CORTE DI APPELLO DI PALERMO 
 
    La Corte di Appello di Palermo, Sezione  Prima  Civile,  composta
dai magistrati: 
    dott. Guido Librino - Presidente; 
    dott. Gioacchino Mitra - consigliere; 
    dott. Tania Hmeljak - consigliere rel. 
    riunita in Camera di consiglio, ha emesso la  seguente  ordinanza
nella causa civile iscritta al n. 109/2015 V.G. di  questa  Corte  di
Appello, promossa in questo grado da G.  D.  rappresentata  e  difesa
dall'avv. Caterina Mirto nello studio della quale,  sito  in  Palermo
via Agrigento n. 51, e' elettivamente domiciliata, reclamante; 
    Contro P. G. rappresentata e  difesa  dall'avv.  Arianna  Ferrito
nello studio della quale, sito in Palermo via Giovanni Pacini n.  67,
e' elettivamente domiciliata, resistente e reclamante incidentale; 
    con l'intervento del Procuratore generale; 
    rilevato che con ricorso ex art.  737  c.p.c.,  depositato  il  5
maggio 2014, P.G. chiedeva pronunziarsi  -  nell'interesse  superiore
dei minori S. e M. -  un  provvedimento  volto  a  statuire  tempi  e
modalita' di frequentazione tra la stessa  e  i  due  bambini,  figli
della ex compagna  G.D.  con  la  quale  aveva  avuto  una  relazione
sentimentale, durata otto anni, nel corso della  quale  la  G.  aveva
avviato - con il sostegno morale ed economico della P. - un  processo
di procreazione  assistita  di  tipo  eterologo,  conclusosi  con  la
gravidanza e la nascita dei due  gemelli,  accuditi  e  cresciuti  da
entrambe le donne, come dimostrato dal ricorso proposto dalle  stesse
nel settembre del 2011 al Tribunale per i Minorenni di  Palermo  (che
rigettava la domanda, con successiva conferma del  rigetto  anche  da
parte  di  questa  Corte  di   Appello),   volto   ad   ottenere   il
riconoscimento in capo alla P.  di  una  potesta'  analoga  a  quella
genitoriale; 
    rilevato che la P. e oltre a sollecitare che venisse disposta una
CTU, diretta a verificare l'esistenza di una significativa  relazione
affettiva con i minori, chiedeva sollevarsi questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 337-ter c.c., in relazione agli artt. 2 e 30
Cost., e in combinato disposto con gli  artt.  317,  317-bis,  336  e
337-bis  c.c.,  nella  parte  in  cui  non  prevede  il  diritto   al
mantenimento di un rapporto equilibrato, continuativo e significativo
del minore con il genitore sociale nel caso  di  separazione  di  una
coppia omosessuale; 
    rilevato che G.D. si e' costituita eccependo in  via  preliminare
l'incompetenza territoriale del Tribunale di Palermo  in  favore  del
Tribunale di Termini Imerese, l'inammissibilita'  della  domanda,  in
considerazione dell'assenza nel nostro  ordinamento  di  diritti  del
convivente del genitore di mantenere rapporti  con  i  figli  dell'ex
partner, una volta cessata la convivenza, e sostenendo  comunque  nel
merito l'infondatezza della  domanda,  stante  l'inesistenza  di  una
famiglia di fatto fra la stessa, i di lei figli e la ricorrente,  pur
ammettendo di avere avuto una relazione sentimentale con la P. 
    rilevato che  con  atto  del  17  novembre  2014,  a  seguito  di
comunicazione effettuata dal Tribunale adito ai sensi degli artt.  70
e 71 c.p.c., interveniva il Pubblico Ministero assumendo in proprio e
nell'interesse pubblico le richieste formulate dalla ricorrente; 
    rilevato che, espletata la CTU e in assenza di ulteriori atti  di
istruzione probatoria, la parte resistente, oltre a  disconoscere  il
valore probatorio dell'elaborato peritale e a  chiedere  l'ammissione
di ulteriori mezzi istruttori, formulava  ulteriori  eccezioni  nelle
note conclusive, chiedendo dichiararsi l'incompetenza per materia del
Tribunale adito in favore del Tribunale per i Minorenni, la  mancanza
di legitimatio ad causam della P. e l'improcedibilita'  del  giudizio
per il principio del ne bis in idem ex art. 39 c.p.c.; 
    rilevato che l'adito Tribunale, con decreto del 6/15 aprile 2015,
ha dichiarato il difetto di legittimazione attiva di P.G. ha  accolto
la domanda formulata dal  P.M.  nell'interesse  dei  minori  e  -  in
applicazione del combinato disposto degli  artt.  337-bis  e  337-ter
c.c.,  nell'interpretazione  costituzionalmente  e  convenzionalmente
conforme agli artt. 7 e 24 della Carta di Nizza e  all'art.  8  della
CEDU (come interpretato dalla Corte di Strasburgo) - a  garanzia  del
preminente interesse dei minori S. e  M.  di  mantenere  un  rapporto
stabile e significativo con P.G., come riconosciuto dalla  consulenza
tecnica espletata (rigettando sul punto le doglianze sollevate  dalla
difesa della G. sulle asserite  irregolarita'  di  svolgimento  delle
operazioni peritali), ha disposto, in mancanza di diverso accordo fra
la P. e la sua ex partner, G.D. che la ricorrente abbia  facolta'  di
incontrare e tenere con se' i predetti minori  secondo  le  modalita'
specificate in parte motiva; 
    rilevato che, avverso il provvedimento anzidetto G.D. ha proposto
reclamo il 24 aprile 2015, chiedendo alla Corte, in via  provvisoria,
di sospendere l'efficacia esecutiva  del  decreto  impugnato  e,  nel
merito, di riformare il predetto  decreto,  previa  dichiarazione  di
nullita' della CTU e ammissione dei  mezzi  di  prova  articolati  in
primo grado e  in  sede  di  reclamo,  dichiarando  inammissibile  il
ricorso della P. per mancanza di legitimatio ad causam della  stessa,
e rigettando le richieste del p.m., in via subordinata,  di  limitare
gli incontri dei minori con la P. ad un  pomeriggio  infrasettimanale
escludendo il pernottamento; 
    rilevato che P.G. si e' costituita sostenendo l'infondatezza  del
reclamo e chiedendo, in via incidentale, la riforma del provvedimento
impugnato, oltre che per quanto riguarda la distribuzione delle spese
di lite, nella parte in cui afferma  la  mancanza  di  legittimazione
attiva della P. peraltro contraddetta dalla ricostruzione in  diritto
effettuata dallo stesso Tribunale; 
    Rilevato che il Procuratore generale ha chiesto la  conferma  del
provvedimento impugnato; 
    Rilevato che, sospesa  l'efficacia  esecutiva  del  provvedimento
impugnato con ordinanza del 27 maggio 2015, all'udienza del 26 giugno
2015, nel corso  della  quale  ciascuna  delle  parti  ha  esposto  e
illustrato le proprie tesi, la causa e stata infine riservata per  la
decisione; 
 
                               Osserva 
 
    Occorre in  primo  luogo  rilevare  che  correttamente  il  primo
giudice ha respinto  l'eccezione  di  incompetenza  per  materia  del
Tribunale ordinario in  favore  del  Tribunale  per  i  Minorenni  di
Palermo, in quanto formulata dalla parte resistente solo in  sede  di
note conclusive nel giudizio di primo grado,  e  quindi  tardivamente
(cfr. sull'estensione ai procedimenti di tipo  camerale  delle  norme
previste per il rito ordinario, in quanto compatibili, Cass. S.U.  n.
5629/1996 e Cass. sez. I n. 15100/2005) e che e' infondata quella  di
incompetenza territoriale  del  Tribunale  ordinario  di  Palermo  in
favore del Tribunale di Termini Imerese, in quanto l'effettiva dimora
abituale dei minori al momento  dell'introduzione  del  giudizio  (da
intendersi quale luogo in cui il minore svolge in  modo  continuativo
la propria vita personale e familiare), aldila' del formale cambio di
residenza nel comune di C. di R. e'  stata  individuata,  sulla  base
della documentazione prodotta, a Palermo, dove  gli  stessi  vivevano
stabilmente   presso   l'abitazione   della   nonna,    frequentavano
quotidianamente la scuola (l'istituto  Valdese  di  Palermo)  e  dove
continua a vivere la G. con i  figli  dal  mese  di  settembre  2014,
nell'abitazione di via P. 
    Va  parimenti   respinta   l'ulteriore   questione   preliminare,
riproposta  dalla  G.  in  sede  di  reclamo,  relativa  all'asserita
violazione del principio del  ne  bis  in  idem,  che,  ove  fondata,
determinerebbe l'improcedibilita' dell'azione. Non sussiste,  invero,
identita' di domande tra  quanto  chiesto  dalla  reclamante  con  il
ricorso introduttivo del presente giudizio  e  quanto  congiuntamente
chiesto dalla P. e dalla G. con  il  ricorso  depositato  in  data  5
luglio 2011 al Tribunale per i Minorenni  di  Palermo  e  deciso  dal
predetto Tribunale con decreto del  25/28  ottobre  2011,  confermato
dalla Corte di Appello di Palermo (cfr. doc. n. 4 della produzione di
G.D. nel giudizio di primo grado), in  quanto  le  rispettive  azioni
risultano diverse in  tutti  gli  elementi  identificativi  (soggetti
attivi e passivi  del  rapporto  sostanziale  dedotto  nel  processo,
petitum e causa petendi). Ed invero, il ricorso  del  2011  e'  stato
presentato congiuntamente da entrambe le donne all'epoca  conviventi,
ed era volto ad ottenere  il  riconoscimento  in  capo  alla  P.  nei
confronti dei minori di doveri e poteri analoghi a quelli inerenti la
potesta' genitoriale, mentre il  ricorso  introduttivo  del  presente
giudizio e stato presentato dalla sola P. nei confronti della G.,  al
fine di ottenere  il  riconoscimento  di  un  diritto  dei  minori  e
l'adozione dei «provvedimenti ritenuti piu' idonei ad  assicurare  il
superiore interesse di S. e M. e  per  l'effetto  stabilire  tempi  e
modalita' di frequentazione con la sig.ra P. 
    Sempre  in  via  preliminare  va  affrontato  l'argomento   della
legittimazione ad agire di P.G. oggetto del reclamo incidentale dalla
stessa proposto. 
    Ed invero, pur avendo  il  Tribunale  dichiarato  il  difetto  di
legittimazione  attiva  della  ricorrente  (non  essendo  la   stessa
genitore biologico ne' adottivo dei minori, ma solo ex convivente del
genitore biologico), non ha dichiarato inammissibile il  ricorso,  ma
ha proseguito nell'esame del merito della domanda  della  ricorrente,
fatta propria dal P.M., intervenuto nel giudizio ai  sensi  dell'art.
70 c.p.c., come  risultante  all'esito  della  sentenza  della  Corte
costituzionale n.  214/1996,  e  comunque  ai  sensi  del  comma  III
dell'art. 70 c.p.c. (intervento facoltativo nelle  cause  in  cui  il
p.m. ravvisa un pubblico interesse). 
    In particolare, il primo giudice ha ritenuto  sul  punto  di  non
sollevare l'eccezione  di  legittimita'  costituzionale,  sollecitata
dalla ricorrente, sul presupposto che,  per  quanto  concerne  l'art.
337-bis  c.c.,  difettasse  nel  caso  concreto  il  carattere  della
rilevanza della questione e della necessaria strumentalita'  rispetto
alla decisione da adottare, poiche' «nel presente giudizio  e'  stato
fatto valere il diritto dei minori ad incontrare persone con cui essi
hanno una relazione affettiva stabile e non e' stata  invece  chiesta
la tutela del diritto di visita dell'ex convivente del genitore». 
    Il Tribunale ha invece ritenuto  inammissibile  la  questione  di
illegittimita' costituzionale con riferimento all'art. 337-ter  c.c.,
in quanto la necessita'  di  garantire  il  superiore  interesse  dei
minori, posto alla base di tale norma, e di interpretare la stessa in
conformita' agli artt. 7 e 24 della Carta di Nizza e all'elaborazione
giurisprudenziale che del predetto  principio  ha  fornito  la  Corte
Europea  nell'applicazione  dell'art.  8  della  CEDU,   «impone   di
procedere   ad    un'interpretazione    certamente    evolutiva    ma
costituzionalmente e  convenzionalmente  conforme  dell'art.  337-ter
c.c. volta ad estendere l'ambito  applicativo  della  stessa  sino  a
delineare un concetto allargato di bigenitorialita'  e  di  famiglia,
ricomprendendo per tale via anche la  figura  del  genitore  sociale,
ossia di quel soggetto che ha instaurato  con  il  minore  un  legame
familiare de facto significativo e duraturo». 
    Pertanto, sempre secondo il  primo  giudice,  una  lettura  della
norma introdotta dall'art. 337-ter  c.c.,  «che  escludesse  dal  suo
ambito  di  operativita'  rapporti  genitoriali  di   fatto   sarebbe
violativa delle disposizioni della Carta di Nizza e della  Cedu»,  in
quando priverebbe di qualsiasi tutela i  minori,  il  cui  interesse,
invece, va sempre perseguito, nelle  ipotesi  di  separazione,  anche
quella tra il genitore biologico e il partner (ivi compreso  il  caso
della copia omosessuale) con cui  di  fatto  e'  stata  condivisa  la
responsabilita' genitoriale. 
    Orbene, nel caso in esame risulta assodato in punto di fatto: 
    che la P. aveva avuto una relazione sentimentale con la  G.  (non
contestata da quest'ultima) con la quale  ha  convissuto  stabilmente
dal 2004; 
    che la G. in accordo con la P., al fine  di  completare  il  loro
progetto di vita, si era sottoposta a procreazione assistita di  tipo
eterologo, conclusasi con la gravidanza e la nascita nel 2008 dei due
gemelli, S. e M., e che la P. contribuendo alla cura e all'assistenza
dei figli della sua convivente, aveva assunto di fatto  il  ruolo  di
genitore sociale degli stessi, tanto da chiederne nel  2001,  insieme
alla G. un formale riconoscimento, poi rigettato, come si evince  dal
citato provvedimento del Tribunale per i Minorenni di Palermo del  25
ottobre 2011; 
    che il riconoscimento di tale ruolo emerge  anche  dal  contenuto
della  CTU  espletata  nel  giudizio  di  primo  grado   (sulla   cui
regolarita' va condivisa la decisione del Tribunale, non ravvisandosi
in concreto alcuna violazione del diritto delle parti  a  partecipare
all'indagine peritale e non  essendo  stata  sollevata  in  proposito
alcuna specifica  censura  da  parte  della  reclamante  principale),
secondo la quale i bambini riconoscono la P.  «come  appartenente  al
loro sistema familiare nucleare in una posizione di seconda mamma». 
    Cio'  premesso,  la  questione  preliminare  e  fondamentale   da
risolvere a questo punto, visto l'appello incidentale proposto  dalla
P. e' se a quest'ultima possa essere riconosciuta, alla stregua della
legislazione  vigente,  la  legittimazione  ad  agire  nel   presente
procedimento, in quanto ex partner del genitore biologico dei minori. 
    Il Tribunale ha dichiarato il difetto della legittimazione attiva
di P.G. salvo poi proseguire  nell'esame  del  merito  della  domanda
della ricorrente, fatta propria dal P.M., intervenuto nel giudizio ai
sensi dell'art. 70 c.p.c. 
    I dubbi sollevati dalla difesa di G.D. in ordine alla sussistenza
di un potere di azione del P.M. nella materia  oggetto  del  presente
procedimento - attesa la decisione adottata dal  Tribunale  che,  pur
negando la  sussistenza  della  legitimatio  ad  causam  dell'odierna
reclamante incidentale, avrebbe riconosciuto sostanzialmente alla  P.
il ruolo di genitore sociale attribuendole implicitamente un  diritto
che non giustifica piu' l'intervento  del  P.M.,  data  l'assenza  in
concreto di un pubblico interesse - verrebbero comunque superati,  in
termini di rilevanza  della  questione,  ove  fosse  riconosciuta  la
legittimazione ad agire della P. 
    Occorre in effetti evidenziare  che  erroneamente  il  Tribunale,
dopo avere dichiarato il difetto di legittimazione ad agire della  P.
ha ritenuto procedibile il  ricorso  sul  presupposto  che  il  P.M.,
intervenuto ai sensi dell'art. 70 c.p.c., ha fatto propria la domanda
della ricorrente, posto che nei casi in cui e' previsto  l'intervento
obbligatorio del P.M. (fra i quali rientrano anche le cause  proposte
ex artt. 337-bis e segg. c.c., quale quella in  esame),  quest'ultimo
non puo' a sua volta proporre autonomamente i  relativi  giudizi,  se
non espressamente previsto  dalla  legge,  essendo  peraltro  ridotta
anche la sua legittimazione ad impugnare (cfr. Cass. n. 3502  del  13
febbraio 2013 e n. 27145 del 13 novembre  2008),  e  cio'  a  maggior
ragione nei casi di intervento facoltativo  ai  sensi  dell'art.  70,
ult. comma c.p.c. 
    Peraltro, per affermare la sussistenza di un preminente interesse
dei minori, che giustificherebbe la decisione adottata, il  Tribunale
ha finito per  riconoscere  di  fatto  alla  P.  una  responsabilita'
genitoriale che, inizialmente, aveva escluso dichiarando  la  carenza
della legittimazione ad agire della medesima. 
    Orbene, questa Corte condivide  pienamente  l'individuazione  dei
parametri costituzionali e convenzionali - operata dal primo  giudice
- che sanciscono il principio  del  c.d.  best  interest  del  minore
(quali la Dichiarazione Universale  dei  diritti  del  fanciullo  del
1959,  gli  artt.  7  e  24  della  Carta  dei  diritti  fondamentali
dell'Unione Europea o c.d. Carta di Nizza, l'art. 8 della Convenzione
europea dei diritti dell'uomo, nell'interpretazione  loro  attribuita
dalla Corte EDU, quali "norme interposte" ai fini della verifica  del
rispetto dell'art. 117, primo comma, Cost.). 
    Contrariamente a quanto stabilito  dal  Tribunale,  tuttavia,  si
ritiene che per affermare  il  diritto  dei  minori  a  mantenere  il
rapporto instauratosi con l'ex partner del loro genitore biologico, e
quindi, di conseguenza, anche  per  affermare  la  sussistenza  della
legittimazione attiva della P. seppure funzionale  all'interesse  dei
minori,  non  sia   possibile   compiere   l'operazione   ermeneutica
effettuata dal primo giudice in relazione all'art. 337-ter c.c.  (che
al primo comma  stabilisce  che  "il  figlio  minore  ha  diritto  di
mantenere un rapporto equilibrato e  continuativo  con  ciascuno  dei
genitori, di  ricevere  cura,  educazione,  istruzione  e  assistenza
morale da entrambi e di conservare  rapporti  significativi  con  gli
ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale" e al  secondo
comma prevede che "per realizzare  la  finalita'  indicata  al  primo
comma, nei provvedimenti di cui all'art. 337-bis, il giudice adotta i
provvedimenti  relativi  alla   prole   con   esclusivo   riferimento
all'interesse morale e materiale di essa..."),  stante  il  carattere
"rigido" di tale disposizione che non si  presta  ad  una  differente
opzione interpretativa, in considerazione  del  suo  significato  non
equivoco e non suscettibile di diversa valutazione. 
    In sostanza, non  si  ritiene  possibile  interpretare  la  norma
prevista dall'art. 337-ter c.c., applicabile nel caso di  specie,  in
senso conforme alla Convenzione, a  causa  dell'univocita'  del  dato
testuale, a fronte del quale, fra i soggetti con i quali il minore ha
diritto a mantenere un rapporto stabile e significativo, non  rientra
anche l'ex partner del genitore biologico. 
    Di conseguenza, ravvisandosi un contrasto non componibile in  via
interpretativa, e' necessario sottoporre la norma interna a scrutinio
di costituzionalita'. 
    Ritiene invero questa Corte che la disposizione di  cui  all'art.
337-ter c.c., introdotta dall'art. 55 d.lgs. n. 154/2013, in  materia
di  regolamentazione  dei  rapporti  tra  genitori  e  figli,  sembra
presentare diversi profili di censura sul piano costituzionale. 
    La predetta  norma  viola  innanzitutto  l'art.  2  Cost.  -  che
ricomprende tra le «formazioni sociali» anche le famiglie  di  fatto,
incluse quelle riguardanti coppie formate  da  persone  dello  stesso
sesso - sotto il profilo della mancata tutela  del  rapporto  tra  il
minore e l'ex partner del genitore biologico del minore. 
    In secondo luogo, la mancata inclusione  di  quest'ultimo  fra  i
soggetti con i quali il minore ha diritto  a  mantenere  un  rapporto
stabile e significativo, anche dopo la  disgregazione  della  coppia,
appare  in  conflitto  con  l'interesse  del  minore   violando,   di
conseguenza, gli artt. 2, 30 e 31 Cost. e il parametro interposto  di
cui all'art. 8 della Convenzione europea dei  diritti  dell'uomo.  Ed
invero, la struttura "rigida"  della  disposizione  di  cui  all'art.
337-ter c.c.,  caratterizzata  da  un  automatismo  che  preclude  al
giudice di vagliare l'effettivo preminente interesse del minore (cfr.
sul punto C. cost.  n.  31/2012),  vanifica  i  principi  di  origine
internazionale ed europea ponendosi  altresi'  in  contrasto  con  il
principio di ragionevolezza (art. 3  Cost.)  e  con  il  diritto  del
minore ad una famiglia (artt. 2, 30 e 31 Cost.), ed in particolare  a
mantenere  rapporti  significativi  con  l'ex  partner  del  genitore
biologico, compresi i casi di famiglie omo-genitoriali. 
    Infine, la disposizione in parola si pone in contrasto con l'art.
117, comma 1 Cost., che obbliga il legislatore italiano a  rispettare
i vincoli giuridici impostigli  dal  diritto  dell'Unione  Europea  e
dagli obblighi internazionali (quali la Convenzione sui  diritti  del
fanciullo adottata a New York il 20.11.1989 e  ratificata  in  Italia
con legge n. 176/1991,  la  Convenzione  europea  sull'esercizio  dei
diritti dei fanciulli, adottata dal Consiglio d'Europa  a  Strasburgo
il 25 gennaio 1996 e ratificata con legge n. 77/2003,  la  Carta  dei
diritti  fondamentali  dell'Unione  Europea  del  7  dicembre   2000,
adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo o  c.d.  Carta  di  Nizza),
nonche' con  l'art.  8  Cedu,  quale  norma  interposta,  come  viene
interpretata  in  modo  costante  dalla  Corte  EDU  in  materia   di
riconoscimento del diritto dei genitori e dei figli, nonche' di altri
soggetti uniti da relazioni familiari di fatto, a  mantenere  stabili
relazioni, anche nell'ipotesi di crisi della coppia,  avuto  riguardo
sempre al preminente interesse del minore (cfr. sul punto  Corte  EDU
del 13.06.1979, caso Marckx c. Belgium,  Corte  EDU  del  26.05.1994,
caso Keegan c. Irlanda, Corte EDU del 22.04.1997, X.Y. e Z. c.  Regno
Unito, Moretti e Benedetti c. Italia del 27.04.2010). 
    Per tutti i profili sopra esposti, la Corte di Appello di Palermo
ritiene necessario sollevare questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 337-ter c.c., nella parte in cui non consente al giudice di
valutare, nel caso concreto, se  risponda  all'interesse  del  minore
mantenere  rapporti  significativi  con  l'ex  partner  del  genitore
biologico. 
    Nel caso di specie e'  evidente  la  rilevanza  della  questione,
posto che, in assenza della pronuncia  di  incostituzionalita',  alla
Corte adita verrebbe precluso il dovere di  valutare  la  sussistenza
del superiore interesse dei minori a mantenere rapporti  stabili  con
la ex compagna della madre, in quanto, in accoglimento  del  reclamo,
in mancanza del potere di iniziativa del P.M., la  domanda  della  P.
dovrebbe essere rigettata, perche'  attualmente  la  norma  impugnata
preclude alla Corte di  riconoscere  fra  i  soggetti  legittimati  a
conservare rapporti significativi con il minore  anche  l'ex  partner
del genitore biologico. 
    Quanto all'ammissibilita'  della  questione,  gia'  si  e'  detto
dell'impossibilita' di esperire un'interpretazione adeguatrice  della
norma in oggetto, stante il significato univoco della stessa. 
    Il  regolamento  delle  spese   processuali   sara'   dettato   a
conclusione del giudizio,  dopo  l'esercizio  da  parte  della  Corte
costituzionale del sindacato di legittimita'. 
    Alla luce di tutte le considerazioni svolte, la Corte di  appello
di Palermo;