TRIBUNALE DI FIRENZE 
           Ufficio del Giudice per le indagini preliminari 
 
    Procedimento n.  519/2012  del  R.G.  S.I.G.E.  -  Ordinanza  con
istanza di legittimita' costituzionale (art. 23 della legge 11  marzo
1953 n. 87). 
    Il giudice  dell'esecuzione  Angelo  Antonio  Pezzuti,  decidendo
sulla  questione  di  legittimita'   costituzionale   sollevata   dal
difensore nel procedimento promosso  da  S.N.  nato  a  ...;  il  ...
residente a ... in ... sottoposto ad ordine di carcerazione emesso il
12 novembre 2012, difeso di fiducia dall'avvocato Massimiliano Palena
del Foro di Firenze con studio a Firenze in via  II  Prato  n.  62  e
dall'avvocato Francesco Bellucci del Foro di  Firenze  con  studio  a
Firenze in via II Prato n. 62 
Osserva quanto segue. 
Procedimento 
    1.  Con  sentenza  del  Giudice  dell'udienza   preliminare   del
Tribunale di Firenze del 17 maggio 2011, divenuta  definitiva  il  16
ottobre 2012, e' stata applicata a N. S. sulla richiesta delle parti,
la pena di tre anni di reclusione e di 3.000  euro  di  multa  per  i
delitti previsti dagli articoli 416 e 624 e 625 n. 2 e n. 5 e  61  n.
5. 
    2. Il Pubblico Ministero della Procura della Repubblica presso il
Tribunale di Firenze, il 12 novembre 2012,  ha  emesso  l'ordine  di'
carcerazione a carico di N. S.  ritenendo  di  non  dover  sospendere
l'esecuzione perche' il titolo di reato oggetto della condanna non lo
permetteva. 
    3. I difensori di N. S. hanno chiesto al  giudice  di  «sollevare
con ordinanza, innanzi alla Corte  costituzionale,  la  questione  di
legittimita' dell'art. 656 comma 9 lettera  a)  codice  di  procedura
penale  (limitatamente  al  divieto  di  sospensione  dell'ordine  di
esecuzione  nel  caso  di  condanna   per   il   delitto   di   furto
pluriaggravato), disponendo, nelle more,  la  temporanea  inefficacia
del  provvedimento  che  dispone  la  carcerazione,  dichiarando   la
sospensione dell'esecuzione e la scarcerazione dell'interessato». 
    4. Con  ordinanza  del  29  novembre  2012  il  presente  Giudice
disponeva la sospensione del procedimento e l'immediata  trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale. 
    5. Con ordinanza n. 75  del  2014,  a  seguito  della  Camera  di
Consiglio del 12 febbraio 2014, la Corte costituzionale segnalava  la
sopravvenuta abrogazione, ad opera del decreto-legge 1°  luglio  2013
n. 78 (convertito con modifiche dalla legge 9 agosto  2013,  n.  94),
delle   disposizioni   di   cui   si   censurava   la    legittimita'
costituzionale. 
    6. A fronte di tale ius superveniens, osservava la  Consulta  che
«spetta al giudice rimettente  la  valutazione  circa  la  perdurante
rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione sollevata»;
restituiva, quindi, gli atti al  presente  Giudice  ai  fini  di  una
«nuova valutazione riguardo alla rilevanza della questione, alla luce
del mutato quadro normativo». 
    7. I difensori di N. S. hanno chiesto al Giudice di  «trasmettere
nuovamente gli atti alla Corte costituzionale per la prosecuzione del
giudizio». 
    8. L'istanza, finalizzata alla  dichiarazione  di  illegittimita'
della norma  gia'  abrogata,  va  interpretata  come  motivata  dalla
fruizione degli effetti ex tunc della pronuncia nel giudizio ex  art.
47 comma 12 ord. pen. e come fondamento di una  «eventuale  richiesta
di  ristoro,  da  esercitarsi,   anche   in   sede   civile   innanzi
all'autorita' competente (nazionale o sovranazionale)». 
Rilevanza della questione. 
    9.  La  questione  di  legittimita'   costituzionale   e'   stata
correttamente sollevata dai difensori di  N.  S.  Gli  stessi  hanno,
infatti, indicato: 
        sia la disposizione della  legge  viziate  da  illegittimita'
costituzionale: il nono comma dell'ad. 656 del c.p.p. 
        sia  le  disposizioni  della  Costituzione  che  si  assumono
violate: articoli 3 e 27. 
    10. Ritiene il giudice che l'incidente di  esecuzione  non  possa
essere definito indipendentemente dalla risoluzione  della  questione
di legittimita' costituzionale. Stabilisce il  nono  comma  dell'art.
656 del codice di procedura penale (come modificato dalla  lettera  m
del primo comma dell'art. 2 del decreto-legge 23 maggio  2008  n.  92
convertito in legge, con modificazioni, con legge 24 luglio  2008  n.
125) che  la  sospensione  dell'esecuzione,  anche  qualora  la  pena
detentiva non sia superiore a tre anni, non puo' essere disposta  nei
confronti dei condannati per i delitti di cui all'art. 624 del codice
penale, quando ricorrono due o piu' circostanze tra  quelle  indicate
dall'art. 625 dello stesso codice. 
    11.   Se,   infatti,   la   norma   richiamata   fosse   ritenuta
costituzionalmente illegittima il Pubblico Ministero  avrebbe  dovuto
sospendere l'esecuzione non sussistendo, nel  caso  in  esame,  altro
motivo ostativo. La sospensione in questione e' infatti  obbligatoria
per l'organo dell'accusa senza alcuna possibilita' per lo  stesso  di
sindacare altri aspetti non previsti dalla  norma.  La  questione  di
costituzionalita' sollevata ha pertanto una diretta  pregiudizialita'
e  rilevanza  per  la  decisione  dell'incidente  di  esecuzione.  La
sospensione qui esaminata rappresenta un obbligo ineludibile, la  cui
violazione puo' trovare rimedio solo attraverso un apposito incidente
di esecuzione promosso dal soggetto destinatario del provvedimento  e
che sfocia nella dichiarazione di inefficacia dello stesso. 
    12. Si tenga presente che il condannato ha ottenuto con decisione
anticipata,  in  via  d'urgenza,  dal  Magistrato   di   sorveglianza
l'applicazione della misura dell'affidamento  in  prova  al  servizio
sociale in espiazione  della  pena  residua.  Tale  provvedimento  e'
intervenuto, gia' prima della richiamata ordinanza della Consulta, ad
interrompere il periodo di carcerazione  patito  dal  condannato  nel
periodo di vigenza della precedente formulazione  dell'art.  656  del
c.p.p. 
    13. Ritiene il giudice che la questione sia rilevante  stante  la
futura incidenza dell'eventuale  pronuncia  favorevole  ai  fini  del
riconoscimento della riparazione per l'ingiusta detenzione subita dal
condannato in attesa della concessione della misura alternativa,  per
circa un mese. Si tratta,  infatti,  di  una  situazione  che  si  e'
determinata in applicazione della precedente  formulazione  dell'art.
656  codice  di  procedura  penale  e  che  ha  avuto   termine   con
l'applicazione della nuova normativa. Si osserva che tale  situazione
non e' risolvibile ricorrendo ai canoni ermeneutici forniti dall'art.
2 del codice penale. Infatti la materia e' retta dal principio tempus
regit actum e,  pertanto,  l'accertamento  dell'illegittimita'  della
norma in questione e' determinante ai fini dell'affermazione circa la
liceita' o meno  dell'applicazione  della  misura  restrittiva  della
liberta' personale subita dal condannato. 
    14. La giurisprudenza della Corte costituzionale ha costantemente
affermato la persistenza della rilevanza, anche nel caso  in  cui  la
norma sottoposta a scrutinio sia stata dichiarata incostituzionale  o
sostituita  da  una   successiva,   perche',   ove   un   determinato
provvedimento sia stato adottato sulla base di una norma poi abrogata
o  dichiarata  costituzionalmente   illegittima,   «la   legittimita'
dell'atto deve essere esaminata, in virtu' del principio tempus regit
actum, con riguardo alla situazione di fatto e di  diritto  esistente
al momento della sua adozione» (sentenze n. 78 del 2013, n.  177  del
2012, n. 321 del 2011, n. 209 del 2010, n. 391 del 2008, n.  509  del
2000). Tale giurisprudenza attiene alla materia amministrativa ma  si
deve ritenere rilevante anche in materia penale stante la  necessita'
di  tutelare  il  principio  fondamentale  di  inviolabilita'   della
liberta' personale di cui all'art. 13 della Carta Costituzionale. 
Non manifesta infondatezza della questione relativamente  all'art.  3
Cost. 
    15. Non ritiene il giudice che la questione di  costituzionalita'
dell'art. 656 del  codice  di  procedura  penale  sia  manifestamente
infondata con riferimento  al  contrasto  con  il  principio  dettato
dall'art. 3 della Costituzione. Secondo  l'insegnamento  della  Corte
costituzionale  si  viola  tale  principio  quando  la  sperequazione
normativa tra fattispecie omogenee assuma aspetti e  dimensioni  tali
da non potersi considerare sorretta da alcuna idonea giustificazione. 
    16. Nel caso in esame l'irragionevolezza della scelta legislativa
operata con riferimento all'art. 656 del codice di  procedura  penale
si concretizza nel paragone tra le ipotesi  di  furti  pluriaggravati
(tra i quali, per esempio, il furto di un autoradio da un'autovettura
con  scasso  del  finestrino),  per  i  quali  non  e'  prevista   la
sospensione dell'esecuzione e altre  fattispecie  delittuose  per  le
quali, sempre in presenza di una sentenza di  condanna  ad  una  pena
detentiva  non  superiore  ai   tre   anni,   tale   sospensione   e'
obbligatoria. 
    17. Basti pensare ai delitti di peculato (314  codice  penale)  o
corruzione (318, 319 codice penale), di partecipazione ad  una  banda
armata  (306  comma  2  codice   penale),   partecipazione   ad   una
cospirazione  politica  (305  comma  2  codice  penale)  di  atti  di
terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi (280-bis codice penale).
Per rimanere nel campo dei  reati  della  stessa  natura  basti  fare
riferimento   alla   truffa   (art.   640   codice   penale),   anche
pluriaggravata, ai reati  di  ricettazione  (648  codice  penale)  e,
soprattutto, riciclaggio  (648-bis  codice  penale)  ed  infine  alla
rapina non aggravata (628 codice penale)  che,  alla  dannosita'  del
furto, aggiunge l'aggressione a  beni  primari,  quali  l'incolumita'
fisica insita nell'elemento  costitutivo  della  violenza:  anch'esso
viene considerato, nelle valutazioni sottese alla novella legislativa
in esame, reato meno pericoloso rispetto al furto pluriaggravato. 
    18.  L'irragionevolezza  della  scelta  legislativa  operata  con
riferimento  all'art.  656  del  codice  di   procedura   penale   si
concretizza anche nel paragone tra le ipotesi di furti pluriaggravati
e le altre fattispecie previste dallo stesso nono comma dell'art. 656
del  codice  di  procedura  penale  come  ostative  alla  sospensione
esprimendo esse una presunzione di pericolosita' del  condannato.  In
sostanza la norma equipara il condannato per furto pluriaggravato con
quello del condannato 
        per delitti  commessi  per  finalita'  di  terrorismo,  anche
internazionale, o di eversione dell'ordine  democratico  mediante  il
compimento di atti di violenza, 
        per il delitto di cui all'art. 416-bis del  codice  penale  o
per i delitti commessi avvalendosi delle  condizioni  previste  dallo
stesso  articolo  ovvero  al  fine  di  agevolare  l'attivita'  delle
associazioni in esso previste, 
        per i delitti di riduzione in schiavitu', tratta o  commercio
di schiavi, alienazione o acquisto di schiavi; 
        per il delitto di sequestro di persona a scopo di rapina o di
estorsione; 
        per il delitto di  associazione  per  delinquere  finalizzata
alla detenzione e allo spaccio di sostanze stupefacenti; 
        per il delitto di omicidio volontario, di rapina aggravata  e
di estorsione aggravata. 
Non manifesta infondatezza della questione relativamente all'art.  27
Cost. 
    19. La questione di costituzionalita' del  nono  comma  dell'art.
656  del  codice  di  procedura  penale  non  appare   manifestamente
infondata neppure con riferimento alla norma di cui  al  terzo  comma
dell'art. 27 della Costituzione. 
    20. La possibilita' di sospendere l'ordine di esecuzione funge da
necessario complemento alle previsione delle misure alternative  alla
detenzione  carceraria,  scongiurando  l'effetto  desocializzante   e
criminogeno correlato al «passaggio diretto in carcere» del  reo  nei
casi in cui lo stesso avrebbe avuto diritto (previa  valutazione  nel
merito rimessa al Tribunale di Sorveglianza) alla misura alternativa.
La previsione della sospensione di cui al quinto comma dell'art.  656
codice di procedura penale, quindi funge da inseparabile appendice di
integrazione della disciplina sulle misure alternative concedibili  a
soggetti che provengano dalla liberta'. 
    21. Nel caso del furto pluriaggravato  si  imponeva,  invece,  il
necessario transito in carcere del condannato che, pur potendo ambire
ad una  misura  alternativa,  non  poteva  godere  della  sospensione
dell'esecuzione, sebbene  la  stessa  fosse  finalizzata  proprio  ad
assicurare il ricorso a tali misure.