IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 10904 del 2014, integrato con motivi aggiunti, proposto da Claudio Boccia, rappresentato e difeso dall'avvocato Massimo Luciani ed elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio n. 1, presso lo studio del predetto avvocato; Contro: il Segretariato generale della Giustizia amministrativa, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell'economia e delle finanze ed il Consiglio di Stato, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, per legge rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, con la quale sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12; sul ricorso numero di registro generale 10905 del 2014, integrato con motivi aggiunti, proposto da Antonino Anastasi, rappresentato e difeso dall'avvocato Massimo Luciani ed elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio n. 1, presso lo studio del predetto avvocato; Contro: il Segretariato generale della Giustizia amministrativa, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell'economia e delle finanze ed il Consiglio di Stato, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, per legge rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, con la quale sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12; sul ricorso numero di registro generale 10906 del 2014, integrato con motivi aggiunti, proposto da Rocco Antonio Cangelosi, rappresentato e difeso dall'avvocato Massimo Luciani ed elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio n. 1, presso lo studio del predetto avvocato; Contro: il Segretariato generale della Giustizia amministrativa, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell'economia e delle finanze ed il Consiglio di Stato, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, per legge rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, con la quale sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12; sul ricorso numero di registro generale 10910 del 2014, integrato con motivi aggiunti, proposto da Carlo Mosca, rappresentato e difeso dall'avvocato Massimo Luciani ed elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio n. 1, presso lo studio del predetto avvocato; Contro: il Segretariato generale della Giustizia amministrativa, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell'economia e delle finanze ed il Consiglio di Stato, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, per legge rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, con la quale sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12; sul ricorso numero di registro generale 10912 del 2014, integrato con motivi aggiunti, proposto da Carlo Schilardi, rappresentato e difeso dall'avvocato Massimo Luciani ed elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio n. 1, presso lo studio del predetto avvocato; Contro: il Segretariato generale della Giustizia amministrativa, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell'economia e delle finanze ed il Consiglio di Stato, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, per legge rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, con la quale sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12; sul ricorso numero di registro generale 10965 del 2014, integrato con motivi aggiunti, proposto da Paolo De Ioanna, rappresentato e difeso dall'avvocato Massimo Luciani ed elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio n. 1, presso lo studio del predetto avvocato; Contro: il Segretariato generale della Giustizia amministrativa, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell'economia e delle finanze ed il Consiglio di Stato, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, per legge rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, con la quale sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12; sul ricorso numero di registro generale 10966 del 2014, integrato con motivi aggiunti, proposto da Giuseppe Castiglia, rappresentato e difeso dall'avvocato Massimo Luciani ed elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio n. 1, presso lo studio del predetto avvocato; Contro: il Segretariato generale della Giustizia amministrativa, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell'economia e delle finanze ed il Consiglio di Stato, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, per legge rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, con la quale sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12; sul ricorso numero di registro generale 10968 del 2014, integrato con motivi aggiunti, proposto da Damiano Nocilla, rappresentato e difeso dall'avvocato Massimo Luciani ed elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio n. 1, presso lo studio del predetto avvocato; Contro: il Segretariato generale della Giustizia amministrativa, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell'economia e delle finanze ed il Consiglio di Stato, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, per legge rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, con la quale sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Per l'annullamento: quanto al ricorso n. 10904 del 2014, della nota prot. n. 39 del 20 maggio 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013 n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione convenuta, preso atto della comunicazione dell'I.N.P.S. da cui risulta che al Consigliere Claudio Boccia «e' corrisposto un trattamento pensionistico», e «tenuto conto anche del tetto indicato dall'art. 13, decreto-legge 24 aprile 2014 n. 66, pari ad € 240.000,00», ha comunicato al ricorrente che «provvedera', allo stato, alla sospensione del trattamento retributivo», disponendo altresi' che «resta fermo, all'esito delle definitive determinazioni, l'obbligo di restituzione delle somme percepite per il periodo dell'anno 2014 antecedente alla eventuale riduzione della retribuzione, laddove in eccesso rispetto al tetto normativamente previsto», nonche' di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, anche allo stato non conosciuti, con particolare riferimento, ove occorra, alla nota prot. n. 1074 del 14 maggio 2014, a firma del Segretariato generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «Disposizioni in materia di trattamenti economici art. 13 decreto-legge 24 aprile 2014 n. 66 (limite al trattamento economico del personale pubblico e delle societa' partecipate). Articoli 23-bis, 23-ter decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, conv. in legge 22 dicembre 2011, n. 214; art. 3, comma 2, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 2012»; nonche' per l'accertamento del diritto del ricorrente a percepire il trattamento stipendiale unitamente al trattamento pensionistico in essere, senza subire le decurtazioni previste dall'art. 1, comma 489, della legge n. 147/2013; quanto al primo ricorso per motivi aggiunti proposto nel giudizio introdotto con il ricorso n. 10904 del 2014, della nota prot. n. 123 del 7 ottobre 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013, n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione ha comunicato al ricorrente che, «all'esito dell'istruttoria avviata per l'applicazione della normativa in oggetto risulta che il Suo trattamento pensionistico, al netto del contributo di solidarieta', e' superiore al tetto massimo retributivo previsto dalla vigente normativa per l'anno 2014», ed ha contestualmente ordinato la restituzione, in unica soluzione ed entro la data del 15 dicembre 2014, degli emolumenti, pari ad euro 29.438,86 al netto degli oneri sociali, erogati nel periodo 1° gennaio - 31 maggio 2014»; quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti proposto nel giudizio introdotto con il ricorso n. 10904 del 2014, della nota prot. n. 174 del 22 dicembre 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013, n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione ha comunicato al ricorrente che, in conformita' con la disposizione in oggetto, non gli potra' essere erogato, per l'anno 2015, alcun trattamento economico; quanto al ricorso n. 10905 del 2014, della nota prot. n. 45 del 21 maggio 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013 n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione convenuta, preso atto della comunicazione dell'I.N.P.S. da cui risulta che al Consigliere Antonino Anastasi «e' corrisposto un trattamento pensionistico», e «tenuto conto anche del tetto indicato dall'art. 13, decreto-legge 24 aprile 2014 n. 66, pari ad € 240.000,00», ha comunicato al ricorrente che «provvedera' alla verifica del dato trasmesso dall'Ente erogatore con quanto relativo al trattamento retributivo corrisposto, applicando a quest'ultimo, ove necessario, le dovute variazioni in diminuzione», disponendo altresi' che «resta fermo, all'esito delle definitive determinazioni, l'obbligo di restituzione delle somme percepite per il periodo dell'anno 2014 antecedente alla eventuale riduzione della retribuzione, laddove in eccesso rispetto al tetto normativamente previsto», nonche' di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, anche allo stato non conosciuti, con particolare riferimento, ove occorra, alla nota prot. n. 1074 del 14 maggio 2014, a firma del Segretariato generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «Disposizioni in materia di trattamenti economici art. 13 decreto-legge 24 aprile 2014 n. 66 (limite al trattamento economico del personale pubblico e delle societa' partecipate). Articoli 23-bis, 23-ter decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, conv. in legge 22 dicembre 2011, n. 214; art. 3, comma 2, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 2012»; nonche' per l'accertamento del diritto del ricorrente a percepire il trattamento stipendiale unitamente al trattamento pensionistico in essere, senza subire le decurtazioni previste dall'art. 1, comma 489, della legge n. 147/2013; quanto al primo ricorso per motivi aggiunti proposto nel giudizio introdotto con il ricorso n. 10905 del 2014, della nota prot. n. 86 del 28 luglio 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013, n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione convenuta, facendo seguito alla precedente nota del 21 maggio 2014, prot. n. 46, ha comunicato al ricorrente che, a decorrere dal mese di settembre 2014, «fermi gli ulteriori approfondimenti sull'applicazione della norma citata (i.e. art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013, n. 147), anche con riferimento alle garanzie di continuita' della copertura assicurativa obbligatoria, provvedera', allo stato, alla sospensione della erogazione del trattamento retributivo», contestualmente disponendo che «resta confermato, all'esito delle definitive determinazioni, l'obbligo di restituzione delle somme percepite per il periodo 2014 antecedente alla disposta sospensione, laddove in eccesso rispetto al tetto normativamente previsto per il corrente anno», nonche', ove occorrer possa, dei cedolini mensili riepilogativi del trattamento economico erogato, anche allo stato non conosciuti, nonche' degli atti gia' gravati con il ricorso principale; e per l'accertamento del diritto a percepire il trattamento stipendiale in una con il trattamento pensionistico, con conseguente condanna dell'Amministrazione a restituire le somme nelle more illegittimamente trattenute e recuperate; quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti proposto nel giudizio introdotto con il ricorso n. 10905 del 2014, della nota prot. n. 120 del 7 ottobre 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013, n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione ha comunicato al ricorrente che, «all'esito dell'istruttoria avviata per l'applicazione della normativa in oggetto risulta che il Suo trattamento pensionistico, al netto del contributo di solidarieta', e' superiore al tetto massimo retributivo previsto dalla vigente normativa per l'anno 2014», ed ha contestualmente ordinato la restituzione della maggior somma erogata, al netto; quanto al terzo ricorso per motivi aggiunti proposto nel giudizio introdotto con il ricorso n. 10905 del 2014, della nota prot. n. 183 del 22 dicembre 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013, n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione ha comunicato al ricorrente che «per l'anno 2015 il trattamento economico spettante risulta superiore al limite massimo retributivo fissato in euro 240.000» ed ha contestualmente comunicato che le competenze retributive «a decorrere dalla prossima mensilita' di gennaio verranno erogate fino a concorrenza del predetto limite»; quanto al ricorso n. 10906 del 2014, della nota prot. n. 46 del 21 maggio 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013 n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione convenuta, preso atto della comunicazione dell'I.N.P.S. da cui risulta che al Consigliere Cangelosi «e' corrisposto un trattamento pensionistico», e «tenuto conto anche del tetto indicato dall'art. 13, decreto-legge 24 aprile 2014 n. 66, pari ad € 240.000,00», ha comunicato al ricorrente che «provvedera' alla verifica del dato trasmesso dall'Ente erogatore con quanto relativo al trattamento retributivo corrisposto, applicando a quest'ultimo, ove necessario, le dovute variazioni in diminuzione», disponendo altresi' che «resta fermo, all'esito delle definitive determinazioni, l'obbligo di restituzione delle somme percepite per il periodo dell'anno 2014 antecedente alla eventuale riduzione della retribuzione, laddove in eccesso rispetto al tetto normativamente previsto», nonche' di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, anche allo stato non conosciuti, con particolare riferimento, ove occorra, alla nota prot. n. 1074 del 14 maggio 2014, a firma del Segretariato generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «Disposizioni in materia di trattamenti economici art. 13 decreto-legge 24 aprile 2014 n. 66 (limite al trattamento economico del personale pubblico e delle societa' partecipate). Articoli 23-bis, 23-ter decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, conv. in legge 22 dicembre 2011, n. 214; art. 3, comma 2, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 2012»; nonche' per l'accertamento del diritto del ricorrente a percepire il trattamento stipendiale unitamente al trattamento pensionistico in essere, senza subire le decurtazioni previste dall'art. 1, comma 489, della legge n. 147/2013; quanto al primo ricorso per motivi aggiunti proposto nel giudizio introdotto con il ricorso n. 10906 del 2014, della nota prot. n. 91 del 29 luglio 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013, n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione convenuta, facendo seguito alla precedente nota del 21 maggio 2014, prot. n. 46, ha comunicato al ricorrente che, a decorrere dal mese di settembre 2014, «fermi gli ulteriori approfondimenti sull'applicazione della norma citata (i.e. art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013, n. 147), anche con riferimento alle garanzie di continuita' della copertura assicurativa obbligatoria, provvedera', allo stato, alla sospensione della erogazione del trattamento retributivo», contestualmente disponendo che «resta confermato, all'esito delle definitive determinazioni, l'obbligo di restituzione delle somme percepite per il periodo 2014 antecedente alla disposta sospensione, laddove in eccesso rispetto al tetto normativamente previsto per il corrente anno», nonche', ove occorrer possa, dei cedolini mensili riepilogativi del trattamento economico erogato, anche allo stato non conosciuti, nonche' degli atti gia' gravati con il ricorso principale; e per l'accertamento del diritto a percepire il trattamento stipendiale in una con il trattamento pensionistico, con conseguente condanna dell'Amministrazione a restituire le somme nelle more illegittimamente trattenute e recuperate; quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti proposto nel giudizio introdotto con il ricorso n. 10906 del 2014, della nota prot. n. 130 del 7 ottobre 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013, n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione ha comunicato al ricorrente che, «all'esito dell'istruttoria avviata per l'applicazione della normativa in oggetto» risulta che «il suo trattamento pensionistico, al netto del contributo di solidarieta', e' superiore al tetto massimo retributivo previsto dalla vigente normativa per l'anno 2014», ed ha contestualmente dato atto della procedura di recupero in corso per la maggior somma erogata; quanto al terzo ricorso per motivi aggiunti proposto nel giudizio introdotto con il ricorso n. 10906 del 2014, della nota prot. n. 166 del 22 dicembre 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013, n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione ha comunicato al ricorrente che «per l'anno 2015 il trattamento economico, ad oggi, spettante risulta superiore al limite massimo retributivo fissato in euro 240.000» ed ha contestualmente comunicato che le competenze retributive «a decorrere dalla prossima mensilita' di gennaio verranno erogate fino a concorrenza del predetto limite»; quanto al ricorso n. 10910 del 2014, della nota prot. n. 48 del 21 maggio 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013 n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione convenuta, preso atto della comunicazione dell'I.N.P.S. da cui risulta che al Consigliere Carlo Mosca «e' corrisposto un trattamento pensionistico», e «tenuto conto anche del tetto indicato dall'art. 13, decreto-legge 24 aprile 2014 n. 66, pari ad € 240.000,00», ha comunicato al ricorrente che «provvedera', allo stato, alla sospensione del trattamento retributivo», disponendo altresi' che «resta fermo, all'esito delle definitive determinazioni, l'obbligo di restituzione delle somme percepite per il periodo dell'anno 2014 antecedente alla eventuale riduzione della retribuzione, laddove in eccesso rispetto al tetto normativamente previsto», nonche' di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, anche allo stato non conosciuti, con particolare riferimento, ove occorra, alla nota prot. n. 1074 del 14 maggio 2014, a firma del Segretariato generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «Disposizioni in materia di trattamenti economici art. 13 decreto-legge 24 aprile 2014 n. 66 (limite al trattamento economico del personale pubblico e delle societa' partecipate). Articoli 23-bis, 23-ter decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, conv. in legge 22 dicembre 2011, n. 214; art. 3, comma 2, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 2012»; nonche' per l'accertamento del diritto del ricorrente a percepire il trattamento stipendiale unitamente al trattamento pensionistico in essere, senza subire le decurtazioni previste dall'art. 1, comma 489, della legge n. 147/2013; quanto al primo ricorso per motivi aggiunti proposto nel giudizio introdotto con il ricorso n. 10910 del 2014: A) della nota prot. n. 87 del 28 luglio 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013, n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione ha comunicato al ricorrente che, «fermi restando gli ulteriori approfondimenti ... provvedera', allo stato, alla sospensione della erogazione del trattamento retributivo», contestualmente disponendo che «resta confermato, all'esito delle definitive determinazioni, l'obbligo di restituzione delle somme percepite per il periodo 2014 antecedente alla disposta sospensione, laddove in eccesso rispetto al tetto normativamente previsto per il corrente anno»; B) della nota del Segretariato generale della Giustizia amministrativa prot. n. 17472 del 5 agosto 2014, con la quale e' stato comunicato al ricorrente che «per effetto del trattamento retributivo ex art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013, n. 147, ... dovra' procedere a versare personalmente le addizionali comunali IRPEF e l'addizionale comunale IRPEF» secondo gli importi determinati nel prospetto allegato al provvedimento; C) della nota prot. n. 131 del 7 ottobre 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013, n. 147. Determinazioni», con la quale e' stato comunicato al ricorrente che «all'esito dell'istruttoria avviata per l'applicazione della normativa in oggetto risulta che il Suo trattamento pensionistico, al netto del contributo di solidarieta', e' superiore al tetto massimo retributivo previsto dalla vigente normativa per l'anno 2014», ed ha contestualmente comunicato che «la maggior somma liquidata, pari a euro 73.867,84 al lordo degli oneri sociali e' in corso di recupero»; quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti proposto nel giudizio introdotto con il ricorso n. 10910 del 2014, della nota prot. n. 181 del 22 dicembre 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013, n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione ha comunicato al ricorrente che «per l'anno 2015 il trattamento economico, ad oggi, spettante risulta superiore al limite massimo retributivo fissato in euro 240.000» ed ha contestualmente comunicato che le competenze retributive «a decorrere dalla prossima mensilita' di gennaio verranno erogate fino a concorrenza del predetto limite»; quanto al ricorso n. 10912 del 2014, della nota prot. n. 49 del 20 maggio 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013 n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione convenuta, preso atto della comunicazione dell'I.N.P.S. da cui risulta che al Consigliere Carlo Schilardi «e' corrisposto un trattamento pensionistico», e «tenuto conto anche del tetto indicato dall'art. 13, decreto-legge 24 aprile 2014 n. 66, pari ad € 240.000,00», ha comunicato al ricorrente che «provvedera', allo stato, alla sospensione del trattamento retributivo», disponendo altresi' che «resta fermo, all'esito delle definitive determinazioni, l'obbligo di restituzione delle somme percepite per il periodo dell'anno 2014 antecedente alla eventuale riduzione della retribuzione, laddove in eccesso rispetto al tetto normativamente previsto», nonche' di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, anche allo stato non conosciuti, con particolare riferimento, ove occorra, alla nota prot. n. 1074 del 14 maggio 2014, a firma del Segretariato generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «Disposizioni in materia di trattamenti economici art. 13 decreto-legge 24 aprile 2014 n 66 (limite al trattamento economico del personale pubblico e delle societa' partecipate). Articoli 23-bis, 23-ter decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, conv. in legge 22 dicembre 2011, n. 214; art. 3, comma 2, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 2012»; nonche' per l'accertamento del diritto del ricorrente a percepire il trattamento stipendiale unitamente al trattamento pensionistico in essere, senza subire le decurtazioni previste dall'art. 1, comma 489, della legge n. 147/2013; quanto al primo ricorso per motivi aggiunti proposto nel giudizio introdotto con il ricorso n. 10912 del 2014, della nota prot. n. 132 del 7 ottobre 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013, n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione convenuta, facendo seguito alla precedente nota del 7 ottobre 2014, prot. n. 123, ha comunicato al ricorrente che, «all'esito dell'istruttoria avviata per l'applicazione della normativa in oggetto emerge che il Suo trattamento pensionistico, al netto del contributo di solidarieta', e' superiore al tetto massimo retributivo previsto dalla vigente normativa per l'anno 2014», ed ha contestualmente comunicato che la maggior somma erogata, pari ad euro 14.567,64 al netto degli oneri sociali, e' gia' in corso di recupero»; quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti proposto nel giudizio introdotto con il ricorso n. 10912 del 2014, della nota prot. n. 185 del 22 dicembre 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013, n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione ha comunicato al ricorrente che «per l'anno 2015 il trattamento economico, ad oggi, spettante risulta superiore al limite massimo retributivo fissato in euro 240.000» ed ha contestualmente comunicato che le competenze retributive «a decorrere dalla prossima mensilita' di gennaio verranno erogate fino a concorrenza del predetto limite»; quanto al ricorso n. 10965 del 2014, della nota prot. n. 33 del 20 maggio 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013 n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione convenuta, preso atto della comunicazione dell'I.N.P.S. da cui risulta che al Consigliere Paolo De Ioanna «e' corrisposto un trattamento pensionistico», e «tenuto conto anche del tetto indicato dall'art. 13, decreto-legge 24 aprile 2014 n. 66, pari ad € 240.000,00», ha comunicato al ricorrente che «provvedera', allo stato, alla sospensione del trattamento retributivo», disponendo altresi' che «resta fermo, all'esito delle definitive determinazioni, l'obbligo di restituzione delle somme percepite per il periodo dell'anno 2014 antecedente alla eventuale riduzione della retribuzione, laddove in eccesso rispetto al tetto normativamente previsto», nonche' di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, anche allo stato non conosciuti, con particolare riferimento, ove occorra, alla nota prot. n. 1074 del 14 maggio 2014, a firma del Segretariato generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «Disposizioni in materia di trattamenti economici art. 13 decreto-legge 24 aprile 2014 n. 66 (limite al trattamento economico del personale pubblico e delle societa' partecipate). Articoli 23-bis, 23-ter decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, conv. in legge 22 dicembre 2011, n. 214; art. 3, comma 2, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 2012»; nonche' per l'accertamento del diritto del ricorrente a percepire il trattamento stipendiale unitamente al trattamento pensionistico in essere, senza subire le decurtazioni previste dall'art. 1, comma 489, della legge n. 147/2013; quanto al primo ricorso per motivi aggiunti proposto nel giudizio introdotto con il ricorso n. 10965 del 2014, della nota prot. n. 125 del 7 ottobre 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013, n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione convenuta ha comunicato al ricorrente che, «all'esito dell'istruttoria avviata per l'applicazione della normativa in oggetto risulta che il Suo trattamento pensionistico, al netto del contributo di solidarieta', e' superiore al tetto massimo retributivo previsto dalla vigente normativa per l'anno 2014», ed ha contestualmente ordinato la restituzione, in unica soluzione ed entro la data del 15 dicembre 2014, degli emolumenti, pari ad euro 41.152,89, al netto degli oneri sociali, erogati nel periodo 1° gennaio - 31 maggio 2014; quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti proposto nel giudizio introdotto con il ricorso n. 10965 del 2014, della nota prot. n. 176 del 22 dicembre 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013, n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione ha comunicato al ricorrente che, in conformita' con la disposizione in oggetto, non gli potra' essere erogato, per l'anno 2015, alcun trattamento economico; quanto al ricorso n. 10966 del 2014, della nota prot. n. 34 del 20 maggio 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013 n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione convenuta, preso atto della comunicazione dell'I.N.P.S. da cui risulta che al Consigliere Giuseppe Castiglia «e' corrisposto un trattamento pensionistico», e «tenuto conto anche del tetto indicato dall'art. 13, decreto-legge 24 aprile 2014 n. 66, pari ad € 240.000,00», ha comunicato al ricorrente che «provvedera', allo stato, alla sospensione del trattamento retributivo», disponendo altresi' che «resta fermo, all'esito delle definitive determinazioni, l'obbligo di restituzione delle somme percepite per il periodo dell'anno 2014 antecedente alla eventuale riduzione della retribuzione, laddove in eccesso rispetto al tetto normativamente previsto», nonche' di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, anche allo stato non conosciuti, con particolare riferimento, ove occorra, alla nota prot. n. 1074 del 14 maggio 2014, a firma del Segretariato generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «Disposizioni in materia di trattamenti economici art. 13 decreto-legge 24 aprile 2014 n. 66 (limite al trattamento economico del personale pubblico e delle societa' partecipate). Articoli 23-bis, 23-ter decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, conv. in legge 22 dicembre 2011, n. 214; art. 3, comma 2, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 2012»; nonche' per l'accertamento del diritto del ricorrente a percepire il trattamento stipendiale unitamente al trattamento pensionistico in essere, senza subire le decurtazioni previste dall'art. 1, comma 489, della legge n. 147/2013; quanto al primo ricorso per motivi aggiunti proposto nel giudizio introdotto con il ricorso n. 10966 del 2014, della nota prot. n. 124 del 7 ottobre 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013, n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione convenuta, facendo seguito alla precedente nota del 7 ottobre 2014, prot. n. 123, ha comunicato al ricorrente che, «all'esito dell'istruttoria avviata per l'applicazione della normativa in oggetto risulta che il Suo trattamento pensionistico, al netto del contributo di solidarieta', e' superiore al tetto massimo retributivo previsto dalla vigente normativa per l'anno 2014», ed ha contestualmente ordinato la restituzione, in unica soluzione ed entro la data del 15 dicembre 2014, degli emolumenti, pari ad euro 29.438,86, al netto degli oneri sociali, erogati nel periodo 1° gennaio - 31 maggio 2014; quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti proposto nel giudizio introdotto con il ricorso n. 10966 del 2014, della nota prot. n. 175 del 22 dicembre 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013, n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione ha comunicato al ricorrente che, in conformita' con la disposizione in oggetto, non gli potra' essere erogato, per l'anno 2015, alcun trattamento economico; quanto al ricorso n. 10968 del 2014, della nota prot. n. 32 del 20 maggio 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013 n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione convenuta, preso atto della comunicazione dell'I.N.P.S. da cui risulta che al Consigliere Damiano Nocilla «e' corrisposto un trattamento pensionistico», e «tenuto conto anche del tetto indicato dall'art. 13, decreto-legge 24 aprile 2014 n. 66, pari ad € 240.000,00», ha comunicato al ricorrente che «provvedera', allo stato, alla sospensione del trattamento retributivo», disponendo altresi' che «resta fermo, all'esito delle definitive determinazioni, l'obbligo di restituzione delle somme percepite per il periodo dell'anno 2014 antecedente alla eventuale riduzione della retribuzione, laddove in eccesso rispetto al tetto normativamente previsto», nonche' di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, anche allo stato non conosciuti, con particolare riferimento, ove occorra, alla nota prot. n. 1074 del 14 maggio 2014, a firma del Segretariato generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «Disposizioni in materia di trattamenti economici art. 13 decreto-legge 24 aprile 2014 n. 66 (limite al trattamento economico del personale pubblico e delle societa' partecipate). Articoli 23-bis, 23-ter decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, conv. in legge 22 dicembre 2011, n. 214; art. 3, comma 2, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 2012»; nonche' per l'accertamento del diritto del ricorrente a percepire il trattamento stipendiale unitamente al trattamento pensionistico in essere, senza subire le decurtazioni previste dall'art. 1, comma 489, della legge n. 147/2013; quanto al primo ricorso per motivi aggiunti proposto nel giudizio introdotto con il ricorso n. 10968 del 2014, della nota prot. n. 126 del 7 ottobre 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013, n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione convenuta, facendo seguito alla precedente nota del 7 ottobre 2014, prot. n. 123, ha comunicato al ricorrente che, «all'esito dell'istruttoria avviata per l'applicazione della normativa in oggetto risulta che il Suo trattamento pensionistico, al netto del contributo di solidarieta', e' superiore al tetto massimo retributivo previsto dalla vigente normativa per l'anno 2014», ed ha contestualmente ordinato la restituzione, in unica soluzione ed entro la data del 15 dicembre 2014, degli emolumenti, pari ad euro 37.555,32, al netto degli oneri sociali, erogati nel periodo 1° gennaio - 31 maggio 2014; quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti proposto nel giudizio introdotto con il ricorso n. 10968 del 2014, della nota prot. n. 177 del 22 dicembre 2014, a firma del Segretario generale della Giustizia amministrativa, avente il seguente oggetto «art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013, n. 147. Determinazioni», con la quale l'Amministrazione ha comunicato al ricorrente che, in conformita' con la disposizione in oggetto, non gli potra' essere erogato, per l'anno 2015, alcun trattamento economico; Visti i ricorsi i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Segretariato generale della Giustizia amministrativa, della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero dell'economia e delle finanze e del Consiglio di Stato; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 febbraio 2016 il dott. Carlo Polidori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 1. I Consiglieri di Stato Claudio Boccia, Antonino Anastasi, Rocco Antonio Cangelosi, Carlo Mosca, Carlo Schilardi, Paolo De Ioanna, Giuseppe Castiglia, Damiano Nocilla, con i ricorsi introduttivi in epigrafe indicati - pressoche' identici tra loro - rappresentano innanzi tutto di appartenere ad un'esigua categoria di pubblici funzionari di altissimo livello, che: A) giunti all'apice della propria carriera, sono stati nominati Consiglieri di Stato ai sensi dell'art. 19, comma 1, n. 2), della legge n. 186 del 1982, essendo collocati in quiescenza dall'Amministrazione di originaria appartenenza; B) nel loro caso «la nomina a Consigliere di Stato giunge, dunque, a coronamento di una carriera pubblica di assoluto spicco e concerne un numero molto ridotto di servitori dello Stato, che in tale nomina (accettata, sovente, anche rinunciando a significative opportunita' nel settore privato) trovano il riconoscimento dei meriti acquisiti nell'esercizio delle precedenti funzioni, ma anche della specifica attitudine all'esercizio delle nuove attribuzioni». In particolare il Consigliere Claudio Boccia rappresenta che: A) nel corso della sua attivita' lavorativa, e' stato, fra l'altro, Consigliere parlamentare e Vice Segretario generale della Camera dei deputati; B) esercita le funzioni di Consigliere di Stato a far data dal 2011, risultando al contempo titolare di un trattamento pensionistico erogato da un soggetto pubblico (nella specie la Camera dei deputati); C) attualmente e' assegnato alla Seconda Sezione Consultiva ed alla Sezione Atti Normativi del Consiglio di Stato. Il Consigliere Antonino Anastasi rappresenta che: A) nel corso della sua attivita' lavorativa, e' stato, fra l'altro, Consigliere parlamentare del Senato della Repubblica e Segretario generale della Giustizia amministrativa; B) esercita le funzioni di Consigliere di Stato a far data dal 1996, risultando al contempo titolare di un trattamento pensionistico erogato da un soggetto pubblico (nella specie il Senato della Repubblica); C) attualmente e' assegnato in posizione di fuori ruolo al Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana. Il Consigliere Rocco Antonio Cangelosi rappresenta che: A) nel corso della sua attivita' lavorativa, e' stato, fra l'altro, Rappresentante permanente dell'Italia presso l'Unione europea, Ministro plenipotenziario degli esteri di I classe, Consigliere diplomatico del Presidente della Repubblica e Giudice del Tribunale amministrativo del Consiglio d'Europa; B) esercita le funzioni di Consigliere di Stato a far data dal 2010, risultando al contempo titolare di un trattamento pensionistico erogato da una gestione previdenziale pubblica (nella specie l'I.N.P.S.); C) attualmente e' assegnato alla Prima Sezione Consultiva del Consiglio di Stato. Il Consigliere Carlo Mosca rappresenta che: A) nel corso della sua attivita' lavorativa, e' stato, fra l'altro, Prefetto di Roma, Capo di Gabinetto del Ministro dell'interno e Vice Direttore del SISDE; B) esercita le funzioni di Consigliere di Stato a far data dal 2009, risultando al contempo titolare di un trattamento pensionistico erogato da una gestione previdenziale pubblica (nella specie l'I.N.P.S.); C) attualmente e' assegnato alla Sesta Sezione Giurisdizionale del Consiglio di Stato. Il Consigliere Carlo Schilardi rappresenta che: A) nel corso della sua attivita' lavorativa, e' stato, fra l'altro, Commissario straordinario del Governo e Prefetto di Caserta e di Bari; B) esercita le funzioni di Consigliere di Stato a far data dal 2011, risultando al contempo titolare di un trattamento pensionistico erogato da una gestione previdenziale pubblica (nella specie l'I.N.P.S.); C) attualmente e' assegnato alla Quinta Sezione Giurisdizionale del Consiglio di Stato. Il Consigliere Paolo De Ioanna rappresenta che: A) nel corso della sua attivita' lavorativa, e' stato, fra l'altro, Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri e Capo di Gabinetto del Ministro del tesoro e del Ministro dell'economia e delle finanze; B) esercita le funzioni di Consigliere di Stato a far data dal 2001, risultando al contempo titolare di un trattamento pensionistico erogato da un soggetto pubblico (nella specie il Senato della Repubblica); C) attualmente e' assegnato alla Seconda Sezione Consultiva ed alla Sezione atti normativi del Consiglio di Stato. Il Consigliere Giuseppe Castiglia rappresenta che: A) nel corso della sua attivita' lavorativa, e' stato, fra l'altro, Consigliere parlamentare e Vice Segretario generale del Senato della Repubblica; B) esercita le funzioni di Consigliere di Stato a far data dal 2011, risultando al contempo titolare di un trattamento pensionistico erogato da un soggetto pubblico (nella specie il Senato della Repubblica); C) attualmente e' assegnato alla Quarta Sezione Giurisdizionale del Consiglio di Stato. Il Consigliere Damiano Nocilla rappresenta che: A) nel corso della sua attivita' lavorativa, e' stato, fra l'altro, Capo dell'Ufficio legislativo della Presidenza del Consiglio dei ministri e Segretario generale del Senato della Repubblica; B) esercita le funzioni di Consigliere di Stato a far data dal 2002, risultando al contempo titolare di un trattamento pensionistico erogato da un soggetto pubblico (nella specie il Senato della Repubblica); C) attualmente e' assegnato alla Seconda Sezione Consultiva ed alla Sezione atti normativi del Consiglio di Stato. 2. Quindi i ricorrenti procedono ad illustrare il quadro normativo nel quale si inseriscono i provvedimenti impugnati con i ricorsi introduttivi evidenziando quanto segue: A) di recente sono state introdotte importanti misure di contenimento della spesa nel settore pubblico, anche mediante la previsione di limiti ai trattamenti economici ed agli emolumenti corrisposti ai dipendenti pubblici, ai titolari di cariche elettive e ai titolari di incarichi con emolumenti a carico della finanza pubblica; B) in tale contesto si inserisce l'art. 23-ter del decreto-legge 6 n. 201 del 2011, convertito dalla legge n. 214 del 2011, il quale, al comma 1, primo periodo, stabilisce che «con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, e' definito il trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali, di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ivi incluso il personale in regime di diritto pubblico di cui all'art. 3 del medesimo decreto legislativo, e successive modificazioni, stabilendo come parametro massimo di riferimento il trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione»; C) in attuazione di tale disposizione, il Presidente del Consiglio dei ministri ha adottato il decreto 23 marzo 2012, recante «Limite massimo retributivo per emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con le pubbliche amministrazioni statali», il quale dispone, all'art. 3, che «a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto, il trattamento retributivo percepito annualmente, comprese le indennita' e le voci accessorie nonche' le eventuali remunerazioni per incarichi ulteriori o consulenze conferiti da amministrazioni pubbliche diverse da quella di appartenenza, dei soggetti di cui all'art. 2 [trattasi dei «soggetti destinatari» del decreto] non puo' superare il trattamento economico annuale complessivo spettante per la carica al Primo Presidente della Corte di cassazione, pari nell'anno 2011 a euro 293.658,95. Qualora superiore, si riduce al predetto limite»; D) in seguito il legislatore e' nuovamente intervenuto sulla materia con l'art. 1, comma 489, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, disponendo che, ai fini del raggiungimento del predetto tetto, devono esser computati anche i trattamenti pensionistici pregressi eventualmente percepiti a carico di gestioni previdenziali pubbliche; E) in particolare quest'ultima disposizione prevede che «ai soggetti gia' titolari di trattamenti pensionistici erogati da gestioni previdenziali pubbliche, le amministrazioni e gli enti pubblici compresi nell'elenco ISTAT di cui all'art. 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, non possono erogare trattamenti economici onnicomprensivi che, sommati al trattamento pensionistico, eccedano il limite fissato ai sensi dell'art. 23-ter, comma 1, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Nei trattamenti pensionistici di cui al presente comma sono compresi i vitalizi, anche conseguenti a funzioni pubbliche elettive»; F) il terzo periodo della medesima disposizione, al fine di armonizzare il nuovo regime con le posizioni retributivo-previdenziali in essere alla sua entrata in vigore, aggiunge che «sono fatti salvi i contratti e gli incarichi in corso fino alla loro naturale scadenza prevista negli stessi», mentre l'ultimo periodo prevede che «gli organi costituzionali applicano i principi di cui al presente comma nel rispetto dei propri ordinamenti»; G) da ultimo l'art. 13 del decreto-legge n. 66 del 2014, ha ridotto il tetto massimo fissato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 2012, prevedendo che «a decorrere dal 1° maggio 2014 il limite massimo retributivo riferito al primo presidente della Corte di cassazione previsto dagli articoli 23-bis e 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni e integrazioni, e' fissato in euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente». 3. Cio' premesso i ricorrenti - nel rimarcare che i provvedimenti impugnati, adottati dall'Amministrazione per dare attuazione al suesposto quadro normativo, determinano un rilevantissimo sacrificio delle loro aspettative economiche - avverso tali provvedimenti deducono le seguenti censure. I) Violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma 489, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, anche in riferimento all'art. 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, come convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214. I ricorrenti - nel rammentare il fondamentale canone ermeneutico secondo il quale le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perche' e' possibile darne interpretazioni incostituzionali, ma perche' e' impossibile darne interpretazioni conformi alla costituzione - si dolgono innanzi tutto del fatto che l'Amministrazione non abbia ritenuto ad essi applicabile la deroga contenuta al terzo periodo dell'art. 1, comma 489, della legge n. 147 del 2013, secondo il quale «sono fatti salvi i contratti e gli incarichi in corso fino alla loro naturale scadenza prevista negli stessi». In particolare i provvedimenti impugnati poggerebbero su una lettura parziale ed errata della disposizione in commento perche' la stessa non puo' non riferirsi anche ai rapporti di lavoro a regime pubblicistico intesi nella loro globalita', non potendosi legittimamente differenziare tra rapporti la cui prestazione specifica consista nell'assolvimento di un «incarico», e rapporti la cui prestazione specifica consista nello svolgimento di una «funzione». In altri termini, secondo i ricorrenti, il legislatore avrebbe inteso far salvi i trattamenti in essere, sia che ineriscano al pubblico impiego privatizzato, sia che ineriscano al pubblico impiego non privatizzato, nel quale vengono costituiti rapporti di lavoro per i quali non avrebbe senso distinguere tra «incarichi» e «funzioni». Del resto, a conferma dell'applicabilita' della disposizione derogatoria anche al pubblico impiego non privatizzato, rileverebbe il fatto che la stessa si pone in evidente parallelismo con la stessa norma istitutiva del tetto massimo di cumulo (l'art. 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011), la quale, al comma 1, indica come suo destinatario «chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali, di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni [ossia il pubblico impiego privatizzato], ivi incluso il personale in regime di diritto pubblico di cui all'art. 3 del medesimo decreto legislativo, e successive modificazioni [ossia il pubblico impiego non privatizzato]». Il termine «incarico» comprenderebbe, quindi, qualunque conferimento di compiti da parte dell'Amministrazione, ivi compreso il conferimento di funzioni nell'ambito di un rapporto di impiego non privatizzato, come dimostra il fatto che, proprio nell'ambito della disposizione istitutiva del tetto (art. 23-ter cit.), il legislatore ha utilizzato indifferentemente i due termini, prevedendo al comma 2 che «il personale di cui al comma 1 che e' chiamato, conservando il trattamento economico riconosciuto dall'amministrazione di appartenenza, all'esercizio di funzioni direttive, dirigenziali o equiparate, anche in posizione di fuori ruolo o di aspettativa, presso Ministeri o enti pubblici nazionali, comprese le autorita' amministrative indipendenti, non puo' ricevere, a titolo di retribuzione o di indennita' per l'incarico ricoperto, o anche soltanto per il rimborso delle spese, piu' del 25 per cento dell'ammontare complessivo del trattamento economico percepito». L'intenzione del legislatore di riferire la nuova disciplina a tutte le forme di pubblico impiego si desumerebbe poi dal fatto che il primo periodo del richiamato comma 489, nel disporre il computo nel tetto dei «trattamenti pensionistici erogati da gestioni previdenziali pubbliche», si riferisce a tutti i trattamenti in questione, a prescindere dalla fonte generatrice del rapporto di lavoro o di impiego, e quindi sarebbe internamente illogico uniformare il trattamento del lavoro privatizzato e del lavoro non privatizzato dal punto di vista del computo del tetto e differenziarlo dal punto di vista della salvaguardia delle situazioni in essere. Infine i ricorrenti, a supporto delle considerazioni sin qui svolte, invocano la circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento della funzione pubblica, Servizio studi e consulenza trattamento personale, n. 3 del 18 marzo 2014, che - nel fornire alcune note esplicative per l'applicazione della nuova disciplina - non prevede alcuna diversita' di trattamento basata sul tipo rapporto di lavoro con l'Amministrazione. II) Eccesso di potere per difetto a di motivazione. I ricorrenti si dolgono del fatto che l'Amministrazione nei provvedimenti impugnati nulla dica in ordine alle ragioni che l'hanno indotta a ritenere inapplicabile la deroga di cui all'art. 1, comma 489, terzo periodo, della legge n. 147 del 2013 a coloro che svolgono la funzione di Consigliere di Stato. III) Illegittimita' derivata dei provvedimenti impugnati per illegittimita' costituzionale della disposizione dell'art. 1, comma 489, della legge n. 147 del 2013. I ricorrenti, per il caso in cui la suddetta disposizione derogatoria fosse ritenuta ad essi non applicabile, sostengono che la disciplina introdotta dall'art. 1, comma 489, della legge n. 147 del 2013 sarebbe incostituzionale sotto molteplici profili, con conseguente illegittimita' (derivata) degli atti applicativi della stessa. III.1) Disparita' di trattamento e violazione del principio di ragionevolezza. Innanzi tutto i ricorrenti sostengono che la disciplina introdotta dall'art. 1, comma 489, della legge n. 147 del 2013 e' incostituzionale nella parte in cui prevede la suddetta disposizione derogatoria, perche' regola antiteticamente situazioni sostanzialmente identiche, senza alcuna giustificazione meritevole di apprezzamento, e quindi determina gravi disparita' di trattamento e contrasta con il principio di ragionevolezza. Difatti, secondo i ricorrenti, non sussisterebbero comprensibili ragioni per far salvi i dipendenti contrattualizzati o quelli titolari di «incarichi» in quanto: A) ogni prestazione puo' essere indifferentemente resa in regime pubblicistico o privatistico, ovvero sulla base di un contratto individuale o della generale disciplina delle mansioni affidate al personale appartenente ad un determinato ruolo; B) la scelta fra l'uno e l'altro regime spetta alla discrezionalita' del legislatore e non le e' sottesa una diversita' ontologica tra questa o quella prestazione o fra questa o quella categoria di lavoratori; C) un criterio distintivo non potrebbe essere rinvenuto nella differente durata del rapporto, perche' il contratto puo' ben essere (ed e' normalmente, nel caso di rapporto di lavoro privatizzato) a tempo indeterminato tanto quanto il rapporto di impiego dei dipendenti non contrattualizzati; D) anche quando l'incarico o il contratto e' a termine, non mancano esempi di incarichi (si pensi a quelli dei componenti delle autorita' indipendenti) e di contratti dirigenziali che si estendono per un arco temporale considerevole, sovente eccedente il residuo arco di servizio espletabile dal ricorrente a far data dall'introduzione del cumulo e fino al collocamento in quiescenza come Consigliere di Stato. Ne' varrebbe obiettare che nel caso in esame si pretende l'estensione di una norma derogatoria, perche' la norma stessa fa salva la generalita' dei rapporti con l'Amministrazione. III.2) Violazione del principio di ragionevolezza sotto un altro profilo. I ricorrenti - premesso che per la nomina a Consigliere di Stato l'art. 19, comma 2, della legge n. 186 del 1982 presuppone l'aver gia' svolto attivita' di professore universitario ordinario di materie giuridiche o di avvocato da almeno quindici anni ovvero l'appartenenza alla dirigenza generale dei Ministeri, degli organi costituzionali e delle altre Amministrazioni pubbliche ovvero ancora l'avere la qualifica di magistrato di Corte d'appello o altra equiparata - evidenziano che il legislatore stesso ha prefigurato uno schema che generalmente comporta la coesistenza di un trattamento di quiescenza e di una nuova retribuzione. Difatti la disciplina della nomina governativa dei Consiglieri di Stato mira ad acquisire le competenze piu' solide e prestigiose disponibili nel mondo del diritto, che sono naturaliter possedute proprio da coloro che hanno gia' una rilevante attivita' professionale alle spalle, sicche' la coesistenza tra pensione e stipendio e' implicita nella ratio stessa della legge n. 186 del 1982. Quindi la censurata disciplina determinerebbe una contraddizione interna al sistema delle fonti che regolano l'esercizio delle funzioni di Consigliere di Stato, con conseguente violazione del principio di ragionevolezza, desumibile dall'art. 3 Cost.. III.3) Violazione del principio della tutela dell'affidamento, di cui agli articoli 3 e 117, comma 1, della Costituzione e all'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. I ricorrenti - premesso che la Corte costituzionale ha piu' volte precisato come la facolta' del legislatore di intervenire retroattivamente sui rapporti di durata trovi limiti insormontabili nel rispetto del principio di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparita' di trattamento e del principio di tutela dell'affidamento, desumibili dall'art. 3 Cost. - sostengono che la censurata disciplina, nell'interpretazione fatta propria dall'Amministrazione resistente, determina il superamento dei predetti limiti. In particolare, secondo i ricorrenti, le ingiustificate disparita' di trattamento sarebbero rese palesi da quanto gia' dedotto sul trattamento differenziato delle diverse categorie di dipendenti pubblici, mentre la lesione dell'affidamento discenderebbe dal fatto che essi, avendo meritato e maturato sia il trattamento pensionistico sia il trattamento retributivo percepito in qualita' di Consiglieri di Stato, avevano legittimamente diritto di giovarsene a tempo indeterminato. Inoltre nel caso in esame la lesione del legittimo affidamento determinerebbe anche la violazione del combinato disposto dell'art. 117, comma 1, Cost. con l'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, perche' la Corte europea dei diritti dell'uomo ha piu' volte affermato che, tra i motivi imperativi di interesse generale che giustificano interventi normativi retroattivi, non rientra l'ottenimento di un mero beneficio economico per la finanza pubblica. Infine i ricorrenti rammentano che anche la Corte di giustizia ha precisato come nell'ordinamento dell'Unione europea il principio dell'affidamento si sostanzia nella legittima aspettativa, riconosciuta a ciascun soggetto operante in quell'ordinamento, a che non si realizzi una irragionevole, retroattiva, modificazione del quadro giuridico di riferimento. III.4) Violazione degli articoli 3, 4, 36 e 38 della Costituzione. I ricorrenti sostengono che la censurata disciplina contrasta (per un ulteriore profilo) con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., con il diritto ad un'equa retribuzione (art. 36 Cost.), anche differita (art. 38 Cost.), con il diritto alla tutela assistenziale e previdenziale (ancora art. 38 Cost.) e con il diritto al lavoro (art. 4 Cost.) perche', per effetto di tale disciplina, la retribuzione di attivita' lavorative connotate da elevatissimi standard qualitativi, svolte da funzionari pubblici in possesso di un grado di preparazione di assoluta eccellenza, viene sottoposta a ingenti decurtazioni e in non poche ipotesi addirittura azzerata. Difatti i ricorrenti, avendo ricoperto/svolto, in anni di servizio alle dipendenze dello Stato, delle cariche/funzioni apicali, hanno maturato un trattamento pensionistico di ammontare prossimo o superiore al tetto di 240.000,00 euro e, quindi, si troverebbero a svolgere una funzione di cruciale importanza e di grande responsabilita' - qual e' quella di Consigliere di Stato - percependo una retribuzione esigua o addirittura (in taluni casi) inesistente. Ne' potrebbe opporsi che essi hanno volontariamente assunto lo status che comporta le menzionate decurtazioni della retribuzione e del precedente trattamento retributivo; difatti l'orientamento della Corte costituzionale che esclude la lesione di un diritto costituzionalmente garantito laddove il titolare dello stesso si sia posto, attraverso la propria condotta, nelle condizioni che determinano la compressione del diritto stesso non sarebbe applicabile nel caso in esame perche' la sovrapposizione tra la pensione e la retribuzione e' la logica conseguenza dell'applicazione della legge n. 186 del 1982, sicche' i ricorrenti medesimi, accettando la nomina a Consigliere di Stato, hanno legittimamente fatto affidamento nell'osservanza di tale logica da parte del legislatore. Inoltre i ricorrenti deducono che per poter percepire il proprio precedente trattamento pensionistico (corrispondente a cospicui versamenti contributivi eseguiti per un periodo particolarmente lungo) dovrebbero rinunciare a svolgere l'incarico che gli e' stato attribuito; pertanto delle due l'una: o essi si rassegnano a percepire un trattamento pensionistico non commisurato al montante contributivo accumulato e una retribuzione non commisurata all'attivita' professionale prestata, oppure devono rinunciare a svolgere l'attuale incarico, con conseguente violazione della liberta' di esercitare qualsivoglia attivita' lavorativa. Infine i ricorrenti lamentano la violazione dell'art. 38 della Costituzione evidenziando che la drastica riduzione o addirittura l'azzeramento della retribuzione precludono la tutela assistenziale prevista dall'ordinamento soltanto per chi versa la relativa contribuzione. III.5) Violazione degli articoli 3, 95 e 97 della Costituzione. I ricorrenti - premesso che la nomina governativa di una parte dei Consiglieri di Stato, da scegliere nella platea degli aventi titolo di cui all'art. 19, comma 2, della legge n. 186 del 1982, e' uno strumento di sicura rilevanza per lo svolgimento delle funzioni confidate al Consiglio stesso, dato che introduce nell'Istituto esperienze particolari di amministrazione attiva, ne accentua la specializzazione e aumenta il grado di conoscenza del funzionamento della macchina amministrativa - deducono che la normativa censurata, penalizzando fortemente proprio le figure di maggiore spicco, finisce per costringere il Governo ad indirizzare altrove le proprie scelte e quindi contrasta, oltre che con il principio di ragionevolezza, anche con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), perche' la scelta non e' indirizzata ai migliori, e con l'affidamento al Governo dell'indirizzo politico-amministrativo (art. 95 Cost.), perche' esso viene qui distolto dal suo approdo piu' coerente e mortificato nella liberta' della sua esplicazione. III.6) Violazione degli articoli 3 e 53 della Costituzione. I ricorrenti - invocando un precedente specifico della Corte costituzionale (la sentenza n. 223 del 2012) e l'ordinanza di questo Tribunale n. 5693 del 2014 (con la quale e' stata sollevata la questione di costituzionalita' dell'art. 9, comma 21, del decreto-legge n. 78 del 2010) - sostengono che la normativa censurata istituisce un prelievo di natura sostanzialmente tributaria, che risulta pero' discriminatorio perche' grava soltanto sui pensionati titolari di incarichi o rapporti di lavoro pubblici, lasciando indenne la posizione dei pensionati che prestino servizio alle dipendenze di un datore di lavoro privato o esercitino attivita' libero-professionale. III.7) Violazione degli articoli 3, 100, 101, 104 e 108 della Costituzione. I ricorrenti - premesso che, secondo una consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenze n. 223 del 2012, n. 99 del 1995, n. 42 del 1993 e n. 238 del 1990), una disposizione di legge che incide in peius sul trattamento retributivo dei magistrati e' legittima purche' abbia natura eccezionale e portata temporale limitata e sia comunque inserita in un ragionevole e non arbitrario intervento perequativo fra categorie di cittadini - sostengono che cio' non accade nel caso in esame, perche' il tetto massimo agli emolumenti, oltre ad incidere retroattivamente su un trattamento retributivo e su un trattamento previdenziale gia' maturati, non persegue un intervento perequativo, non essendo applicabile a tutte le categorie dei percettori di reddito, ma solo a quella di chi si trova alle dipendenze della Amministrazioni pubbliche. Ne consegue la violazione delle invocate disposizioni costituzionali poste a garanzia dell'indipendenza di tutti coloro che sono chiamati ad esercitare funzioni giurisdizionali, ivi compresi i magistrati amministrativi. III.8) Violazione dell'art. 23 della Costituzione. Da ultimo i ricorrenti lamentano la violazione dalla riserva di legge sancita dell'art. 23 Cost. per le prestazioni patrimoniali imposte, evidenziando che la normativa censurata non definisce i criteri per la propria applicazione, lasciando del tutto indefinita, ad esempio, la questione delle modalita' di recupero delle somme eccedenti il tetto gia' percepite o quella della sorte della copertura assicurativa. 4. I Consiglieri di Stato Claudio Boccia, Antonino Anastasi, Rocco Antonio Cangelosi, Carlo Mosca, Carlo Schilardi, Paolo De Ioanna, Giuseppe Castiglia, Damiano Nocilla, con i ricorsi per motivi aggiunti in epigrafe indicati hanno impugnato gli ulteriori provvedimenti adottati dall'Amministrazione nei loro confronti in attuazione della disciplina introdotta dall'art. 1, comma 489, della legge n. 147 del 2013. 5. I ricorrenti con memorie depositate in data 22 gennaio 2016 - nel rappresentare che la prima Sezione questo Tribunale con l'ordinanza 17 aprile 2015, n. 5715 ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 489, della legge n. 147 del 2013 - hanno evidenziato innanzi tutto che i dubbi prospettati con tale ordinanza sono in parte analoghi a quelli da essi prospettati con i ricorsi in epigrafe indicati, avendo ad oggetto: A) la violazione dell'art. 36 della Costituzione, in ragione del fatto che essi per effetto della censurata disciplina si troverebbero a svolgere la funzione di Consigliere di Stato - percependo una retribuzione esigua se non addirittura inesistente (cfr. il motivo III.4); B) la violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione, in ragione del fatto che la normativa censurata, penalizzando le figure di maggiore spicco, finisce per costringere il Governo ad indirizzare altrove le proprie scelte (cfr. il motivo III.5); C) la violazione dell'art. 38 della Costituzione, in ragione del fatto che chi non percepisce uno stipendio non ha diritto alla tutela assistenziale prevista dall'ordinamento, riconosciuta solo a chi versa la relativa contribuzione (cfr. il motivo III.4); D) la violazione delle disposizioni degli articoli 100, 101, 104 e 108 della Costituzione, poste a presidio dell'indipendenza di tutti coloro che esercitano o possono esercitare funzioni giurisdizionali (ivi compresi i magistrati amministrativi). Inoltre hanno insistito affinche' vengano sollevate anche le ulteriori questioni di legittimita' prospettate con in ricorsi in epigrafe indicati, incentrate: A) sulla violazione del principio di ragionevolezza e sulla disparita' di trattamento tra dipendenti contrattualizzati o titolari di incarichi e dipendenti non contrattualizzati (cfr. il motivo III.1); B) sull'ulteriore violazione del principio di ragionevolezza connessa al contrasto con la disciplina posta dall'art. 19, comma 2, della legge n. 186/1982 (cfr. il motivo III.2); C) sulla violazione dell'art. 23 della Costituzione (cfr. il motivo III.8); D) sulla violazione degli articoli 3, 95 e 97 della Costituzione (cfr. il motivo III.5); E) sulla violazione del principio della tutela dell'affidamento, di cui agli articoli 3 e 117, comma 1, della Costituzione e all'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (cfr. il motivo III.3). Infine hanno precisato che nel caso in esame non sussistono i presupposti per disporre la c.d. sospensione impropria del giudizio per pendenza di un'analoga questione di legittimita' costituzionale sollevata in altro giudizio (ossia in quello nel quale e' stata pronunciata la suddetta ordinanza n. 5715/2015), perche' essi hanno interesse ad interloquire innanzi alla Corte costituzionale. 6. La Difesa erariale dapprima con separate memorie depositate in data 18 ottobre 2014 ha eccepito l'infondatezza delle suesposte censure osservando, in particolare, che: A) la disciplina dell'art. 1, comma 489, della legge n. 147 del 2013 e' stata introdotta in attuazione del principio di pareggio del bilancio, sancito dal novellato art. 81 della Costituzione e mira al contenimento della spesa nel settore pubblico; B) la clausola che salvaguarda i contratti e gli incarichi in corso fino alla loro naturale scadenza non si applica ai rapporti a tempo indeterminato regolati da norme di legge o da contratti collettivi, essendo volta a garantire la certezza di situazioni giuridiche derivanti da rapporti a tempo determinato, aventi fonte convenzionale e regolati da una specifica disciplina in base alla quale le parti hanno raggiunto l'accordo e assunto le rispettive obbligazioni. Quindi con memoria depositata in data 3 febbraio 2016 - oltre a rilevare che la prima Sezione questo Tribunale con l'ordinanza n. 5715 del 2015 ha gia' ritenuto infondate talune delle questioni legittimita' costituzionale prospettate dai ricorrenti - ha eccepito l'infondatezza delle ulteriori questioni sollevate con la predetta ordinanza. In particolare, secondo la Difesa erariale, la disciplina posta dall'art. 1, comma 489, della legge n. 147 del 2013 non viola: A) gli articoli 3 e 97 Cost., perche' concorre ad assicurare, mediante il rispetto del limite retributivo, una piu' equa redistribuzione di risorse pubbliche; B) gli articoli 36 e 38 Cost., perche' non limita direttamente il trattamento economico o previdenziale connesso allo svolgimento di una qualsivoglia attivita' lavorativa, bensi' il cumulo di trattamenti economici posti a carico della finanza pubblica, sicche' le decurtazioni sul trattamento economico corrisposto per le attivita' svolte successivamente al collocamento in quiescenza sono meramente eventuali, perche' operano solo nei casi in cui venga superato il tetto posto dall'art. 13, comma 1, del decreto-legge n. 66/2014; C) gli articoli 97, 100, 101, 104 e 108 Cost., perche' ai fini del rispetto del tetto non e' in discussione la corresponsione della retribuzione, ma il solo trattamento complessivo, derivante dal cumulo tra il trattamento previdenziale in godimento e la retribuzione corrisposta in virtu' in un nuovo rapporto - liberamente accettato dall'interessato - che determina il superamento del tetto retributivo. 7. Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2016 i ricorsi sono stati chiamati e trattenuti per la decisione. 8. In via preliminare il Collegio ritiene che sussistano i presupposti per disporre, ai sensi dell'art. 70 cod. proc. amm., la riunione dei ricorsi in epigrafe indicati, sussistendo evidenti ragioni di connessione oggettiva. 9. Passando al merito, il Collegio ritiene - anche sulla scorta di quanto affermato dalla prima Sezione questo Tribunale nell'ordinanza n. 5715 del 2015, pronunciata nell'ambito di un giudizio analogo a quello di esame, promosso da magistrati della Corte dei conti - che siano rilevanti e non manifestamente infondate talune delle questioni di legittimita' costituzionale prospettate dai ricorrenti, alla luce delle seguenti considerazioni. 10. Innanzi tutto, in punto di rilevanza il Collegio osserva: A) da un lato, che i provvedimenti impugnati trovano la loro indefettibile base normativa nell'art. 1, comma 489, della legge n. 147 del 2013, sicche' il suo eventuale annullamento da parte della Corte costituzionale comporterebbe l'illegittimita' derivata dei provvedimenti impugnati, e sono evidenti i notevoli pregiudizi economici che derivano ai ricorrenti da tali provvedimenti; B) dall'altro, che non colgono nel segno le censure dedotte con i primi due motivi dei ricorsi introduttivi e ribadite con i motivi aggiunti. Difatti, come gia' rilevato dalla prima Sezione questo Tribunale nella suddetta ordinanza n. 5715 del 2015, la disposizione derogatoria che fa «salvi i contratti e gli incarichi in corso fino alla loro naturale scadenza prevista negli stessi» si riferisce a «tutti i rapporti - indifferentemente di diritto privato o pubblico ... - che a quel momento, peraltro, non solo erano gia' in corso, bensi' erano anche individuati da un naturale termine di «scadenza», e non gia', quindi, per l'esercizio in atto di una funzione giurisdizionale «togata» e non onoraria, ovverosia svolta a seguito dell'inserimento a pieno titolo in un plesso giurisdizionale, con la conseguente creazione di un rapporto d'ufficio caratterizzato non gia' da una prefissata temporaneita' bensi' - al contrario - dalla stabilita' ed anzi dalla garanzia di inamovibilita'». Coglie quindi nel segno la Difesa erariale quando afferma che la deroga relativa ai contratti e agli incarichi in corso, limitata alla loro naturale scadenza, non si applica ai ricorrenti in quanto titolari di rapporti di lavoro a tempo indeterminato regolati da norme di legge. In ragione di quanto precede il Collegio ritiene che: A) il primo motivo di ricorso non possa essere accolto perche' muove dall'erroneo presupposto che la suddetta disposizione derogatoria crei una ingiustificata disparita' di trattamento tra rapporti di lavoro a regime pubblicistico e rapporti a regime pubblicistico, mentre in realta' la disposizione determina una ragionevolmente distinzione tra rapporti di lavoro a tempo indeterminato e rapporti a tempo determinato; B) di conseguenza neppure il secondo motivo possa essere accolto, perche' l'Amministrazione non era tenuta a dare conto in motivazione delle ragioni per cui ha ritenuto applicabile ai ricorrenti, soggetti titolari di rapporti di lavoro a regime pubblicistico a tempo indeterminato, la disciplina del tetto dei trattamenti economici sancita dall'art. 1, comma 489, della legge n. 147 del 2013. 11. Le considerazioni sin qui svolte valgono altresi' a dimostrare l'infondatezza della prima questione di legittimita' costituzionale prospettata dai ricorrenti. Difatti, a differenza di quanto affermato da costoro, la disposizione derogatoria che fa «salvi i contratti e gli incarichi in corso fino alla loro naturale scadenza prevista negli stessi» non si riferisce a tutti i dipendenti della pubblica amministrazione titolari di rapporti di lavoro privatizzati e contrattualizzati, perche' - come correttamente evidenziato dalla Difesa erariale - la deroga non si applica ai rapporti a tempo indeterminato regolati da norme di legge o da contratti collettivi, ma solo ai rapporti a tempo determinato su base convenzionale tra amministrazioni pubbliche e soggetti privati. Ne' vi e' motivo di ritenere che la salvaguardia dei rapporti di lavoro a tempo determinato determini una ingiustificata disparita' di trattamento, perche' e' possibile ipotizzare una violazione dell'art. 3 della Costituzione solo in presenza di situazioni tra loro comparabili, mentre i rapporti di lavoro a tempo determinato non sono evidentemente comparabili con quelli a tempo indeterminato. 12. Parimenti infondata risulta la questione incentrata sulla violazione del principio della tutela dell'affidamento, di cui agli articoli 3 e 117, comma 1, della Costituzione e all'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. In proposito e' sufficiente ribadire le considerazioni svolte al riguardo dalla prima Sezione questo Tribunale. Difatti nella suddetta ordinanza n. 5715 del 2015 e' stato posto in rilevo quanto segue: A) «la previsione di compensi e trattamenti pensionistici massimi a carico della finanza pubblica per i singoli soggetti titolari di pubblici uffici non appare intrinsecamente illogica o negativa ai fini di una razionalizzazione della c.d. «giungla retributiva» che storicamente ha caratterizzato - secondo numerose indagini del Parlamento, del Governo e di Organi indipendenti - un'Amministrazione non sempre caratterizzata da massimi livelli di efficienza, mentre - dal punto di vista dei singoli trattamenti retributivi oggetto del presente giudizio - all'atto dell'accettazione della nomina alla Corte dei conti gli interessati -anche in virtu' delle stesse competenze ed esperienze professionali che ne avevano motivato la scelta - erano o ben potevano essere a conoscenza delle recenti misure di legge volte al contenimento della spesa pubblica ed adottate proprio su iniziativa dello stesso Potere Esecutivo che li aveva proposti al nuovo incarico, di modo che - da un lato - l'accettazione non poteva non implicare la piena consapevolezza circa i prevedibili limiti al proprio compenso e - dall'altro - la proposta di nomina assolutamente fiduciaria da parte del Governo non poteva ragionevolmente suscitare l'aspettativa di un trattamento differenziato quanto alla sorte del proprio compenso a carico della finanza pubblica, in quanto cio' si sarebbe tradotto in una ampissima facolta' di deroga del Governo - rispetto alle norme da esso proposte - in favore di singoli soggetti dallo stesso individuati, suscitando profili di problematica coesistenza con i principi di legalita' ed uguaglianza davanti alla legge sanciti dal nostro ordinamento»; B) «il nuovo generale tetto economico in esame risponde agli obiettivi d'interesse pubblico lasciati alla discrezionalita' dei singoli Stati quanto al contenimento, alla trasparenza ed alla congruita' della spesa pubblica, nel quadro dei doveri di solidarieta' sociale di cui all'art. 2 della Costituzione e dei principi di buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97, mentre la Corte costituzionale ha piu' volte chiarito che, salvi i limiti in materia penale derivanti dall'art. 25, comma 2, Cost., non e' in linea di principio precluso al legislatore intervenire per mutare la disciplina dei rapporti di durata in corso, anche con disposizioni che modificano in senso sfavorevole situazioni soggettive perfette, purche' nel limite del rispetto del principio di eguaglianza ex art. 3 Cost. e del principio di affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, che - come sopra chiarito - non appaiono violati nella fattispecie in esame (in senso conforme, Corte costituzionale, sentt. n. 92 del 2013, n. 166 del 2012, n. 525 del 2000, n. 211 del 1997, n. 409 del 1995) ». 13. Anche con riferimento alla questione incentrata sulla violazione degli articoli 3 e 53 della Costituzione, valgono le considerazioni svolte dalla prima Sezione questo Tribunale. Difatti nella suddetta ordinanza n. 5715 del 2015 e' stato evidenziato quanto segue: «le descritte finalita' di contenimento, trasparenza e razionalizzazione della spesa pubblica determinano, non irragionevolmente, una progressiva decurtazione, disciplinata ex lege, dei possibili ulteriori redditi al raggiungimento del tetto prefissato, indifferenziatamente applicata a tutti i compensi comunque posti a carico della finanza pubblica, senza che cio' possa generare, proprio per la sua trasversalita', indebite disparita' di trattamento, divenendo quindi non rilevante, ai fini del giudizio a quo, la sua invocata qualificazione quale imposizione fiscale, che sembra comunque doversi escludere, in quanto la legge, in estrema sintesi, pone un «tetto» a regime all'erogazione a chiunque di somme a titolo retributivo e pensionistico poste a carico della finanza pubblica, anziche' imporre un prelievo forzoso sulle somme percepite dal singolo interessato oltre il tetto prefissato». 14. Diverse considerazioni valgono per le questioni di legittimita' costituzionale incentrate sulla violazione degli articoli 3, 4, 36 e 38 Cost., degli articoli 3, 95 e 97 Cost., nonche' degli articoli 100, 101, 104 e 108 Cost., perche' il meccanismo del tetto massimo degli emolumenti comporta che la remunerazione della funzione di Consigliere di Stato risulti fortemente ridotta o del tutto azzerata, con una corrispondente decurtazione dei contributi previdenziali e, di conseguenza, del trattamento pensionistico derivante dall'accumulo di tale montante contributivo, si' da determinare: A) una violazione del diritto al lavoro e ad una retribuzione «proporzionata alla quantita' e qualita'» del lavoro prestato; B) una disparita' di trattamento fra soggetti che svolgono la medesima attivita' ed una irrazionale organizzazione della Giustizia amministrativa; C) un indebolimento delle garanzie di indipendenza nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali. 15. In particolare, con riferimento alla prospettata violazione degli articoli 3, 4, 36 e 38 Cost., nella suddetta ordinanza n. 5715 del 2015 e' gia' stato posto in rilievo quanto segue: A) «il Collegio ritiene che debba essere preso in considerazione non il pur elevatissimo standard qualitativo dell'attivita' svolta da funzionari pubblici in possesso di un grado di preparazione di assoluta eccellenza per aver ricoperto in anni di servizio alle dipendenze dello Stato cariche apicali (avendo di conseguenza maturato l'elevato trattamento pensionistico «causa» del taglio del compenso), in quanto cio' potrebbe giustificare anche un incarico «onorario», in ipotesi anche gratuito, bensi' la circostanza dello svolgimento continuativo, con lo stabile ed organico inserimento nel relativo organico e con particolari garanzie di stabilita', della funzione di Consigliere della Corte dei conti, con l'assunzione da parte degli interessati di tutte le connesse prerogative e delicate e - non da oggi - rilevanti responsabilita', di natura professionale e civile, per il proprio operato. I tratti fondamentali dell'attivita' professionale stabilmente svolta dai ricorrenti, a seguito della nomina alla Corte dei conti, sotto la propria responsabilita' e con pieno inserimento organico, nell'ambito di una «magistratura togata» vale dunque a configurare l'esercizio di una vera e propria e stabile attivita' lavorativa professionale, differenziando la fattispecie in esame dai numerosi casi di svolgimento (talvolta essenzialmente gratuito) di pubblici uffici «onorari», di volta in volta motivati da alte e peculiari competenze (come accade per i Tribunali per i minori) o da meccanismi di sorteggio nell'ambito di platee in possesso di particolari requisiti (come accade per le giurie popolari), anche ai fini dell'esercizio della sovranita' popolare (come accade per i seggi elettorali) »; B) «la scelta dello Stato, mediante la disposizione di legge in esame, di continuare ad avvalersi del pieno apporto professionale dei ricorrenti (nulla la norma dicendo al riguardo, salve le loro eventuali dimissioni per evitare, in applicazione dell'art. 1, comma 489, della legge n. 147 del 2013, di prestare attivita' lavorativa non retribuita o retribuita in maniera estremamente esigua), anziche' disciplinare normativamente l'ipotesi in esame (ad esempio, prevedendo la incompatibilita' o decadenza ovvero una opzione per funzioni differenziate con minore compenso o del tutto onorarie e gratuite) e al tempo stesso di «di auto-esonerarsi» in tutto o in parte dalla loro retribuzione (non ponendo la norma alcuna deroga al tetto a tale riguardo), pur avendo esso Stato chiesto agli interessati di svolgere tale funzione mediante la proposta di nomina alla funzione (retribuita) di Consigliere della Corte dei conti - dichiaratamente motivata dalla loro eccellenza professionale in ragione della delicatezza e quindi dell'impegno delle funzioni da svolgere - appare costituzionalmente irragionevole, con la conseguente possibile violazione dell'art. 36, primo comma, della Costituzione, quanto al diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantita' (oltreche' alla qualita') del lavoro, nonche', indirettamente, dell'art. 38 della Costituzione, in quanto la drastica riduzione o addirittura l'azzeramento della retribuzione - e quindi della relativa contribuzione - precludono la conseguente implementazione della tutela assistenziale e previdenziale garantita dall'ordinamento». Alla luce di tali condivisibili considerazioni, al Collegio resta solo da evidenziare che le stesse valgono evidentemente anche per i ricorrenti. Difatti costoro, attraverso le rispettive pregresse esperienze, hanno maturato un trattamento pensionistico di ammontare prossimo o superiore al tetto di 240.000,00 euro e, quindi, si troverebbero a dover svolgere una funzione di cruciale importanza e di grande responsabilita' - qual e' quella di Consigliere di Stato - percependo una retribuzione esigua o addirittura azzerata. 16. Quanto poi alla prospettata violazione degli articoli 3, 95 e 97 Cost., il Collegio osserva innanzi tutto che anche per i Consiglieri Stato di nomina governativa, del tutto equiparati ai Consiglieri Stato vincitori di concorso e a quelli provenienti dati Tribunali amministrativi regionali, valgono evidentemente le seguenti considerazioni, svolte nell'ordinanza n. 5715 del 2015: «premessa la determinazione delle sfere di competenza, attribuzioni e responsabilita' in modo indifferenziato per i Consiglieri di concorso ovvero di nomina governativa, la disposizione di legge che pone il tetto retributivo e pensionistico - e quindi differenzia nell'ambito di questi ultimi fra quelli retribuiti, ovvero privi di retribuzione a seguito del raggiungimento del tetto, senza disciplinare la loro sorte, potrebbe essere ritenuta suscettibile di determinare, da un lato, una ingiustificata disparita' di trattamento quanto alla retribuzione ovvero mancata retribuzione della medesima attivita' professionale, e, dall'altro, una irragionevole organizzazione contraria al buon andamento amministrativo mediante l'indifferenziato affidamento, a titolo oneroso ovvero a titolo gratuito, di funzioni di dichiarata rilevanza, impegno e delicatezza, atteso che anche la retribuzione dei funzionari pubblici deve rispondere - alla stregua del Trattato, della Convenzione europea e degli articoli 36 e 97 della Costituzione, ad un rapporto sinallagmatico («proporzionato») riguardo alla quantita' e qualita' del lavoro svolto, non potendo quindi essere considerati fungibili il trattamento pensionistico per un'attivita' precedente e il compenso per un'attivita' in atto, ove consentita nell'ambito dei diritti di liberta' garantiti dalla Costituzione». Inoltre - posto che il sistema di reclutamento dei Consiglieri di Stato per nomina governativa (e' questo il caso dei ricorrenti) mira a valorizzare le migliori competenze professionali disponibili nell'Amministrazione, che generalmente si rinvengono in coloro che hanno accumulato maggiore anzianita' e accantonato un montante contributivo tale da dar luogo ad un trattamento di quiescenza destinato a sommarsi al trattamento retributivo - il Collegio ritiene che, come correttamente osservato dai ricorrenti, la censurata disciplina finisca per penalizzare proprio le figure di maggiore spicco, con l'effetto di disincentivare la nomina di coloro che possono vantare i migliori titoli e le migliori esperienze, perche' costoro dovrebbero esercitare le funzioni di Consigliere di Stato senza una retribuzione adeguata; pertanto il Governo sarebbe costretto ad indirizzare altrove le proprie scelte, con evidente violazione del principio di ragionevolezza e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione (articoli 3 e 97 Cost.), perche' le scelte non sarebbero indirizzate alla selezione dei migliori, e della norma che affida al Governo l'indirizzo politico-amministrativo (art. 95 Cost.), che viene distolto dal suo approdo piu' coerente e mortificato nella liberta' della sua esplicazione. 17. Inoltre non manifestamente infondata appare la questione incentrata sulla violazione degli articoli 100, 101, 104 e 108 Cost., in ragione del possibile vulnus allo status di indipendenza ed autonomia dei magistrati, protetto dalle predette disposizioni costituzionali. Difatti - come osservato dai ricorrenti - la Corte costituzionale ha piu' volte ribadito (sentenze n. 223 del 2012, n. 99 del 1995, n. 42 del 1993 e n. 238 del 1990) che una disposizione di legge che incide in peius nel trattamento retributivo dei magistrati e' legittima purche' abbia natura eccezionale e portata temporale limitata e sia comunque inserita in un ragionevole e non arbitrario intervento perequativo fra categorie di cittadini. Tanto, pero', non accade nel caso in esame, perche' il tetto massimo agli emolumenti, oltre ad incidere retroattivamente su un trattamento retributivo e su un trattamento previdenziale gia' maturati, non persegue un intervento perequativo, non essendo diretta a tutte le categorie dei percettori di reddito. Ne consegue la violazione delle menzionate disposizioni costituzionali poste a presidio dell'indipendenza ed autonomia dei magistrati.