UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE 
                               SULMONA 
 
    Il giudice di pace, dott.ssa Gianna Cipriani letti gli  atti  del
proc. n. R.G. GdP 26/11 RGNR 41/11; 
 
                               Osserva 
 
    Con decreto del 13 maggio 2011 la procura della Repubblica presso
il tribunale di Sulmona disponeva la citazione a giudizio di  D.C.A.,
imputato: 
    a) del reato previsto e punito dall'art. 612  del  codice  penale
per aver minacciato M.A. un male ingiusto dicendogli «merda»; 
    b) del reato previsto e punito dall'art. 594  -  110  del  codice
penale per aver offeso l'onore ed il decoro di  M.A.,  dicendogli  in
sua presenza «merda»; 
    c) del reato previsto e punito dall'art. 594  -  110  del  codice
penale per aver offeso l'onore e il decoro di M.A., dicendogli in sua
presenza «delinquente, sfaticato, vergognati». 
    All'udienza del 3 maggio 2013, a seguito dell'esame dei testimoni
indicati dall'accusa,  il  P.M.  procedeva  alla  modifica  del  capo
d'imputazione  ed  in  relazione  al  reato  di  minaccia,  in  luogo
dell'epiteto offensivo «merda», indicava l'espressione «ti taglio  la
gola, ti ammazzo», con addebito  di  fatti  nuovi,  seppur  noti  sin
dall'inizio delle indagini ed analiticamente descritti in querela. 
    All'udienza del  12  novembre  2015  il  difensore  dell'imputato
sollevava eccezione di legittimita' costituzionale dell'art.  35  del
decreto legislativo n. 274/2000 in relazione agli articoli  3,  24  e
111 della Costituzione nella parte in cui non prevede che, in caso di
modifica del capo d'imputazione, l'imputato non debba essere  rimesso
nei termini per la definizione del giudizio  a  seguito  di  condotte
riparatorie. 
    Il citato art. 35 (estinzione del reato  a  seguito  di  condotte
riparatorie) al comma 1° dispone «Il  giudice  di  pace,  sentite  le
parti e l'eventuale persona offesa, dichiara con sentenza estinto  il
reato, enunciandone  la  causa  nel  dispositivo,  quando  l'imputato
dimostra di aver proceduto, prima dell'udienza di comparizione,  alla
riparazione del danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o
il risarcimento,  e  di  aver  eliminato  le  conseguenze  dannose  o
pericolose del reato». 
    La questione appare rilevante nella fattispecie concreta, ove  si
ritenesse illegittimo l'art.  35  nella  parte  in  cui  non  prevede
l'ipotesi della rimessione in termini  dell'imputato  per  la  scelta
della speciale causa di estinzione in seguito alla modifica del  capo
d'imputazione, con conseguente lesione del diritto di difesa, dovendo
il risarcimento del danno ed  i  comportamenti  adeguati  intervenire
prima dell'udienza di comparizione  e  considerato  altresi'  che  in
relazione al  reato  di  minaccia  non  e'  applicabile  il  disposto
dell'art. 599 del codice penale.