TRIBUNALE DI NAPOLI SEZIONE MISURE DI PREVENZIONE Il Tribunale di Napoli, Sezione Misure di Prevenzione, riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei Magistrati: Dott. Eugenia Del Balzo, Presidente; Dott. Giovanni Vinciguerra, Giudice Relatore; Dott. Alessandra Cantone, Giudice. Ha emesso la seguente ordinanza nel procedimento relativo a: B. ... C. ..., nato ad ..., il ..., interdetto, in persona del tutore provvisorio B. ... S. ... difeso di fiducia dall'Avv. R. Serpe e S. Sorrentino; e quali terzi intestatari B. ... S. ... nata a ... il ..., difesa di fiducia dall'Avv. F. Mezza; B. ... A. ... nata a ... il ... difesa di fiducia dall'Avv. F. Mezza; B. ... D. ... nata a l' ... difesa di fiducia dall'Avv. F. Mezza. Osserva con i decreti n. 3/2011 del 17-21/2/2011 e n. 27/2011 del 17-27/06/2011, sulle proposte avanzate dal PM DDA di Napoli in data 21 dicembre 2010 e dal Questore di Napoli il 31 maggio 2011 successivamente riunite, ai sensi dell'art. 2-ter legge 5757/65 questo Tribunale sottoponeva a sequestro di prevenzione svariati beni mobili ed immobili intestati a B. ... C...., (proposto anche per la misura di prevenzione personale cd. antimafia), alla moglie B. ... S.... (nata il ... il ... ), alle figlie B. ... A. ... (nata il ...) e B. ... D. .... (nata l' ...). Dopo l'esecuzione dei sequestri e la separata procedura ex art. 547 cpc, fissata la prima udienza di trattazione per la confisca al 7 dicembre 2011, immediatamente si costituivano in giudizio il proposto e le terze intestatarie deducendo la assoluta «incapacita'» processuale di B. ... C. ... stanti le sue condizioni di salute. All'udienza del 28 febbraio 2012 percio' la difesa produceva la sentenza del Gup Tribunale di Napoli del 17 maggio 2011 che quel difetto assoluto di imputabilita' assumeva a fondamento del proscioglimento per non aver commesso il fatto. I fatti-reato di cui all'art. 416-bis c.p., capo 1 e reato di cui all'art. 132, comma 1, decreto legislativo 1° settembre 1993 n. 385 come modificato dal decreto legislativo n. 415/1996, 7 legge n. 203/91, capo 67, erano li' contestati dal 2004 in poi, laddove le condizioni di salute dell'imputato si erano compromesse dall'evento occorsogli nel maggio 2003. Questo Tribunale quindi conferiva incarico peritale per accertare capacita' di intendere e di volere e capacita' processuale di B. ..., C. ... Dopo l'udienza del 13 giugno 2012, il 17 luglio 2012 la difesa produceva altresi' le sentenza del Tribunale di Napoli del 27.1-26/6/2012 che aveva dichiarato interdetto B. ... C. ... - nominandogli «tutore provvisorio» la moglie B. ... S. ... Effettuate conseguentemente le nuove notifiche, dopo le udienze del 23 ottobre 2012, del 4 dicembre 2012 - che vedeva costituirsi nel procedimento anche la tutrice la cui difesa depositava un'articolata memoria difensiva - del 5 febbraio 2013, dopo aver concesso alle parti un ampio termine per articolare le proprie richieste, l'11 giugno 2013 il Tribunale sospendeva il procedimento ex art. 70 c.p. stante la assoluta incapacita' processuale del proposto. Il 21 gennaio 2014 veniva disposta ancora una perizia sulle condizioni di salute del proposto ed il perito ne riferiva il 25 novembre 2014; cosi' anche successivamente il 10 febbraio 2015. Il 28 aprile 2015, dopo una nuova Memoria difensiva, la difesa allegava la sentenza del Gip Tribunale Napoli resa il 2 marzo 2015 nel procedimento n. 41423/06 RGNR che vedeva B. ..., C. imputato con altri per le minacce rivolte alla collaboratrice di giustizia B. ..., A. ... (la sorella). Quest'oggi, dopo le memorie difensive depositate dai difensori del proposto l'1 ed il 3 luglio 2015, il Tribunale solleva la questione di Costituzionalita' come di seguito precisato. Nel caso di specie ad ogni valutazione va premesso il quadro delle condizioni di salute di B. ... C. ... per come accertato dal perito nominato dal Tribunale: colpito il 20 maggio 2003 da arresto cardio-respiratorio da overdose di cocaina, da allora risulta affetto da «esiti di encefalopatia acuta anossica ischemica con gravassimo deficit cognitivo ed associati disturbi del comportamento, parkinsoniano secondario prevalentemente acinetico, tetraparesi spatica ed aprassia ideo-motoria ..... condizione patologica (che, ndr) priva completamente B.C. della capacita' di intendere e di volere» (cfr. perizia del 12 febbraio 2012). Tale quadro negli anni si e' pure «aggravato rispetto ai precedenti controlli» (cfr. perizia del 19 giugno 2014) tanto che il perito prof. Crisci, innanzi al Tribunale, nell'udienza del 10 febbraio 2015, dopo aver premesso la sua conoscenza del paziente visitato negli anni quattro volte, ha affermate): «questo quadro allo stato delle conoscenze attuali (scientifiche, ndr), non e' assolutamente reversibile .... e non c'e' alcuna possibilita' che il sig. B. ... faccia ritorno ad un quadro di normalita'». Del resto il Tribunale Civile di Napoli con la sopra citata sentenza prodotta dalla difesa ha, nel giugno 2012, dichiarato l'interdizione di B. ... C. ... nominandogli tutore provvisorio la moglie B. ... S. ... Di tale nomina gli effetti ben possono riverberarsi nella presente procedura, nella quale altrimenti si sarebbe proceduto alla nomina di un curatore speciale ex art. 71 comma 2 c.p.p.; tanto che alla donna e' avvenuta la notifica dell'avviso per l'integrazione del contraddittorio ai fini della introduzione della presente procedura. Di tutta evidenza percio' risulta la assoluta incapacita' processuale di B. ... C. ... peraltro da far risalire certamente al 20 maggio 2003, cioe' al momento della overdose da cocaina alla quale e' conseguito il gravissimo stato attuale del soggetto. Tali condizioni di salute appaiono tanto gravi quanto, alla luce della attuali conoscenze scientifiche in materia, assolutamente irreversibili. Queste sono state infatti le conclusioni cui e' pervenuto il perito del Tribunale, soggetto che gia' conosceva il proposto per i precedenti accertamenti svolti in altri procedimenti penali; conclusioni che appaiono oltremodo convincenti e condivisibili, ne' in alcun modo contestate dalle parti. Cio' premesso vanno ribadite le conseguenti valutazioni, in diritto, operate da questo Tribunale. In primis quella sulla «capacita' processuale» e sull'applicazione delle relative norme codicistiche, rappresentate dagli artt. 70 e ss. cpp.. Queste norme, poste a presidio dell'inviolabile diritto di difesa dello «imputato», ben possono ed anzi debbono trovare applicazione anche con riferimento al «proposto» nell'ambito del procedimento per l'applicazione delle Misure di Prevenzione. Infatti la natura del giudizio di prevenzione e la sua incidenza sulla liberta' personale del proposto impongono la verifica dello stato mentale della persona (art. 70 cpp). Conseguentemente, nell'ipotesi di accertata infermita' totale, ai sensi del successivo art. 71 cpp, va disposta la sospensione del procedimento per tutta la durata della malattia; con le periodiche revisioni delle condizioni di salute attraverso nuove indagini peritali previste dalla stessa norma. Favorevolmente alla piena applicabilita' delle norme sulla capacita' processuale dell'imputato anche in sede di Prevenzione, si sono espresse la migliore dottrina e la stessa giurisprudenza (cfr. F. Menditto in Le misure di prevenzione personali e patrimoniali, Giuffre' 2012, pag. 158), anche quella di legittimita', ancorche' con decisioni risalenti (ord. nn. 1348/69 e 1547/73). Di contro le uniche pronunce diverse (sull'inapplicabilita' della sospensione ex art. 70 e ss. c.p.p. al procedimento di esecuzione, Cass. sez. I n. 22749/del 9 marzo 2007 e sez. I. n. 1868 del 9 aprile 1993), sono entrambe relative alle Misure di Sicurezza e quindi in quel peculiare ambito vanno collocate. Cio' premesso, con riferimento alle condizioni di salute di B. ... C. ..., va considerato che il protrarsi sulla sua salute degli eventi del 23 marzo 2003 certamente fa Venir Meno in radice ogni possibilita' di ritenere attuale la sua eventuale pericolosita' sociale. Quindi la sua eventuale pericolosita', cosi' come prospettata nelle proposte in esame, non puo' piu' configurarsi in un soggetto del tutto privo della capacita' di intendere e di volere, e dunque di ogni potesta' cognitiva e volitiva. Percio' deve certamente escludersi uno dei requisiti essenziali per l'applicazione della misura di prevenzione personale ex art. 2 legge 5757/65. Tuttavia, ad oltre 12 anni dall'overdose da cocaina, non puo' trascurarsi oggi il dato della sua perdurante e, soprattutto, irreversibile incapacita' processuale. Da cio' appare piu' che concreto il pericolo di una permanente stasi processuale, tendenzialmente senza un termine definito, che lo trasformerebbe in una sorta di «eterno» proposto. Il quadro e' affatto analogo a quello esaminato nella recentissima pronuncia della Corte costituzionale (la n. 45) di incostituzionalita' della norma del codice penale (art. 157 c.p.) che non prevede il decorso della prescrizione in relazione all'ipotesi di reati attribuiti ad un soggetto al momento del giudizio irreversibilmente incapace. Nella recente memoria la difesa ha invocato l'applicazione di tale sentenza, ed una sorta di decorrenza dei termini per la confisca anche per la misura di prevenzione patrimoniale. Pure e' stata denunciata dalla difesa la evidente disparita' di trattamento a sfavore del proposto rispetto all'imputato nel caso di irreversibile incapacita' di entrambi: mentre il secondo beneficia della prescrizione il primo no, sicche' i beni risulterebbero sequestrati a tempo indeterminato. Quindi all'impossibilita' di applicare la misura personale, stante la oggi del tinto insussistente pericolosita' del B, ..., per la difesa andrebbe rigettata la proposta tout court, anche per la parte patrimoniale, con restituzione dei beni agli aventi diritto che anch'essi, quali terzi intestatari, nell'attuale sospensione del procedimento a tempo indeterminato vedrebbero leso il proprio diritto all'esame delle rispettive posizioni procedurali. Orbene questo Tribunale, tenuto conto delle peculiarita' delle Misure di Prevenzione, personali e patrimoniali, nonche' della relativa procedura, pur condividendo complessivamente le censure sugli inconvenienti conseguenti all'applicazione delle norme codicistiche al caso di specie con la stasi processuale a tempo indeterminato ed il conseguente protrarsi sempre a tempo indeterminato del sequestro non puo' condividere le conclusioni difensive sui rimedi attuabili. Affermata infatti l'operativita' della sospensione dell'art. 71 c.p.p., diversamente da quanto invocato dalla difesa, nel caso in esame non appare possibile alcuna analogia con la «sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere»; queste, mai previste dalla legislazione in materia di misure di prevenzione, hanno evidentemente ragione di essere solo nel procedimento penale di cognizione ed innanzi alla contestazione di ipotesi di reato. Senza diffondersi in questa sede sulla natura del Misure di Prevenzione in generale e' sufficiente qui ricordare la loro valenza, appunto, «preventiva» pacificamente riconosciuta sia in giurisprudenza che in dottrina. Quanto poi a quelle ccdd. patrimoniali, queste assolvono piu' direttamente alla funzione di «impedire un uso illecito e pericoloso per la societa' di beni la cui provenienza legittima non e' stata dimostrata» (CEDU, sentenza 5 luglio 2001, caso Arcuri). Del tutto coerente a tale funzione e' l'obiettivo di non consentire o legittimare la formazione di patrimoni illeciti. In tale direzione opera la ed applicazione disgiunta della misura di prevenzione patrimoniale, introdotta dal legislatore a partire dal 2008. Con la sentenza della Corte costituzionale n. 21/12 quella normativa ha gia' superato il vaglio di costituzionalita', quanto al rispetto del diritto di difesa e del contraddittorio. In essa il Giudice delle leggi prende atto della netta scissione operata dal legislatore del rapporto tra procedimento di prevenzione personale e patrimoniale rimarcando, nel contempo, la peculiarita' del procedimento di prevenzione rispetto a quello penale almeno sotto un duplice aspetto: l'accertamento del fatto-reato, che deve necessariamente avvenire nel processo penale per condurre ad un'affermazione di penale responsabilita' (derivando dalla morte dell'imputato l'estinzione del reato), ben puo' costituire costituire oggetto di accertamento in sede diversa da quella penale in assenza dell'autore, nel procedimento di prevenzione, ma anche, ad esempio, nell'accertamento incidentale del reato da parte del giudice civile qualora la natura penale del fatto illecito venga in rilievo nel giudizio risarcitorio ad esso conseguente; la finalita' del procedimento di prevenzione per l'applicazione della confisca, che «comprende ma eccede quella delle misure di prevenzione consistendo nel sottrarre definitivamente il bene al circuito economico di origine, per inserirlo in altro esente dai condizionamenti criminali che caratterizzano il primo e, dall'altro, a differenza delle misure di prevenzione in senso proprio, va al di la' dell'esigenza di prevenzione nei confronti dei soggetti pericolosi determinati e sorregge dunque la misura anche oltre la permanenza in vita del soggetto pericoloso» (richiamo testuale alla sentenza della Corte Cost. n. 335/96). Che il principio della applicazione disgiunta valga anche con riferimento a condotte poste in essere prima della sua entrata in vigore ed anche per proposte avanzate prima dell'entrata in vigore della nuova normativa discende dai principi processuali generali ed era stato gia' riconosciuto dalla S.C. (sentenza n. 8761/11), prima che le SS.UU. della Corte di Cassazione con la sentenza n. 18/2014 del 26 febbario 2014 ne affermassero espressamente la retroattivita'. Dal che si desume con maggior evidenza l'importante scopo cui assolvono le Misure di prevenzione patrimoniali: il contrasto dell'illecita acquisizione ed accumulazione di beni. Tale obiettivo, quindi, appare di tutta evidenza anche in quei casi in cui la proposta personale non puo' essere irrogata ma si e' in presenza di persona che e' stata pericolosa in passato, ed attraverso quella pericolosita' ha potuto illecitamente accumulare beni. Pertanto, oggi, se deve indubbiamente ritenersi preclusa l'adozione e l'applicazione della Misura di Prevenzione Personale nei confronti di B. ... C. ... - a causa delle sue attuali condizioni di salute, non altrettanto deve dirsi in relazione alla Misura di prevenzione cd. patrimoniale. Per questa, e limitatamente ai suoi fini applicativi, vanno invece effettuate tutte le opportune valutazioni del caso. Tale modus procedenti non era certamente possibile nel precedente sistema, imperniato sulla cd. accessorieta' della misura patrimoniale rispetto a quella personale. Ma sulla falsariga della precedente giurisprudenza il legislatore, prima nel 2008-2009 (con l'art. 2-bis, comma 6-bis introdotto dal decreto-legge 92/08, conv. in legge n. 125/08, modificato dalla l. n. 94/09), poi piu' di recente con il decreto legislativo n. 159/2011, ha espressamente previsto vari casi di applicazione cd. disgiunta della misura di prevenzione, sanzionando cosi' quello che costituisce indubbiamente un principio-cardine dell'attuale sistema. (1) Accertati i relativi presupposti (disponibilita' e provenienza illecita dei beni), la misura patrimoniale della confisca, previo sequestro dei beni, ben puo' essere applicala indipendentemente dalla misura personale in ogni ipotesi in cui, pur in presenza di persona pericolosa o che e' stata pericolosa, non puo' farsi luogo alla misura personale si pensi al soggetto che e' stato a lungo pericoloso, ma non lo e' piu' al momento della decisione del Tribunale. Tutti casi, questi, in cui resta inalterata l'esigenza si applicare la misura patrimoniale per contrastare l'illecita accumulazione derivante dalla pericolosita' manifestata. Da cio' la possibilita' e la conseguente necessita' di ipotizzare, esclusivamente ai fini della Misura di prevenzione patrimoniale della confisca, il vaglio della pericolosita' sociale del soggetto e delle connesse relazioni di questa con il suo patrimonio. Tanto premesso, il Tribunale ritiene che la decisione sulle due proposte in esame, esclusivamente per la parte inerente la confisca di beni, presupponga in via pregiudiziale la soluzione della questione relativa alla eventuale illegittimita' costituzionale dell'art. 72 comma 2 c.p.p.. La norma prevede quei casi in cui «La sospensione e' revocata con ordinanza non appena risulti che lo stato mentale dell'imputato ne consente la cosciente partecipazione al procedimento ovvero che nei confronti dell'imputato deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere». Ebbene a tali ipotesi potrebbe assimilarsi quella della revoca nell'ambito del procedimento di prevenzione in caso di irreversibile incapacita' processuale del proposto, esclusivamente ai fini dell'adozione delle possibili misure di prevenzione patrimoniali. La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 72 comuni 2 del c.p.p. si profila per violazione degli artt. 3 (uguaglianza dei cittadini davanti alla legge) e 24 (inviolabilita' del diritto di difesa) della Costituzione nell'ipotesi in cui, come nel caso di specie, il procedimento di prevenzione e' sospeso sine die, con dei beni in sequestro ed il proposto, incapace irreversibilmente di partecipare al procedimento; quindi del tutto privo di tutela giuridica, neanche attraverso la figura di quel curatore speciale previsto dall'ordinamento in sua rappresentanza. La questione a parere del Collegio e' ammissibile perche' allo stato, stante la inapplicabilita' alla vicenda in esame della «revoca dell'ordinanza di sospensione» di cui all'art. 72 c.p.p., si viene a determinare una irreversibile stasi del procedimento di prevenzione anche riguardo a quegli aspetti che, come visto prima, non richiedono necessariamente la «attuale pericolosita' social» del soggetto. La questione e' rilevante in quanto una eventuale dichiarazione di incostituzionalita' consentirebbe al Tribunale di riattivare il procedimento esclusivamente per vaglio della pregressa pericolosita' del proposto e per la incidenza di essa sul patrimonio accumulato negli anni ai fini della confisca o restituzione dei beni in sequestro. Il presente procedimento non puo' quindi essere definito indipendentemente dalla risoluzione della predetta questione di legittimita' costituzionale. La questione e' da ritenersi, inoltre, non manifestamente infondata in relazione all'art. 3 della Costituzione per irragionevole disparita' di trattamento normativo tra «imputato» e «proposto» nella medesima condizione di irreversibile incapacita' processuale. Osserva il Collegio che il principio dell'eguale dignita' sociale dei cittadini si persegue non solo attraverso l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge ma, in quanto clausola generale che si oppone all'istituzione di regimi privilegiati, anche con l'obbligo di rimuovere gli ostacoli che in concreto impediscono a determinate categorie di cittadini l'effettivo godimento dei loro diritti. In via generale, quindi, l'attuazione del principio di uguaglianza si esplica sia attraverso la previsione di norme che non introducano arbitrarie distinzioni tra situazioni analoghe sia con norme che non disciplinino in modo conforme situazioni del tutto differenti. Sotto tale profilo, pertanta', oltre al principio di eguaglianza si e' affermato anche quello di ragionevolezza: il Giudice delle leggi, infatti, proprio al fine di analizzare la razionalita' della normativa impugnata ha in varie pronunce valutato sia la coerenza intrinseca della norma censurata sia quella esterna rispetto all'insieme dell'ordinamento (vedi sentenze n. 253/2004 e n. 143/2005 nonche' n. 291/2013 con le quali sono state accolte le censure di costituzionalita' sollevate dai Tribunali remittenti proprio sul principio della irragionevole disparita' di trattamento di situazioni analoghe). Le valutazioni di legittimita' costituzionale concernenti il rispetto del principio di eguaglianza hanno comportato, quindi, un confronto tra la normativa impugnata e una o piu' discipline analoghe, al fine di accertare se le scelte normative differenti fossero cosi poco ragionevoli da doversi ritenere costituzionalmente illegittime. Si e' ritenuto, inoltre, che il canone della ragionevolezza sia espressione della esigenza di una coerenza interna dell'ordinamento giuridico a salvaguardia della uguaglianza dei cittadini, con la conseguenza che l'esame della disciplina positiva deve essere condotto alla luce della ratio legis, assunta, da una parte, in relazione all'assetto normativa nel suo complesso e, dall'altra, in rapporto al proprio specifico contesto applicativo. Per queste ragioni, qualora si riscontri una contraddizione tra le diverse prescrizioni normative all'interno di un medesimo testo, oppure qualora sia ravvisabile un'antinomia tra la disposizione impugnata e il particolare settore dell'ordinamento nel quale la disciplina si colloca, puo' ravvisarsi una violazione del precetto costituzionale sotto il profilo della ragionevolezza e logicita'. La censura di incostituzionalita' va valutata anche in relazione all'art. 24, comma secondo, della Costituzione, atteso che la sopra menzionata disparita' di trattamento costituisce, senza dubbio, un vulnus del diritto di difesa del proposto irreversibilmente incapace di partecipare al procedimento di prevenzione, al quale viene preclusa ogni possibilita' di' far valere le proprie ragioni attraverso il curatore speciale per dimostrare la lecita provenienza dei beni in sequestro. L'art. 24 della Costituzione sancisce il diritto alla tutela giurisdizionale che la Corte ha giu' annoverato tra quelli inviolabili dell'uomo ex art. 2 della Costituzione (sentenza n. 98/1965), da ascrivere nel novero dei «principi supremi dell'ordinamento costituzionale». Occorre quindi garantire che gli strumenti processuali previsti dall'ordinamento per la tutela in giudizio dei diritti siano concretamente idonei a garantire l'effettivita' del diritto di difesa (Cfr. Corte cost. n. 20/2009; n. 182/2008; nn. 180-181-182, 282/2007 e n. 419/2000). Invero la previsione normativa in esame Costituisce un ostacolo all'effettivo accesso alla tutela giurisdizionale non solo per il proposto ma anche per i ccdd. terzi intestatati dei beni in sequestro perche' ritenuti nella sua disponibilita'. Ricorrono quindi tutti i presupposti per sollevare d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 72 comma 2 del codice di procedura penale per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevede, tra le ipotesi di «revoca dell'ordinanza di sospensione» quella, nell'ambito del procedimento di prevenzione, per il caso di irreversibile incapacita' processuale del proposto, esclusivamente ai fini dell'adozione delle possibili misure di prevenzione patrimoniali. Va altresi' rilevato che, quell'attuale quadro normativo, all'eventuale accoglimento della suddetta questione di costituzionalita' conseguirebbe la possibilita' di pronunciare, previa istruttoria camerale, su quei beni per cui vi e' sequestro e pende istanza di confisca. La decisione sulle predette istanze va pertanto sospesa in attesa della decisione della Corte costituzionale. (1) Art. 18 (Applicazione delle misure di' prevenzione patrimoniali. Mode del proposto) 1. Le misure di prevenzione personali e patrimoniali possono essere richieste e applicate disgiuntamente e, per le misure di prevenzione patrimoniali, indipendentemente dalla pericolosita' sociale del soggetto preposto per la loro applicazione al momento della richiesta della misura di prevenzione. 2. Le misure di prevenzione patrimoniali possono essere disposte nube in caso di morte del soggetto proposto per la loro applicazione. In tal caso il procedimento prosegue nei confronti degli eredi o comunque degli aventi causa. 3. Il procedimento di prevenzione patrimoniale puo' essere iniziato anche in caso di morte del soggetto nei confronti del quale potrebbe essere disposta la confisca: in tal caso la richiesta di applicazione della misura di prevenzione puo' essere proposta nei riguardi dei successori a titolo universale o particolare entro il termine di cinque armi dal decesso. 4. Il procedimento di prevenzione patrimoniale puo' essere iniziato o proseguito anche in caso di assenza, residenza o dimora all'estero della persona alla quale potrebbe applicarsi la misura di prevenzione, su proposta dei soggetti di cui all'art. 17 competenti per il luogo di ultima dimora dell'interessato, relativamente ai beni che si ha motivo di ritenere che siano il frutto di attivita' illecite o ne costituiscano il reimpiego. 5. Agli stessi fini il procedimento puo' essere iniziato o proseguito allorche' la persona e sottoposta ad una misura di sicurezza detentiva o alla liberta' vigilata.