
questa, di dubbia conformita'  a  parametri  costituzionali,  occorre
procedere  ad  interpretazione  adeguatrice   e   "costituzionalmente
orientata". 
IV) Ragione del contrasto. 
    L'analisi degli indirizzi compresenti nella giurisprudenza  della
Sezione  tributaria   rende   evidente   che   il   contrasto   trova
essenzialmente causa nella difficolta'  di  conciliare  due  esigenze
divaricanti e, pur tuttavia, entrambe meritevoli  di  considerazione:
rispettare il principio generale del diritto tributario, secondo  cui
le norme che riconoscono agevolazioni e benefici fiscali in deroga al
regime  ordinario,  essendo  eccezionali  e  come  tali  di   stretta
interpretazione, sono insuscettibili d'interpretazione che  trascenda
il   significato    letterale    del    dato    normativo;    evitare
un'ingiustificata disparita' di trattamento ed una distorsione  della
concorrenza tra soggetti operanti, ancorche'  limitatamente  a  parte
delle rispettive attivita', nel medesimo settore di mercato. 
V) Analisi critica della tesi estensiva. 
    1. - Tanto premesso in sede di  prima  approssimazione  al  tema,
occorre, in primo luogo, puntualizzare che - come,  del  resto,  reso
palese dalla stessa Cassazione  5845/11,  nel  dichiarare  necessario
ancorare   la   conclusione    propugnata    ad    un'interpretazione
logico-evolutiva  e  costituzionalmente  orientata  -   il   richiamo
all'art. 47 decreto legislativo n. 385/1993, operato  ai  fini  della
disciplina degli intermediari  finanziari  dall'art.  107,  comma  4,
d.P.R. n. 385/1993, come modificato dall'art. 21 d.lgs. n.  342/1999,
(e, poi, dall'art. 110, come modificato dal  decreto  legislativo  n.
141/2010), e'  del  tutto  inidoneo  a  determinare,  per  proprieta'
transitiva,  la  riferibilita'  agli  intermediari  finanziari  della
previsione di cui all'art. 15 decreto del Presidente della Repubblica
n. 601/1973. 
    Infatti - mentre l'art. 106, comma 1, d.P.R. n. 385/1993  abilita
gli intermediari finanziari alla "concessione di finanziamenti  sotto
qualsiasi forma" - l'art. 47, che  non  contiene  alcun  richiamo  al
beneficio di cui all'art. 15 decreto del Presidente della  Repubblica
n. 601/1973, riguarda i soli "finanziamenti  agevolati"  (finalizzati
alla  realizzazione  di  scopi  di  particolare  rilevanza)   ed   il
correlativo regime; con la conseguenza che il  rinvio  a  tale  norma
disposto dall'art. 107 (e poi dall'art. 110) decreto  legislativo  n.
385/1993, nell'aprire  agli  intermediari  finanziari  il  campo  dei
finanziamenti  "agevolati",  non  estende  ad  essi,  in  base   alla
concatenazione  delle  norme,  che  l'applicazione  della  disciplina
(fiscale,  tariffaria  e  procedimentale)  ad   essi   specificamente
relativa. 
    Ne'  contrari  elementi  di  valutazione  possono  trarsi   dalla
previsione dell'art. 19 decreto del Presidente  della  Repubblica  n.
601/1973, che, non di  meno,  espressamente  subordina  l'(ulteriore)
agevolazione prevista ai medesimi presupposti oggettivi e  soggettivi
richiesti  dal  (richiamato)  precedente  art.  15  (cfr.  Cassazione
5697/14, 2605/12). 
    2.1 - Cio' precisato, deve  rilevarsi  che  nemmeno  l'operazione
ermeneutica  intentata  da  Cassazione  5845/11,  pur  non  priva  di
suggestione, puo' ritenersi idonea a giustificare l'estensione  della
previsione di cui all'art. 15 decreto del Presidente della Repubblica
n.  601/1973   ai   finanziamenti   effettuati   dagli   intermediari
finanziari. 
    2.2. - E',  invero,  principio  assolutamente  consolidato  nella
giurisprudenza di questa Corte e condiviso dalla prevalente dottrina,
che  le  norme  fiscali  di  agevolazione  sono  norme  di   "stretta
interpretazione", nel senso che non sono in alcun modo applicabili  a
casi  e  situazioni  non  riconducibili   al   relativo   significato
letterale;  sicche',  in  particolare,  non  vi  e'  possibilita'  di
ricomprendere nell'ambito applicativo di una  norma  di  agevolazione
fiscale  figura   soggettiva   diversa   da   quella   specificamente
contemplata  dal  testuale  dato  normativo  (cfr.  Cass.   14157/03,
15316/02). 
    Il principio e'  generalmente  fondato  sull'esigenza  dogmatica,
codificata nell'art. 14 disp. prel. cod. civ., connessa al fatto  che
le disposizioni  agevolative  costituiscono  altrettante  deroghe  al
sistema definito dalle norme tributarie impositrici ed al criterio di
correlazione da esso attuato - nella prospettiva di cui  all'art.  53
Cost. (che "e' il presupposto ed  il  limite  del  potere  impositivo
dello Stato e, al  tempo  stesso,  del  dovere  dei  contribuente  di
concorrere alle spese pubbliche": v. Corte costituzionale 10/2015)  -
tra imposizione fiscale e capacita' contributiva. (Senza  pretesa  di
completezza cfr.,  in  tal  senso:  con  riferimento  alla  specifica
agevolazione  in  rassegna,  Cassazione  5697/14,  6234/12;  2605/12;
5570/11 ed, altresi', Cassazione 12928/13 e 5270/09, con riguardo  al
profilo della non estensibilita' del beneficio  di  cui  all'art.  15
d.P.R. n. 601/1973 alle operazioni relative a prestiti non  superiori
ai  18  mesi;  nonche',  con  riferimento  ad  altra  tipologia   di'
agevolazioni  fiscali,  Cassazione   5484/08;   26106/05;   14658/05;
14170/03, 15316/02, 13502/91). 
    Come puntualizzato da autorevole dottrina,  il  principio  trova,
ancor prima,  fondamento  nella  circostanza  che  -  a  salvaguardia
dell'equilibrio   tra   gli   interessi   che   preminentemente    si
contrappongono nel rapporto tributario (la garanzia dei  contribuenti
e le esigenze  di  bilancio  dell'ente  impositore,  di  cui  possono
cogliersi referenti, oltre che nella previsione del gia' citato  art.
53 Cost., rispettivamente, nella riserva di legge  sancita  dall'art.
23 Cost. e nella previsione dell'art. 81 Cost., in quest'ultima ancor
piu' incisivamente dopo la novella di cui alla l. cost. n. 1/2012: v.
C. cost. 10/15 e 260/90) - l'ambito dell'imposizione e' tracciato dal
legislatore (in positivo, cosi' come, conseguentemente, in negativo),
con compiuta indicazione di oggetti e soggetti tassabili.  Cosicche',
non diversamente dalle norme impositive, in relazione alle  quali  e'
pacificamente escluso che la tassazione  possa  investire  oggetti  o
soggetti non espressamente indicati  dal  dato  normativo,  anche  le
norme agevolative, per ineludibile simmetria, declinano  un  catalogo
completo, insuscettibile di  integrazione  che  trascenda  i  confini
semantici del dato suddetto. 
    2.3 - Costituisce, dunque, caposaldo dell'ordinamento  tributario
il principio secondo cui le norme, che, come quella di  cui  all'art.
15 decreto del Presidente della Repubblica n.  601/1973,  riconoscono
agevolazioni  o  benefici  fiscali  in  deroga  all'ordinario  regime
d'imposizione, sono norme ad interpretazione rigida ed anelastica, in
quanto rigorosamente legata al dato letterale. Ed e'  la  centralita'
stessa  del  criterio  nel  sistema  dell'imposizione,  al  fine  del
perseguimento  degli  equilibri  cui  l'imposizione  deve  mirare  in
ottemperanza ai principi di cui agli articoli 23, 53 e 81 Cost. (cfr.
C. cost. 10/2015), a rendere ineludibile la sua osservanza. 
    Ne discende che, in relazione a dette norme, non  puo'  ritenersi
ammessa operazione ermeneutica (quale quella  attuata  da  Cassazione
5845/11) che, quantunque  in  ottica  di  dichiarata  interpretazione
storico-adeguatrice e costituzionalmente orientata, si  spinga  oltre
il limite del significato scaturente dalla lettera della legge, nella
specie   pretendendo   di   ridefinire   il   requisito    soggettivo
dell'agevolazione, riportando alla nozione di  "banca",  testualmente
riferibile all'art. 15 decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.
601/1973,  quella  di  "intermediario  finanziario",  ontologicamente
affatto eterogenea e nemmeno coincidente sul piano dell'operativita'. 
    Nei confronti di  norma  eccezionale  e,  comunque,  di  "stretta
interpretazione", anche l'interpretazione logico-evolutiva  e  quella
costituzionalmente orientata sono, infatti, precluse,  ove,  operando
in ottica non difforme da quella propria dell'applicazione analogica,
inducano  ad  estendere  la  sfera  di   operativita'   della   norma
interpretata, in vista di pretesa ratio di  norma  sovraordinata,  ad
ipotesi non sussumibile nel relativo specifico significato testuale. 
    Per di piu',  data  la  perdurante  evoluzione  del  mercato  del
credito nel senso della sua apertura a nuovi operatori (v. sopra § II
n. 4), la tesi in rassegna, finendo con l'ancorare  il  beneficio  al
solo presupposto oggettivo del  finanziamento,  parrebbe  dischiudere
l'agevolazione a non preventivamente definibile estensione. 
VI) Analisi critica della tesi restrittiva. 
    1. -  Il  dato  normativo  ordinario  e  le  regole  di  relativa
interpretazione obbligano dunque, in  base  a  quanto  in  precedenza
esposto, alla conclusione dell'inapplicabilita' dell'agevolazione  di
cui all'art. 15 decreto del Presidente della Repubblica  n.  601/1973
agli intermediari finanziari. 
    La tesi restrittiva trova, d'altro canto, elemento di  ulteriore,
ancorche' indiretto, conforto nel rilievo che, quando legislatore  ha
inteso  estendere  l'applicazione  dell'agevolazione  in  oggetto   a
situazioni non inquadrabili nel relativo dato letterale, lo ha  fatto
in maniera esplicita. Invero: 
    a)  l'art.  2,  comma  1-bis,  decreto-legge   n.   220/2004   ha
espressamente esteso la norma di esenzione alle operazioni  di  mutuo
relative  all'acquisto  di  abitazioni  poste  in  essere  da   enti,
istituti, fondi  e  casse  previdenziali  nei  confronti  dei  propri
dipendenti ed iscritti; b) l'art. 1,  comma  32,  legge  n.  244/2007
(l.f. 2008), ha modificato l'art. 15  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 601/73, includendo esplicitamente, tra i  finanziamenti
ammessi al regime agevolato, le  operazioni  poste  in  essere  dalla
Cassa  Depositi  e  prestiti  s.p.a.  (ed  e'  stato   rilevato   che
quest'ultima  circostanza  assume   peculiare   rilievo   nel   senso
prospettato, alla luce del fatto che alla Cassa depositi  e  prestiti
s.p.a. si applicano le stesse disposizioni del t.u.l.b. previste  per
gli intermediari iscritti nell'elenco speciale di  cui  all'art.  107
del medesimo t.u.l.b. 
    2.1 - Obbligata in funzione del dato normativo ordinario e  delle
regole  ermeneutiche,  l'interpretazione  restrittiva  dell'art.   15
decreto del Presidente della Repubblica n. 601/1973 resta,  tuttavia,
da valutare sul piano della tenuta costituzionale. 
    Pur  non  condivisibile  nella  conclusione,  Cassazione  5845/11
induce,  infatti,  plausibilmente  a  riflettere  sull'aderenza,   ai
precetti di cui agli articoli 3 e 41 Cost., dell'art. 15 decreto  del
Presidente   della   Repubblica   n.   601/1973   letto   nel   senso
dell'inapplicabilita'   delle   agevolazioni   ivi   previste    agli
intermediari finanziari. 
    2.2 - La questione e' rilevante ai  fini  della  decisione  della
presente controversia. 
    Questa non  e',  infatti,  suscettibile  di  risoluzione  in  via
preliminare   ne'   alla   stregua   dell'eccezione   di    giudicato
conclusivamente  proposta  dalla  societa'  controricorrente,  per  i
motivi gia' puntualmente esposti a p. 4 dell'ordinanza interlocutoria
di rimessione alle Sezioni unite (l'incidenza del  preteso  giudicato
su  controversia  diversa  per  petitum  e  causa  petendi   e   solo
coincidente per questione in diritto trattata) ne' in funzione  delle
questioni dalla suddetta societa' introdotte quali motivi di  ricorso
incidentale,  giacche'  questo,  oltre  ad   essere   dichiaratamente
concepito   come   condizionato    all'accoglimento    del    ricorso
dell'Agenzia, tale e' oggettivamente, quale  ricorso  proposto  dalla
parte integralmente vittoriosa (cfr. Cass., ss.uu. 7381/13, 23318/09,
5456/09, Cassazione 4619/15). 
    D'altro canto - mentre si e', in precedenza (v. § V,  specie  sub
n.  2.2  e  2.3),  riscontrata  l'impossibilita'  di   assorbire   la
prospettata aporia in via di pura interpretazione - appare  intuitivo
che  la  decisione  della  questione  in  rassegna  assume  rilevanza
risolutiva ai fini della controversia concreta, dal momento che,  sul
presupposto    dell'interpretazione    restrittiva    della    norma,
l'agevolazione di  cui  all'art.  15  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  n.  601/1973,   potrebbe   ritenersi   applicabile   alla
fattispecie   in    esame    solo    in    esito    a    declaratoria
d'incostituzionalita' della norma nei termini indicati. 
    2.3 -  La  questione  si  rivela,  peraltro,  non  manifestamente
infondata. 
    In proposito, occorre, in  primo  luogo,  rilevare  che,  secondo
concezione  ormai  ampiamente   affermata   in   dottrina   e   nella
giurisprudenza  costituzionale,  la   liberta'   di   concorrenza   -
consistente nell'eguale possibilita' riconosciuta a tutti i  soggetti
di attivarsi materialmente e  giuridicamente  nello  stesso  settore,
confrontandosi vicendevolmente e sottoponendo al giudizio del mercato
la valutazione ed il conseguente successo delle relative iniziative -
costituisce  diritto  coessenziale  alla   liberta'   di   iniziativa
economica garantita dall'art. 41 Cost. e ad essa immanente. 
    Cio' posto, deve considerarsi che gli intermediari  finanziari  -
benche' soggetti morfologicamente diversi dalla banche  ed  a  queste
non pienamente equiparabili sul piano  funzionale  (risultando,  come
detto, abilitati, oltre all'attivita' creditizia, alla sola attivita'
di  raccolta  del  "risparmio  di  rischio";  essendo  loro,  invece,
preclusa  la  raccolta   del   risparmio   pubblico   "a   vista"   o
"rimborsabile" e, cioe', con obbligo di restituzione) - operano,  per
quanto  riguarda  l'ambito  di  attivita'  comune  con   le   banche,
sostanzialmente nei medesimi termini e, soprattutto, incidendo  sullo
stesso "mercato". 
    Ne consegue che il diverso trattamento riconosciuto a  banche  ed
intermediari finanziari in rapporto alla previsione di  cui  all'art.
15 decreto del Presidente della  Repubblica  n.  601/1973  -  essendo
incerto che possa trovare giustificazione nelle suindicate differenze
e  nei  riflessi  che  la  rilevata  divaricazione  sul  piano  della
provvista possa eventualmente produrre sulle complementari  attivita'
creditizie - si rivela di non sicura conformita' ai precetti  di  cui
agli articoli 3 e 41  Cost.  ed  al  relativo  combinato.  Cio',  con
peculiare riferimento all'effetto distorsivo indotto, sul  regime  di
concorrenza nel mercato di  settore,  dal  vantaggio  derivante  alle
banche dal minor  costo  del  prodotto  offerto,  riferibile,  non  a
specifici meriti imprenditoriali, ma a scelta fiscale del legislatore
(per fattispecie non priva di analogia, cfr., con riferimento al solo
parametro di cui all'art. 3 Cost., C. cost. n. 187/1995). 
    La questione merita, dunque, di  essere  rimessa  al  vaglio  del
Giudice delle leggi, cui precipuamente spetta il compito di garantire
che  diversificazioni  di  regime  tributario,  in  particolare   per
tipologia  di  contribuenti,  siano  supportate  da   giustificazioni
adeguate in rapporto al profilo della coerenza interna  del  criterio
impositivo e non si risolvano in arbitraria discriminazione (cfr.  C.
cost. 10/15, 201/14, 116/13, 223/12). 
VII) Conclusioni. 
    Alla  stregua  delle   considerazioni   che   precedono   ed   in
conclusione,  deve  dichiararsi  la  rilevanza  e  la  non  manifesta
infondatezza, per contrasto con gli articoli 3 e 41, comma 1,  Cost.,
della questione di legittimita' costituzionale dell'art.  15  decreto
del Presidente della Repubblica  n.  601/1973,  nella  parte  in  cui
esclude l'applicabilita' dell'agevolazione fiscale,  prevista  per  i
finanziamenti a medio o lungo termine effettuati dalle banche,  anche
ai medesimi finanziamenti posti in essere da intermediari finanziari. 
    Va, conseguentemente, disposta  l'immediata  trasmissione,  degli
atti alla Corte costituzionale e la sospensione del giudizio.