LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI CAMPOBASSO (Sezione 2) Riunita con l'intervento dei signori: Di Nardo Giuseppe presidente e relatore, Catelli Luigi Antonio giudice, Marolla Angelo giudice, ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 101/2015, depositata il 10 febbraio 2015, avverso silenzio rifiuto IRPEF-ADD.REG. 2001, contro regione Molise, proposto dal ricorrente Mancini Francesco, piazza della Vittoria - 86100 Campobasso, difeso da Mancini Francesco, piazza Vittorio Emanuele - 86100 Campobasso; altre parti coinvolte: Agenzia delle entrate - Direzione provinciale - Ufficio controlli Campobasso, piazzale Palatucci n. 10/A - 86100 Campobasso. Con ricorso presentato in data 9 febbraio 2015 all'Agenzia delle entrate - Direzione provinciale di Campobasso, e alla regione Molise l'avv. Mancini Francesco, in proprio e quale difensore di se stesso, impugnava innanzi a questa Commissione tributaria provinciale, il rifiuto tacito, da parte della regione predetta, della restituzione della somma di € 295,00, riscosso dalla regione a titolo di aumento dell'addizionale regionale IRPEF per l'anno 2013, aumento disposto per effetto dell'automatismo di cui all'art. 2, comma 86, della legge n. 191/2009 e delle determinazioni assunte dal tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti e dal Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli di assistenza sanitaria. Deduceva il ricorrente che, per effetto dell'asserito mancato raggiungimento degli obiettivi fissati nei piani di rientro del deficit sanitario, i predetti organismi tecnici nell'aprile 2013 avevano confermato la maggiorazione dell'addizionale e che con successivo comunicato stampa del 27 settembre 2013 l'Agenzia delle entrate aveva confermato per le regioni Calabria e Molise le maggiorazioni dello 0,15% dell'IRAP e dello 0,30% dell'addizionale IRPEF, avendo il MEF reso noto che per le predette regioni i preposti organismi tecnici, in esito alla verifica dei risultati di esercizio 2012, avevano constatato consolidamento delle condizioni per l'applicazione delle disposizioni contenute nell'art. 2, comma 86, legge n. 191/2009 secondo le procedure di cui all'art. 1, comma 174, legge n. 311/2004 e successive modificazioni. Aggiungeva che la detta maggiorazione dello 0,30%, aveva comportato per esso ricorrente un maggiore esborso di € 295,00, onde aveva presentato istanza di rimborso sia alla regione Molise che all'Agenzia delle entrate eccependo l'illegittimita' costituzionale del suddetto art. 2, comma 86, della legge n. 191/2009 e dell'art. 6, comma 10, decreto legislativo n. 68/2011 che recavano l'applicazione d'imperio della maggiorazione massima, per violazione degli articoli 53, 3, 97, 23 e 24 Cost. Nessuno dei detti enti si era pero' espresso sulla istanza onde, decorso il termine di giorni novanta, si era formato il diniego tacito della restituzione contro il quale aveva proposto il ricorso de quo. Sulla base di tale premessa in punto di fatto, il ricorrente deduceva che la imposizione di un'aliquota maggiorata dello 0,30% era stata effettuata sulla base dell'art. 2, comma 86, della legge n. 191/2009 e dell'art. 6, comma 10, decreto legislativo n. 68/2011, meritevoli di varie censure per illegittimita' costituzionale, onde il suo diritto alla restituzione di quanto versato, non avendo la regione esercitato il potere concessole dall'art. 50, decreto legislativo n. 446/1997 che riserva appunto alle regioni il potere di stabilire in autonomia l'aliquota dell'addizionale, non senza pero' dare atto che, ai sensi dell'art. 6, comma 10, decreto legislativo n. 68/2011 «restano fermi gli automatismi fiscali previsti dalla vigente legislazione nel settore sanitario nei casi di squilibrio economico, nonche' le disposizioni in materia di applicazione di incrementi delle aliquote fiscali per le regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari». Aggiungeva che l'obbligo imposto dall'art. 2/86, legge n. 191/2009 (Finanziaria 2010) e dall'art. 6, comma 10, decreto legislativo n. 68/2011, alle regioni che non risultano avere raggiunto gli obiettivi del piano di rientro, con conseguente deficit sanitario, di incrementare nella misura massima l'addizionale IRPEF, oltre a quello di applicare le misure previste dai commi 80 e 83, obbligo dipendente da un giudizio tecnico e discrezionale sulla congruita' dei piani di rientro, contrasta con varie norme della Costituzione. Innanzitutto con il principio della capacita' contributiva, posto dall'art. 53 posto che e' del tutto irragionevole sanzionare con una maggiore imposizione i cittadini per la inefficienza ed inadeguatezza del sistema sanitario, inefficienza gia' sanzionata con le diverse misure previste dai commi 75 e seguenti, legge n. 191/2009. In secondo luogo con l'art. 3 poiche' differenzia, con evidente maggior peso tributario, i cittadini delle regioni che presentano disfunzioni del sistema sanitario rispetto a quelli delle regioni che dette disfunzioni non presentano. In terzo luogo con l'art. 23 che prevede la riserva di legge per le imposizioni patrimoniali, poiche' l'imposizione viene demandata ad un organo meramente amministrativo (tavoli e comitati amministrativi) che sulla base di un apprezzamento puramente tecnico e discrezionale effettuano il monitoraggio dei piani di rientro dai deficit sanitari. In quarto luogo con l'art. 24 poiche' il diritto alla difesa e' pregiudicato dalla valutazione discrezionale di un organo amministrativo che limita la tutela giurisdizionale. Ancora con l'art. 97 non risultando garantito il principio del buon andamento ed imparzialita' della pubblica amministrazione. Infine con i principi ispiratori della riforma del titolo V della Costituzione, della legge Cost. n. 3 del 2001 (c.d. federalismo fiscale), poiche' priva la regione dell'autonomia nella fissazione della aliquota de qua. Il ricorrente conclusivamente chiedeva che questa Commissione, previo riconoscimento dell'illegittimita' del diniego di rimborso opposto, accogliesse la istanza di restituzione della maggiore addizionale regionale all'IRPEF percio' versata in forza di una legge incostituzionale. In via subordinata chiedeva sospendersi il processo e rimettersi gli atti alla Corte costituzionale per la declaratoria di incostituzionalita' delle norme censurate, con vittoria delle spese del giudizio. Instauratosi il contraddittorio si costituiva la sola Agenzia delle entrate che, pregiudizialmente, eccepiva la improcedibilita' del ricorso facendo rilevare che, trattandosi di controversia di valore inferiore ad € 20.000, il ricorrente avrebbe dovuto presentare il prescritto reclamo/mediazione ed attendere, prima di presentare il ricorso, la conclusione del procedimento di mediazione, come disposto dall'art. 17-bis, decreto legislativo n. 546/1992. Nel merito deduceva la piena legittimita' del silenzio-rifiuto alla richiesta di rimborso della maggiore imposta versata, poiche' l'Agenzia delle entrate si era attenuta a quanto disposto dall'art. 2, comma 86, legge n. 191/2009, essendo stato accertato, in sede di verifica annuale, il mancato raggiungimento degli obiettivi del piano di rientro, con conseguente determinazione di un disavanzo sanitario. Precisava che le maggiorazioni dell'addizionale IRPEF erano state determinate con la legge regionale del Molise n. 9/2013 secondo aliquote differenziate, sulla base degli scaglioni di reddito previsti per l'IRPEF, e contestava tutti profili di incostituzionalita' dell'art. 2, comma 86, della legge n. 191/2009 e dell'art. 6, comma 10, decreto legislativo n. 68/2011 prospettati dal ricorrente. Conclusivamente chiedeva dichiararsi improcedibile il ricorso o, in subordine, rigettarsi lo stesso, vinte le spese del giudizio. Con decreto presidenziale in data 5 maggio 2015 veniva dato atto che, in violazione dell'art. 17-bis, decreto legislativo n. 546/1992, il ricorrente non aveva presentato il reclamo/mediazione previsto a pena di improcedibilita' ex art. 17-bis, decreto legislativo n. 546/1992 (come modificato dall'art. 1, comma 611, lettera A), legge n. 147/2013), onde, per consentire l'esperibilita' del reclamo, la causa era rinviata alla udienza odierna. Nella odierna udienza, acquisita la prova dell'avvenuta presentazione del reclamo e del rifiuto espresso dell'Agenzia delle entrate, le parti concludevano come da verbale. Va innanzitutto rilevato che correttamente il ricorrente ha convenuto in giudizio sia l'Agenzia delle entrate che la regione Molise dopo avere ad entrambe proposto istanza di rimborso della corrisposta maggiorazione dell'addizionale IRPEF, impugnando il diniego espresso di restituzione del rimborso emesso dall'Agenzia delle entrate, trattandosi di tributo avente natura erariale ma il cui gettito e' introitato dalla regione che partecipa alla attivita' di liquidazione mediante la determinazione delle relative aliquote, pur dovendosi dare atto dell'esistenza di una convenzione tra i due enti che devolve alla Direzione regionale dell'Agenzia, oltre all'accertamento, alla riscossione e all'esecuzione dei rimborsi dovuti, anche «la tutela avanti agli organi del contenzioso per le eventuali controversie che dovessero insorgere con i contribuenti». Tanto premesso ritiene questo Collegio che sussistono i presupposti per ritenere rilevante e non manifestamente infondata, sia pure in relazione ad alcuni soltanto dei profili dedotti, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 86, legge n. 191/2009 e della successiva disposizione di cui all'art. 6, comma 10, decreto legislativo n. 68/2011. Va pero' innanzitutto dichiarata inammissibile la questione relativa all'assunto contrasto delle norme censurate con l'art. 119 Cost. (Riforma del titolo V della Costituzione di cui alla legge Cost. n. 3/2001) deducendosi che esse menomerebbero l'autonomia finanziaria delle regioni nella fissazione delle aliquote IRPEF. Invero la legittimazione per censurare l'autonomia finanziaria delle regioni compete unicamente alle regioni. Passando all'esame della rilevanza della questione si osserva che, anche con la proposizione della domanda principale, il ricorrente, pur dando atto implicitamente che la norma successiva (art. 6/10, decreto legislativo n. 68/2011) ha modificato la norma precedente (art. 50, decreto legislativo n. 446/1997), ha chiesto che sia disposto il chiesto rimborso della versata maggiorazione dell'addizionale IRPEF previo riconoscimento che essa maggiorazione e' stata disposta sulla base di norme (l'art. 2, comma 86, legge n. 191/2009 e art. 6, comma 10, decreto legislativo n. 68/2011) costituzionalmente illegittime, si' che, ai fini della decisione, dovrebbe necessariamente essere valutata la conformita' o meno alla Costituzione delle norme indicate. Quanto alla subordinata domanda e' lo stesso ricorrente a chiedere che siano rimessi gli atti alla Corte costituzionale, previa sospensione del processo, perche' siano valutati i dedotti motivi di illegittimita' costituzionale. Per quanto concerne invece la non manifesta infondatezza della sollevata eccezione di legittimita' costituzionale delle norme predette si osserva quanto segue. Con l'art. 50 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, fu istituita l'addizionale regionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche, disponendosi che essa «e' determinata applicando l'aliquota, fissata dalla regione in cui il contribuente ha la residenza» con la precisazione che la stessa era originariamente fissata nella percentuale dello 0,50, con possibilita', per ciascuna regione, di maggiorarla, con proprio provvedimento, fino all'1%. Con l'art. 2, comma 86, legge n. 191/2009 (Finanziaria 2010) fu disposto che «L'accertato verificarsi, in sede di verifica annuale, del mancato raggiungimento degli obiettivi del piano di rientro, con conseguente determinazione di un disavanzo sanitario, comporta, oltre all'applicazione delle misure previste dal comma 80 e ferme restando le misure eventualmente scattate ai sensi del comma 83, l'incremento nelle misure fisse di 0,15 punti percentuali dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attivita' produttive e di 0,30 punti percentuali dell'addizionale all'IRPEF rispetto al livello delle aliquote vigenti, secondo le procedure previste dall'art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, come da ultimo modificata dal comma 76 del presente articolo». Successivamente, con l'art. 6 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, fu disposto che «per assicurare la razionalita' del sistema tributario nel suo complesso e la salvaguardia dei criteri di progressivita' cui il sistema medesimo e' informato, le regioni possono stabilire aliquote dell'addizionale regionale all'IRPEF differenziate esclusivamente in relazione agli scaglioni di reddito corrispondenti a quelli stabiliti dalla legge statale», precisandosi poi al comma 10 che «restano fenici gli automatismi fiscali previsti dalla vigente legislazione nel settore sanitario nei casi di squilibrio economico, nonche' le disposizioni in materia di applicazione di incrementi delle aliquote fiscali per le regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari». Orbene, come si e' innanzi premesso, non tutte le censure di incostituzionalita' che il ricorrente ha dedotto in riferimento all'art. 2, comma 86, legge n. 191/2009 ed all'art. 6, comma 10, decreto legislativo n. 68/2011 possono ritenersi non manifestamente infondate. E' invero da ritenersi palesemente infondata la censura di incostituzionalita' per violazione del principio di uguaglianza sull'assunto che, per effetto delle norme de quibus, si verifica, a parita' di imponibile, un trattamento differenziato tra i cittadini della regione Molise rispetto a quelli delle altre regioni virtuose (ovvero che hanno rispettato i piani di rientro) poiche' solo i primi sono assoggettati ad una maggiore aliquota dell'addizionale. La diversita' di trattamento tra i cittadini predetti e' infatti conseguenza dell'autonomo potere delle regioni di prevedere liberamente - se pure entro i limiti stabiliti dalla legge statale - aliquote della stessa addizionale che possono risultare tra loro diverse. Del pari e' a dirsi in ordine alla eccepita violazione del principio della riserva di legge per la imposizione di prestazioni patrimoniali, e quindi anche dei tributi, contenuto nell'art. 23 della Costituzione. Invero il potere di accertare la sussistenza delle condizioni per l'automatica applicazione delle maggiorazioni dell'addizionale IRPEF e' demandato agli organi tecnici amministrativi (Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti e Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli di assistenza sanitaria) dalla legge dello Stato in considerazione della complessita' dell'accertamento per individuare gli adempimenti necessari per il rientro dal deficit sanitario, accertamento che deve essere effettuato sulla base di circostanze oggettive che devono (o comunque dovrebbero) essere bene motivate nelle relazioni da redigere e sottoporre ai competenti organi statali e regionali. Sono invece da ritenere non manifestamente infondati gli ulteriori rilievi di illegittimita' costituzionale per violazione degli articoli 53, 97 e 24 della Costituzione. Come e' ben noto ai sensi dell'art. 53 Cost. «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacita' contributiva». Trattasi di un principio, fondamentale dell'ordinamento tributario, che ha la duplice funzione di solidarieta' (vedi anche art. 2 Cost.), nel senso che ogni cittadino ha il dovere di concorrere alle spese necessarie per il benessere della comunita' sostenute dagli enti a tanto preposti (Stato ed enti locali territoriali), e di garanzia, nel senso che la tassazione non puo' giammai travalicare il limite della capacita' economica del contribuente, cosi' salvaguardando il c.d. minimo vitale. In altri termini la capacita' contributiva puo' essere incisa, salvaguardando il minimo vitale e con criteri di progressivita' in considerazione della situazione economica del contribuente, solo per la soddisfazione del benessere generale e collettivo che si consegue quando i servizi erogati dagli enti preposti a tutti i cittadini posseggono livelli di efficienza e tempestivita' tali da produrre situazioni di benessere qualitativo diffuso, assicurando una vita dignitosa e decorosa per la persona. Ai sensi dell'art. 97 Cost. «I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialita' dell'amministrazione». I principi di buon andamento ed imparzialita' dell'amministrazione comportano che l'imposizione tributaria deve essere improntata alla massima semplicita' di normazione ed alla agevole conoscenza dei criteri di controllo affinche' siano evitati sperperi dannosi e sia sempre perseguito il bene e l'interesse della comunita'. Dispone infine l'art. 24 Cost. che «Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi», sancendo in tal modo, nel campo del diritto tributario, nel quale il principio trova piu' specifica attuazione con le norme della legge n. 212/2000 (c.d. statuto del contribuente), la piena contestabilita' della pretesa impositiva che deve essere garantita dal rispetto dell'obbligo del contraddittorio, della motivazione dei provvedimenti impositivi e della tutela giurisdizionale. Orbene, per le ragioni di seguito esposte, i predetti principi costituzionali si ritengono violati dalle norme censurate. Invero, per quanto concerne la violazione dell'art. 53 Cost., dalla semplice lettura delle norme predette risulta incontestabilmente che l'aggravio della imposizione tributaria e' fatto discendere non gia', come dovrebbe essere, unicamente da una maggiore domanda di assistenza sanitaria, ovvero da maggiori esigenze sanitarie della popolazione, bensi' dalla necessita' di porre riparo deficit economici generati da cattiva (dolosa o anche solo colposa) amministrazione dei soggetti concretamente preposti alla gestione del servizio sanitario, si' che lo sforamento dei piani sanitari non puo' avere alcun collegamento con la capacita' contributiva dei cittadini. Si legge infatti nei commi 73 e seguenti dell'art. 2, legge n. 191/2009 che le misure previste per porre riparo all'inefficienza del sistema sanitario e all'inadeguatezza dei piani di rientro dal disavanzo sono, tra l'altro: 1) il blocco delle assunzioni e del turn-over; 2) la sospensione dei trasferimenti statali; 3) il divieto di effettuare spese non obbligatorie; 4) la decadenza dei direttori generali; 5) la nomina del commissario ad acta. Trattasi, come e' evidente, di misure del tutto ingiustificabili se la causa del deficit fosse una accresciuta domanda di assistenza sanitaria da parte della popolazione, ma pienamente compatibili con una accertata cattiva amministrazione della sanita'. Del resto la riprova eclatante di quanto affermato la si ritrova leggendo il comma 84 dell'art. 2 cit. la' dove e' espressamente previsto che, in caso di inadempimento da parte del commissario ad acta degli obblighi derivanti dal piano «indipendentemente dalle ragioni dell'inadempimento» il Consiglio dei ministri adotta tutti gli atti necessari per la predisposizione del piano di rientro e la sua attuazione. Non sembra superfluo, in proposito, a dimostrazione della effettiva sussistenza della mala gestio nel settore della sanita', riportare quanto si legge nella relazione del procuratore regionale della Corte dei conti, sezione giurisdizionale per il Molise, per l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2015: «Alla precaria situazione della sanita' pubblica in questa regione hanno concorso e concorrono molteplici fattori, tra cui, anche, comportamenti produttivi di danno posti in essere dai soggetti che operano, a diversi livelli, in questo delicato settore dell'attivita' amministrativa. Tra di essi ... condotte non consone alla deontologia professionale dei principali operatori del settore (medici e personale paramedico) ... atti di citazione per indebita percezione dell'indennita' di esclusivita' ... € 70.926,10 e € 13.857,61 ... rinvio a giudizio nei confronti di un medico per il reato di cui agli articoli 81 cpv. e 640, comma 2, c.p. ... danno eraraiale di € 27.145,68 di cui sono chiamati a rispondere ... i Direttori generali ... irregolare erogazione di indennita' per l'effettuazione di turni di reperibilita' e pagamenti di ore di lavoro straordinarie ad alcuni medici dell'ASREM ... complessivi € 21.388,53 ... chiamati a rispondere anche il Direttore amministrativo e il Direttore sanitario ... spese per consulenze sanitarie molto distanti dal dato previsionale (44% in piu') ... ricorrente violazione dell'art. 23 della legge n. 62/2005 in tema di rinnovo per l'approvvigionamento di beni e servizi ... incarichi illecitamente affidati ...». E' conclusivamente da ritenere che, con riferimento all'unico parametro adottato per disciplinare l'entita' dell'aumento dell'addizionale regionale all'IRPEF (ovvero la sanita'), la legge non adotta il criterio, ragionevole e rispettoso dell'art. 53 Cost., della valutazione della domanda sanitaria della popolazione, ma ancora l'aumento stesso al modo di gestire il servizio sanitario, apprestando rimedi che presuppongono una mala gestio, sia essa dolosa od anche solo colposa, in tal modo illegittimamente costringendo i cittadini a pagare un maggiore tributo, per la colpa (o il dolo) dei soggetti che amministrano il servizio sanitario, e ad essere, inoltre, penalizzati per le deficienze del servizio ed il maggiore costo dello stesso. Non puo' sottacersi, del resto, che anche nelle sentenze della Corte di giustizia l'equilibrio finanziario non e' affatto ritenuto di per se' meritevole di tutela, ma solo in quanto strumentale alla realizzazione della efficienza e continuita' dei servizi pubblici che erogano prestazioni di sicurezza sociale, come quello della sanita' (Corte di giustizia 23 maggio 2000, Buchner, causa C-104/98) onde devono ritenersi del tutto contrastanti anche con i principi comunitari le norme censurate che, per rimediare alla cattiva gestione del servizio sanitario, impongono maggiori prestazioni tributarie e limitano l'erogazione delle prestazioni sanitarie in danno della popolazione. In ordine, poi, alla denunciata violazione dell'art. 97 della Costituzione si osserva che i principi di buon andamento ed imparzialita' della pubblica amministrazione comportano l'obbligo da parte della pubblica amministrazione di una trasparente amministrazione del denaro pubblico. In particolare per quanto concerne le entrate tributarie la trasparenza esige la semplicita' della formazione, nonche' la conoscibilita' dei criteri selettivi di controllo e nei controlli. Non puo' di certo considerarsi espressione di detti principi l'adozione di un parametro del tutto discrezionale, quale il mancato raggiungimento degli obiettivi di rientro dai deficit sanitari, rimesso alla valutazione di organi tecnici, senza alcun contraddittorio, che di fatto viene assunto come fattore determinante di una maggiore imposizione tributaria. E' sufficiente, in proposito, la mera disamina del verbale della Riunione congiunta del tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali con il Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, per la regione Molise del 21 novembre 2013, per rendersi conto della evidente lesione, per il palese eccesso di tecnicismo e difetto di motivazione, dei principi di collaborazione e buona fede tra l'Amministrazione e il contribuente che e' di fatto completamente estromesso dal procedimento, con grave lesione dei suoi diritti. Ne' puo' omettersi di rilevare, sempre con riferimento alla violazione dell'art. 97 Cost., che la pubblica amministrazione statale partecipa al giudizio tecnico sullo stato di avanzamento del piano di rientro provvedendo anche alla gestione commissariale, onde e' condizionata dalle sue stesse valutazioni, si' che per essa difetta del tutto, quale ente impositore, la condizione di imparzialita' nei confronti della regione controllata. In ordine, infine, alla violazione del diritto della difesa, di cui all'art. 24 Cost. si evidenzia che nei confronti delle valutazioni dei tavoli tecnici non e' previsto alcun intervento, o comunque possibilita' di contestazione, da parte del contribuente inciso dalla maggiorazione dell'aliquota. Come e' ben noto la contestabilita' della pretesa impositiva, ovvero il c.d. diritto di contestare le tasse ingiuste, deve essere garantito dagli obblighi della motivazione e del contraddittorio nonche' della tutela giurisdizionale. Le Sezioni unite della Corte di cassazione, riprendendo quanto gia' sancito dalla nota sentenza Soprope' della Corte di giustizia (sentenza C 349/07) nonche' nella piu' recente sentenza del 3 luglio 2014 (cause riunite C 129/13 e C 130/13), hanno ribadito che il rispetto dei diritti della difesa e del conseguente diritto di ogni persona di essere sentito prima che sia adottata qualsivoglia decisione che possa incidere negativamente sui suoi interessi, costituisce un principio fondamentale del diritto dell'Unione europea. Ne' e' possibile ritenere che al contribuente sia comunque apprestata una tutela indiretta, assicurata dalla partecipazione dei rappresentanti del governo regionale alle decisioni dei tavoli tecnici che valutano i piani di risanamento, attesa la evidente incompatibilita' degli stessi che, avendo formulato i piani stessi, non possono di certo avvertirne i limiti e le inadeguatezze. Non senza considerare, inoltre, gli evidenti limiti ad essi rappresentanti derivanti dalla loro condizione di soggetti politici e, in quanto tali, interessati a deresponsabilizzarsi per non esporsi alla impopolarita'. L'adeguata motivazione dei provvedimenti, il rispetto del contraddittorio e l'uso corretto delle presunzioni sono criteri a cui devono necessariamente essere improntate le decisioni che impongono tributi al fine di consentire che, con una oculata amministrazione della cosa pubblica, siano evitati sperperi dannosi e le entrate tributarie siano sempre impiegate per conseguire il bene e l'interesse comune. Nella specie al contribuente non e' concesso alcuno strumento per contestare la legittimita' e fondatezza della pretesa tributaria, ovvero per verificare l'effettivita' del mancato raggiungimento degli obiettivi di rientro del disavanzo sanitario, non essendogli nemmeno consentito di conoscere se gli organismi tecnici abbiano congruamente valutato e motivato lo stato di rientro dal deficit sanitario, dovendo solo subire un aggravio tributario con evidente lesione del proprio diritto di difesa. Non sembra superfluo, infine e con riferimento alle norme di cui si denuncia la incostituzionalita', ricordare la remota, ma pur sempre attuale, affermazione della adita Consulta secondo la quale il controllo della Corte consiste in un «giudizio sull'uso ragionevole, o meno, che il legislatore abbia fatto dei suoi poteri discrezionali in materia tributaria, al fine di verificare la coerenza interna della struttura dell'imposta con il suo presupposto economico, come pure la non arbitrarieta' dell'entita' dell'imposizione» (sent. 111/79).