LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                           Sezione lavoro 
 
    Composta dagli Ill.mi signori magistrati: 
        dott. Pietro Venuti - Presidente; 
        dott. Amelia Torrice - consigliere; 
        dott. Adriana Doronzo - consigliere; 
        dott. Annalisa Di Paolantonio - consigliere; 
        dott. Nicola De Marinis - Rel. consigliere; 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
14300-2010  proposto  da:  I.N.P.S.  -   Istituto   nazionale   della
previdenza sociale codice fiscale  n.  80078750587,  in  persona  del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma,
via   Cesare   Beccaria   n.   29,   presso   l'Avvocatura   centrale
dell'istituto,  rappresentato  e  difeso  dagli  avvocati  Alessandro
Riccio, Sergio Preden, Nicola  Valente,  giusta  delega  in  atti;  -
ricorrente. 
    Contro  Fondo  pensioni  per  il  personale  della  ex  Cassa  di
risparmio di Torino Banca CRT S.p.a. codice fiscale  n.  80063850012,
in persona  del  legale  rappresentante  pro  tempore,  elettivamente
domiciliata in Roma, piazza Cola di Rienzo n. 69,  presso  lo  studio
dell'avvocato Paolo Boer, che la  rappresenta  e  difende  unitamente
all'avvocato   Aurelio   Gentili,   giusta   delega   in   atti;    -
controricorrente; 
    Avverso la sentenza n. 82/2010 della Corte d'appello  di  Torino,
depositata il 1° febbraio 2010 r.g.n. 297/2009; 
    Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza  del
18 febbraio 2016 dal consigliere dott. Nicola De Marinis; 
    Udito l'avvocato Patteri Antonella per  delega  verbale  Avvocato
Preden Sergio; 
    Uditi gli avvocati Boer Paolo e Gentili Aurelio; 
    Udito il pubblico ministero in persona del Sostituto  procuratore
generale   dott.   Gianfranco   Servello,   che   ha   concluso   per
l'accoglimento del ricorso. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    Con sentenza del 1° febbraio 2010, la Corte d'appello  di  Torino
confermava la decisione resa dal Tribunale di Torino ed accoglieva la
domanda proposta dal Fondo pensioni per il personale della  ex  Cassa
di risparmio di Torino  -  Banca  CRT  nei  confronti  dell'I.N.P.S.,
avente ad oggetto la condanna dell'istituto alla rifusione in  favore
del Fondo  della  quota  di  pensione  da  questo  erogata  in  forma
capitalizzata all'atto del pensionamento dei soggetti interessati. 
    La Corte territoriale, premesso che, a norma dell'art.  3,  comma
2, del decreto legislativo 20 novembre  1990  n.  357,  «la  gestione
speciale assume a proprio carico, per ciascun titolare di trattamento
pensionistico in essere all'entrata in vigore della legge  30  luglio
1990 n. 218, la quota del trattamento stesso determinata  secondo  le
misure  percentuali  indicate  nella  tabella  allegata  al  presente
decreto, riteneva di dover dare continuita' alla pronuncia di  questa
Corte n. 1093 del 20 gennaio 2006, secondo cui «La Gestione  speciale
istituita presso l'I.N.P.S. con decreto legislativo n. 357  del  1990
(per i titolari di trattamenti  pensionistici  gia'  a  carico  delle
forme  di  assicurazione  I.V.S.  esclusive  o  esonerative,  per   i
dipendenti da enti creditizi  pubblici  dei  quali  era  prevista  la
trasformazione in societa'  per  azioni)  e'  tenuta  ad  assumere  a
proprio carico la percentuale di cui alla tabella allegata al decreto
legislativo n. 357 del 1990, riferita  al  trattamento  pensionistico
complessivo,  goduto  dai   pensionati   con   decorrenza   anteriore
all'entrata in vigore della legge  n.  218  del  1990,  compresa  nel
medesimo la quota di pensione gia'  eventualmente  erogata  in  forma
capitale ai pensionati che l'avessero richiesta, secondo la  facolta'
statutariamente prevista». 
    Si e' osservato con l'anzidetta  pronuncia  n.  1093/06,  che  la
legge-delega del 30 luglio 1990 n. 218, art. 3, comma 3, lettera  a),
recante «Disposizioni  materia  di  ristrutturazione  e  integrazione
patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubblico»)  dispone
che «Per il personale in quiescenza dovra'  essere  previsto  che  la
quota   di   pensione   di   pertinenza   della   Gestione   speciale
dell'I.N.P.S.,  rispetto  al  trattamento  complessivamente  erogato,
venga  fissata  mediante  aliquote  percentuali  determinate  secondo
parametri medi di riferimento...». Il dato da considerare e', dunque,
il  trattamento  complessivamente  erogato»,  e,   seppure   non   e'
menzionata esplicitamente l'eventuale erogazione anticipata, mediante
capitalizzazione, di una quota di  pensione,  secondo  la  previsione
statutaria del Fondo, non puo' negarsi che la stessa faccia parte del
trattamento  complessivo  erogato:  del  resto,   nel   concetto   di
capitalizzazione e' insito quello di attualizzazione contabile di una
rendita futura corrispondente (nel caso in esame) ad  un  trattamento
pensionistico il cui diritto e'  previsto  come  persistente  per  un
tempo determinato secondo calcoli  attuariali  (tale  persistenza  e'
infatti il presupposto indefettibile della capitalizzazione  e  della
determinazione  del  suo  ammontare),  e,  anche  se,  per  la  parte
corrispondente al capitale percepito, il diritto  del  pensionato  si
estingue,   ai   fini   contabili   della   ripartizione   dell'onere
pensionistico tra la Gestione  speciale  e  il  fondo,  esso  rientra
certamente  nella   determinazione   del   «trattamento   complessivo
erogato». 
    In tal senso, ed in conformita' al contenuto della  legge-delega,
doveva essere interpretata l'espressione  «trattamento  pensionistico
in essere» adottata dal decreto legislativo n. 357/90  sopra  citato.
Per  contro,  la  diversa  interpretazione  della   norma,   proposta
dall'I.N.P.S. - secondo cui il riferimento  operato  dalla  norma  ai
soli trattamenti di pensione «in essere» indicava chiaramente che  il
calcolo della quota da porre a carico della gestione speciale dovesse
essere effettuato con riguardo all'importo della  pensione  corrente,
ossia concretamente erogata in rendita, non comprensivo quindi  della
quota capitalizzata - comportava la violazione, da parte del  decreto
legislativo, dei criteri direttivi  indicati  dalla  legge-delega  ed
esponeva la prima a censure di incostituzionalita' in relazione  agli
articoli 76 e 77 Cost.. 
    Per  la  cassazione  della   suddetta   decisione   della   Corte
territoriale ha proposto ricorso l'I.N.P.S., affidando l'impugnazione
ad un unico motivo, cui il Fondo resisteva con controricorso. 
    In prossimita' dell'udienza le parti hanno depositato memorie  ex
art. 378 cod. proc. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    Con l'unico motivo del ricorso,  l'I.N.P.S.,  nel  denunciare  la
violazione e falsa applicazione dell'art. 3  della  legge  30  luglio
1990 n. 218 e dell'art. 3 decreto legislativo 20  novembre  1990,  n.
357, deduce l'erroneita'  dell'interpretazione  accolta  dalla  Corte
territoriale, assumendo che in base alla  formulazione  letterale  di
quest'ultima disposizione - secondo cui, in funzione  della  prevista
trasformazione del Fondo in questione da sostitutivo in  integrativo,
l'I.N.P.S. avrebbe dovuto assumere a suo carico per ciascun  titolare
una quota del trattamento pensionistico «in  essere»  all'entrata  in
vigore della legge n. 218/1990 - il calcolo della quota  da  porre  a
carico della gestione speciale doveva essere effettuato con  riguardo
all'importo della pensione corrente, ossia concretamente  erogata  in
rendita,  non  comprensiva  quindi  della  quota  capitalizzate,   da
intendersi, del resto, ai sensi della previsione di cui  all'art.  20
dello statuto del Fondo, quale oggetto  di  un  autonomo  diritto  di
credito  destinato  ad  estinguersi  all'atto   dell'adempimento   e,
pertanto, insuscettibile dl essere computata  nella  pensione  ancora
spettante in rendita. 
    Con la memoria ex  art.  378  del  codice  di  procedura  civile,
l'istituto ribadisce la correttezza di tale  assunto,  rilevando  che
nelle more e' sopravvenuta la norma di interpretazione  autentica  di
cui all'art. 18, comma 10, del decreto-legge 6 luglio  2011,  n.  98,
convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio  2011,  n.  111,
recante «Interventi in materia previdenziale», secondo cui «L'art. 3,
comma 2, del  decreto  legislativo  20  novembre  1990,  n.  357,  si
interpreta nel senso che la quota a carico  della  gestione  speciale
del trattamenti pensionistici in  essere  alla  data  di  entrata  in
vigore della legge  30  luglio  1990,  n.  218,  va  determinata  con
esclusivo  riferimento  all'importo  del  trattamento   pensionistico
effettivamente corrisposto dal fondo  di  provenienza  alla  predetta
data, con esclusione della quota eventualmente erogata ai  pensionati
in forma capitale». 
    L'Istituto,   sottolineando   il   carattere    di    norma    di
interpretazione  autentica  della   disposizione   anzidetta   e   la
conseguente   sua   retroattivita',   ha   quindi    insistito    per
l'accoglimento del ricorso, mentre il  Fondo  pensioni  ha  sollevato
questione di legittimita' costituzionale sotto  un  duplice  profilo,
l'uno attinente alla violazione degli articoli 3, 24 comma 1,  e  102
Cost., per essere la legge interpretativa intervenuta in  assenza  di
contrasti ermeneutici tali da  riflettere  un'incertezza  applicativa
della norma originaria cosi' imponendovi un significato mai  ritenuto
possibile, l'altro attinente alla violazione degli articoli 24, comma
1, 102, e 117 Cost. nonche' dell'art. 6 della Convenzione europea per
la  salvaguardia  dei  Diritti   dell'uomo,   per   aver   la   legge
interpretativa interferito con l'esercizio della funzione giudiziaria
intervenendo nelle  more  ad  attribuire  alla  norma  originaria  un
significato funzionale alla soluzione del caso singolo. 
    Il Collegio, premesso che, alla stregua della chiara formulazione
letterale della norma di cui all'art. 3, comma 2, decreto legislativo
n.   357/90,   deve   essere   riconosciuta   alla   stessa    natura
interpretativa, con conseguente sua retroattivita', ritiene rilevante
la questione  di  legittimita'  costituzionale  sollevata  dal  Fondo
pensioni  resistente,  atteso  che,  in  base  all'orientamento  gia'
espresso al riguardo da questa Corte con la richiamata  pronunzia  n.
1093/2006,  resa  in  analoga   fattispecie,   la   declaratoria   di
illegittimita'  costituzionale   della   norma   di   interpretazione
autentica  comporterebbe  il  rigetto  del   ricorso   qui   proposto
dall'I.N.P.S., tenuto conto dell'assenza di altre decisioni di  senso
contrario e della coerenza del testo normativo con  i  criteri  posti
dalla legge-delega. 
    I rilievi che precedono valgono a fondare  il  convincimento  che
Collegio  qui  intende  esprimere  in  ordine  alla   non   manifesta
infondatezza della questione di legittimita' costituzionale sollevata
dal Fondo pensione resistente e cio'  sotto  entrambi  i  profili  in
relazione ai quali la stessa e' formulata. 
    Il dubbio di legittimita' emerge,  sotto  il  primo  profilo,  in
relazione al difetto  di  una  situazione  di  oggettiva  incertezza,
sussistendo in materia un  orientamento  giurisprudenziale  in  senso
opposto a quello espresso dalla norma di interpretazione autentica  e
fondato sul necessario riferimento sistematico ai criteri  di  delega
nonche' sulla generale prassi applicativa della  norma,  orientamento
tale da escludere che la stessa sia valsa ad asseverare una possibile
variante di  senso  del  testo  originario  della  norma  oggetto  di
interpretazione, con  conseguente  superamento  dei  limiti  generali
all'efficacia  retroattiva  delle  leggi  individuati   dalla   Corte
costituzionale e da questa ritenuti a presidio di fondamentali valori
di civilta' giuridica a loro volta posti  a  tutela  dei  destinatari
della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno  ricompresi
il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che ridonda nel
divieto di introdurre ingiustificate disparita'  di  trattamento,  la
tutela  dell'affidamento  legittimamente  sorto  nel  soggetti  quale
principio connaturato  allo  stato  di  diritto,  la  coerenza  e  la
certezza  dell'ordinamento  giuridico,  il  rispetto  delle  funzioni
costituzionalmente riservate ai potere giudiziario, da  cui  discende
la dedotta violazione degli articoli 3, 24, comma 1, e 102 Cost. 
    Quanto  al  secondo  dei  dedotti  profili   di   illegittimita',
parimenti il  dubbio  sussiste  in  relazione  alla  circostanza  che
l'ambito  di  efficacia  soggettivo  della  norma  risulta  di  fatto
limitata al Fondo resistente  sicche',  difettando  essa  di  portata
generale  ed  essendo,  quindi,  mirata  ad  intervenire   in   senso
modificativo   sulla   condizione   giuridica   dell'unico   soggetto
destinatario, per di piu' in concomitanza del contenzioso che  oppone
questo  all'I.N.P.S.  e  al  fine,  espressamente  dichiarato   nella
relazione di accompagnamento al progetto  di  legge  presentato  alla
Camera dei deputati («la norma interpretativa...  e'  finalizzata  ad
evitare che, a causa  del  contenzioso  in  atto,  si  determini  una
maggiore spesa per  l'ente  previdenziale...  non  considerata  negli
andamenti di finanza pubblica a normativa vigente»), di  condizionare
l'esito  di  quel  contenzioso   sollevando   l'Istituto   dall'onere
economico relativo, la norma medesima viene  ad  interferire  con  le
funzioni  costituzionalmente  riservate  al  potere  giudiziario   in
spregio ai principio sancito dall'art. 6  della  Convenzione  europea
per la salvaguardia dei Diritti dell'uomo, che vieta l'ingerenza  del
legislatore nell'amministrazione della giustizia per  influenzare  la
soluzione  di  particolari  controversie,  integrando,  pertanto,  il
dedotto contrasto con i parametri costituzionali di cui agli articoli
24, comma 1, 102 e 117 Cost., quest'ultimo in  relazione  all'art.  6
CEDU.