LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI MILANO 
                             Sezione 29 
 
    Riunita con l'intervento dei signori: 
    Gilardi Gianfranco, presidente; 
    Uppi Ugo, relatore; 
    Garofalo Carmelo, giudice, 
ha emesso la seguente, 
 
                              Ordinanza 
 
    Sul ricorso n. 883/2013 depositato il 31  gennaio  2013,  avverso
cartella di pagamento n. 06820120205054190000 IRPEF -  altro  2005  -
avverso cartella di pagamento n. 06820120205054190000 IRPEF  -  altro
2006 contro: agente di  riscossione  Milano  Equitalia  Nord  S.p.a.,
difeso da: avv. Momma Sophie Stornello; 
    C/o Studio avv. Laura Albano, via G. Mattei n. 9 -  20020  Arese,
proposto dal ricorrente: Messri Nina, piazza Bolivar  n.  6  -  20146
Milano, difeso da: avv. Giancarlo Zoppini, avv.  Giuseppe  Morettini,
avv. Ilaria Cherchi, via Crocefisso n. 12 - 20122 Milano. 
    La Commissione tributaria provinciale di  Milano  -  Sezione  29,
nella controversia n. 883/2013  RGR  tra  la  sig.ra  Nina  Messri  e
l'agente della riscossione Equitalia Nord S.p.A., ha  pronunciato  la
seguente ordinanza; 
 
                              Premessa 
 
    Con ricorso  depositato  il  31  gennaio  2013,  iscritto  al  n.
883/2013 RGR, la sig.ra Nina Messri,  rappresentata  e  difesa  dagli
avv.  Giancarlo  Zoppini,  avv.  Giuseppe  Morettini  e  avv.  Ilaria
Cherchi, giusta procura in atti, impugnava la cartella  di  pagamento
n. 06820120205054190000, notificata in data 4 dicembre 2012,  recante
l'iscrizione a ruolo a titolo provvisorio di  un  terzo  delle  somme
accertate, oltre  interessi  e  diritti  di  notifica,  emessa  dalla
societa' Equitalia Nord  S.p.A.,  agente  della  riscossione  per  la
provincia  di  Milano,  per  un  ammontare  complessivo  pari   a   €
551.585,25, nonche' di un importo, richiesto a titolo di compensi  di
riscossione, pari a € 25.654,61, per l'ipotesi di pagamento entro  la
scadenza dei sessanta giorni dalla notifica della cartella, ovvero  a
€ 49.648,55 per l'ipotesi di pagamento successivo a tale termine. 
    Il  ricorso  riguarda  unicamente  gli  aggi  della   riscossione
determinati sulla somma iscritta  nel  ruolo  recato  dalla  predetta
cartella. 
    A sostegno del ricorso, la ricorrente deduceva i seguenti motivi: 
    illegittimita' della cartella di pagamento nella parte in cui  e'
richiesto il pagamento di  «compensi  di  riscossione»  a  titolo  di
remunerazione del servizio svolto dall'agente  della  riscossione  ai
sensi dell'art. 17, decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, cosi'
come modificato dall'art. 2, decreto-legge 3 ottobre  2006,  n.  262,
convertito, con modificazioni, con legge 24 novembre  2006,  n.  286,
nonche'  dall'art.  32,  decreto-legge  29  novembre  2008,  n.  185,
convertito con legge 28 gennaio 2009, n.  2,  nella  formulazione  in
vigore a partire dal 1° gennaio 2009 e con specifico riferimento alla
richiesta di pagamento delle somme accertate a mezzo  dell'avviso  di
accertamento emesso per l'anno  2005,  ossia  in  relazione  a  fatti
imponibili relativi  ad  un  periodo  d'imposta  precedente  rispetto
all'entrata in vigore della normativa applicata. 
    In merito ai compensi dovuti per la  riscossione  deduceva,  dopo
una   dettagliata   esposizione   dell'evoluzione   della   normativa
disciplinante la remunerazione del servizio svolto dall'agente  della
riscossione, l'illegittimita' dell'art. 17,  decreto  legislativo  n.
112/1999,  come  da  ultimo  modificato,  laddove  prevede  che  tale
compenso,  a  carico  del  contribuente,  spetti   all'agente   della
riscossione nel momento stesso in  cui  il  contribuente  ha  formale
conoscenza della pretesa tributaria nei suoi confronti e  cio'  anche
in  ipotesi  di  pagamento  dell'importo  recato  dalla  cartella  di
pagamento entro le scadenze dalla stessa previste, in assenza di  una
qualsiasi attivita' dall'esattore svolta. 
    Il  compenso  di  riscossione   costituisce   la   «retribuzione»
dell'esattore per il  servizio  prestato  nel  recupero  delle  somme
iscritte a ruolo. Tuttavia e' evidente che, in ipotesi  di  pagamento
spontaneo,  la  sola  notifica  della  cartella  di   pagamento   non
giustifica un aggravio di tale misura (pari  al  4,65%)  delle  somme
gia' dovute. 
    In  questi  termini  risulta,  dunque,  chiaro  che   il   regime
attualmente in vigore in materia di remunerazione del servizio svolto
dall'agente della riscossione  ha  una  indubbia  natura  afflittiva,
comportando il pagamento di somme a titolo di compensi di riscossione
a prescindere da una qualsiasi forma di inadempimento del debitore  e
in assenza, altresi', di qualsivoglia  attivita'  svolta  dall'agente
della  riscossione,  ulteriore  rispetto  alla  mera  notifica  della
cartella di pagamento. La ricorrente, pertanto, concludeva nel  senso
dell'irretroattivita' del regime  che  regola  la  remunerazione  del
servizio  svolto  dall'agente  della  riscossione  a  seguito   delle
disposizioni  introdotte  dalle  novelle  legislative   citate,   con
riferimento  ad  asserite  violazioni  commesse  prima  (anno   2005)
dell'entrata in vigore della norma (3 ottobre 2006). 
    Deduceva, inoltre, che il compenso non puo' essere  proporzionato
al valore da riscuotere, ma deve  essere  proporzionato  al  tipo  di
prestazione resa o da rendere. Rilevava che la norma di  riferimento,
citata dalla concessionaria della riscossione, non puo'  fissare  una
percentuale fissa applicabile a ogni importo  perche'  cosi'  facendo
creerebbe una disparita' di trattamento tra i  contribuenti  soggetti
al servizio in quanto, pur effettuando le stesse operazioni,  per  il
servizio reso, il compenso varia in relazione  agli  importi  dovuti.
Inoltre, disparita' di trattamento si  verifica  rispetto  al  regime
remunerativo precedentemente in vigore, giacche' in caso di pagamento
oltre i termini l'aumento della misura dell'aggio dal 7,58% al 9% per
lo stesso periodo d'imposta dipende  solo  dal  momento  (arbitrario)
della notificazione della cartella di pagamento. 
    Richiamava precedenti pronunce conformi di questo giudice e della
Commissione tributaria  provinciale  di  Treviso,  della  Commissione
tributaria  provinciale  di  Reggio  Emilia,  Commissione  tributaria
regionale di Milano  e  della  Commissione  tributaria  regionale  di
Venezia. 
    Concludeva  affinche',  in  via  principale,  fosse  riconosciuta
l'illegittimita' della pretesa indicata nell'avviso di intimazione di
pagamento con suo conseguente annullamento. 
    In  via   subordinata,   chiedeva   che   fosse   verificata   la
costituzionalita' dell'art. 17, decreto legislativo n. 112/1999, come
modificato, da  ultimo,  dall'art.  32,  decreto-legge  n.  185/2008,
richiamato  dall'agente  della  riscossione,  per  violazione   degli
articoli 3, 53 e 97 della Costituzione, trattandosi di questione  non
manifestamente infondata, per i motivi sopra esposti e  rilevante  ai
fini  del  presente   giudizio,   dato   che   se   venisse   accolta
determinerebbe l'annullamento della cartella di pagamento dedotta  in
giudizio nella parte in cui sono richiesti i compensi di riscossione. 
    Equitalia   Nord   S.p.A.,   costituitasi   in    giudizio    con
controdeduzioni in data 18 aprile 2014, chiedeva che fosse  accertata
e dichiarata  la  correttezza  della  sua  condotta,  oltre  che  del
contenuto della cartella opposta. 
    Con articolate  controdeduzioni  contestava  tutti  i  motivi  di
ricorso, sostenendo  la  regolarita'  dell'intimazione  di  pagamento
impugnata. 
    Circa  la  misura  del  compenso  evidenziava  che   l'aggio   e'
determinato ai sensi dell'art. 17, decreto legislativo  n.  112/1999,
quale legittima remunerazione  per  l'ingente  attivita'  svolta  dal
concessionario della  riscossione,  attivita'  resasi  necessaria  in
conseguenza del comportamento moroso del contribuente. Pertanto,  con
riferimento ai fatti di causa, l'agente della  riscossione  ha  agito
secundum legem. 
    Lamentava l'infondatezza della  doglianza  di  controparte  circa
l'illegittima applicazione del regime remunerativo del concessionario
della riscossione introdotto con legge n. 286/2006 a fatti imponibili
riferibili a periodi d'imposta precedenti all'entrata  in  vigore  di
tale  legge  (anno  2005  nel  caso  di  specie),  di  fatto  recante
modificazioni in peius a carico del contribuente, giacche' il  debito
per l'attivita' di riscossione  di  cui  e'  causa  sorgeva  solo  al
momento della esecutivita' del ruolo, ossia in un momento  successivo
all'entrata in vigore della normativa di riferimento (anno 2012). 
    Richiamava  copiosa  giurisprudenza  a  supporto  delle   proprie
ragioni. 
    Concludeva, pertanto, nel senso del totale rigetto del ricorso. 
    Il ricorso e' stato discusso nella pubblica udienza del 16  marzo
2015. Dopo la relazione introduttiva svolta dal  relatore,  le  parti
costituite sono state ammesse alla discussione. A seguito di puntuale
esposizione dei fatti di  causa,  i  rappresentanti  delle  parti  si
richiamavano ai motivi dedotti e  concludevano,  rispettivamente,  il
ricorrente  per  l'accoglimento  del  ricorso,   e   l'agente   della
riscossione per il suo rigetto. 
 
                       Motivi della decisione 
 
    La  Commissione,  preso  atto  della  richiesta   di   remissione
sollevata dalla ricorrente  secondo  cui  l'art.  17,  comma  1,  del
decreto legislativo n. 112/1999, cosi' come modificato dall'art.  32,
comma  1,  del  decreto-legge  n.  185/2008   presenta   profili   di
incostituzionalita' essendo in contrasto con la Carta  costituzionale
relativamente agli articoli 3, 53 e 97  della  Costituzione,  ritiene
l'eccezione sollevata dal ricorrente rilevante e pertinente  ai  fini
della decisione da parte di questa Commissione, alla controversia  in
esame dovendosi applicare la disciplina prevista dall'art. 17 citato.
La questione, inoltre, appare non manifestamente infondata, dovendosi
quindi escludere il rigetto dell'istanza  di  remissione  alla  Corte
costituzionale   della   sollevata    questione    di    legittimita'
costituzionale   per   l'aperto   contrasto   con   i   principi   di
ragionevolezza, di capacita' contributiva e di buon  andamento  della
pubblica amministrazione di cui  agli  articoli  3,  53  e  97  della
Costituzione. 
    In proposito, il collegio osserva che la ricorrente  ha  ritenuto
illegittimo il compenso di riscossione richiesto  nella  cartella  di
pagamento impugnata a titolo di  remunerazione  del  servizio  svolto
dalla  societa'  Equitalia  Nord  S.p.A.  Detto  compenso,  ai  sensi
dell'art. 17 del decreto legislativo  n.  112/1999  e'  pari  ad  una
percentuale dell'importo iscritto a ruolo da determinarsi,  per  ogni
biennio, con decreto ministeriale e che attualmente e' fissato  nella
misura del 4,65% dal decreto ministeriale 17 novembre 2006. 
    Originariamente  il  pagamento   dell'importo   controverso   era
richiesto al debitore solo in  ipotesi  di  mancato  pagamento  della
somma dovuta entro i termini di scadenza della cartella di pagamento;
con le modifiche  introdotte  dal  decreto-legge  n.  262/2006  detto
esborso  e'  stato  generalizzato,  essendo  dovuto   anche   se   il
contribuente provvede al pagamento  nei  termini,  di  modo  che,  se
l'adempimento e' tempestivo, il compenso ammonta al 4,65% delle somme
iscritte a ruolo, se invece il pagamento avviene oltre i termini,  il
compenso aumenta in una misura pari al 9%. 
    Da cio' deriva che, a parita' di servizio offerto, l'importo  del
compenso relativo differisce a seconda  del  valore  della  lite,  in
contrasto con l'art. 3 della Carta costituzionale, talche' la  misura
della remunerazione non risulta vincolata all'esercizio di specifiche
attivita'  da  parte  dell'agente  della  riscossione,  come  sarebbe
ragionevole, ma unicamente all'importo delle somme iscritte a ruolo. 
    La Commissione,  poi,  condivide  le  osservazioni  svolte  dalla
ricorrente  circa  l'illegittimita'  dell'applicazione   del   regime
descritto con riferimento a fatti  imponibili  che  risalgano  ad  un
periodo d'imposta precedente rispetto alla data di entrata in  vigore
della normativa in questione (3 ottobre 2006), introdotta dall'art. 2
del decreto-legge n. 262/2006. Cio' per la ragione che, da  un  lato,
per quanto suesposto si ritiene debba operare nel caso di  specie  il
principio di irretroattivita' delle novelle che introducano pene piu'
gravi   per   i   contribuenti,    dall'altro    determinandosi    la
discriminatoria  conseguenza  che,  a  fronte   di   identici   fatti
imponibili,  all'identico  periodo   d'imposta   riferibili,   quanto
all'obbligo di corresponsione del compenso nella misura stabilita dal
mutato tasso percentuale o di quello  precedentemente  in  vigore,  i
contribuenti si troverebbero di fatto  in  balia  del  mero  arbitrio
dell'amministrazione  finanziaria,  in   grado   di   unilateralmente
incidere  su  detta  misura   in   dipendenza   del   momento   della
notificazione dell'intimazione di pagamento. 
    Sicche'  i  criteri  indicati   conducono   a   una   inevitabile
distorsione  dell'intero  sistema  fiscale  anche  sotto  il  profilo
dell'art. 53  della  Costituzione,  tale  sistema  essendo  di  fatto
lasciato all'arbitrio  delle  agenzie,  con  la  conseguenza  che  la
previsione dei compensi nella misura minima del 4,65%  non  collegata
ad alcuna capacita'  contributiva,  paventa  un  danno  sia  diretto,
privando  i  contribuenti  del   diritto   di   dosare   la   propria
contribuzione in  base  al  reddito,  scegliendo  l'intensita'  delle
proprie  prestazioni  lavorative,  sia  indiretto,  determinando  una
conseguente sfiducia nel sistema  fiscale  e  ostacolando  il  libero
esercizio delle arti e dei mestieri. 
    Sotto il profilo dell'art. 97 della Costituzione, ossia del  buon
andamento della P.A., la frattura con il  dettato  costituzionale  si
verifica nel momento in cui il compenso risulti dovuto in assenza  di
una qualsiasi attivita'  dell'agente  della  riscossione,  a  detrito
tanto del principio amministrativistico  dell'imparzialita'  e  della
trasparenza delle scelte della P.A., quanto del principio  di  natura
civilistica (e applicabile all'Equitalia Nord S.p.A.  quale  soggetto
privato) della corrispettivita' delle prestazioni. 
    In  conclusione,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
involge, dunque, l'art. 17, comma 1, decreto legislativo n.  112/1999
per contrasto con l'art. 3  della  Costituzione  per  violazione  del
principio di eguaglianza del cittadino di fronte alla  legge  laddove
il  compenso  viene  legato  al  valore  della  lite  anziche'   alle
prestazioni effettivamente svolte; con l'art. 53 per  violazione  del
principio di capacita' contributiva essendo prevista  quale  compenso
per l'attivita' di riscossione  una  percentuale  fissa  sulle  somme
iscritte a ruolo e con l'art. 97  della  Costituzione,  la  normativa
difettando  di  quei  criteri  di  trasparenza  e  correlazione   con
l'attivita' richiesta e congruita' con i costi medi di  gestione  del
servizio, corollari necessari del principio di buon andamento sancito
dall'art. 97 della Costituzione. 
    In punto  di  non  manifesta  infondatezza  della  questione,  la
Commissione ricorda che la Corte costituzionale con  la  sentenza  n.
480 del 30 dicembre 1993 ha stabilito che la misura  dell'aggio  deve
ritenersi ragionevole (e quindi costituzionalmente legittima) se essa
e' contenuta in un importo minimo e massimo che non superi  di  molto
la soglia di copertura del costo della procedura. Nello stesso  senso
Consiglio di Stato 29 gennaio 2008, n. 272. 
    Per cui, condividendo i  dubbi  della  parte  ricorrente,  questa
Commissione  ritiene  pertanto  che  la  questione  di   legittimita'
costituzionale dell'art. 17, comma 1, decreto legislativo  13  aprile
1999, n. 112, come modificato dall'art. 32, comma 1, lettera  a)  del
decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185,  convertito  dalla  legge  28
gennaio 2009, n. 2, in vigore dal 29 novembre 2008, per contrasto con
gli articoli 3,  53  e  97  della  Costituzione,  sia  rilevante  nel
presente giudizio in quanto esso non puo' essere definito in  assenza
di una risoluzione della questione di legittimita'  costituzionale  e
che tale questione non sia manifestamente infondata alla  luce  delle
considerazioni suesposte.