TRIBUNALE ORDINARIO DI TRIESTE SEZIONE CIVILE Nella persona del Giudice dell'Esecuzione ha pronunziato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto sub R.g.e. n. 404/2015 e promosso da: Genagricola S.p.a., esecutato - opponente, Contro Equitalia Nord S.p.a., esecutante - opposta E nei confronti di Azienda Servizi Integrati, terzo pignorato, non costituito. Premesso ch'e' affidato a questo Giudicante il compito di decidere sull'opposizione promossa, in data 3 giugno 2015, da Genagricola S.p.a. (esecutato opponente), ex art. 615 c.p.c., avverso il pignoramento presso terzi avviato, ex art. 72-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, da Equitalia Nord s.p.a. (opposta), per il credito di € 35.536,00 per ICI per l'anno 2008 non corrisposta, avente ad oggetto il credito dalla prima vantato nei confronti dell'Azienda servizi integrati (terzo-pignorato); 1. che l'antefatto da cui scaturiva l'opposizione e' compendiabile nei seguenti punti: a) in data 20 dicembre 2013 il Comune di Cassano allo Ionio notificava alla Genagricola l'avviso di accertamento pari a € 247.148,85 per ICI non versata relativamente all'anno 2008; b) cotale atto era impugnato in data 18 febbraio 2014, innanzi alla Corte d'Appello di Cosenza, con richiesta di misura cautelare, dalla societa', cui nelle more era notificata anche la cartella di pagamento, emessa da Equitalia nord S.p.a., incaricata della riscossione, per l'importo complessivo dovuto sia in relazione all'Ici per l'anno 2007 sia a quella per l'anno 2008; c) la societa' Genagricola S.p.a. impugnava anche tale ultimo atto, avanti alla Corte d'Appello di Trieste, con richiesta di misura cautelare; d) veniva dapprima sospesa l'efficacia dell'avviso di accertamento con ordinanza di data 17 aprile 2015 della Corte d'Appello di Cosenza; e) in data 7 maggio 2015, Equiltalia notiziava Genagricola del pignoramento presso terzi promosso contro la stessa, ed avente ad oggetto un credito pari a € 35.536,00 vantato dalla seconda verso l'Azienda servizi integrati di S. Dona' di Piave (VE), terzo pignorato; e) in data 11 maggio 2015 veniva sospesa giudizialmente anche la cartella di pagamento di Equitalia nord S.p.a, ed in conseguenza di cio' quest'ultima a sua volta sospendeva in autotutela - «sino a nuova comunicazione» - il pignoramento; f) lo stesso Comune di Cassano allo Ionio in data 12 maggio 2015 invitava Equitalia a non dar corso all'esecuzione intrapresa; g) Genagricola, a dispetto dell'autotutela, proponeva opposizione al pignoramento ex art. 615 c.p.c., assumendo, principalmente, l'avvenuta violazione dell'art. 7 decreto sviluppo 2011, che ha introdotto in via generale la sospensione ex lege degli atti esecutivi esattoriali, in ragione del fatto che Equitalia aveva avviato l'esecuzione prima che fossero decorsi 120 giorni dalla proposizione del ricorso, e pedissequa istanza cautelare, contro la cartella di pagamento, o comunque, prima che intervenisse la decisione su tale istanza cautelare in evidente violazione della disposizione teste' richiamata; eccependo in conseguenza di cio' l'improcedibilita' do l pignoramento avviato da Equitalia nord S.p.a., oltre che la contraddittorieta' estrinseca/intrinseca tra volonta' dell'ente impositore e quella della societa' di riscossione in considerazione del fatto che l'ente impositore (il Comune di Cassano allo Ionio) aveva espressamente chiesto ad Equitalia s.p.a. di non proseguire con la riscossione; infine, rilevando il contrasto tra i limiti introdotti dall'art. 57, decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 e il principio di effettivita' della tutela di matrice comunitaria; h) nell'ambito dell'opposizione proposta, Genagricola sollevava, inoltre, questione di incostituzionalita' dell'art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 rispetto agli artt. 3, 24, 54, 97, 111 e 113 della Costituzione sotto i seguenti profili: 1) in quanto tale ultima disposizione limiterebbe la proposizione di opposizione contro l'esecuzione, avviata per la riscossione dei tributi, al solo fine di opporre l'impignorabilita' dei beni, sostanzialmente ledendo il diritto di difesa del contribuente impedendo ad essa di potersi difendere contro un'esecuzione illegittima e/o ingiusta; 2) perche' l'art. 57 dianzi richiamato integrerebbe applicazione del principio solve et repete gia' dichiarato incostituzionale con la pronuncia n. 21/1961; 3) creerebbe disparita' di trattamento tra contribuenti, in particolare tra coloro a cui l'ordinamento consente tutela verso gli atti dell'esecuzione in materia esattoriale e coloro che invece ne restano privati per effetto della disposizione poc'anzi richiamata, con cio' violando il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione; 4) da ultimo ne risulterebbero violati sia il principio del giusto processo in particolare il principio di parita' processuale delle parti, sia l'obbligo per il funzionario, sancito dall'art. 54 della Costituzione, di adempiere alle proprie funzioni con disciplina ed onore, ai cui rispetto sarebbero tenuti anche i concessionari di un pubblico servizio; e dunque anche l'art. 97 della Costituzione giacche' l'art. 57 summenzionato rappresenterebbe l'allontanamento del procedimento di recupero dei tributi dai canoni di buon andamento sanciti dalla predetta disposizione della Carta costituzionale. Chiedendo a questo giudice remittente di volere sollevare la summentovata questione di legittimita' costituzionale, al fine di poter successivamente decidere nel merito l'opposizione proposta (decisione, allo stato, non possibile stante il limite previsto dal predetto art. 57); 2. che, all'udienza fissata in data 6 luglio 2015 costituivasi Equitalia eccependo: l'inapplicabilita' dell'art. 7 decreto sviluppo 2011 ai casi di riscossione di tributi locali affermando che «tale disposizione non ha portata generale e di immediata applicazione, riguardano invece un fattispecie ben precisa, quella degli avvisi di accertamento esecutivi emessi dall'agenzia delle entrate per tributi erariali»; l'inammissibilita' dell'opposizione stante il divieto dell'art. 57, decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, rilevando che: 1) al momento del pignoramento la cartella di pagamento ancorche' impugnata non era ancora stata sospesa e conseguentemente il pignoramento era stato «azionato sulla base di un titolo valido ed efficace»; 2) a seguito di sospensione giudiziale della cartella di pagamento avvenuta l'11 maggio 2015 (confermata all'udienza del 19 maggio 2015) Equitalia sospendeva in autotutela il pignoramento facendo venir meno, quantomeno, le esigenze cautelari; 3) solo con comunicazione via PEC del 12 maggio 2015 il Comune di Cassano allo Ionio aveva comunicato ad Equitalia nord S.p.a. di aver sospeso l'avviso di accertamento ICI 2008, segnalando che Equitalia non era parte del giudizio tributario pendente contro l'avviso di accertamento; 4) rilevando l'inapplicabilita' dell'art. 7, comma 1, lett. m) del d.l. n. 70/2011, convertito in legge n. 106/2011 sull'assunto che quest'ultimo non avrebbe portata generale ma si applicherebbe solo agli avvisi esecutivi emessi dall'agenzia delle entrate; 5) infine, contestando l'inesistenza della sollevata incostituzionalita' sull'assunto della non applicabilita' al caso di specie della disposizione contenuta nell'art. 57 richiamato, per effetto di quanto previsto dall'art. 29, d.lgs. n. 49/1999. A tale udienza, in cui parte opponente insisteva per la sospensione del giudizio e remisssione alla Corte costituzionale della questione d'incostituzionalita' sollevata, questo Giudice si riservava al fine di decidere sulle rispettive istanze delle parti. A scioglimento della riserva assunta all'udienza del 6 luglio 2015 nel corso della causa sovra epigrafata; Esaminati gli atti di causa e la documentazione dimessa; Ritenuto da parte di questo Giudice remittente, per contrasto con gli artt. 3, 24, 111 e 113 della Costituzione, di dover sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 57, decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 ed anche, ex officio, dell'art. 3, comma 4, lettera a), del D.I. n. 203/2005 laddOve cosi' dispone: «La Riscossione s.p.a, [poi trasformata in Equitalia s.p.a.] effettua l'attivita' di riscossione mediante ruolo, con i poteri e secondo le disposizioni di cui al titolo I, capo II, e a titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.» e quindi ove assoggetta il procedimento di riscossione che pone in essere (oggi) Equitalia S.p.a, anche all'applicazione dell'art. 57 ed ai limiti da esso introdotti. La necessita' di sollevare ex officio l'incostituzionalita' anche della disposizione applicativa teste' richiamata del d.l. del 2005 discende dai contenuti della Corte costituzionale n. 49/2015 al fine di scongiurare una pronuncia di inammissibilita'; Precisato che la questione che si solleva e', all'evidenza, rilevante giacche' dall'applicazione della disposizione, che si reputa contraria ai principi della Carta Costituzionale sovra richiamati, deriva l'impossibilita' per questo Giudice remittente di decidere la controversia sub iudice nel merito; non solamente, ma la questione e' altresi' manifestamente fondata in ordine al fatto che le disposizioni dianzi denunziate di essere incostituzionali violano sia principi costituzionali posti a presidio dei diritto di difesa, limitandolo in maniera macroscopica rispetto ad una larga parte di attivita' della P.A. o delle societa' di riscossione tributi, sia principi di uguaglianza e del giusto processo nei termini infra descritti; Richiamato l'art. 72-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 che cosi' dispone: «salvo che per i crediti pensionistici e fermo restando quanto previsto dall'art. 545, commi quarto e sesto, del codice di procedura civile, e dall'art. 72-ter del presente decreto l'atto di pignoramento dei crediti del debitore verso terzi puo' contenere, in luogo della citazione di cui all'art. 543, secondo comma, numero 4, dello stesso codice di procedura civile, l'ordine al terzo di pagare il credito direttamente al concessionario, fino a concorrenza del credito per cui si procede ...», in ragione del quale in data 7 maggio 2015 Equitalia comunicava al contribuente-Genagricela l'atto di pignoramento presso terzi notificato ad Azienda servizi integrati di S. Dona' di Piave (creditore di Genagricola s.p.a.) per l'importo di € 35.536,00, quantunque appena ad aprile 2015 Genagricola s.p.a. avesse proposto impugnazione, con domanda cautelare, avverso la prodromica cartella di pagamento, violando la disposizione contenuta all'art. 7 del d.l. n. 70/2011 convertito in legge n. 106/2011 il quale al comma 1, lettera m), cosi' prevede: «attenuazione del principio salve et repete. In caso di richiesta di sospensione giudiziale degli atti esecutivi, non si procede all'esecuzione fino alla decisione del giudice e comunque fino al centoventesimo giorno»; stante che la cartella di pagamento e' atto esecutivo (come tutti gli atti della riscossione) che legittima all'esecuzione forzata, tanto che sulla base della stessa e' stata avviata l'esecuzione in via amministrativa da pane di Equitalia nord s.p.a.; Richiamato l'art. 57 summenzionato, il quale cosi' recita: «Non sono ammesse: a) le opposizioni regolate dall'art. 615 del codice di procedura civile, fatta accezione per quelle concernenti la pignorabilita' dei beni; b) le opposizioni regolate dall'art. 617 del codice di procedura civile relative alla regolarita' formale ed alla notificazione dei titolo esecutivo. Se e' preposta opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi, il giudice fissa l'udienza di comparizione delle parti avanti a se' con decreto steso in calce al ricorso, ordinando al concessionario di depositare in cancelleria, cinque giorni prima dell'udienza, l'estratto del ruolo e copia di tutti gli atti dell'esecuzione»; Ritenuto che cotale disposizione, invero, limiti profondamente le possibilita' di tutela del contribuente contro gli atti dell'esecuzione in materia esattoriale, impedendogli la stessa proposizione di gravame contro gli stessi; Ritenuto che ogni provvedimento di questo Giudice sarebbe, allo stato, irragionevolmente limitato dalla sopra richiamata disposizione normativa, che gl'impedisce di pronunziarsi sulla fondatezza della pretesa azionata, pur nell'evidente presenza di elementi di fatto e di diritto, inducenti a ravvisarne l'indubbia fondatezza sostanziale e processuale; Considerato che, nel caso de quo, pur essendo stato sospeso in autotutela il pignoramento presso terzi, nondimeno tale provvedimento di sospensione e' stato assunto da Equitalia «sino a nuova comunicazione», potendo riprendere reviviscenza in ogni momento su semplice comunicazione o impulso della societa' di riscossione; che, inoltre, stante il contenuto dell'art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, che impedisce la stessa proposizione dell'opposizione, questo giudice, sino all'intervento della Corte costituzionale sulla questione di costituzionalita' qui sollevata, non potrebbe nemmeno pronunziarsi sull'istanza cautelare avanzata dalla debitrice opponente; che ne deriva l'assoluta pregiudizialita' della questione di costituzionalita' rispetto ad ogni altra questione, tanto che la stessa Equitalia nord S.p.a. eccepiva l'inammissibilita' dell'opposizione in forza di quanto previsto dall'art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973; e che da tale scenario deriva, quale automatica conseguenza, l'impossibilita' di assumere una decisione di merito sull'opposizione ancorche' fondata; Ritenuto ch'e' nella facolta' del Giudice dell'esecuzione, ritenendone sussistenti i presupposti, sollevare a' sensi dell'art. 23, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e successive modifiche, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 57, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 e l'art. 3, quarto comma, lett. a) del d.l. n. 203/2005, in quanto disposizioni applicabili alla presente fattispecie; Osservato, che le norme assunte come violate da tale disposizione appaiono gli artt. 3, 24, 111 e 113 della Costituzione, nella misura in cui l'art. 57 predetto (applicabile riscossioni esattoriali promosse de Equitalia S.p.a. in forza di quanto stabilito dall'art. 3, quarto comma, lett. a), d.l. n. 203/2005), incidendo in senso limitativo sul diritto di difesa del contribuente e limitando i mezzi di tutela di quest'ultimo contro taluni atti dell'esecuzione in materia tributaria, non ammette possibilita' di proporre opposizione all'esecuzione avviata per la riscossione delle imposte e tributi se non limitatamente «a quelle concernenti la pignorabilita' dei beni» e sotto altri svariati profili di cui infra si dira'; Verificato che, i precedenti giurisprudenziali in materia non pregiudicano una pronunzia della Corte costituzionale sull'illegittimita' della norma censurata nel presente giudizio, e che dalla decisione della stessa dipende la pronunzia sul merito da parte di questo Giudice, tenuto conto della specifica fattispecie e della documentazione di causa acquisita; Rilevato che: l'art. 7 del d.l. n. 70/2011, successivamente convertito in legge, al primo comma enunzia disposizioni di principio, tra cui quella alla lettera m), in precedenza riportata, che, al fine di operare l'attenuazione del principio solve et repete, sospende l'esecuzione di atti esecutivi per 120 giorni, o fino alla decisione, a fronte di richiesta di provvedimento cautelare nell'ambito del giudizio promosso contro tali atti; mentre al successivo secondo comma introduce prescrizioni funzionali a consentire l'attuazione concreta dei principi precedentemente enunciati. Tra tali prescrizioni funzionali, ai punti gg-quater («a decorrere dalla data di cui alla lettera gg-ter, i comuni effettuano la riscossione coattiva delle proprie entrate, anche tributarie: ...») e seguenti, vengono introdotti precetti sulla riscossione coattiva delle entrate tributarie comunali (quale e' quella oggetto del giudizio di merito), in particolare il punto gg-novies introducente l'art. 5-bis al d.lgs. n. 546/1992 (sul processo tributario), stabilendo che «l'istanza di sospensione e' decisa entro centottanta giorni dalla data di presentazione della stessa». Dall'interpretazione sistematica delle due richiamate disposizioni del 2011 - quella introdotta della lettera m del primo comma, art. 7, d.l. n. 70/2011 e quella introdotta dalla lettera gg-novie del secondo comma, dell'art. poc'anzi richiamato - si deduce l'applicabilita' dell'art. 7 comma 1, lett. m) in via generale a tutti gli atti esecutivi della riscossione, non operando tale disposizione alcun richiamo a specifici atti, quindi anche alla fattispecie dedotta in giudizio; il legislatore, laddove ha voluto limitare l'efficacia degli atti esecutivi relativi a specifici tributi, lo ha fatto espressamente, come previsto ad esempio alla lettera n, punto 3, del comma 2, del medesimo art. 7, d.l. n. 70/2011 che espressamente riguarda la riscossione delle somme dovute in base ad avvisi di accertamento dell'agenzia delle entrate; l'art. 29 del d.lgs. n. 46/1999, richiamato negli atti difensivi di Equitalia nord s.p.a., cosi' dispone: «per le entrate tributarie diverse da quelle elencate dall'art. 2 del d.lgs. n. 546 del 31 dicembre 1992, e per quelle non tributarie, il giudice competente a conoscere le controversie concernenti il ruolo puo' sospendere la riscossione se ricorrono travi motivi. Alle entrate indicate nel comma 1 non si applica la disposizione del comma 1 dell'art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, come sostituito dall'art. 16 del presente decreto e le opposizioni all'esecuzione ed agli atti esecutivi si propongono nelle forme ordinarie. Ad esecuzione iniziata il giudice puo' sospendere la riscossione solo in presenza dei presupposti di cui all'art. 60 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, come sostituito dall'art. 16 del presente decreto.»; Ritenuto che la disposizione innanzi riportata non si applichi al caso di specie, rientrando, il tributo oggetto di riscossione, tra le entrate elencate all'art. 2 del d.lgs. n. 546/1992 (ICI - tributo locale) espressamente escluse dall'applicazione della disposizione poc'anzi riportata; e che, conseguentemente, gli alti dell'esecuzione posti in essere per la riscossione di tale tributo ricadono nell'ambito di applicazione della disposizione dell'art. 57, decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973; Ritenuto che, quest'ultima disposizione (art. 57, decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973) impedisca al debitore opponente la proponibilita' dell'opposizione all'esecuzione, strumentazione quest'ultima ritenuta ammissibile solo per far valere l'impignorabilita' dei beni, non anche, in tesi, per rilevare l'illegittimita' dell'esecuzione, o la carenza dei presupposti dell'esecuzione, costringendo il contribuente a subire in ogni caso l'esecuzione, ancorche' ingiusta; con la sola possibilita' di presentare ex post una richiesta di rimborso di quanto ingiustamente percetto dalla pubblica amministrazione, o suo concessionario per la riscossione, ovvero di agire per il risarcimento del danno; Osservato, come noto, che l'interpretazione consolidata di questa Corte ebbe a stabilire l'incostituzionalita' delle norme che favoriscono irragionevolmente sotto il profilo processuale un soggetto rispetto ad un altro, come accade allorche' nell'esecuzione forzata sia favorita la posizione del creditore rispetto al debitore interponendo limiti di accesso alla tutela giurisdizionale (come accade per effetto della disposizione dianzi richiamata); Ritenuto, altresi', che nella fattispecie a giudizio: a) l'esecuzione fu posta in essere, a maggio 2015, nonostante la sospensione ex lege introdotta con l'art. 7 del d.l. n. 70/2011 (quand'era decorso soltanto un mese dalla richiesta di sospensione giudiziale della cartella di pagamento dell'aprile 2015); b) l'esecuzione fu posta in essere, nonostante fosse gia' intervenuta la sospensione dell'avviso di accertamento, con provvedimento di data 17 aprile 2015; c) si ritiene del tutto irrilevante che la societa' concessionaria per la riscossione fosse stata o meno edotta dall'amministrazione comunale dell'intervenuta sospensione dell'avviso di accertamento, non potendo il contribuente subire pregiudizio da eventuali carenze o assenze di comunicazione tra l'ente titolare del tributo e li suo concessionario per la riscossione; Osservata la stessa giurisprudenza della Corte costituzionale dichiarava incostituzionale il principio solve et repete (in applicazione del quale si pone l'art. 57, d.P.R. n. 602/1973) in quanto incoerente con i valori costituzionali tutelati dagli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, (la sentenza della Corte costituzionale n. 21/1961 ha infatti stabilito che il principio solve et repete in materia fiscale/tributaria, impedisce al giudice di decidere la controversia). Secondo l'insegnamento della Consulta dianzi richiamato, il principio solve et repete di cui fanno applicazione, in combinato disposto, gli artt. 72-bis e 57 decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 e' in contrasto: a) «con l'art. 3 della Costituzione in relazione alla differenza di trattamento che crea tra contribuenti che sono in grado di pagare immediatamente l'intero tributo e quelli che, invece, non hanno mezzi sufficienti per farlo»; b) «con gli artt. 24 e 113 della Costituzione, in quanto impedisce di chiedere ed ottenere tutela giurisdizionale sia nei confronti di privati che nei confronti dello Stato e di altri enti minori», lasciando al contribuente la sola possibilita' di agire ex post per il rimborso delle somme versate; Ricordato, inoltre, che la Corte costituzionale, gia' in precedenza chiamata a valutare dell'incostituzionalita' dell'art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, seppure in fattispecie del tutto diverse da quella qui esaminata, non ebbe mai ad entrare nel merito della questione, sempre limitandosi ad una pronunzia di inammissibilita' o per omessa descrizione della fattispecie oggetto dei giudizio a quo, o per carenza di motivazione da parte del giudice a quo, o ancora per genericita' di enunciazione della tesi e carenza di motivazione da parte del giudice a quo (sentenze della Corte costituzionale nn. 21/1972, 297/2007, 393/2008, 93/2009, 133/2011 e ord. n. 242/2001), sempre in ogni caso per ragioni legate alla formulazione e contenuti dell'ordinanza di remissione; Osservato, inoltre, che la stessa Corte costituzionale ancor prima della modificazione dell'art. 111 Cost., operata con legge costituzionale n. 2/1999, aveva preconizzato la necessita' di uniformare l'ordinamento processuale al principio del giusto processo, stabilendo da un lato con sent. n. 137/1984, «l'esigenza di garantire lo svolgimento di un giusto processo come esigenza che non si risolve in affari singoli, ma assurge a compito fondamentale di una giurisdizione che non intenda abdicare alla primaria funzione di dicere ius di cui i diritti di agire e resistere nel processo (quale che ne sia l'oggetto) rappresentano soltanto i veicoli necessari in non diversa guisa delle norme disciplinatrici della titolarita' e dell'esercizio della postesta' dei giudici», tracciando il solco su cui si pone l'attuale richiesta di rimessione che risponde all'esigenza che a questo giudice a quo non sia preclusa ogni valutazione sul fumus boni iuris costringendolo ad abdicare alla propria funzione, come invece accade per effetto della disposizione della cui incostituzionalita' si chiede pronuncia da parte della Corte; Rilevato, che, sotto tale profilo, l'opponente altresi' invocava il principio di effettivita' della tutela di matrice comunitaria che, nondimeno, presuppone l'esistenza della tutela nell'ambito della quale essa deve esser esercitata e resa in modo effettivo ed equo; Reputato che, nel caso de quo, il problema afferente l'esame della disposizione contenuta nell'art. 57 attenga non al modo in cui debba essere apprestata la tutela, ma l'esistenza stessa della tutela, e che, in tal caso l'ordinamento, in violazione del precetto costituzionale ricavabile dagli artt. 24 e 113, non riconosce possibilita' al contribuente di tutelarsi contro un nutrito gruppo di atti della P.A. (e concessionari), pur se lesivi della sua posizione giuridica; Ritenuto, nella specie, che il tributo per cui la societa' concessionaria per la riscossione promoveva esecuzione rientri tra le entrate tributarie contemplate all'art. 2, d.lgs. n. 546/1992, devolute alla cognizione delle commissioni tributarie (tent'e' che avanti queste ultime si svolsero i giudizi di impugnazione sia dell'avviso di accertamento ICI sia della successiva cartella di pagamento), che, tuttavia, per espressa previsione della medesima disposizione «restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti dell'esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento [quale e' il pignoramento opposto avanti questo giudice] e, ove previsto, dell'avviso di cui all'art. 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica»; Vi e' dunque, in linea di principio, giurisdizione di questo giudice in materia, ancorche' per espressa previsione dell'art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, venga escluso ogni diritto di difesa da parte del contribuente contro l'esecuzione promossa, fatta salva la risicata possibilita' di difesa assegnata al solo fine di far valere l'impignorabilita' dei beni. Ove, quindi, tale disposizione fosse «espunta» dall'ordinamento, il contribuente esecutato potrebbe difendersi contro l'esecuzione intrapresa facendo ricorso agli strumenti dell'art. 615 c.p.c. avanti al G.O in funzione di giudice dell'esecuzione; Reputato, inoltre, che, l'art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, alla luce della previsione dell'art. 29, del d.lgs. n. 46/1999, precedentemente riportato, profili una situazione di disuguaglianza tra contribuenti per la diversa tutela accordata in relazione alle entrate tributarie comprese nell'elenco dell'art. 2, d.lgs. n. 546/1992, soggette alla giurisdizione delle commissioni tributarie (fatta eccezione per gli atti dell'esecuzione contro cui non e' ammessa alcuna tutela ex art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica richiamato) ed in relazione a quelle invece non comprese nell'elenco dell'art. 2, sopra richiamato, e quelle non tributarie (soggette a giudizio ordinario e a cui non si applica la limitazione introdotta dall'art. 57); Ritenuto, in definitiva e sulla scorta di tali considerazioni, che l'art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, ed anche, ove ritenuto, l'art. 3, comma 4, lettera a), del d.l. n. 203/2005 che assoggetta la specifica funzione esattoriale svolta da Equitalia S.p.a. al regime agevolato del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 (e dunque anche al suo art. 57), presentino aspetti di chiara incostituzionalita' sotto i seguente profili: l'art. 3 della Costituzione, inquantoche' crea disparita' di trattamento tra contribuenti debitori di tributi compresi nell'elenco dell'art. 2, d.lgs. 546/1992 e contribuenti di tributi non compresi in tale elenco; la disposizione lede, quindi, il principio di eguaglianza nella misura in cui impedisce ai primi la possibilita' di tutelarsi contro le esecuzioni poste in essere dagli enti o da concessionari per la riscossione, ancorche' illegittime ed ingiuste, sacrificando il diritto di difesa di costoro, ingiustificatamente e soltanto in considerazione della tipologia di tributo di tributo di cui essi sono debitori, e riconoscendo piena tutela ad altri contribuenti (quelli non compresi nell'elenco d'anzi citato) in quanto debitori di tributi diversi; l'art. 24 della Costituzione, poiche' impedisce, al debitore opponente, in modo generalizzato ed irragionevole, ogni possibilita' di difesa, consentendo al medesimo di poter fare opposizione all'esecuzione solo ed esclusivamente per far valere l'impignorabilita' dei beni, non anche per tutelarsi da esecuzioni illegittime, e/o ingiuste che oggi egli e' costretto a subire, senza potersene difendere dinanzi ad un organo giurisdizionale; l'art. 111 della Costituzione, giacche', anche sulla scorta di quanto statuito da codesta Corte costituzionale con la sentenza n. 220/1986, il giusto processo civile non deve essere celebrato per sfociare in pronunzie in rito che non coinvolgano i rapporti sostanziali delle parti che vi partecipano, bensi' per decidere nel merito sulle questioni, stabilendo chi ha ragione e chi ha torto, non sacrificando il diritto della parte che agisce in giudizio di ottenere una pronuncia in ordine al diritto della vita ritenuto leso; in questo caso, per effetto della disposizione normativa che si ritiene contraria ai principi della nostra Costituzione, al Giudice a quo preclusa ogni decisione sul merito a causa di una disposizione (l'art. 57) derogatoria rispetto all'art. 615 c.p.c. (o per meglio dire, che impedisce il ricorso allo strumento dell'art. 615 c.p.c.) che riconosce a tutti i soggetti incisi da atti dell'esecuzione di potersene difendere tramite l'opposizione. Il che integra, altresi', violazione all'art. 3 sopra richiamato, giacche' colloca una larga parte degli atti della P.A. (e sue articolazioni) in una zona franca da ogni tipo di controllo giurisdizionale, creando una macroscopica disuguaglianza tra cittadini-contribuenti titolari del diritto di potersene difendere cittadini-contribuenti totalmente privi di tale diritto. Il che determina, come gia' rilevato, violazione del diritto di difesa; l'art. 113 della Costituzione, poiche' limita e impedisce la tutela del contribuente contro una determinata categoria di atti della pubblica amministrazione e/o concessionari di quest'ultima, impedendo in modo indiscriminato ed ingiustificato ogni difesa contro tutti gli atti dell'esecuzione; Ritenuto che, sussista, altresi', la rilevanza delle questioni di incostituzionalita' sollevate nel presente giudizio, in considerazione delle circostanze in fatto e le argomentazioni in diritto suesposte, anche in considerazione del fatto che, ove non fossero piu' operanti le limitazioni previste dalla disposizione dianzi richiamata, perche' dichiarate incostituzionali in conseguenza dell'eventuale decisione di accoglimento da parte della Corte costituzionale, sarebbe possibile pervenire alla decisione del giudizio con una pronuncia sul merito da parte di questo giudice remittente, avente giurisdizione in materia; Ritenuto, pertanto, a parere di questo Giudice remittente, che la decisione di merito sull'opposizione debba esser preceduta dalla soluzione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 57, d.P.R. n. 602/1973, e ove occorra dell'art. 3, comma 4, lettera a), d.l. n. 203/2005, non solo per rendere possibile una pronuncia nel merito ma anche in considerazione dell'ingiusto pregiudizio che patirebbe il debitore-opponente a seguito della dichiarazione di inammissibilita' dell'opposizigne diretta conseguenza del divieto di tutela ivi introdotto; per converso, l'intervento della Corte e suscettibile di produrre effetti concreti nel giudizio a quo, rafforzando il diritto insopprimibile di difesa del cittadino ed il suo diritto al giusto processo consentendogli di potersi tutelare contro atti dell'esecuzione illegittimi e/o ingiusti; Ritenuto, infine, non possibile una interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione contenuta all'art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, non essendo il contenuto di quest'ultima polisenso, e dunque soggetto a piu' possibili interpretazioni, bensi' essendo, al contrario, univocamente interpretabile nel senso sopra descritto; Acclarata, quindi, la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita', ai fini della definizione della presente causa, in considerazione delle circostanze di fatto e delle argomentazioni in diritto suesposte; Veduti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenuta la questione manifestamente fondata e rilevante;