CORTE DI APPELLO DI PALERMO La Corte di Appello di Palermo, Sezione Prima Civile, composta dai magistrati: dott. Guido Librino - Presidente; dott. Gioacchino Mitra - consigliere; dott. Tania Hmeljak - consigliere rel. riunita in Camera di consiglio, ha emesso la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 109/2015 V.G. di questa Corte di Appello, promossa in questo grado da G. D. rappresentata e difesa dall'avv. Caterina Mirto nello studio della quale, sito in Palermo via Agrigento n. 51, e' elettivamente domiciliata, reclamante; Contro P. G. rappresentata e difesa dall'avv. Arianna Ferrito nello studio della quale, sito in Palermo via Giovanni Pacini n. 67, e' elettivamente domiciliata, resistente e reclamante incidentale; con l'intervento del Procuratore generale; rilevato che con ricorso ex art. 737 c.p.c., depositato il 5 maggio 2014, P.G. chiedeva pronunziarsi - nell'interesse superiore dei minori S. e M. - un provvedimento volto a statuire tempi e modalita' di frequentazione tra la stessa e i due bambini, figli della ex compagna G.D. con la quale aveva avuto una relazione sentimentale, durata otto anni, nel corso della quale la G. aveva avviato - con il sostegno morale ed economico della P. - un processo di procreazione assistita di tipo eterologo, conclusosi con la gravidanza e la nascita dei due gemelli, accuditi e cresciuti da entrambe le donne, come dimostrato dal ricorso proposto dalle stesse nel settembre del 2011 al Tribunale per i Minorenni di Palermo (che rigettava la domanda, con successiva conferma del rigetto anche da parte di questa Corte di Appello), volto ad ottenere il riconoscimento in capo alla P. di una potesta' analoga a quella genitoriale; rilevato che la P. e oltre a sollecitare che venisse disposta una CTU, diretta a verificare l'esistenza di una significativa relazione affettiva con i minori, chiedeva sollevarsi questione di legittimita' costituzionale dell'art. 337-ter c.c., in relazione agli artt. 2 e 30 Cost., e in combinato disposto con gli artt. 317, 317-bis, 336 e 337-bis c.c., nella parte in cui non prevede il diritto al mantenimento di un rapporto equilibrato, continuativo e significativo del minore con il genitore sociale nel caso di separazione di una coppia omosessuale; rilevato che G.D. si e' costituita eccependo in via preliminare l'incompetenza territoriale del Tribunale di Palermo in favore del Tribunale di Termini Imerese, l'inammissibilita' della domanda, in considerazione dell'assenza nel nostro ordinamento di diritti del convivente del genitore di mantenere rapporti con i figli dell'ex partner, una volta cessata la convivenza, e sostenendo comunque nel merito l'infondatezza della domanda, stante l'inesistenza di una famiglia di fatto fra la stessa, i di lei figli e la ricorrente, pur ammettendo di avere avuto una relazione sentimentale con la P. rilevato che con atto del 17 novembre 2014, a seguito di comunicazione effettuata dal Tribunale adito ai sensi degli artt. 70 e 71 c.p.c., interveniva il Pubblico Ministero assumendo in proprio e nell'interesse pubblico le richieste formulate dalla ricorrente; rilevato che, espletata la CTU e in assenza di ulteriori atti di istruzione probatoria, la parte resistente, oltre a disconoscere il valore probatorio dell'elaborato peritale e a chiedere l'ammissione di ulteriori mezzi istruttori, formulava ulteriori eccezioni nelle note conclusive, chiedendo dichiararsi l'incompetenza per materia del Tribunale adito in favore del Tribunale per i Minorenni, la mancanza di legitimatio ad causam della P. e l'improcedibilita' del giudizio per il principio del ne bis in idem ex art. 39 c.p.c.; rilevato che l'adito Tribunale, con decreto del 6/15 aprile 2015, ha dichiarato il difetto di legittimazione attiva di P.G. ha accolto la domanda formulata dal P.M. nell'interesse dei minori e - in applicazione del combinato disposto degli artt. 337-bis e 337-ter c.c., nell'interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente conforme agli artt. 7 e 24 della Carta di Nizza e all'art. 8 della CEDU (come interpretato dalla Corte di Strasburgo) - a garanzia del preminente interesse dei minori S. e M. di mantenere un rapporto stabile e significativo con P.G., come riconosciuto dalla consulenza tecnica espletata (rigettando sul punto le doglianze sollevate dalla difesa della G. sulle asserite irregolarita' di svolgimento delle operazioni peritali), ha disposto, in mancanza di diverso accordo fra la P. e la sua ex partner, G.D. che la ricorrente abbia facolta' di incontrare e tenere con se' i predetti minori secondo le modalita' specificate in parte motiva; rilevato che, avverso il provvedimento anzidetto G.D. ha proposto reclamo il 24 aprile 2015, chiedendo alla Corte, in via provvisoria, di sospendere l'efficacia esecutiva del decreto impugnato e, nel merito, di riformare il predetto decreto, previa dichiarazione di nullita' della CTU e ammissione dei mezzi di prova articolati in primo grado e in sede di reclamo, dichiarando inammissibile il ricorso della P. per mancanza di legitimatio ad causam della stessa, e rigettando le richieste del p.m., in via subordinata, di limitare gli incontri dei minori con la P. ad un pomeriggio infrasettimanale escludendo il pernottamento; rilevato che P.G. si e' costituita sostenendo l'infondatezza del reclamo e chiedendo, in via incidentale, la riforma del provvedimento impugnato, oltre che per quanto riguarda la distribuzione delle spese di lite, nella parte in cui afferma la mancanza di legittimazione attiva della P. peraltro contraddetta dalla ricostruzione in diritto effettuata dallo stesso Tribunale; Rilevato che il Procuratore generale ha chiesto la conferma del provvedimento impugnato; Rilevato che, sospesa l'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato con ordinanza del 27 maggio 2015, all'udienza del 26 giugno 2015, nel corso della quale ciascuna delle parti ha esposto e illustrato le proprie tesi, la causa e stata infine riservata per la decisione; Osserva Occorre in primo luogo rilevare che correttamente il primo giudice ha respinto l'eccezione di incompetenza per materia del Tribunale ordinario in favore del Tribunale per i Minorenni di Palermo, in quanto formulata dalla parte resistente solo in sede di note conclusive nel giudizio di primo grado, e quindi tardivamente (cfr. sull'estensione ai procedimenti di tipo camerale delle norme previste per il rito ordinario, in quanto compatibili, Cass. S.U. n. 5629/1996 e Cass. sez. I n. 15100/2005) e che e' infondata quella di incompetenza territoriale del Tribunale ordinario di Palermo in favore del Tribunale di Termini Imerese, in quanto l'effettiva dimora abituale dei minori al momento dell'introduzione del giudizio (da intendersi quale luogo in cui il minore svolge in modo continuativo la propria vita personale e familiare), aldila' del formale cambio di residenza nel comune di C. di R. e' stata individuata, sulla base della documentazione prodotta, a Palermo, dove gli stessi vivevano stabilmente presso l'abitazione della nonna, frequentavano quotidianamente la scuola (l'istituto Valdese di Palermo) e dove continua a vivere la G. con i figli dal mese di settembre 2014, nell'abitazione di via P. Va parimenti respinta l'ulteriore questione preliminare, riproposta dalla G. in sede di reclamo, relativa all'asserita violazione del principio del ne bis in idem, che, ove fondata, determinerebbe l'improcedibilita' dell'azione. Non sussiste, invero, identita' di domande tra quanto chiesto dalla reclamante con il ricorso introduttivo del presente giudizio e quanto congiuntamente chiesto dalla P. e dalla G. con il ricorso depositato in data 5 luglio 2011 al Tribunale per i Minorenni di Palermo e deciso dal predetto Tribunale con decreto del 25/28 ottobre 2011, confermato dalla Corte di Appello di Palermo (cfr. doc. n. 4 della produzione di G.D. nel giudizio di primo grado), in quanto le rispettive azioni risultano diverse in tutti gli elementi identificativi (soggetti attivi e passivi del rapporto sostanziale dedotto nel processo, petitum e causa petendi). Ed invero, il ricorso del 2011 e' stato presentato congiuntamente da entrambe le donne all'epoca conviventi, ed era volto ad ottenere il riconoscimento in capo alla P. nei confronti dei minori di doveri e poteri analoghi a quelli inerenti la potesta' genitoriale, mentre il ricorso introduttivo del presente giudizio e stato presentato dalla sola P. nei confronti della G., al fine di ottenere il riconoscimento di un diritto dei minori e l'adozione dei «provvedimenti ritenuti piu' idonei ad assicurare il superiore interesse di S. e M. e per l'effetto stabilire tempi e modalita' di frequentazione con la sig.ra P. Sempre in via preliminare va affrontato l'argomento della legittimazione ad agire di P.G. oggetto del reclamo incidentale dalla stessa proposto. Ed invero, pur avendo il Tribunale dichiarato il difetto di legittimazione attiva della ricorrente (non essendo la stessa genitore biologico ne' adottivo dei minori, ma solo ex convivente del genitore biologico), non ha dichiarato inammissibile il ricorso, ma ha proseguito nell'esame del merito della domanda della ricorrente, fatta propria dal P.M., intervenuto nel giudizio ai sensi dell'art. 70 c.p.c., come risultante all'esito della sentenza della Corte costituzionale n. 214/1996, e comunque ai sensi del comma III dell'art. 70 c.p.c. (intervento facoltativo nelle cause in cui il p.m. ravvisa un pubblico interesse). In particolare, il primo giudice ha ritenuto sul punto di non sollevare l'eccezione di legittimita' costituzionale, sollecitata dalla ricorrente, sul presupposto che, per quanto concerne l'art. 337-bis c.c., difettasse nel caso concreto il carattere della rilevanza della questione e della necessaria strumentalita' rispetto alla decisione da adottare, poiche' «nel presente giudizio e' stato fatto valere il diritto dei minori ad incontrare persone con cui essi hanno una relazione affettiva stabile e non e' stata invece chiesta la tutela del diritto di visita dell'ex convivente del genitore». Il Tribunale ha invece ritenuto inammissibile la questione di illegittimita' costituzionale con riferimento all'art. 337-ter c.c., in quanto la necessita' di garantire il superiore interesse dei minori, posto alla base di tale norma, e di interpretare la stessa in conformita' agli artt. 7 e 24 della Carta di Nizza e all'elaborazione giurisprudenziale che del predetto principio ha fornito la Corte Europea nell'applicazione dell'art. 8 della CEDU, «impone di procedere ad un'interpretazione certamente evolutiva ma costituzionalmente e convenzionalmente conforme dell'art. 337-ter c.c. volta ad estendere l'ambito applicativo della stessa sino a delineare un concetto allargato di bigenitorialita' e di famiglia, ricomprendendo per tale via anche la figura del genitore sociale, ossia di quel soggetto che ha instaurato con il minore un legame familiare de facto significativo e duraturo». Pertanto, sempre secondo il primo giudice, una lettura della norma introdotta dall'art. 337-ter c.c., «che escludesse dal suo ambito di operativita' rapporti genitoriali di fatto sarebbe violativa delle disposizioni della Carta di Nizza e della Cedu», in quando priverebbe di qualsiasi tutela i minori, il cui interesse, invece, va sempre perseguito, nelle ipotesi di separazione, anche quella tra il genitore biologico e il partner (ivi compreso il caso della copia omosessuale) con cui di fatto e' stata condivisa la responsabilita' genitoriale. Orbene, nel caso in esame risulta assodato in punto di fatto: che la P. aveva avuto una relazione sentimentale con la G. (non contestata da quest'ultima) con la quale ha convissuto stabilmente dal 2004; che la G. in accordo con la P., al fine di completare il loro progetto di vita, si era sottoposta a procreazione assistita di tipo eterologo, conclusasi con la gravidanza e la nascita nel 2008 dei due gemelli, S. e M., e che la P. contribuendo alla cura e all'assistenza dei figli della sua convivente, aveva assunto di fatto il ruolo di genitore sociale degli stessi, tanto da chiederne nel 2001, insieme alla G. un formale riconoscimento, poi rigettato, come si evince dal citato provvedimento del Tribunale per i Minorenni di Palermo del 25 ottobre 2011; che il riconoscimento di tale ruolo emerge anche dal contenuto della CTU espletata nel giudizio di primo grado (sulla cui regolarita' va condivisa la decisione del Tribunale, non ravvisandosi in concreto alcuna violazione del diritto delle parti a partecipare all'indagine peritale e non essendo stata sollevata in proposito alcuna specifica censura da parte della reclamante principale), secondo la quale i bambini riconoscono la P. «come appartenente al loro sistema familiare nucleare in una posizione di seconda mamma». Cio' premesso, la questione preliminare e fondamentale da risolvere a questo punto, visto l'appello incidentale proposto dalla P. e' se a quest'ultima possa essere riconosciuta, alla stregua della legislazione vigente, la legittimazione ad agire nel presente procedimento, in quanto ex partner del genitore biologico dei minori. Il Tribunale ha dichiarato il difetto della legittimazione attiva di P.G. salvo poi proseguire nell'esame del merito della domanda della ricorrente, fatta propria dal P.M., intervenuto nel giudizio ai sensi dell'art. 70 c.p.c. I dubbi sollevati dalla difesa di G.D. in ordine alla sussistenza di un potere di azione del P.M. nella materia oggetto del presente procedimento - attesa la decisione adottata dal Tribunale che, pur negando la sussistenza della legitimatio ad causam dell'odierna reclamante incidentale, avrebbe riconosciuto sostanzialmente alla P. il ruolo di genitore sociale attribuendole implicitamente un diritto che non giustifica piu' l'intervento del P.M., data l'assenza in concreto di un pubblico interesse - verrebbero comunque superati, in termini di rilevanza della questione, ove fosse riconosciuta la legittimazione ad agire della P. Occorre in effetti evidenziare che erroneamente il Tribunale, dopo avere dichiarato il difetto di legittimazione ad agire della P. ha ritenuto procedibile il ricorso sul presupposto che il P.M., intervenuto ai sensi dell'art. 70 c.p.c., ha fatto propria la domanda della ricorrente, posto che nei casi in cui e' previsto l'intervento obbligatorio del P.M. (fra i quali rientrano anche le cause proposte ex artt. 337-bis e segg. c.c., quale quella in esame), quest'ultimo non puo' a sua volta proporre autonomamente i relativi giudizi, se non espressamente previsto dalla legge, essendo peraltro ridotta anche la sua legittimazione ad impugnare (cfr. Cass. n. 3502 del 13 febbraio 2013 e n. 27145 del 13 novembre 2008), e cio' a maggior ragione nei casi di intervento facoltativo ai sensi dell'art. 70, ult. comma c.p.c. Peraltro, per affermare la sussistenza di un preminente interesse dei minori, che giustificherebbe la decisione adottata, il Tribunale ha finito per riconoscere di fatto alla P. una responsabilita' genitoriale che, inizialmente, aveva escluso dichiarando la carenza della legittimazione ad agire della medesima. Orbene, questa Corte condivide pienamente l'individuazione dei parametri costituzionali e convenzionali - operata dal primo giudice - che sanciscono il principio del c.d. best interest del minore (quali la Dichiarazione Universale dei diritti del fanciullo del 1959, gli artt. 7 e 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea o c.d. Carta di Nizza, l'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, nell'interpretazione loro attribuita dalla Corte EDU, quali "norme interposte" ai fini della verifica del rispetto dell'art. 117, primo comma, Cost.). Contrariamente a quanto stabilito dal Tribunale, tuttavia, si ritiene che per affermare il diritto dei minori a mantenere il rapporto instauratosi con l'ex partner del loro genitore biologico, e quindi, di conseguenza, anche per affermare la sussistenza della legittimazione attiva della P. seppure funzionale all'interesse dei minori, non sia possibile compiere l'operazione ermeneutica effettuata dal primo giudice in relazione all'art. 337-ter c.c. (che al primo comma stabilisce che "il figlio minore ha diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale" e al secondo comma prevede che "per realizzare la finalita' indicata al primo comma, nei provvedimenti di cui all'art. 337-bis, il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa..."), stante il carattere "rigido" di tale disposizione che non si presta ad una differente opzione interpretativa, in considerazione del suo significato non equivoco e non suscettibile di diversa valutazione. In sostanza, non si ritiene possibile interpretare la norma prevista dall'art. 337-ter c.c., applicabile nel caso di specie, in senso conforme alla Convenzione, a causa dell'univocita' del dato testuale, a fronte del quale, fra i soggetti con i quali il minore ha diritto a mantenere un rapporto stabile e significativo, non rientra anche l'ex partner del genitore biologico. Di conseguenza, ravvisandosi un contrasto non componibile in via interpretativa, e' necessario sottoporre la norma interna a scrutinio di costituzionalita'. Ritiene invero questa Corte che la disposizione di cui all'art. 337-ter c.c., introdotta dall'art. 55 d.lgs. n. 154/2013, in materia di regolamentazione dei rapporti tra genitori e figli, sembra presentare diversi profili di censura sul piano costituzionale. La predetta norma viola innanzitutto l'art. 2 Cost. - che ricomprende tra le «formazioni sociali» anche le famiglie di fatto, incluse quelle riguardanti coppie formate da persone dello stesso sesso - sotto il profilo della mancata tutela del rapporto tra il minore e l'ex partner del genitore biologico del minore. In secondo luogo, la mancata inclusione di quest'ultimo fra i soggetti con i quali il minore ha diritto a mantenere un rapporto stabile e significativo, anche dopo la disgregazione della coppia, appare in conflitto con l'interesse del minore violando, di conseguenza, gli artt. 2, 30 e 31 Cost. e il parametro interposto di cui all'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Ed invero, la struttura "rigida" della disposizione di cui all'art. 337-ter c.c., caratterizzata da un automatismo che preclude al giudice di vagliare l'effettivo preminente interesse del minore (cfr. sul punto C. cost. n. 31/2012), vanifica i principi di origine internazionale ed europea ponendosi altresi' in contrasto con il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e con il diritto del minore ad una famiglia (artt. 2, 30 e 31 Cost.), ed in particolare a mantenere rapporti significativi con l'ex partner del genitore biologico, compresi i casi di famiglie omo-genitoriali. Infine, la disposizione in parola si pone in contrasto con l'art. 117, comma 1 Cost., che obbliga il legislatore italiano a rispettare i vincoli giuridici impostigli dal diritto dell'Unione Europea e dagli obblighi internazionali (quali la Convenzione sui diritti del fanciullo adottata a New York il 20.11.1989 e ratificata in Italia con legge n. 176/1991, la Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, adottata dal Consiglio d'Europa a Strasburgo il 25 gennaio 1996 e ratificata con legge n. 77/2003, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea del 7 dicembre 2000, adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo o c.d. Carta di Nizza), nonche' con l'art. 8 Cedu, quale norma interposta, come viene interpretata in modo costante dalla Corte EDU in materia di riconoscimento del diritto dei genitori e dei figli, nonche' di altri soggetti uniti da relazioni familiari di fatto, a mantenere stabili relazioni, anche nell'ipotesi di crisi della coppia, avuto riguardo sempre al preminente interesse del minore (cfr. sul punto Corte EDU del 13.06.1979, caso Marckx c. Belgium, Corte EDU del 26.05.1994, caso Keegan c. Irlanda, Corte EDU del 22.04.1997, X.Y. e Z. c. Regno Unito, Moretti e Benedetti c. Italia del 27.04.2010). Per tutti i profili sopra esposti, la Corte di Appello di Palermo ritiene necessario sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 337-ter c.c., nella parte in cui non consente al giudice di valutare, nel caso concreto, se risponda all'interesse del minore mantenere rapporti significativi con l'ex partner del genitore biologico. Nel caso di specie e' evidente la rilevanza della questione, posto che, in assenza della pronuncia di incostituzionalita', alla Corte adita verrebbe precluso il dovere di valutare la sussistenza del superiore interesse dei minori a mantenere rapporti stabili con la ex compagna della madre, in quanto, in accoglimento del reclamo, in mancanza del potere di iniziativa del P.M., la domanda della P. dovrebbe essere rigettata, perche' attualmente la norma impugnata preclude alla Corte di riconoscere fra i soggetti legittimati a conservare rapporti significativi con il minore anche l'ex partner del genitore biologico. Quanto all'ammissibilita' della questione, gia' si e' detto dell'impossibilita' di esperire un'interpretazione adeguatrice della norma in oggetto, stante il significato univoco della stessa. Il regolamento delle spese processuali sara' dettato a conclusione del giudizio, dopo l'esercizio da parte della Corte costituzionale del sindacato di legittimita'. Alla luce di tutte le considerazioni svolte, la Corte di appello di Palermo;